Casa rasa al suolo? Lo Stato non paga

di Davide PASSONI

In un certo senso, le popolazioni emiliane colpite dal terremoto di domenica scorsa, possono ritenersi fortunate. Un paradosso? Nemmeno per sogno, basta guardare la cosa dalla giusta angolazione. Tra le norme presenti nel decreto n° 59 sulla riforma della Protezione Civile, pubblicato il 17 maggio 2012 sulla Gazzetta Ufficiale, se ne nasconde una la quale prevede che non sarà più lo Stato a ripagare i danni strutturali conseguenti a calamità naturali, dai terremoti alle alluvioni: potrebbe essere infatti introdotto l’obbligo, per tutti i proprietari di immobili, di pagare un’assicurazione privata per coprirsi dai rischi derivanti da catastrofi naturali.

Per cui… cucù: lo Stato si toglie d’impaccio, non deve essere più obbligato a risarcire le vittime delle calamità ma scarica l’onere in capo a dei privati ossia le compagnie assicurative. Insomma, lo stato ci lascia in braghe di tela se la casa ci crolla in testa (sta a noi tutelarci prima), ma intanto che la casa è salva e salda ce la stratassa con la simpaticissima Imu. Tutto molto bello. Ma poi, questa assicurazione? Funzionerà come per l’Rc auto, ovvero che chi abita in zone sismiche o a rischio alluvione pagherà premi più alti di chi abita in zone sicure? Se abito a L’Aquila pago una sassata (come per l’Rc auto a Napoli) e se abito a Padova pago meno?

Chi ancora pensa che lo stato debba essere garantista per sua natura, è servito. Che cosa ce ne facciamo allora della “vicinanza alle popolazioni delle zone colpite” espressa dal presidente del Consiglio Monti?

Tecnicamente, se il Parlamento convertirà il decreto in legge, entro 90 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale il governo, sentiti i ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, la Conferenza Stato-Regioni e l’Isvap, dovrà emanare un regolamento sulla base di alcuni criteri: agevolazioni fiscali per chi si assicura ed “esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati“. Ma se, come pare preveda il decreto, lo stato d’emergenza in caso di calamità durerà 60 giorni con un’unica proroga di 40 giorni, in questo caso sarebbe lo Stato a pagare la ricostruzione. Insomma, una corsa contro il tempo per evitare che pure agli emiliani tocchi ricostruirsi la casa a spese proprie.

Non passa giorno che all’amarezza non si aggiunga amarezza. Un governo che era partito a tambur battente mettendo mano alle pensioni, guadagnando consensi e ridicolizzando tutti i suoi predecessori, ora infila una topica dietro l’altra, perde consenso e sembra più sulla Luna dei partiti che, sempre meno convintamente, gli danno l’appoggio. La famosa fase 2 del governo, quella della crescita, per ora è un gran fiasco. Certo, a Monti è toccata anche la sfiga di un terremoto, ma in questo senso a Berlusconi con L’Aquila era andata molto peggio. Che il presidente del Consiglio cominci a fare gli scongiuri? Imprese e cittadini, intanto, si beccano quest’altro regalino. Sentitamente ringraziano.