Fiscalità privilegiata: i Paesi della Black list e White List

Sfuggire alla tassazione è l’obiettivo di molte persone, in particolare imprenditori e partite IVA, naturalmente ogni Paese vorrebbe tassare la produzione di ricchezza che avviene nei propri confini e proprio per questo si possono creare delle situazioni ambigue con l’Agenzia delle Entrate a caccia di potenziali evasori, cioè persone che pur producendo reddito in Italia, hanno la residenza fiscale in Paesi a fiscalità privilegiata e di conseguenza sfuggono alla tassazione. In passato si parlava generalmente di Paradisi Fiscali, oggi invece si opta per la distinzione tra Paesi inseriti nella Black List e rimanenti facenti parte della White List, naturalmente la Black List comprende i “cattivi” della situazione.

Fiscalità privilegiata per le persone fisiche

Negli ultimi anni la disciplina dei Paesi facenti parte della Black List è stata più volte rivista, essa ha una vocazione di tipo internazionale infatti l’obiettivo è eliminare l’elusione fiscale a livello globale. I Paesi della Black List sono quelli in cui vi è una tassazione particolarmente bassa o addirittura nulla, un altro fattore che porta a inserire alcuni Paesi all’interno della lista nera è il livello di collaborazione, infatti non sono inseriti in questo elenco  i Paesi che cooperano attraverso lo scambio di informazioni. In Italia per determinare quali sono a fiscalità privilegiata si fa riferimento al DM 4 maggio 1999, questo prevede l’inversione dell’onere della prova, quindi spetta a chi trasferisce la residenza in uno dei Paesi inseriti nella lista di quelli con fiscalità privilegiata dover dimostrare che tale residenza è reale e non fittizia.

Naturalmente in materia non sono mancate controversie, per un caso che sicuramente ha fatto scuola puoi leggere l’articolo: Residenza nei paradisi fiscali e legami affettivi in Italia: dove pago le tasse?

In Italia vige il principio che chi afferma un fatto deve dimostrarlo, sono però previsti dei singoli casi in cui opera la presunzione di un determinato fatto e quindi spetta alla controparte dare la prova contraria rispetto a un fatto presunto. Questo è appunto il caso che ci interessa. In base all’articolo 2 comma 2 del DPR 917 del 1986 (TUIR) coloro che trasferiscono la residenza in uno del Paesi della lista di quelli a fiscalità privilegiata devono dimostrare che il trasferimento è reale e non fittizio, naturalmente la prova contraria è molto difficile da dare. Tali soggetti sebbene iscritti nell’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) sono considerati ai fini fiscali residenti in Italia.

Ai fini Irpef sono considerati Paesi a fiscalità privilegiata:

Alderney Barbados Gibilterra Isole Marshall Republic of Mauritius) Sark
Andorra Belize Gibuti Isole Vergini Britanniche Monserrat Republic of Seychelles
Anguilla Bermuda Grenada Jersey Nauru Samoa
Antigua e Barbuda Costa Rica Guernsey Libano Niue Saint Kitts e Nevis
Antille olandesi Dominica Hong Kong Liberia Oman Santa Lucia
Aruba Emirati Arabi Uniti Isola di Man Liechtenstein Panama Saint Vincent e Grenadine
Bahama Ecuador Isole Cayman Macao Polinesia Francese Svizzera
Barhein Filippine Isole Cook Malaysia Monaco Taiwan
Tonga Turks e Caicos Tuvalu Uruguay Vanuatu

Fiscalità privilegiata: criteri di determinazione per le imprese

Diverso è il sistema utilizzato per individuare le imprese localizzate in Paesi esteri per accedere alla fiscalità privilegiata, sono considerati tali i Paesi in cui è localizzata una partecipata o società controllata che applica una tassazione inferiore almeno del 50% rispetto a quella prevista dalla normativa italiana. Tale criterio deriva dal recepimento delle indicazioni dell’OCSE e contenute nel progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting). Nel confrontare il livello di tassazione devono però essere tenute in considerazione anche le modalità di determinazione della base imponibile, infatti questi non sono indifferenti rispetto alla tassazione finale.

Di seguito abbiamo la lista dei Paesi, che in seguito a convenzioni inerenti la trasparenza globale hanno stretto accordi per lo scambio di informazioni e che di conseguenza rientrano nella White List. Si tratta della lista aggiornata e possiamo sottolineare fin da ora che sono presenti Paesi solitamente considerati a fiscalità privilegiata che però hanno deciso di collaborare uscendo così dalla lista nera, tra questi ci sono Monaco, la Svizzera e il Lussemburgo, solitamente considerati Paradisi Fiscali.

Albania Canada Francia Isola di Man Mauritius Rep.Pop. Cinese
Andorra Colombia Germania Isole Cook Messico Rep. Slovacca
Antigua e Barbuda Cile Giappone Isole Faroe Monaco Romania
Argentina Ciprio Gibilterra Isole Marshall Montserrat San Marino
Aruba Corea Grecia Israele Niu Saint Kitts e Nevis
Australia Croazia Grenada Kwait Norvegia Santa Lucia
Austria Costa Rica Groenlandia Latvia Nuova Zelanda Saint Vincent e Grenadines
Barbados Curacao Guernsey Liechtenstein Paesi Bassi Samoa
Belgio Danimarca India Lituania Polonia Seychelles
Belize Estonia Indonesia Lussemburgo Portogallo Singapore
Brasile Fed.Russa Irlanda Malta Regno Unito Sint Maarten
Bulgaria Finlandia Islanda Malesia Repubblica Ceca Slovenia
Sud Africa Spagna Svizzera Svezia Ungheria Uruguay

La Black List dell’Unione Europea

La Commissione Europea ha proceduto a delineare la lista dei Paesi non collaborativi e che di conseguenza devono essere considerati Paradisi Fiscali.

I Paesi della Black List redatta dall’Unione Europea sono 15, ecco la tabella:

Samoa Americane Guam Samoa Trinidad e Tobago Belize
Barbados Emirati Arabi Uniti Isole Marshall Aruba Dominica
Bermuda Figi Oman Vanuatu Isole Vergini USA

Si può notare che vi sono delle incongruenze, cioè Paesi considerati nella White List in Italia sono considerati nella Black list dell’Unione Europea, in effetti non c’è un reale dissidio perché sono differenti le conseguenze, infatti essere inseriti nella lista dei Paesi a fiscalità privilegiata nell’Unione Europea implica l’impossibilità di ricevere aiuti economici dall’Europa in quanto trattasi di Paesi non collaborativi al fine di facilitare il controllo dell’evasione fiscale. Gli stessi Paesi però potrebbero avere accordi di collaborazione con i singoli Paesi Membri.

Deve essere sottolineata anche un’altra cosa: gli elenchi che abbiamo visto ed elencato sono in continuo movimento, cioè dei Paesi possono entrare ed altri uscire, quindi prima di valutare la propria posizione nei confronti del fisco è bene controllare che siano ancora attuali.

Residenza nei paradisi fiscali e legami affettivi in Italia: dove pago le tasse?

Pagare le tasse non è l’attività preferita dalle persone, soprattutto quando la pressione fiscale è alta, proprio per questo sono numerose le persone che, se possono, trasferiscono la residenza all’estero. Deve però essere sottolineato che non sempre basta trasferire la residenza all’estero e lavorare fuori dall’Italia, infatti la Corte di Cassazione in una recente pronuncia (ordinanza Corte di Cassazione 18702 del 1° luglio 2021) ha stabilito che, nel determinare l’effettiva residenza, devono essere tenuti in considerazione anche i legami affettivi.

Il caso: contribuente con legami affettivi in Italia

Nell’anno 2008 l’Agenzia delle Entrate invia un avviso di accertamento a un cittadino iscritto dell’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) inerente i compensi ricevuti da una società con sede in Italia di cui il soggetto era amministratore, nonché socio unico. Il contribuente aveva provato a dimostrare che in realtà lui non era più da considerare cittadino italiano e questo per diversi ordini di ragione, in particolare:

  • era emigrato nel Principato di Monaco dal 1987;
  • sempre nel Principato aveva un appartamento in locazione e un conto corrente;
  • era amministratore di una società monegasca;
  •  aveva una vettura di proprietà immatricolata nel Principato;
  • aveva ricevuto onorificenze nel Principato.

L’obiettivo del contribuente era dimostrare in modo inconfutabile che il centro dei suoi interessi non era più in Italia, ma all’estero e che i soggetti terzi comunque facevano affidamento su tale residenza fuori dai confini dell’Italia.

Il tribunale di primo grado aveva invece dato preponderanza agli elementi affettivi che portavano il contribuente ad avere comunque rapporti importanti con l’Italia. Dello stesso avviso il giudice di secondo grado che sottolineava come in realtà se c’è l’iscrizione all’ ANPR (Anagrafe Nazionale Popolazione Residente) si presume che l’effettiva residenza sia in Italia, ma che tale presunzione non opera nel caso in cui si sia iscritti all’AIRE e quindi occorre valutare caso per caso (Cassazione 16634/2018).

Naturalmente il contribuente contesta tale tesi e propone ricorso in Cassazione che appunto offre delucidazioni sul punto nell’ordinanza 18702 depositata il 1° luglio 2021.

Corte di Cassazione: dalla valutazione globale non devono essere esclusi i legami affettivi

La prima cosa da sottolineare è che quando più Paesi, in base alle loro regole, riconoscono un soggetto come residente nel proprio Paese, per dirimere la questione si applicano le convenzioni internazionali e in particolare il modello OCSE 2017 che detta una sorta di gerarchia da fattori da valutare per stabilire correttamente e in modo uniforme a libello internazionale la residenza effettiva. Gli elementi da considerare sono:

  • il Paese che è centro di interessi vitali;
  • la disponibilità di un alloggio;
  • dimora abituale e nazionalità;

Il primo criterio visto deve però essere ulteriormente specificato, infatti gli interessi vitali devono essere considerati nella loro globalità facendo riferimento non solo alle relazioni economiche e di lavoro, ma anche alle relazioni personali e affettive.

Nell’ordinanza viene sottolineato che in questo caso trova applicazione il comma 2 bis dell’art. 2 del d.P.R. n. 917 del 1986, che considera residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed immigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, quale era, appunto, il Principato di Monaco.

Principato di Monaco fino al 2018 è considerato “Stato non collaborativo”

Nel nostro caso il contribuente aveva in Italia moglie e figlia ( il divorzio infatti è molto successivo rispetto al periodo di imposta contestato), inoltre in Italia aveva acquistato un appartamento di proprietà, di conseguenza tenendo in considerazione i rapporti di parentela e in particolare quello di coniugio, deve darsi prevalenza proprio al rapporto affettivo. La Corte di Cassazione sposa in pieno la tesi del Tribunale di prime cure e di Appello. A ciò deve aggiungersi il fatto che il Principato di Monaco fino al 2008 era inserito nella black list, con l’entrata in vigore dei nuovi criteri per determinare i “paradisi fiscali”, mentre successivamente non è stato inserito nella white list, cioè  è uno degli “Stati non collaborativi”, quindi non partecipa allo scambio di informazioni inerenti l’evasione fiscale. Solo dal 2018 il Principato di Monaco ha cambiato rotta ed è diventato uno “Stato collaborativo”.

Direttiva 83/182 CEE: i legami affettivi e personali sono prevalenti se il contribuente ritorna regolamente

La Corte di Cassazione per avallare ulteriormente tale orientamento si avvale anche della direttiva 83/182/CEE che, nella seconda parte del comma 1 dell’articolo 7 stabilisce: tuttavia nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente”.

Questa sentenza è sicuramente essenziale, infatti dirime molte questioni irrisolte e sottolinea che trasferirsi nei paradisi fiscali non sempre consente di ottenere il risultato desiderato, cioè pagare meno imposte. I giudici infatti nel determinare la residenza devono operare una valutazione globale e se in Italia ( o altro Paese dell’Unione Europea) restano i legami affettivi e in particolare quelli di coniugio e filiazione e quindi si ritorni nel luogo in cui questi si trovano in modo costante, comunque si presume che il centro principale degli interessi sia in Italia. Naturalmente nel caso qui esaminato c’è il doppio criterio, infatti comunque il soggetto in Italia si occupava di amministrare un SRL a socio unico e quindi aveva degli utili.