Paesi Ocse, l’Italia ha la disuguaglianza dei redditi maggiore

La disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei Paesi Ocse, più elevata che in Spagna ma inferiore rispetto al Portogallo e al Regno Unito. Nel 2008 il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero (4.877 euro) con un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di metà degli anni Ottanta. E’ quanto emerge dal rapporto Ocse ‘Divided we stand: why inequality keeps rising’ (Sempre più divisi: perché le diseguaglianze continuano a crescere), presentato nella sede dell’Istat, alla presenza del ministro del Lavoro, Elsa Fornero.

Le imposte sui redditi e i sussidi sociali hanno un ruolo importante, secondo il rapporto, nella redistribuzione del reddito in Italia, riducendo la disuguaglianza di circa il 30%, a fronte della media Ocse di un quarto.

Sempre in tema di redditi, la proporzione di quelli più elevati è aumentata di più di un terzo: l’1% più ricco degli italiani ha visto la proporzione del proprio reddito aumentare dal 7% del reddito totale nel 1980 fino a quasi il 10% del 2008. L’aumento dei redditi da lavoro autonomo ha contribuito in maniera importante, secondo il rapporto, all’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro: la loro quota sul totale dei redditi è aumentata del 10% dalla metà degli anni ’80 e i redditi da lavoro autonomo sembrano ancora predominare tra le persone con i redditi più alti, al contrario di quanto avviene in molti altri Paesi Ocse.

Anche in Italia, come nella maggior parte dei Paesi dell’area, la differenza tra le ore di lavoro dei lavoratori medio e peggio retribuiti è aumentata. Dalla metà degli anni ’80 il numero annuale di ore di lavoro dei lavoratori dipendenti meno pagati è diminuito, passando da 1.580 a 1.440 ore; anche quello dei lavoratori meglio pagati è diminuito ma in minor misura, passando da 2.170 a 2.080 ore. Figura poi diminuita la redistribuzione del reddito attraverso i servizi pubblici.

In Italia sanità, istruzione e servizi pubblici destinati alla salute contribuiscono a ridurre di circa un quinto la disuguaglianza. Gli stessi tuttavia contribuivano a una riduzione di circa un quarto nel 2000. La spesa sociale in Italia, rileva il rapporto Ocse, è basata prevalentemente su trasferimenti pubblici, come per esempio i sussidi di disoccupazione piuttosto che sui servizi.

Secondo l’Ocse, la via maestra per ridurre le disparità è l’occupazione: anche in una tale ottica è comunque essenziale investire nelle risorse umane, “un processo che -si legge nel rapporto- deve iniziare dalla prima infanzia ed essere sostenuto per tutto il ciclo di istruzione obbligatoria”. Lo strumento più diretto per accrescere gli effetti redistributivi è comunque indicato nella riforma delle politiche fiscali e previdenziali: perdite ampie di reddito per i gruppi a basso reddito evidenziano “l’importanza del ruolo degli ammortizzatori sociali, dei trasferimenti pubblici e delle politiche di sostegno”, meccanismi che l’Ocse auspica siano “ben congegnati al fine di ottenere i risultati sperati”.

Fonte: adnkronos.com