Le luci e le ombre del turismo in Italia

Da una classifica all’altra, l’Italia del turismo esce sempre con le ossa rotte. Abbiamo parlato ieri della graduatoria stilata da Bankitalia sulla base della spesa turistica dei visitatori stranieri in diversi Paese e abbiamo visto come lo Stivale si posizioni solo al quinto posto. Esattamente come nel caso dei numero di turisti stranieri che la visitano annualmente.

Oggi parliamo invece dello sguardo che il World Economic Forum ha dato al turismo in diversi Paesi del mondo con il suo Global Travel & Tourism Report 2015. Si tratta di una graduatoria biennale, un vero sguardo d’insieme sul turismo come sistema che, purtroppo, per il nostro Paese riserva luci e ombre.

Una delle prime luci che balzano all’occhio è l’avanzamento in classifica che, rispetto a due anni fa, l’Italia ha messo a segno per quanto riguarda la sua competitività nel turismo: dal 26esimo posto (orrore!) all’ottavo.

Peccato che (e questa è un’ombra) la classifica sia guidata da una nostra concorrente diretta, ossia la Spagna, il Paese più competitivo al mondo per il turismo, passato in due anni dal quarto al primo posto. Completano il podio la Francia e la Germania.

Ma quali sono le palle al piede, le ombre che frenano la competitività dell’Italia nel settore del turismo? Fondamentalmente tre, tutte tra loro collegate: burocrazia, prezzi e tasse. Burocrazia e competitività dei prezzi ci piazzano al 133esimo posto, tasse e scarsi investimenti nel turismo al 65esimo.

Più ombre che luci, quindi? No, qualche lucina c’è, anche se si tratta di punti forti storici del nostro turismo. Siamo al terzo posto nel mondo per patrimonio culturale (e questa il World Economic Forum ce la deve spiegare…) e al 13esimo per quello naturale e non ce la caviamo malaccio nemmeno per quanto riguarda le infrastrutture dedicate al turismo: terzi.

Purtroppo, però, su altri due fronti del settore infrastrutturale non siamo messi benissimo, perché rappresentano due punti chiave per una gestione fruttuosa e razionale dei flussi turistici in entrata in Italia: aeroporti e porti. Il 26esimo posto mondiale nella graduatoria delle infrastrutture aeroportuali e, soprattutto, il 32esimo per quelle portuali (in un Paese che è quasi tutto coste e mare) sono due handicap non indifferenti per un Paese che sul turismo potrebbe tranquillamente campare. Ma si sa, siamo italiani…

Intesa Sanpaolo tra le cento imprese mondiali più sostenibili

Buone notizie per Intesa Sanpaolo: il gruppo è stato incluso nella classifica delle 100 imprese più sostenibili
al mondo, secondo Corporate Knights, rivista canadese specializzata in capitalismo sostenibile.

Si tratta indubbiamente di un traguardo prestigioso, soprattutto se si considera che l’istituto di credito è l’unica azienda italiana presente nella classifica, poiché ha saputo distinguersi con il suo impegno per sviluppare le migliori strategie per gestire rischi e opportunità in campo ambientale, sociale e di governance.
Il riconoscimento è stato presentato al World Economic Forum di Davos.

Dal 2005, anno della sua fondazione, Corporate Knights compie una analisi a livello mondiale su 4mila imprese valutate rispetto a dodici indicatori.
Tra questi, particolare rilievo viene dato alle politiche di attenzione verso l’ambiente, le risorse umane, la politica delle retribuzioni, l’impegno del management per la sostenibilità, l’innovazione e la trasparenza.

In particolare, Intesa Sanpalo si è distinta nel campo della sostenibilità, tanto che, nel 2013, per il secondo anno consecutivo, ha visto il suo titolo inserirsi nel CDP’s Italy 100 Climate Disclosure Leadership Index (CDLI), oltre che nel Dow Jones Sustainability Index e nell’indice FTSE4Good.

Vera MORETTI

Bocciatura per l’ICT in Italia

Se, come era prevedibile, l’Italia è tra i primi utilizzatori di telefoni cellulari e smartphone, non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda la diffusione di pc e banda larga.
In questo ambito, anzi, siamo, se non proprio fanalino di coda, comunque relegati in posizioni basse.

La distanza che ci separa dalle prime in classifica, ovvero Finlandia, salita di due posizioni rispetto alla rilevazione del 2012, seguita da Singapore, Svezia, Olanda e Norvegia, è abissale, tanto che l‘Italia è solo al 50esimo posto, sorpassata anche da Barbados, Giordania e Panama.

La bocciatura rivela come il Belpaese non riesca a stare al passo con i tempi, e considerando la crisi economica attuale e le previsioni per il futuro, è difficile sperare in una ripresa a breve.
La tecnologia, infatti, come anche gli scambi in rete, potrebbero favorire un’inversione di tendenza ma, a quanto pare, non ci sono le premesse perché questo possa avverarsi.

Il rapporto del World Economic Forum, inoltre, rivela una profonda divisione tra le economie del nord e gli altri paesi: ciò significa che la tecnologia non basta, perché è anche necessario “creare migliori condizioni per le imprese e l’innovazione“.

L’economia digitale potrebbe essere quindi un meccanismo per generare PIL e posti di lavoro, anche considerando che a livello mondiale la digitalizzazione ha aumentato il prodotto interno lordo mondiale di 193 miliardi di dollari negli ultimi due anni, creando 6 milioni di posti di lavoro.

Vera MORETTI

La città delle donne

di Alessia CASIRAGHI

8 marzo. Festa delle donne. Imprenditrici, mamme, politiche, casalinghe, piene di ambizioni e fragilità. Italiane ma cittadine del mondo. Un mondo che è sempre più a misura di donna, o forse no.

Ci siamo chiesti se esista davvero una città su misura per le donne. Prendendo a prestito il titolo di un film del tardo Fellini, La città delle donne (era il 1980 e all’epoca il film fece scandalo e suscitò le ire femministe per i toni visionari e provocatori della pellicola), vi proponiamo un giro attorno al mondo alla ricerca della città dove ‘è più facile’ essere donna.

Qualche tempo fa il World Economic Forum ha pubblicato il suo report annuale sul rapporto The global gender gap 2011 , uno studio che mette in luce, fra contrasti e similitudini, cosa significa essere donna oggi nel mondo.

Ad esempio, sapevate che il Ruanda è il Paese che premia maggiormente le donne in campo politico? Strano a dirsi, ma lo Stato africano è l’unico al mondo a vantare un parlamento a maggioranza di quote rosa: 45 contro 35. Anche se il Presidente in carica è un uomo, Paul Kagame. In tema di premier donne, la medaglia d’oro va invece allo Sri Lanka, dove si sono succedute al potere ben 23 capi di Stato donna.

A fare da contraltare ci pensano però gli Stati della Penisola Arabica, dallo Yemen all’Arabia Saudita, Emirati Arabi compresi: in Qatar e nell’Oman ad esempio non c’è nessuna donna al potere in politica.

Veniamo ai redditi: Lussemburgo e Norvegia si piazzano al primo posto in tema di retribuzioni più elevate per le donne, mentre è ancora una volta l’Arabia Saudita a guadagnarsi la maglia nera per il divario più alto tra redditi maschili e femminili (quasi inesistenti). Il maggior numero di manager in gonnella si trova in Thailandia, le donne con i pantaloni sono infatti il 45%, mentre contro ogni pronostico la percentuale più bassa si trova in Giappone (8%), anche se le donne nipponiche possono vantare un altro primato: sono le più longeve rispetto agli uomini (87 anni contro 80 la speranza di vita media).

E’ la Jamaica il Paese dove si concentra la più alta percentuale di donne con posti di lavoro altamente qualificati, mentre il maggior numero di giornaliste donne si trovano, indovinate un po’, sempre in terra caraibica (45%).

L’Africa stupisce ancora in tema di istruzione e alfabetizzazione: se da un lato è il Regno di Lesotho, la minuscola enclave all’interno del Sudafrica a guadagnarsi il podio in fatto di alfabetizzazione (il 95% sanno legger contro l’83% degli uomini), è purtroppo l’Etiopia a registrare il tasso più basso in assoluto in tema di scolarizzazione: solo il 18% delle ragazze infatti sa scrivere. Le migliori facoltà femminili? In Qatar, mentre le meno frequentate in assoluto si trovano nel Ciad.

E l’Italia? Il bel Paese non ha molto di che vantarsi: se nel 2008 occupava il 67mo posto della classifica, nel 2009 è precipitata a quota 72mo. Una caduta destinata a non arrestarsi: oggi siamo infatti in posizione 74, dietro Bangladesh, Namibia e Mozambico.

Il paese più women friendly? L’Islanda, che dal 2009 si riconferma alvertice della classifica. Nella top 10 troviamo poi numerosi Paesi del Nord Europa: seconda infatti è la Norvegia, seguita da Finlandia e Svezia. Bene Spagna, Germania e Regno Unito, tutte nella top 20, mentre la Francia, terra di rivoluzioni femministe, deve accontentarsi di un misero 48mo posto. Il posto peggiore in assoluto dove essere donna? Lo Yemen, preceduto da Ciad e Pakistan. Ma questa è tutta un’altra storia.