Serve la partita Iva per creare contenuti online?

Quando serve la partita Iva nel caso in cui si faccia un lavoro che consiste nel creare contenuti on line? E come gestire dal punto di vista fiscale tutta l’attività? Si tratta di professioni che prevedono la creazione dei contenuti sul web, di youtuber con pubblicazione di video, di storie sui social network o anche di post. A volte possono rappresentare dei passatempi, ma spesso le professioni indicate possono far guadagnare anche cifre importanti, magari anche con gli incassi pubblicitari. Ecco allora una guida su come comportarsi dal punto di vista fiscale.

Partita Iva per attività abituale o occasionale: ecco il primo parametro da valutare per l’apertura

Il primo parametro da valutare per scegliere se aprire o meno la partita Iva è quello dell’abitualità oppure dell’occasionalità. Ovvero se le professioni on line procurino un vero e proprio reddito da lavoro autonomo o di impresa, nel caso in cui è necessaria la partita Iva. Diversamente, se l’attività è puramente svolta in maniera occasionale, non qualificandosi come professionale e nemmeno viene svolta con sistematicità e regolarità, i proventi non necessitano dell’apertura della partita Iva. In tal caso, i redditi prodotti si identificano come redditi diversi secondo quanto prevede la lettera i ed l, del comma 1, dell’articolo 67 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Quali adempimenti fiscali occorrono se non si apre la partita Iva?

Nel caso dunque di non apertura della partita Iva, i redditi diversi devono essere presentati unicamente nella dichiarazione annuale dei redditi. Se, invece, il lavoratore autonomo ha deciso di aprire la partita Iva perché il lavoro di creazione di contenuti per il web risulta professionale e svolto in maniera continuativa, allora occorre adempiere a tutte le richieste fiscali conseguenti. Ciò indipendentemente dal reddito prodotto.

Secondo parametro per l’apertura della partita Iva: quali sono le fondi di guadagno?

Tuttavia, per procedere nella scelta di aprire o meno la partita Iva nel caso in cui si creino contenuti on line, è necessario anche verificare quali sono e quante sono le fonti di guadagno. Infatti, spesso, può capitare che nella creazione dei contenuti on line si abbiano più committenti, o più clienti, e più attività esercitate. Se si fanno attività commerciali, come la vendita di prodotti, è importante avere una partita Iva già dall’inizio del lavoro. Si tratta, in questo caso, di una vera e propria attività di impresa. Contrariamente, se i contenuti non consistono in vendite, almeno inizialmente si può rimandare la scelta. Almeno per vedere come procede l’attività, ad esempio. In un primo momento, dunque, i compensi possono essere dichiarati come redditi diversi.

Con cosa si guadagna con le attività on line?

A esclusione della vendita di prodotti o di servizi, sono molteplici le attività on line che possono generare dei guadagni. Ad esempio, caricare dei video su Youtube può portare a guadagnare sul numero dei follower posseduti. E, dunque, sul numero delle visualizzazioni di un video. Si possono, altresì, creare dei contenuti web per la vendita dei prodotti brandizzati oppure a favore di piattaforme di commercio elettronico o anche fisico. Anche in questo caso, i guadagni derivano dal numero dei follower e delle visualizzazioni prodotte tramite la creazione dei contenuti on line. Si possono dare anche delle informazioni oppure creare delle presentazioni di prodotti di brand e invitare i follower all’acquisto. In questo caso si possono ottenere dei compensi fissi, in base al numero delle storie pubblicate ad esempio. O dei video realizzati.

Youtuber e content creator, quando svolgere l’attività con partita Iva e quando no

In tutti i casi che abbiamo visto precedentemente, dunque, si può essere qualificati come youtuber oppure come content creator. E la conseguente produzione di guadagni può essere qualificata come rientrate in un’attività occasionale oppure d’impresa o professionale. Nel primo caso, come abbiamo visto in precedenza, si creeranno dei guadagni che finiranno nei redditi diversi della dichiarazione dei redditi. Aprendo, invece, la partita Iva per un’attività professionale o che generi un’attività di impresa, occorre tener presente di tutte le regole fiscali e contabili conseguenti.

Lavoratore autonomo che produce contenuti per il reddito: conta dove si svolge il lavoro?

Infine, occorre anche considerare dove, ovvero il posto, nel quale vengono prodotti i guadagni. Un lavoratore autonomo tradizionale in genere ha una sede identificata, ciò che spesso non avviene per i creatori di contenuti digitali. Anche se si può avere uno studio, un creatore content creator può svolgere la sua attività ovunque. Pertanto, anche il luogo dove il creatore di contenuti digitale effettua normalmente il proprio lavoro può essere importante per la tassazione dei redditi ottenuti. Se si tratta di un lavoratore autonomo fiscalmente residente nel territorio italiano, allora i redditi sono imponibili in Italia, indipendentemente dal luogo di produzione. Se il lavoratore, invece, non ha residenza fiscale in Italia è occorrente identificare esattamente quali siano le fonti di guadagno per distinguere la tassazione italiana da quella applicabile da uno Stato estero.

Partita IVA per youtuber: serve?

Oggi andremo a scoprire se occorre una partita IVA nel caso in cui con la vostra attività su YouTube, quindi con un ipotetico guadagno da youtuber. Scopriamolo assieme.

Guadagnare con YouTube è possibile?

Non tutti sanno che svolgere un’ attività di creator di contenuti sui social, in questo caso su YouTube, permette di ottenere qualche guadagno.

Tanti altri, invece credono che guadagnare su YouTube sia un introito piuttosto sostanzioso, al punto da rendere il lavoro di creatore di video contenuti, un vero e proprio lavoro. Ma, in realtà i veri e propri guadagni si ottengono solo in casi in cui lo youtuber in questione ottenga una monetizzazione corposa dalle pubblicità sui propri video, grazie a numeri di visualizzazioni altissime.

Non è chiarissimo come funzionino i guadagni (pochi centesimi un tot di visualizzazione) che si possono ottenere da un singolo video caricato sul proprio canale, ma ad ogni modo sono numeri che diventano guadagni notevoli, solo quando si ottengono decine di migliaia di visite ad ogni singolo video.

Ma, molti si chiedono è quindi necessario aprire partita IVA per fare lo youtuber? Scopriamolo nel prossimo passaggio della nostra guida.

Partita IVA per Youtuber, serve?

Potremmo in breve dire che la risposta è sì.

Se si decide, infatti, di iniziare a guadagnare dal proprio canale, aderendo cosi ad AdSense, si dovrà aprire una partita iva, dal momento che si sta svolgendo un’attivitàdi impresa, cioè che genera ricavi, e quindi per poter essere in regola con il fisco deve essere dichiarata.
La normativa del nostro paese prevede che tutto quello che viene guadagnato deve essere dichiarato al fisco e quindi tassato, anche se le entrate sono basse. Per poter dichiarare le entrate che sono derivanti da Youtube, sarebbe quindi necessario aprire una partita Iva anche se i guadagni sono bassi. E questo andrà a comportare dei costi fissi annuali.

Quanto paga di tasse uno youtuber?

E quindi quanto costa aprire una partita IVA per la propria attività di youtuber e quanto può andare a pagare di tasse chi svolge attività su YouTube.

Le effettive tariffe pagate daun inserzionista variano, in genere tra 0,10 euro e 0,30 euro per visualizzazione, ma la media è di 0,18 euro per visualizzazione. In media il canale YouTube può ricevere 18,00 euro per 1.000 visualizzazioni di annunci. Ciò equivale a 3,00 euro / 5,00 euro per 1.000 visualizzazioni video.
Ad ogni modo, gli Youtuber piccoli che ospitano banner pubblicitari sono tenuti a regolamentarsi tramite l’apertura di una partita IVA, per dichiarare i guadagni, spesso davvero esigui, e per questo è bene capire se è conveniente aprire la partita IVA. Indubbiamente, l’apertura della partita Iva ha un costo, legato sia alla consulenza del Commercialista che ti seguirà nei vari adempimenti fiscali periodici, ma soprattutto per quanto riguarda i versamenti previdenziali obbligatori.
I passaggi da considerare per svolgere l’ attività sono i seguenti:
Effettuare, innanzitutto, l’apertura della partita IVA, per l’esercizio di attività di impresa;
  • Iscrizione in Camera di Commercio (costo circa 120,00 euro annue);
  • Iscrizione alla Gestione commercianti dell’Inps (€. 4.000 annue, dovuti indipendentemente dai guadagni percepiti);
  • Verificare eventuali obblighi di presentazione della SCIA al Comune ove è situata la sede dell’attività.

Una volta effettuata la apertura della partita IVA il passo successivo sarà quello di scegliere il regime fiscale. Il regime fiscale è importante in quanto determina la deduzione dei costi, la tassazione dei ricavi e i connessi adempimenti fiscali. Sotto questo punto di vista, il regime fiscale migliore è il Regime Forfettario.

Dunque, all’atto pratico, bisogna dire che aprire una partita IVA è necessario per “essere in regola”, ma non è conveniente per chi monetizza solo poche decine (o poche centinaia) di Euro all’anno, con i suoi video. E quindi, sembrerebbe che la risposta più immediata sia: meglio non ottenere la propria monetizzazione sui propri video e lasciar perdere i piccoli guadagni.

Questo è, quindi quanto di più utile e necessario da sapere in una situazione un po’ imbrigliata che rischia di mettere un po’ in sfiducia chi vuole intraprendere la strada del guadagno attraverso il proprio canale YouTube.

Come ottenere monetizzazione su YouTube

Molti, ormai sono quelle persone, perlopiù giovanissimi utenti, che sperano di lanciarsi nel mondo di YouTube per creare contenuti. Ma quando è possibile ottenere una monetizzazione su YouTube? Scopriamolo in questa rapida guida.

Monetizzazione YouTube: di cosa si tratta

Partiamo dalla base della questione, ovvero di cosa si parla quando si fa riferimento alla monetizzazione su YouTube.

La monetizzazione non è altro che un obiettivo che si può raggiungere con dei requisiti minimi per l’adesione al programma, YouTube revisiona i canali che hanno attivato la monetizzazione, qualora ritenuti idonei, permette l’inserimento di annunci pubblicitari e di guadagnare qualche soldo extra.

Ecco, dunque che bisogna capire chi può richiedere questa ambita monetizzazione e in che modo la si può ottenere.

Come richiedere la monetizzazione su YouTube

Le soglie minime richieste dalla piattaforma più diffusa del web, in ambito di divulgazione di contenuti video, sono legate ai numeri del proprio canale.

E’ necessario, infatti, che il proprio canale abbia raggiunto un minimo di 1000 iscritti ed un totale di 4.000 ore di visualizzazioni ai propri video nel tempo di 12 mesi. Alla scadenza dei 12 mesi dal primo video caricato, inizierà un countdown che sottrae le ore di visualizzazione giorno dopo giorno, per cui sarà necessari creare sempre nuovi contenuti per stare al passo del conteggio e raggiungere la soglia richiesta.

Una volta garantito ciò, si dovrà constatare nel proprio pannello del canale (con su scritto monetizzazione), che non ci siano avvertimenti in atto (quindi segnalazioni) relativi alle norme della Community.

Una volta che si sono appurati questi passaggi, si potrà procedere con la richiesta di monetizzazione. E, quindi YouTube valuterà nel tempo di un mesetto (o poco più) se il canale è idoneo alle inserzioni pubblicitarie sui propri video.

Quindi, non è da escludere che per la piattaforma il vostro canale, anche con i numeri raggiunti, possa non essere agibile.

Altre cose da sapere sulla monetizzazione su YouTube

E’ importante sapere se i propri video siano, inoltre soggetti a violazione di Copyright. Un annuncio che YouTube stesso vi segnala una volta caricato il vostro video, nel caso vi fossero musiche o pezzi di video che violano i diritti d’autore. In quel caso, quel determinato video non sarà monetizzabile. Anche facesse centomila visite, non prenderete un centesimo da quel video specifico. Sempre laddove la monetizzazione sia applicabile, dopo la richiesta.

Altra domanda molto frequente tra chi bazzica il tubo e possiede un canale o sta decidendo di aprirsene uno, è quanto si guadagna con la monetizzazione?

La risposta a questa curiosità sembrerebbe in realtà molto vaga. C’è chi dichiara che ci sia una paga di 50 centesimi di Dollari per ogni 1000 visualizzazione ad ogni video. Molti youtuber, però, dal seguito piuttosto alto (con una media anche di 10.000 o 20.000 visualizzazioni a video) rivelano che con l’attività del proprio canale riescono giusto a pagarsi la connessione di internet o poco più. Quindi, introiti di circa 30 Euro al mese o poco più. Quindi, difficile capire quale sia il guadagno percepibile in merito ai propri contenuti.

Come guadagnare in altri modi su YouTube

Un modo invece per poter arrotondare i propri guadagni, grazie alla piattaforma di YouTube, indipendentemente dalla monetizzazione, attivata o meno, è quella di associare ai propri video un account PayPal sul quale poter far sostenere delle donazioni per supportare il vostro lavoro di creator, oppure applicare link di prodotti da Amazon (qualora abbiate attivato una partnership con Amazon), inerenti ai vostri video.

Ad esempio, se parlate di cinema sul vostro canale, potrete linkare, da Amazon (una volta ottenuti i link di affiliazione come partner di Amazon) i link per acquistare DVD o bluray dei film di cui parlate. E una piccola percentuale di quelle vendite sarà vostra.  Quindi, se parlate di musica potrete linkare vinili, CD o quel che sia inerente ai vostri contenuti. Anche porre il link delle attrezzature che usate per i vostri video (come microfoni e fotocamere) può essere utile e invitante per chi vi segue.

Questo è quanto vi fosse, dunque, di più utile e necessario da sapere in merito ai possibili guadagni attraverso YouTube e come poter ottenere la monetizzazione dal vostro canale.

Come guadagnare su YouTube

Molti, ormai usano con maggiore costanza i social e cercano di ricucirsi uno spazio interattivo, una sorta di community con la quale trattare gli argomenti che gli stanno a cuore o in cui sono specializzati. Ma è possibile ottenere un guadagno da quello che nasce come semplice Hobby? Ovviamente sì. Vediamo, dunque, come è possibile guadagnare su YouTube.

Come crescere e diventare popolari su YouTube

Innanzitutto, come ogni social che si rispetti, la cosa che conta di più è ottenere un seguito, un interesse dalla comunità internauta, per poter crescere nel proprio divulgare. E, quindi per poter diventare un minimo popolari, al punto da trarne un guadagno.

Non soltanto su YouTube, ma su qualunque social sul quale vogliamo sponsorizzare dei prodotti o semplicemente diffondere il nostro sapere su un argomento. YouTube è senza dubbio tra i social più longevi e allo stesso tempo anche tra i più “usurati”. Basti pensare che nel corso degli ultimi anni il numero degli iscritti e quindi dei canali attivi sulla piattaforma è lievitato a dismisura. Ed anche la varietà di contenuti, compresi vecchi programmi e interi film (senza copyright) sono caricati sulla piattaforma.

Come occorre fare, però per crescere e diventare popolari, spiccando così sul mare magnum dei contenuti in rete?

Innanzitutto, occorre unificare bene i vari social a disposizione. La nostra attività su YouTube dovrà necessariamente essere sponsorizzata e condivisa, dunque anche attraverso social come Instagram, Facebook e magari anche Twitter e Tik Tok (che sono i social più trend). Il nostro obiettivo sarà quello di incrementare followers su ogni piattaforma, possibilmente, però con elementi in comune, con un possibile interesse verso ciò che facciamo su YouTube.

Se, ad esempio parliamo di musica, sarà necessario postare argomenti di musica anche sugli altri social e farci seguire da persone che abbiano la stessa passione/interesse. Idem se trattiamo di cinema, fumetti o di cucina e così via.

Un modo per creare una rete di comunicazione e “raccattare” quindi followers da portare poi a visualizzare i nostri video su YouTube.

Come si può guadagnare su YouTube

Riuscire a guadagnare attraverso l’uso di un canale YouTube non è comunque facile, anche perché basti considerare che la soglia di pagamento dalla piattaforma, derivata dalle entrate pubblicitaria si è notevolmente abbassata, rispetto agli introiti di altri paesi o rispetto ai primi anni della piattaforma.

Ottenere comunque una monetizzazione da YouTube resta un obiettivo plausibile se, come detto sopra riuscite a crescere nel seguito della vostra attività.

Una volta ottenuti 1000 iscritti (e di certo vi ci vorranno un po’ di mesi, in alcuni casi anni, in altri casi mai) il vostro “contatore” del canale dovrà attestare un numero di ore di visualizzazione pari a 4000 per i vostri video. Il che vuol dire che dovrete mantenere costante la vostra attività di creazione di contenuti (possibilmente un paio di video sul canale a settimana) e crearli col minutaggio giusto. Perlomeno fino a che non avrete il seguito necessario per fare “come volete”.

Se le vostre reti social sono prolifiche (tra pagine Facebook e profili Instagram, ad esempio) potete mantenere vivo un cerchio di community che porti, dunque, un pubblico costante al vostro materiale e, come detto, non ci vorrà poi moltissimo per ottenere iscritti e quindi visualizzazioni al canale.

Sarà, tuttavia, consigliabile non ottenere iscritti “a caso”, come ad esempio acquistandoli in “fortunosi pacchetti” o chiedendo fortuiti scambi di iscrizione a persone che dei vostri contenuti non avranno alcun interesse, Poiché, otterrete sì in modo “rapido” i 1000 iscritti, ma difficilmente guarderanno i vostri video e quindi farete fatica a raggiungere le ore richieste per richiedere la monetizzazione.

Come verificare la modalità di pagamento su YouTube?

Per poter guadagnare dunque, sarà necessario attivare la monetizzazione. Uno step raggiungibile con iscritti e visualizzazioni giuste, ma una volta fatta richiesta, il vostro canale sarà visionato da un team.

Quindi, fermi tutti, spetterà a YouTube stabilire se i vostri contenuti sono o meno monetizzabili, anche se avete raggiunto gli step necessari. Come ad esempio la “visibilità per i bambini”, la periodicità dei vostri caricamenti e il numero massimo di visualizzazioni raggiunte per un singolo video, il numero di violazioni del copyright sui vostri video, faranno da ago della bilancia.

I guadagni saranno tuttavia correlati alle visualizzazioni che farete. Quindi, a meno che non otteniate migliaia e migliaia di visualizzazioni sui video, otterrete pochissimi euro alla fine della fiera, mensilmente.

Quindi sarà bene creare contenuti che tengano sempre vivo l’interesse dei vostri seguaci, ponderando gli argomenti, magari facendo qualche video in meno da buona qualità e di non troppo breve, ne troppo lunga durata.

Altre modalità di guadagno su YouTube

Tuttavia, al di fuori della canonica monetizzazione sui video, c’è qualche altro modo per guadagnare su YouTube.

Ad esempio, allegando al vostro canale, i link per Amazon (dopo esservi affiliati al programma Amazon), dai quali i visitatori possono fare acquisti. E da quegli acquisti vi sarà corrisposta una piccola percentuale sul vostro conto Amazon. Oppure aprendo un canale Patreon, dove ottenere donazioni/abbonamenti per richieste speciali sui vostri contenuti. O ancora semplicemente linkando la vostra PayPal per coloro che vorranno sostenervi, offrendovi “un caffè”, per la vostra attività del canale.

Ovviamente, maggiore sarà l’afflusso di visitatori sui vostri video e sul vostro canale, maggiore sarà la rete di fruitori e quindi di possibili donatori/abbonati che potranno sostenervi nella vostra attività preferita online. Ma per ottenere numeri importanti e un po’ di buon seguito dalla community vi ci vorrà pazienza, passione e un pochino di tempo. E buon uso dei social.

Questo è quanto vi fosse di più necessario ed utile da sapere in merito a come guadagnare su YouTube con il vostro canale.

INT sempre più social

L’Istituto Nazionale Tributaristi, per mantenere i contatti con le associazioni ma anche con i contribuenti, sta diventando sempre più presente ed attivo sui social network.

Quindi, per comunicare, non si limita ad incontri, lettere e partecipazione a riunioni ed audizioni, ma, al contrario, INT mantiene i contatti con i rappresentanti delle Istituzioni parlamentari e governative e con gli iscritti utilizzando in particolare Twitter, utilizzando l’hashtag #INTtributaristi con vari tweet.

Ecco un esempio di tre tweet inviati questa settimana e retwittati dagli iscritti:

Urge certezza proroga Unico 2015 @PPBaretta @paola_demicheli @enrico_zanetti #INTtributaristi @IstTribint @richidj1

Unico proroga scadenza ora,rispetto per lavoro intermediari fiscali @enrico_zanetti @mauro_m_marino @Capezzone #INTtributaristi @IstTribint

Del.fisc.art.10 lett.b) p.3) Assistenza contenzioso: tributaristi qualificati ex Lege n.4/2013 @PPBaretta @mauro_m_marino #INTtributaristi

Riccardo Alemanno, presidente INT, ha dichiarato in proposito: “Un modo rapido, attuale ed a costo zero per inviare messaggi e segnalazioni ai rappresentanti di Governo, Parlamento ed ai media coinvolgendo direttamente i nostri iscritti. Evidentemente ciò non sostituisce e non potrebbe mai sostituire l’attività di confronto diretto con le Istituzioni, ma poiché è utilizzato a qualsiasi livello, anche noi, già da tempo, abbiamo implementato ulteriormente la comunicazione attraverso i social”.

Vera MORETTI

Gli Indie del Festival

 

Case discografiche indipendenti e grandi Major: Sanremo è  un festival per tutti? Quanti e quali sono gli artisti che hanno scelto un’etichetta indie?  Il viaggio dentro al Festival di Sanremo 2013 di Infoiva oggi incontra Leopoldo Lombardi, Presidente di AFI, l’Associazione Fonografici Italiani che raccoglie le case discografiche indipendenti in Italia.

Partiamo da una domanda semplice: come le sembra questo Festival di Sanremo?
Direi senza dubbio un Festival buono dal punto di vista della musica perché ha riportato al centro del progetto le canzoni. La formula introdotta quest’anno che permette ai cantanti di esibirsi con due canzoni premia di più gli artisti e anche le produzioni musicali, perché da più spazio alla musica e fa conoscere meglio i cantanti. Riguardo ai brani, credo che le scelte della direzione artistica abbiano mirato di più alla qualità. E’ un buon Festival.

Il Festival rappresenta ancora una vetrina importante per la discografia indipendente italiana?
Certo. Il Festival è una vetrina importante per la musica italiana, e soprattutto per gli indipendenti che per loro natura hanno maggiore difficoltà di accesso al mercato. Se c’è la fortuna di arrivarci, di salire sul palco dell’Ariston, è un passaggio importante per i cantanti. Per un indipendente spesso è più difficile riuscire ad accedere a Sanremo, una difficoltà che si è accentuata soprattutto negli ultimi anni, dal 2000 in poi, perché sono meno i cantanti in gara e con la crisi le major sono fatte più agguerrite nel proporsi al Festival perché anche il loro fatturato ha risentito della crisi.

Quanti e quali sono gli artisti in gara a Sanremo 2013 rappresentati da case discografiche indipendenti associate ad AFI?
Nella categoria dei big ci sono i Modà, con Ultrasuoni, la casa discografica nata da RTL, Radio Italia e RDS, Simone Cristicchi per Dueffel e Maria Nazionale con Midas. Per la categoria giovane c’è Antonio Maggio, l’ex leader degli Aram Quartet, il gruppo che vinse la prima edizione di X Factor nel 2008, che si presenta come solista al Festival di quest’anno per Rusty Records. Un ottimo risultato direi, dal momento che gli artisti con etichetta indipendente a Sanremo rappresentano il 20%, il doppio della nostra normale quota di mercato, che invece si aggira attorno al 10%. Tra i 14 Big in gara 3 sono indipendenti, mentre per la categoria giovani il rapporto è di 1 a 8.  E’ la dimostrazione che il Festival di quest’anno ha mirato alla qualità artistica, non è un Festival che ha guardato alla geopolitiche,  inoltre ci sono altri indipendenti che non sono nostri associati ma sono arrivati anche loro all’Ariston. Le major si salvano grazie ai giovani dei talent show: i vincitori di X Factor con Sony e le case multinazionali che firmano i successi di Amici.

Quanto muovono in termini di fatturato e importanza in Italia le aziende discografiche rappresentate da Afi?
Un 10% del mercato, il nostro dato di fatturato complessivo si aggira attorno ai 70 e 100 milioni di euro, anche se non c’è ancora un dato ufficiale per il 2012. Le case discografiche associate ad AFI sono attualmente 170.

Quali sono le maggiori difficoltà che si trova a fronteggiare un’azienda discografica indipendente oggi in Italia?
Primo fra tutti, l’accesso al credito , difficoltà che le accomuna alle Pmi tradizionale, ma con una difficoltà maggiore dal momento che una casa discografica rappresenta beni immateriali. In secondo luogo, la mancanza di qualsiasi tipo di legislazione a sostegno del settore: se voglio fare un’opera prima in Francia, Svizzera o Spagna posso usufruire di contributi, cosa che in Italia non esiste; come case discografiche non abbiamo nemmeno accesso al FUS – Fondo Unico dello Spettacolo, che invece è aperto a teatri stabili, compagnie teatrali, opera lirica e musica classica. Terzo fattore, ma non meno incisivo, l’altissima percentuale di pirateria che ci pone fuori da quelli che sono Paesi Occidentali a economia avanzata.

Quindi la condivisione di contenuti musicali online vi danneggia?
Occorre distinguire tra download illegale e fruizione di contenuti audio o video in streaming: lo sbarco proprio qualche giorno fa della piattaforma Spotify in Italia, che permette la fruizione di contenuti musicali e brani online aumenterà sicuramente i nostri fatturati, con un guadagno che arriva da un mercato diverso. Non bisogna dimenticare che Youtube è il secondo partner dell’industria discografica nel mondo:  le case discografiche ottengono contributi economici per i brani ospitati, tenendo presente poi che Youtube rappresenta un volano eccezionale per la promozione di brani e canzoni.

Da anni Afi assegna il premio nazionale che porta il suo nome a Sanremo. Che cosa rappresenta oggi questo riconoscimento?
Sono due i premi che Afi assegna a Sanremo: il Premio per gli artisti in gara e gli operatori del settore discografico e musicale che si sono distinti per meriti e il Premio Giovani Afi, che vuole essere una vetrina per i giovani rappresentati dalle case discografiche indipendenti. Non si tratta infatti dei concorrenti in gara al Festival, ma di 20 artisti selezionati tra i 170 delle nostre aziende:  la cerimonia di premiazione si svolge a Casa Sanremo, un luogo alternativo all’Ariston, il punto di incontro per addetti ai lavori e lo spazio che ospita le manifestazioni collaterali al Festival.

E’ difficile oggi per i giovani aspiranti musicisti e cantanti farsi strada nel mondo della musica?
e’ Più difficile rispetto al passato perché la crisi ha diminuito gli investimenti, le possibilità di emergere ed ‘essere scoperti’ sono ormai legate ai talent televisivi o alla capaci di sfruttare la rete per farsi conoscere. Ormai la quasi totalità delle case discografiche, indipendenti e non, fanno scouting in rete o in alternativa il live resta il  modo migliore per farsi notare, soprattutto quando si parla di gruppi. Inviare il classico demo alle case discografiche è ormai una pratica obsoleta, nessuno li manda più e quelli che arrivano, soprattutto se si tratta di Major internazionali, non vengono nemmeno ascoltati.

Ultima domanda: chi vincerà Sanremo 2013?
Se dovessi fare un pronostico direi innanzitutto che il tormentone post Festival quest’anno sarà sicuramente ‘La Canzone mononota’ di Elio e le Storie Tese. La canzone è veramente un colpo di genio. Non penso che vincerà, ma credo che entrerà sicuramente nella triade dei primi classificati. Il vincitore del Festival potrebbe nascondersi secondo me tra gli ex concorrente di X Factor, penso a Chiara (Galiazzo)o Marco Mengoni. Ecco il podio lo vedo così: primi Chiara o Marco, al secondo posto Elio e terzi i Modà. Se ho indovinato che cosa vinco?

Alessia CASIRAGHI

Italiani sempre più connessi

Essere sempre connessi non è più uno status symbol ma un’abitudine irrinunciabile per il 62,1% degli italiani.

Internet, infatti, secondo il decimo Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione “I media siamo noi. L‘inizio dell‘era biomediatica“, rappresenta il mezzo che ha registrato il massimo incremento dell’utenza tra il 2011 e il 2012, con un’impennata del 9%.
Ad essere online sono soprattutto i giovani, con un dato che li riguarda che arriva al 90,8%, ma anche persone con un’un istruzione superiore, ovvero diplomati e laureati (84,1%), e residenti delle grandi città, con più di 500.000 abitanti (74,4%).

Se gli iscritti a Facebook erano l’anno scorso il 49%, ora sono il 66,6%, che rappresentano il 41,3% degli italiani e il 79,7% dei giovani.
Anche YouTube è sempre più popolare, poiché, dal 54,5% degli utenti del 2011, passa ora al 61,7%, pari al 38,3% della popolazione complessiva e al 79,9% dei giovani.

Tra gli utilizzatori di smartphone, poi, il 37,5% ha scaricato almeno un’applicazione e, tra loro, il 16,4% lo fa spesso.
Le app più scaricate riguardano giochi, ricercati dal 63,8%, meteo (33,3%), mappe (32,5%), social network (27,4%), news (25,8%) e sistemi di comunicazione, ovvero sms, mms e telefonate tramite Internet (23,2%).

Vera MORETTI

L’Agenzia delle Entrate è anche su YouTube

Per venire incontro alle esigenze dei contribuenti, e per essere sempre più alla portata di tutti, anche di coloro che non sono ferrati riguardo le discipline tributarie, l’Agenzia delle Entrate si fa largo anche su YouTube, con un canale dedicato.

Si chiama Entrate in Video e si pone come obiettivo quello di rispondere in modo veloce, ma soprattutto semplice, a domande che riguardano adempimenti, servizi e novità.
Inoltre, il canale è sempre a stretto contatto con l’attualità e tratta, di volta in volta, le tematiche più calde del momento, ovviamente dal punto di vista fiscale.

Per ora, gli argomenti principali sono stati la tessera sanitaria, la cedolare secca e il codice Pin da utilizzare per accedere ai servizi web e per registrare online i contratti d’affitto.

Se avete un dubbio da sottoporre ai funzionari del Fisco, potete collegarvi a Entrateinvideo.

Vera MORETTI

Social network: da svago a tramite di B2B

l B2B (business to business), apre le porte a canali quali Facebook e Linkedin, divenendo, di fatto, sempre più ‘social’, come confermano numerose indagini d’oltreoceano. I nuovi strumenti online si rivelano importanti, per il B2B, perché consentono di stringere joint-venture e alleanze, e persino verificare la reputazione di un eventuale partner d’affari.

I social network, dunque, da piattaforme di svago e ricerca lavoro si trasformano in ‘spie’, poiché consentono di verificare quale sia l’opinione critica degli utenti su determinate aziende. Consentono, inoltre, investimenti pubblicitari attraverso l’inbound marketing, e l’acquisizione di clienti in ambito B2B. I social network, inoltre, sono strumenti utili per aumentare la riconoscibilità del marchio grazie al fatto che si rivolgono direttamente al consumatore, passando così da un B2B a un B2B2C (to consumer).

Un’indagine svolta da Aidim, Anved ed eCircle su 315 responsabili marketing e commerciali di imprese italiane B2B ha rilevato che il 75% del campione si è addentrato nell’ambito ‘social’, e lo ha fatto principalmente con Facebook, scelto dall’84% delle aziende. A seguire, i canali più utilizzati sono Linkedin, Twitter e Youtube.

Fonte: adnkronos.com