Sicilia, ultima chiamata

di Davide PASSONI

Proprio ieri il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo si è presentato dal premier Monti a rendere conto di una situazione economica regionale che pare ormai a tutti un buco nero senza futuro. L’unico è lui a non accorgersi del naufragio imminente e a continuare a suonare il proprio trito spartito (“Il default della Regione? Una grande balla“, ha affermato ancora) come l’orchestra del Titanic.

A Infoiva hanno confessato le proprie preoccupazioni tanto la Cna Sicilia, quanto la Confesercenti regionale. Nei prossimi giorni daremo voce a Unioncamere, Confcommercio e Confindustria, ma prima vogliamo vedere se quella di Lombardo è effettivamente la voce di uno che grida nel deserto o se la situazione della Sicilia è davvero così preoccupante. Tutti i segnali vanno in quest’ultima direzione. Almeno stando ai dati dell’ultimo Report Sicilia stilato da Diste Consulting e Fondazione Curella sul 2012.

Stando al report, nella regione crollano Pil e occupati mentre l’Unione Europea congela 600 milioni di fondi comunitari legati al ciclo di programmazione 2007-2013. Sulla base delle previsioni contenute nel report e relative al primo semestre 2012, si configura nell’isola una fase recessiva più grave rispetto al resto dell’Italia, con effetti pesanti sul mercato del lavoro: nel corso del 2012 l’economia siciliana potrebbe registrare una flessione del Pil intorno al 2,4%, un risultato peggiore rispetto a quanto previsto per l’economia italiana (-1,9%).

Dalle analisi del 37esimo Report Sicilia la vera bomba a orologeria sembra essere la disoccupazione. Si stima una crescita a oltre 306mila disoccupati (da 240mila del 2011), pari a un tasso di disoccupazione del 18% a fronte di un 10,5% nazionale, il livello massimo dal 2004. Una crescita cui contribuiranno, oltre a coloro che hanno perso un precedente impiego e a chi è alla ricerca di una prima occupazione (già conteggiati nel report), anche i rientri nel mercato del lavoro di gente che in precedenza aveva cessato la ricerca perché infruttuosa. Uniti a questo, gli aggiustamenti della finanza pubblica, gli annunci di nuovi tagli di posti di lavoro legati a ristrutturazioni aziendali avranno un ulteriore effetto depressivo sulla già debole spesa di consumo che porterà a una contrazione del 2,8%, un valore che riporterà il livello dei consumi delle famiglie siciliane indietro di 15anni.

Sempre secondo il report, le inquietudini sulle prospettive di domanda penalizzano anche gli investimenti, attesi in calo del 5,8% cui si sommano gli effetti della vicenda della spesa relativa ai fondi comunitari legati al ciclo di programmazione 2007-2013: 600 milioni di pagamenti già anticipati dalla Regione da parte del commissario Ue per gli Affari regionali Johannes Hahn e congelati. Vogliamo poi parlare della lentezza della spesa, cui si aggiunge il reiterato spiazzamento delle risorse comunitarie, programmate per obiettivi strutturali e straordinari, verso obiettivi ordinari di spesa corrente? Meglio di no, altrimenti saremmo davvero alla frutta.

Insomma, una situazione complessa nella quale si intrecciano fattori economici strutturali e politici e nella quale, secondo la Fondazione Curella, l’Italia – e la Sicilia con lei – è l’anello più debole della crisi del sistema occidentale. Ieri la Catalogna, dopo la Comunità Valenciana e quella di Murcia, hanno chiesto aiuto al governo centrale spagnolo per salvarsi dalla bancarotta. Una situazione paradossale, ma siamo sicuri che tra poco la Sicilia non farà lo stesso con Roma?