Come orientarsi nel mondo del lavoro

Job&Orienta, fiera di Verona conclusasi sabato scorso, ha lasciato segnali incoraggianti circa l’importanza, che ultimamente aveva forse perso considerazione, degli studi, e magari anche di una laurea, per ottenere un lavoro.

I giovani sono avvisati: benché sembra che le scorciatoie siano molto di moda in questo periodo, il “pezzo di carta” ha ancora la sua valenza positiva, anche se il rovescio della medaglia c’è. Non tutte le lauree, seppur nobili ed interessanti, hanno lo stesso peso.

Nonostante una riscoperta di quelle triennali, infatti, sono sempre le lauree specialistiche ad offrire maggiori garanzie circa un futuro lavorativamente vantaggioso e, tra queste, svettano quelle dell’ambito economico sociale, che nel 2011 hanno fruttato 25mila assunzioni, ben il 34,4% del totale e un +12% rispetto al 2010. Buone anche le probabilità di essere assunti se in possesso di una laurea in ingegneria o architettura, con oltre 23mila nuovi ingressi previsti (31,8%) e un incremento di nove punti percentuali rispetto allo scorso anno.
In terza posizione ecco l’area medica e sanitaria con più di 8mila entrate preventivate (pari all’11,6%), in crescita del 2% rispetto al 2010.

Le prime tre professioni di sbocco per i laureati italiani sono quelle di infermiere (4.700 unità), educatore professionale (circa 2.500), sportellista bancario (oltre 2mila). Seguono sviluppatore di software (quasi 2mila) e progettista meccanico (1.800).

Inoltre, le imprese ammettono la difficoltà a trovare laureati in economia bancaria, finanziaria ed assicurativa da impiegare come addetti allo sviluppo clienti nei servizi finanziari (740 su 890 le assunzioni difficili). Lo stesso discorso vale per gli ingegneri delle telecomunicazioni disposti a svolgere la professione di consulente di prodotti informatici (530 su 870 le assunzioni difficili) e per gli ingegneri civili da assumere come addetti alla logistica (280 su 480 le assunzioni difficili).

Per quanto riguarda i diplomati, i più richiesti sono i ragionieri (ai quali le imprese destinerebbero il 28% delle assunzioni previste), e i periti industriali (25,7% del totale), seguiti a distanza dagli indirizzi terziari (7% di tutte le assunzioni) e dagli indirizzi liceali e artistici (circa il 3%).

Tra le professioni con possibilità di assunzione “immediata” spiccano quelle di commessi di negozio (oltre 11mila le assunzioni programmate), segretari (quasi 11mila), addetti alla contabilità (10.500), ma anche addetti alle vendite della grande distribuzione (8.700) e addetti all’amministrazione (circa 7mila richieste).

Sul fronte della reperibilità, i diplomati interessano il 18,7% del totale delle assunzioni non stagionali, una percentuale minore di quella dei laureati, ma comunque alta. Introvabili risultano diplomati dell’indirizzo aeronautico e nautico (160 su 560 le assunzioni difficili), dell’indirizzo legno, mobile e arredamento (330 su 1.160 le assunzioni difficili) e dell’indirizzo meccanico (7mila su 25mila).

Vera Moretti

L’Umbria vicina alle aspiranti imprenditrici

La Regione Umbria è sempre più attenta alle donne. Da gennaio infatti apriranno nelle città di Perugia, Terni e Foligno apriranno, nell’ordine, un Guidance Point (nella sede di Sviluppoumbria) e due sportelli di orientamento locale volti all’orientamento e all’accompagnamento delle imprese femminili ed aspiranti imprenditrici.

Ciò avverrà nell’ambito del progetto Emma (Entrepreunership Methodology Mediterranaean Assistance), finanziato dall’Unione Europea con risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale(Fesr) nell’ambito del Med, il Programma transnazionale di cooperazione territoriale tra Paesi del Mediterraneo.

Questa nuova ed importante iniziativa è stata illustrata da Daniela Toccacelo, dirigente del Servizio Politiche di sostegno alle imprese della Regione Umbria, e dal presidente di Sviluppumbria, Calogero Alessi in una conferenza stampa. In quell’occasione è stato presentato il calendario degli appuntamenti previsti per promuovere il progetto su territorio regionale e avvicinare non solo le potenziali utenti, ma anche istituzioni, cittadini e soggetti interessati della prossima apertura del nuovo servizio.

Dopo il primo incontro, avvenuto mercoledì 23 novembre a Terni, ne seguiranno altri il 30 novembre a Gubbio e il 1 dicembre a Perugia, che si prevedono interessanti non solo per la crescita, il consolidamento e la competitività delle imprese al femminile, ma anche per reinventarsi sul lavoro dopo un‘esperienza deludente o dopo aver perso la propria occupazione a causa della crisi. Potrebbe essere questo, infatti, il momento giusto per aprirsi nuovi orizzonti professionali, con il supporto di persone qualificate e preparate.

I nuovi sportelli operativi offriranno, dunque, un aiuto concreto per promuovere la cultura d’impresa e offrire tutti gli strumenti indispensabili per avviare un’attività con successo e ciò avverrà grazie anche a referenti specializzati e al contributo della rete di uffici dei singoli partner presenti in tutto il territorio.

Anche le donne con una propria attività già avviata riceveranno un supporto valido per, ad esempio, affrontare problematiche interne e cercare strumenti innovativi e all’avanguardia per quanto riguarda la gestione d’impresa, oltre alla ricerca di finanziamenti.

A tal proposito, saranno organizzati anche incontri individuali e seminari presieduti da imprenditrici locali che metteranno a disposizione la propria esperienza personale per uno scambio e una creazione di reti nazionali.

Il progetto è ambizioso, perché si prefigge di propagarsi prima a livello nazionale, e poi di uscire dai territori italiani verso gli altri Paesi partner del progetto “Emma”: oltre all’Italia (con Sviluppumbria e Confapi – Apid nazionale), Spagna, Grecia, Portogallo.

Vera Moretti

UN TABLET PER PROFESSIONISTI ESTREMI

Quando il gioco si fa duro, i duri incominciano a giocare. Se la competizione tra i principali colossi tecnologici si fa sempre più agguerrita e spietata, quasi una vera e propria guerra senza esclusione di colpi, ecco allora che per muovere all’attacco nel segmento dei dispositivi mobile Panasonic decide di mettere in campo l’artiglieria pesante. 

Contrariamente ai suoi rivali più accreditati, infatti, ultracompatti e leggerissimi in quanto pensati per un’utenza consumer, il nuovo tablet ToughPad FZ-A1 del marchio giapponese fa della robustezza il proprio punto di forza perché si rivolge a quei professionisti che trascorrono gran parte della propria giornata lavorativa in ambienti esterni e in condizioni estreme, ad esempio in campo edile o militare.

 Primo rappresentante di un’intera nuova famiglia di device rugged per i cosiddetti field workers, ToughPad FZ-A1 sopporta cadute fino a 120 centimetri di altezza, è resistente ad acqua e polvere (classe di protezione IP65) e garantisce un perfetto funzionamento anche con temperature eccezionali, da -10 fino a 50°C. In una sola parola, indistruttibile. 

L’affidabilità dei materiali va di pari passo con la sicurezza dei dati aziendali: il nuovo tablet Panasonic è infatti equipaggiato con CPU dual-core Marvell da 1,2 GHz, con un processore a prova di manomissione specificatamente dedicato alla cifratura di software e file, nel pieno rispetto dei requisiti stabiliti dalla certificazione FIPS 140-2 di secondo livello. 

Degno di nota anche l’ampio display multi-touch di tipo capacitativo da 10,1 pollici, dotato di avanzata tecnologia Digitizer per registrare i dati biometrici necessari all’autenticazione della firma digitale. Lo schermo è opaco e antiriflesso, garanzia di massima leggibilità anche sotto il sole. Tra i dispositivi di input, infine, figura anche una penna, priva di batteria per ridurre i consumi.

Passando ai dati più tecnici, accanto al già citato processore Marvell, ToughPad FZ-A1 vanta una RAM da 1 GB e 16 GB di memoria interna, raddoppiabili tramite microSD. Per quanto riguarda la connettività, da segnalare la presenza di bluetooth 2.1 EDR, GPS e Wi-Fi 802.11 a/b/g/n. Opzionale, invece, il modulo 3G, in grado di raggiungere una velocità di 21 Mb/s in download. Il sistema operativo è Android 3.2 Honeycomb.

A completare la tavoletta “da battaglia” di casa Panasonic troviamo due fotocamere (posteriore da 5 megapixel e frontale da 2) e la batteria agli ioni di litio, sostituibile e in grado di assicurare fino a dieci ore di autonomia.

ToughPad FZ-A1 sarà disponibile a partire dalla primavera del prossimo anno, al prezzo indicativo di 850 euro + IVA nella configurazione standard e di 999 euro + IVA per la versione con modulo 3G. Sempre per il 2012 è prevista l’uscita di un secondo tablet rugged da 7 pollici (denominato B1), oltre ad una serie di accessori su misura, tra cui una custodia ergonomica e il supporto per veicoli.

Manuele Moro

L’Italia non merita di fallire. Noi sosteniamo l’Italia

A volte dalle nostre pagine ci è capitato di non essere d’accordo con quanto affermato dai vertici di Confindustria. Ultimamente, però, su un’affermazione di Emma Marcegaglia ci troviamo d’accordo. Qualche giorno fa la leader degli industriali ha infatti affermato che l’Italia non merita di fare la fine della Grecia, ormai tecnicamente fallita. “Non merita”, appunto, non “non può”. Non merita di fallire. Per diversi motivi.

Intanto, i conti pubblici rispetto all’inizio dell’anno non hanno subito drammatici peggioramenti. Se è vero che il debito di Stato supera i 1900 miliardi di euro e ha una quota nel 2012 in scadenza, compreso il disavanzo, che si aggira intorno al 23,5% dell’ammontare – superiore a quella di ogni altro Paese dell’euroarea, Grecia compresa (che è al 16,5%) – è pur vero che la durata media del debito italiano è la più alta (7,2 anni) e la quota in mani straniere la più bassa, solo al 42%.

Poi, per quanto possa sembrare un inutile mantra, il fatto che i fondamentali economici italiani siano solidi è innegabile; del resto, siamo la prima economia europea per vocazione manufatturiera la seconda per volumi di export. Inoltre, la quota di risparmio privato nelle mani degli italiani è la più alta del mondo, un dato che ci distingue da sempre e che sbattiamo volentieri in faccia a quanti ci accusano di essere un popolo di cicale: l’italiano è formica, caso mai cicale si sono dimostrati i nostri politici negli ultimi 30 anni. Il fatto che li abbiamo votati noi non ci esime da colpe, ma il risultato è che il debito lo hanno fatto loro e quanti come loro hanno ricoperto posizioni istituzionali e amministrative di alto livello: il fatto che vogliano ripianarlo mettendo le mani nelle nostre tasche prima che nelle proprie, è solo un estremo atto di codardia intellettuale.

E ancora. L’Italia non merita di fallire perché è una fonte di contagio formidabile per il mondo e il mondo, nella veste dell’Fmi, non si farà scrupoli a intervenire con i carri armati (figurati, s’intende) per farci cambiare registro prima che sia troppo tardi per tutti. Del resto, un default italiano significherebbe il concreto deragliamento dell’euro che coinvolgerebbe gli altri Paesi in un effetto domino; prima fra tutti la Francia, le cui banche sono le più esposte in quanto a debito italiano in portafoglio e che, in questi giorni, si è sentita bruciare il fondoschiena per via dello scivolone di Standard & Poor’s che ha lasciato intendere un downgrade del Paese. Con Sarkozy terrorizzato di perdere la tripla A tanto quanto Berlusconi è terrorizzato di perdere la propria virilità. E un flop dell’euro tanto tabù non è, visto l’Europa ha una moneta unica ma non una politica economica comune e che Paesi come la grande Germania hanno già fatto i conti di quanto perderebbero o guadagnerebbero uscendo dalla moneta unica, stanchi di pagare sempre e per tutti.

Infine, l’Italia non merita di fallire perché il modo di raddrizzarne i conti e stimolarne la crescita esiste; interventi sulle pensioni di anzianità, dismissioni ciclopiche del patrimonio pubblico, taglio della spesa corrente e dei costi della politica. Interventi duri, in parte antipopolari in parte no, ma la cancrena è troppo avanzata per continuare con le aspirine: ora ci vuole la chemio, dura e aggressiva. Sperando che basti.

Per questo, perché siamo un popolo capace e tenace e per tanti altri motivi, noi pensiamo che l’Italia non meriti di fallire e non possa farlo. Siete con noi? Firmate virtualmente il nostro manifesto facendo Like sulla pagina Facebook SOSTENIAMO L’ITALIA.

ITALYNEWSWEEK

Le imprese aprono le porte ai giovani in occasione del PMI Day

Dal 23 al 26 novembre si è tenuto un evento chiave per il tessuto imprenditoriale italiano. Si è festeggiato il Pmi Day, tre giorni completamente dedicati alla promozione delle piccole e medie imprese nazionali che hanno avuto carta bianca nell’organizzare eventi coordinate con le associazioni di rappresentanza per convogliare i giovani, le scuole, le famiglie verso le attività produttive del territorio.

Un open day che ha coinvolto oltre 600 aziende che hanno fieramente illustrato i loro valori, la loro storia e i progetti per il futuro a una platea d’eccezione. Per un giorno cravatte, giacche e camicie ben stirate  hanno lasciato spazio a un abbigliamento più sobrio e casual dei tanti studenti orgogliosi di partecipare alla celebrazione delle “loro” imprese. Sono trascorsi poco meno di due mesi dalla Settimana delle Pmi (3-9 ottobre 2011), evento promosso dall’Unione Europea con finalità di crescita imprenditoriale comune. Anche in quel caso il tentativo è stato di incoraggiare le persone, in particolare i giovani, ad optare per una carriera d’imprenditore, dare un riconoscimento agli imprenditori per il loro contributo al benessere, all’occupazione, all’innovazione e alla competitività. In quella data il respiro è stato “comunitario” mentre il Pmi Day ha avuto un tono più locale ma con una partecipazione ancora più attiva e con contatti diretti.

Un grande successo di adesioni
Sono state più di 400 le scuole medie e superiori partecipanti, oltre 70 associazioni imprenditoriali in tutta Italia per un totale di oltre 27mila partecipanti e 600 aziende come ricordato in precedenza. E’ Roma (e la provincia di Frosinone e Rieti) ad aver coinvolto il maggior numero di persone: oltre mille studenti, 26 aziende e 150 imprenditori. Il presidente della Piccola industria di Confindustria, Vincenzo Boccia, ideatore dell’evento giunto alla seconda edizione, dichiara: “Abbiamo voluto raccontare il nostro mondo, il valore che rappresentano le imprese in un paese essenzialmente trasformatore come l’Italia, la loro capacità di costruire benessere collettivo e difendere con il lavoro la dignità delle persone”. E aggiunge: “Un piccolo imprenditore, quando la mattina entra in ufficio, non si chiede più quale sarà il futuro della propria azienda, ma quale sarà il futuro del Paese, un senso di responsabilità che dimostra i passi avanti fatte dalle Pmi italiane”.

Iniziative in giro per l’Italia
A Monza e Brianza si sono contate 12 imprese aderenti e più di 500 ragazzi coinvolti. Alessio Barbazza Presidente della Piccola Impresa di Confindustria locale, in visita assieme alle scolaresche all’Aquaworld di Concorezzo, in merito alla preparazione che le scuole danno per affrontare il mondo del lavoro dichiara: “Ci sono scuole e università capaci in grado di dare una formazione adeguata ad introdurre lo studente nell’impresa e scuole invece molto distanti. Come Confindustria stiamo lavorando molto sugli istituti tecnici che sono le fonti principali per le piccole e medie imprese, ma il lavoro non è semplice: la tecnologia in questi ultimi anni ha avuto un accelerazione senza precedenti e la sfida per la scuola è di rimanere sempre aggiornati e al passo con i tempi. Poi c’è una sfida più culturale oltre che tecnica: si deve insegnare l’etica del lavoro, che molto spesso manca”.
In provincia di Caserta, il motto dell’iniziativa è stato “Industriamoci”. Sono stati coinvolti sei istituti scolastici (circa 400 giovani) ad indirizzo professionale e altrettante aziende, dalle industrie casearie, all’automotive passando per l’agroindustria, che hanno aperto le loro porte. Il presidente di Piccola Industria di Confindustria Caserta, Andrea Funari conferma la ricca partecipazione e ricorda come l’evento sia stato anche un momento utile per rinsaldare le radici italiane: “In ciascuna delle aziende visitate dai ragazzi è stato proiettato un dvd celebrativo sia dei 150 anni dell’Unità d’Italia e sia del Centenario di Confindustria, quasi a sottolineare il ruolo fondamentale che l’associazione degli industriali ha avuto nella storia del Paese e per la sua crescita”.
A Perugia hanno aderito 11 imprese che hanno permesso agli studenti delle scuole superiori di osservare da vicino tutte le fasi del processo manifatturiero dalla materia prima al prodotto finito. Per il presidente di Confindustria Perugia Ernesto Cesaretti i dati sulla partecipazione testimoniano ”la volontà delle nostre imprese di scommettere sul futuro guardando ai giovani”. All’iniziativa ha partecipato anche l’istituto di credito Intesa San Paolo.
Ad Aosta hanno accolto i ragazzi delle scuole aziende del calibro di Thermoplay Spa di Pont-Saint-Martin, Heineken Spa di Pollein, la centrale Idroelettrica Alouette a Rhemes-Saint-Geoges dei Fratelli Ronc Srl e la Dora di Aosta. In questo caso più che mai si nota il legame tra tessuto imprenditoriale e territorio (la centrale idroelettrica ne è la prova più palese).
Ampio esito ha avuto l’iniziativa anche a Bergamo, in cui la visita alla Robur (azienda leader nella produzione di pompe di calore) ha fatto da evento clou; nel territorio della Valtellina con 400 ragazzi coinvolti e l’avvio del ciclo di iniziative denominato “Student in Progress” che prevede ulteriori incontri con i dirigenti delle imprese al fine di garantire continuità. Naturalmente di tutto rispetto è stata la proposta di Milano, territorio che si riconferma come “patria” dell’imprenditoria con un occhio di riguardo per l’innovazione tecnologica.
Per la giornata conclusiva si è scelto l’Abruzzo. Presso la sala “E. Fermi” dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, si è tenuto il 26 novembre l’evento di chiusura del Pmi Day 2011 al quale ha partecipato il presidente Nazionale Piccola Industria, Vincenzo Boccia. I ragazzi abruzzesi hanno potuto confrontarsi con alla presenza di testimonial del mondo dell’impresa e dello sport locale. E’ stato lungamente applaudito l’intervento di Modesto Lolli, presidente comitato regionale Piccola Industria che ha ricordato l’importanza di mettere i giovani nelle condizioni di partecipare attivamente all’operosità del nostro Paese: “Ripensare il rapporto tra tradizione e attualità, tra moderno e globale, significa porre al centro i giovani, offrire loro spazi di possibilità, promuovere la ricerca in questo Paese non all’estero, aprire laboratori, finanziare ricerche perché le risposte non vengono dalle cartomanti né si comprano al mercato ma sono frutto di studio, passione e intelligenze che al prezzo di grandi sacrifici riescono a conquistare un metro alla verità e alla scienza, a individuare terapie o a scommettere su modelli di crescita”.
Appuntamento dunque al prossimo anno, con un’iniziativa che ha dimostrato l’interesse delle isituzioni ma anche dei privati nell’attrarre giovani capaci e formati verso i poli produttivi territoriali con attenzione per quelle che sono le realtà locali. L’Italia sta dimostrando di voler investire nella formazione dei ragazzi e nella garanzia di politiche del lavoro che sappiano dare sicurezze per il futuro rendendo marginali i rischi di precariato.

Mirko Zago

Conciliazioni e arbitrati, boom di domande

In questi ultimi anni sono circa 100 mila all’anno le domande di conciliazioni e arbitrati, tra cui gli arbitrati internazionali. Con un valore di circa 200 mila euro all’anno per gli arbitrati (altrettanti presso le Camere di commercio) e circa 30 mila per la mediazione amministrata. Il 28 novembre 1986, nasceva l’Isdaci, per l’Italia iniziava un processo di innovazione culturale ed organizzativa che vedeva diffondersi la giustizia alternativa, fino ad allora quasi inesistente, già diffusa in Europa e a livello internazionale.

Un percorso in rapida crescita grazie ai vantaggi di costi limitati e alla giustizia veloce con procedure di circa 160 giorni per l’arbitrato e 65 per la mediazione amministrata. Dal 2010 il tentativo di conciliazione obbligatoria prima di arrivare ai tribunali è diventato obbligatorio in molte materie: liti condominiali, affitto, sanità, contratti bancari, finanziari ed assicurativi. In media ogni impresa milanese fa tre litigi importanti ogni anno con conseguenze costose.

Le imprese, nella loro totalità, litigano quasi un milione di volte all’anno (da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su un’indagine sulle imprese milanesi). Litigare comporta affari bloccati e spese sostenute: si parla di circa un miliardo e duecentocinquanta milioni di euro all’anno. E con la crisi una impresa su quattro cerca di essere più accomodante per ridurre questi costi.

L’Istituto per lo Studio e la Diffusione dell’Arbitrato e del Diritto Commerciale Internazionale (ISDACI) – oggi a convegno – nasce nel 1986 su iniziativa della Camera di commercio di Milano e altre istituzioni pubbliche e private, con il compito di promuovere la cultura dell’arbitrato e delle altre procedure extragiudiziali. “ISDACI e la Camera di commercio sono fortemente collegate – ha dichiarato Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio – Lo sono grazie alle persone essendo stato Bassetti fondatore di ISDACI. Ma siamo uniti anche da una missione, con la collaborazione con la nostra Azienda Speciale, la Camera Arbitrale, ma penso anche all’obiettivo comune di rendere più facile la vita delle imprese, con effetti positivi per l’economia. Quest’occasione particolare, però, ha un valore in più: perché oggi ricordiamo i 25 anni di attività di ISDACI”.

“La nostra – ha dichiarato Giovanni Deodato, presidente di Isdaci – è una storia che ha visto premiata la convinzione di un settore che si è mostrato in continua crescita e che ha contribuito a cambiare il modo di fare giustizia in Italia.

Fonte: Agenparl.it

Ichino: sperimentare a livello regionale la riforma del lavoro

La strada della sperimentazione, secondo il giuslavorista Pietro Ichino, che ha partecipato ad un incontro a Milano coi quadri della Cisl, è quella più opportuna, sia per il Governo Monti, che per la Regione Lombardia di Roberto Formigoni.

“La scelta giusta, prima di avviare la riforma generale del lavoro, è sperimentare a livello regionale. La Lombardia ha esattamente la stessa popolazione della Svezia ed esattamente lo stesso reddito pro capite. Ora, dal 2001 ciascuna delle nostre Regioni ha una competenza legislativa e amministrativa piena in materia di servizi al mercato del lavoro. Che cosa impedisce, dunque, che le confederazioni imprenditoriali e sindacali maggiori stipulino con una Regione un accordo-quadro regionale, che detti le guidelines per la contrattazione aziendale su questa materia impegnando la Regione stessa a coprire i costi dei servizi di outplacement e di riqualificazione professionale mirata, scelti dalle aziende che si avvarranno di questa possibilità? In Lombardia, in particolare, la sperimentazione di questo modello consentirebbe di attirare investimenti – soprattutto stranieri – di alta qualità, offrendo agli imprenditori un “codice del lavoro” semplice, allineato ai migliori standard nord-europei, anche per quel che riguarda la flessibilità in uscita – precisa Ichino – nel caso in cui in futuro sia necessario un ridimensionamento o la chiusura. E a proposito di sperimentazione “Il Governo Monti – dice Ichino – avrebbe in animo di sperimentare anche, in due province italiane, l’incentivo fiscale per favorire il lavoro femminile. Sono disponibili 20 milioni di euro per avviare il progetto”.

Fonte: Agenparl.it

Se l’imprenditore straniero fa impresa

Hanno in media 33 anni, si trovano prevalentemente al Nord – con un tasso record nella provincia di Prato – e riescono a offrire occupazione ad almeno 5 dipendenti. Chi sono? Gli immigrati imprenditori, una realtà sempre più in crescita nel Bel Paese e che, secondo un rapporto stilato da Cnel possono offrire una valida via d’uscita dalla crisi.

Perchè? Innanzitutto perchè la resistenza delle piccole imprese allo shock della crisi economica si deve anche “alla progressiva sostituzione di imprenditori autoctoni con imprenditori immigrati”. Metà degli imprenditori stranieri si dichiara infatti “abbastanza ottimista” riguardo al futuro della propria attività, Primi fra tutti i commercianti d’abbigliamento e gli imprenditori edili.

Ma qual è l‘identikit dell’imprenditore migrante? Arrivato in Italia a 24 anni, dopo una formazione nel Paese di origine, ha trovato impiego prima come dipendente, avviando solo successivamente un’attività imprenditoriale. Il 77% ha fondato da sé l’azienda, il 21% l’ha rilevata, il 2% l’ha ereditata.

Gli imprenditori stranieri in Italia sono 628mila, e sono concentrati soprattutto nelle province del Nord e nelle aree dei distretti industriali. La maggior parte, il 64,5%, è titolare di impresa con un occupazione media di 4,7 dipendenti, mentre il 35,5% è un lavoratore autonomo, senza alcun dipendente,

Ma il dato più interessante della ricerca riguarda il fatto che molto spesso sono gli imprenditori immigrati ad assumere dipendenti italiani: “La media generale è un posto di lavoro per italiani ogni due imprenditori stranieri” rivela la ricerca di Cnel.

“Le loro attività non richiedono un’elevata dotazione di capitale, alta è infatti la capacità di autofinanziamento, resa possibile da un periodo lungo di occupazione come dipendente”. Il 66,8% degli intervistati ha dichiarato di non ha avuto bisogno di capitali di terzi, mentre il 10,6% ha coinvolto familiari e parenti nella nascita dell’impresa.

Ultimo capitolo: l’integrazione con il tessuto economico nazionale. Il 66,5% degli imprenditori migranti ha clienti italiani, mentre il 77,3% si rivolge a ditte fornitrici italiane. I comparti in cui si riscontra una maggior osmosi sono quelli della meccanica e dei trasporti, mentre si riduce per quanto riguarda l’abbigliamento.

Il 16% degli imprenditori mantiene stretti rapporti d’affari col Paese d’origine, e il 14% ha la cittadinanza italiana. Ma quali sono le richieste più diffusa tra i nuovi imprenditori migranti? Il diritto di voto e la possibilità di usufruire delle agevolazioni pensionistiche, tornando a vivere però nel Paese di origine.

Alessia Casiraghi

Istituito il codice 1063 per gli interessi sui prestiti Ue

La risoluzione n. 110/E del 24 novembre 2011 ha istituito un nuovo codice, chiamato codice tributo 1063, con il quale il sostituto d’imposta può versare, tramite F24, la ritenuta del 6% sugli interessi dei prestiti tra società residenti negli Stati membri dell’Ue, già corrisposti alla data di entrata in vigore del Dl 98/2011, purché vi provveda entro il 30 novembre.

Va ricordato che il comma 8-bis dell’articolo 26-quater – Dpr 600/1973 (introdotto dall’articolo 23, comma 1 del Dl 98/2011), ha previsto l’esenzione dalle imposte sugli interessi e canoni corrisposti a società residenti negli Stati membri dell’Unione Europea a condizione che il percettore degli stessi fosse anche l’effettivo beneficiario dei proventi. Se non c‘è il beneficiario, il decreto ha stabilito un’aliquota del 5% su tali interessi.

Con riferimento ai prestiti in corso alla data di entrata in vigore del Dl 98/2011, le disposizioni introdotte dal comma 1 sono applicabili anche agli interessi già corrisposti, purché il sostituto d’imposta provveda, entro il 30 novembre 2011, al pagamento della ritenuta e dei relativi interessi legali. In tal caso è prevista l’applicazione di un’imposta del 6% su tali interessi, che è anche sostitutiva dell’imposta di registro sull’atto di garanzia.

Il codice tributo “1063” entra in gioco quando occorre eseguire tale versamento ed è denominato Ritenuta su interessi versata dal sostituto d’imposta – Articolo 23, comma 4, dl n. 98/2011.

Il codice è esposto nella sezione “Erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “Importi a debito versati”. Nello spazio “Anno di riferimento” va indicato l’anno in cui si esegue il versamento.

Vera Moretti

Agenzia delle Entrate, a Natale è più buona

A Natale sono tutti più buoni, anche l’Agenzia delle Entrate. Il Fisco aderisce infatti al progetto di fund raising promosso dal Comitato UNORA, un sistema di raccolta fondi a scopo benefico che permette di effettuare donazioni tramite trattenute mensili dalla busta paga. I dipendenti dell’Agenzia delle Entrate devolveranno un’ora o più del proprio stipendio per iniziative di responsabilità sociale.

Basterà che firmino un modulo di adesione per consentire una trattenuta mensile direttamente dalla busta paga. Destinatari dei fondi saranno 5 Onlus: ActionAid International Italia, Lega del Filo d’Oro, Amref Italia, Intersos Onlus, Associazione italiana sclerosi multipla. Un’iniziativa non limitata solo periodo natalizio, ma inserita in un percorso di responsabilità sociale che l’Agenzia ha intrapreso da tempo.

d.S.