In calo gli ordini del meccanotessile

ACIMIT, l’Associazione di categoria che raccoglie i produttori di macchinari tessili ha reso noti gli ultimi dati relativi agli ordini aprile/giugno. La situazione non sembra delle migliori con una diminuzione del 20%. Dopo un 2010 catatterizzato da una forte crescita ed un primo trimestre positivo (+12%), la raccolta ordini per i costruttori italiani di macchine tessili ha subito nella seconda parte del primo bimestre un arresto.

Sandro Salmoiraghi, presidente dell’Acimit sostiene che è “sempre più necessario in questo momento il sostegno delle istituzioni nel processo di internazionalizzazione”. Il calo maggiore si avverte nel mercato interno (-30%). Invece, all’estero la raccolta ordini ha evidenziato una diminuzione più contenuta (-19% per un valore di 142,5 punti).

Si tratterebbe comunque di un calo fisiologico. “Le nostre imprese hanno corso molto nel 2010 e nei primi mesi dell’anno corrente. Adesso si rifiata” – ha aggiunto Salmoiraghi.

Lenovo presenta gli ultimi prodotti dedicati alle imprese

Cresce l’offerta di Lenovo dedicata alle imprese. L’azienda ha recentemente annunciato i nuovi monitor della serie LS, LS1951 wide (19”), LS2221 (21,5”) wide, LS2251 wide (22”) e LS2421p (23,6”) che offrono luminosità, grandi dimensioni, immagini brillanti e pulsanti a sfioramento capacitivo, adatti ad un pubblico business.

La tecnologia Led è utilizzata nella serie ThinkVision Ls che oltre ad immagini ad elevato contrasto offrono ottime prestazioni per quanto riguarda il rispetto ambientale superando i requisiti Energy Star e TCO 5.0. Eì garantito anche il supporto verso Vga oltre che DVI e HDMI (ultimi due solo su alcuni modelli).

Oltre ai monitor Lenovo propone anche il nuovo ThinkCentre Edge 71, disponibile nelle versioni tower e small form factor, è dotato di 1 TB di storage (HD o SSD opzionale) e fino a 8 GB di memoria DDR3; dispone di  processore Intel Core i7 (Quad) e scheda grafica integrata Intel o AMD Radeon fino a Caicos con 1 GB di memoria dedicata.

Confartigianato Varese offre 70mila euro per partecipare a “L’Artigiano in Fiera”

Confartigianato Imprese Varese mette a disposizione  70mila euro come contributo alle imprese intenzionate a partecipare alla 16esima  edizione di ‘L’artigiano in fiera‘. Si tratta della mostra mercato internazionale dell’artigianato in programma dal 3 all’11 dicembre alla Fieramilano di Rho.

Potranno richiedere il contributo le imprese artigiane, con sede e/o unità operativa nella provincia di Varese, regolarmente iscritte all’albo provinciale delle Imprese Artigiane della Camera di Commercio di Varese. La domanda di partecipazione potrà essere presentata in forma telematica dall’1 agosto al 28 ottobre.

E’ prevista anche la partecipazione gratuita a un corso di formazione di 4 ore, dedicato esclusivamente alle imprese iscritte, nelle materie specifiche di visual merchandising, allestimento stand (modalita’) e comunicazione efficace dei propri prodotti e del proprio brand.

Emilia Romagna ai primi posti per produzione fotovoltaica

L’Emilia-Romagna si conferma anche nel primo semestre 2011 come una delle regioni fortemente interessate al  fotovoltaico con una potenza installata di 738,3 megawatt. Nella classifica nazionale si conferma terza preceduta da da Puglia (1.154,4 MW) e Lombardia (805,2 MW).

Anche per numero di impianti l’Emilia Romagna mantiene la stessa posizione con 21.530 installazioni conferma la posizione di fine 2010, dietro Lombardia (33.910 impianti) e Veneto (31.373). I dati sono stati diffusi da Gse, il Gestore sei servizi energetici.

Una curiosità: la potenza raggiunta dagli impianti attivi in regione sono pari a quanti prodotti dalla ex centrale nucleare di Caorso. Nel 2009 la potenza installata in regione era di 65 megawatt, passati a 223 MW a fine 2010, con un incremento in un anno del 246% arrivando così a produrre il 10,4% dell’intera energia solare italiana.

d.S.

Sbocciano tante nuove imprese: per far fronte alla crisi?

Basta, mollo tutto e me ne vado!
Quanti avranno avuto questo pensiero, dopo una giornata di lavoro, magari a causa di un capo che, oltre a non apprezzarne le qualità, non li trattava neanche con rispetto?

A quanto pare, molti di loro hanno avuto questo pensiero e sono passati dalle parole ai fatti, almeno dall’inizio dell’anno ad oggi.
Le statistiche, infatti, svelano che nel primo semestre del 2011 sono nate 104.525 nuove imprese.

L’indagine è stata condotta dal Centro Studi di Unioncamere e presentata in anteprima al Meeting di Rimini. Lo studio ha avuto come “campioni” gli oltre 4000 neo imprenditori registrati dalle Camere di Commercio italiane e le motivazioni che hanno portato a questa svolta sono molteplici.

Il 54,4% degli intervistati ha deciso di avviare una impresa per fare una scommessa con se stessi, ma anche per realizzare un sogno, per evitare, dunque, di trovarsi, alla fine della carriera lavorativa, insoddisfatti e pieni di rimpianti.
Per il 32,9%, invece, non si tratta di una avventura ma dell’unico modo per avere un lavoro, viste le poche possibilità che il panorama economico italiano offre.

Le matricole del lavoro autonomo, dunque, sono mosse da motivazioni differenti ma si presentano comunque agguerrite e intenzionate a farcela, confidando pienamente nelle proprie capacita, se si considera che la maggior parte di loro, il 75,7%, si è lasciata alle spalle il lavoro “vecchio” per quello nuovo.
La prudenza ha invece guidato la scelta del 24,3% degli interpellati, i quali hanno confessato di continuare a svolgere in contemporanea anche l’attività precedente.

Ma chi sono queste “nuove leve”? Per la maggior parte sono uomini, 75,1%, contro il 24,9% di donne, giovani inferiori a 30 anni nel 24,5% dei casi, percentuale che raddoppia, 44,5%, se si considera anche la fascia di età 31-35 anni.

Le professioni svolte dai nei imprenditori sono quelle di operaio/apprendista, 84,2%, e impiegato/quadro, 79,3%, ma in entrambi i casi le cifre chieste per avviare la nuova impresa sono minime: anche meno di 10mila Euro.

Il risparmio, in questo caso, avviene su tutto, in particolare sul posto di lavoro, che, soprattutto per le donne, ben il 58,3%, rimane all’interno delle mura domestiche. Questo fa emergere un doppio problema: la difficoltà di trovare un lavoro part time e di conciliare lavoro e famiglia.

E in questi casi, l’unica soluzione è costruire il lavoro perfetto proprio su di sé.

Vera Moretti

L’allarme Libia colpisce anche le Pmi italiane

La difficoltosa situazione libica non sta colpendo solo le grandi aziende italiane e internazionali che operano nel territorio nord africano ma anche una decina di piccole e medie imprese nazionali. Paolo Romani, ministro per lo Sviluppo ha affermato che il governo sta valutando di elaborare un emendamento a favore delle imprese che hanno subito danni.

Secondo la Camera di commercio italo-libica le aziende italiane che hanno regolari rapporti con Tripoli sarebbero circa 600, ma di queste risulta a Reuters che solo una cinquantina ha recentemente lamentato alle autorità competenti rischi o problemi.

In testa alla lista ci sono: Architects, Bio Agri Trade, Brunengo, Edilbono, Gem Elettronica, Gemmo, Luilor, Metalprint, Nico, Tai Milano, Technarredi, Sicon Oil & Gas, Sarplast, Siad. Tra i problemi più lamentati ci sono la mancata riscossione di crediti ma non solo. Vi sono anche problemi bancari (diversità di comportamento da parte di istituti italiani sull’accettazione di pagamenti da parte libica; oppure la richiesta da parte delle banche di restituzione di prestiti erogati per investimenti in Libia) e problemi previdenziali (l’impossibilità di accedere alla cassa integrazione per i lavoratori rientrati dalla Libia in questi mesi di guerra).

 

L’occultamento della documentazione contabile ha natura di reato permanente

La Corte di cassazione, con la sentenza 30552 del 2 agosto ha stabilito che il termine di prescrizione del delitto di occultamento di documenti contabili (articolo 10, Dlgs 74/2000) decorre dalla data della verifica fiscale e viene interrotto dal decreto che dispone il giudizio, anche quando il contribuente omette la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il tribunale di Pesaro aveva dichiarato l’improcedibilità nei confronti di un contribuente, tra l’altro, in ordine al reato di occultamento della documentazione contabile, giudicato estinto per prescrizione. Il procuratore generale presso la corte di appello di Ancona ha sostenuto che il termine di prescrizione aveva iniziato il suo decorso non dal 31 dicembre di ciascun anno per il quale risultava omessa la presentazione delle dichiarazioni (anni di imposta 1998, 1999 e 2000), bensì dalla data della verifica fiscale (13 luglio 2004).

La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore generale e ha cassato con rinvio la sentenza del Tribunale di Pesaro, statuendo che “il reato di occultamento della documentazione contabile (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10) ha natura di reato permanente, in quanto la condotta penale dura sino al momento dell’accertamento fiscale, dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione”.

Nello specifico mentre la distruzione configura un reato istantaneo che si realizza al momento dell’eliminazione della documentazione (e, cioè, con la stessa eliminazione del supporto cartaceo o mediante cancellature o abrasioni), l’occultamento, che può realizzarsi con diverse modalità (nascondimento della documentazione, rifiuto di esibizione, o qualunque altra condotta che si riveli impeditiva della ricostruzione del volume di affari e dei redditi da parte degli organi verificatori), ha natura permanente e si protrae nel tempo.

La condotta antigiuridica, cioè, perdura finché è consentito il controllo da parte degli organi competenti dell’Amministrazione (quindi, sino allo spirare dei termini previsti dalle leggi tributarie per l’accertamento dell’ammontare dei redditi o del volume degli affari – articoli 57, Dpr 633/1972, e 43, Dpr 600/1973). Può cessare con l’interruzione dell’azione criminosa del contribuente, sia spontanea (esibendo i documenti occultati, prima, però, dell’inizio dell’azione penale – Cassazione, n. 5791/2008) sia per l’interveto di terzi (ad esempio, a seguito della contestazione dell’illecito). Non può, però, essere sanata grazie alla solerzia degli accertatori e alla loro capacità di reperire aliunde elementi di prova (Cassazione, nn. 39711/2009 e 37592/2008) o con una ricostruzione ab externo, attraverso riscontri incrociati (Cassazione n. 3057/2008).

 

In Italia il valore della casa è di 3,4 volte la rendita catastale

La direttrice dell’Agenzia del Territorio, Gabriella Alemanno, intervenendo ad un dibattito della kermesse ‘Cortina Incontra’ sul tema “Casa, agrodolce casa” ha evidenziato come in Italia il valore di compravendita delle abitazioni sia mediamente 3,4 volte superiore a quello della rendita catastale.

Oggettivamente – ha aggiunto – in Italia c’é una discrasia tra il valore delle abitazioni in termini di compravendita e il valore inteso come rendita catastale“. Circa l’80% delle famiglie ha una casa di proprietà. L’Agenzia, su input del ministro Tremonti, ha intanto proseguito la mappatura del territorio iniziata nel 2008, migliorandola: attualmente circa il 66% (20 milioni di unità) è costituito da abitazioni principali, poi vi è una serie di case di proprietà tenute a disposizione, 15% (4,4 milioni), il 9% (2,6 milioni) sono invece appartamenti in affitto, infine vi è un 2% di case di proprietà in uso gratuito a familiari (731 mila). Circa 30 milioni di immobili sono di proprietà di persone fisiche, mentre 3 milioni a persone non fisiche.

Anche per il mattone si conferma la tendenza della concentrazione in poche mani: il 50% dei proprietari meno ricchi detiene il 29,6% di abitazioni e il 18,7% della ricchezza, mentre il 5% dei proprietari piu ricchi detiene il 16,5% di abitazioni e quasi il 25% della ricchezza.

Allarme usura, record in Campania

L’Ufficio Studi della CGIA di Mestre lancia l’allarme: la Regione con il livello più alto di rischio usura è la Campania. Segue il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia. A Nordest, invece, abbiamo l’area meno interessata, o quasi, da questo fenomeno. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, infatti, sono tra le Regioni italiane meno investite dalla piaga dello “strozzinaggio”.

I dati si basano su studi condotti nel 2010 relativi alla disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito.

Dimensionare l’usura solo attraverso il numero di denunce – commenta il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi – non è molto attendibile perché il fenomeno rimane in larga parte sommerso e risulta quindi leggibile con difficoltà. Per questo abbiamo messo a confronto ben 8 sottoindicatori per cercare di dimensionare con maggiore fedeltà questa piaga. Ma quello che forse pochi sanno, – conclude Giuseppe Bortolussi – sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, per artigiani e commercianti sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori economici a ricorrere a forme di finanziamento illegali. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni.”

Gli indicatori nazionali nello specifico riportano dati come seguono: il tasso di usura rilevato in Campania, a cui spetta la maglia nera, è di 166,1 (pari al 66,1% in più della media Italia), segue il Molise con il 158,3 (58,3 punti in più rispetto al dato medio nazionale) la Calabria con il 146,3 (46,3% in più rispetto la media Italia), la Puglia con 146,1 (46,1% in più della media Italia), la Sicilia col 134,9 (34,9% in più della media nazionale). Mentre i meno aggrediti dai “cravattari”, o quasi, sono il Trentino A.A., con un indice di rischio usura pari a 46,7 (53,3% in meno della media nazionale). Segue la Valle d’Aosta con 69,8 (30,2% in meno della media Italia), il Veneto con 72,5 (27,5% in meno della media Italia) e il Friuli Venezia Giulia con 74,7 (25,3% in meno del dato medio Italia).

L’Italia dei consumi: Nord-Est batte Sud recuperando i livelli pre-crisi

Uno studio di Confcommercio rivela come le dinamiche dei consumi nell’Italia della crisi globale muti profondamente da Nord a Sud: se nel periodo che va dal 2007 al 2011 è calato significativamente il contributo in termini di consumo delle regioni del Sud Italia, il Nord, ed in particolare il Nord-Est, ha registrato al contrario una ripresa positiva della spesa sul totale nazionale, in costante aumento.

Lo studio condotto da Confcommercio, nell’ambito dell’ “Aggiornamento delle analisi e delle previsioni dei consumi delle famiglie nelle regioni italiane”, mette in luce come nello zoccolo dello stivale i consumi si siano contratti passando dal 27,2% del 2007 al 26,6% del 2011. A livello di singole regioni, i picchi sono stati registrati in Calabria (-4,2%), Puglia (-3,6%), Sicilia (-3,2%) e Campania (-3%). Segue invece un andamento completamente opposto la curva della spesa a livello nazionale se si guarda alle regioni del Settentrione: le quote sono in costante aumento sia nel Nord-Est (dal 21,8% al 22,2%) che nel Nord-Ovest (dal 30,1% al 30,6%), al punto che il Nord-Est ha recuperato nel 2010 i livelli di consumo pre-crisi.

Difficili le previsioni per il futuro: la debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia intravedere un rallentamento generalizzato dell’uscita dalla crisi. Confcommercio ha stimato infatti che, a fine 2011, saranno ben 17 regioni italiane su 20 a rischiare di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000. Ancora meno rosee appaiono le prospettive a lungo termine: nel 2017 si prevede infatti che il Mezzogiorno avrà acuito il suo ritardo con una continua riduzione della spesa per consumi rispetto al totale nazionale.

Modesta la previsione per il 2011 con una ripresa sull’intero territorio nazionale stimata attorno al + 0,8%, anche se le famiglie italiane stanno cercando di recuperare i livelli di consumo pre-crisi.

Alessia Casiraghi