Fiuggi, operaio prossimo alle nozze muore folgorato

La tragedia è avvenuta venerdì scorso intorno alle 10.30 a Fiuggi, in località S. Rocco. Adriano Pietrogiacomi, operaio edile che avrebbe compiuto 33 anni il prossimo 5 agosto è morto folgorato mentre lavorava su un ponteggio alla ristrutturazione di una palazzina.

La causa della morte sembra dovuta a una scarica elettrica: l’uomo stava infatti usando un trapano e forse ha toccato un filo elettrico mentre forava la parete. Insieme a lui sul ponteggio c’erano il fratello e il datore di lavoro che gli hanno prestato le prime, cure ma la situazione era già compromessa. Una volta arrivata l’ambulanza, i medici hanno constatato il decesso del giovane. Il cantiere nel frattempo è stato posto sotto sequestro.

Dramma nel dramma, Pietrogiacomi avrebbe dovuto sposarsi il prossimo 13 ottobre con la fidanzata Silvia.

Formazione imprenditori, Camera di Cuneo stanzia contributi alle imprese

Nuovi contributi alle imprese per sostenere la formazione degli imprenditori, legali rappresentanti, amministratori, dirigenti d’azienda e altri dipendenti verranno stanziati dalla Camera di Commercio di Cuneo. Gli aiuti sono concessi per la frequenza di corsi di formazione svolti nella Provincia di Cuneo e organizzati da Associazioni di categoria provinciali, come anche da società di servizi e agenzie formative.

Contributi per la formazione

Gli incentivi sono utilizzabili per coprire i costi della frequenza di corsi di formazione inerenti la sicurezza sul lavoro, l’aggiornamento professionale di categoria, il settore autotrasporto, privacy, ambiente e sicurezza alimentare. Ciascuna impresa deve sostenere un contributo autonomo pari ad almeno 200 euro, mentre gli incentivi camerali consistono in finanziamenti pari al 30% dei costi per i corsi sulla sicurezza, e pari al 40% per tutti gli altri progetti formativi. Per ogni impresa il contributo massimo è pari a 4 mila euro, anche nel caso in cui vi siano più partecipanti e più di un corso da seguire. Le domande devono essere presentate entro il 31 gennaio 2013.

d.S.

La crisi è “innegabile” per l’agricoltura piemontese

Secondo quanto emerge dai dati del sesto censimento generale dell’Agricoltura, è diminuito il numero delle aziende agricole in Piemonte, per contro c’è da registrare la superficie media di quelle attive. Dati che comunque non soddisfano la Confederazione italiana agricoltori di Torino, secondo cui ”la crisi del settore è innegabile: se da un lato l’accresciuta superficie media aziendale è il riflesso del positivo spirito di imprenditorialità che caratterizza il settore – spiegano – non è sufficiente a sostenere il buono stato di salute delle attività del territorio, pesantemente afflitte dalla crisi che ha colpito il comparto a livello nazionale”.

Secondo la Cia torinese ”la diminuzione del numero di aziende agricole, sebbene di dimensione sempre maggiore, corrisponde anche a una diminuzione della manodopera aziendale, in cui continua a prevalere il carattere familiare, ma con un conseguente aumento della manodopera salariata”.

SOGNATE DI INVESTIRE NEL MONDO DELLA MODA? CHE ASPETTATE MANGANO VI DA’ UNA BUONA OPPORTUNITA’

Cari lettori oggi Infoiva vi presenta un’opportunità di impiego che offre il mondo del franchising in Italia, nel campo dell’abbigliamento.

Mangano,  gruppo nato dai fratelli Mangano che dal1986 intrapresero un viaggio alla ricerca di uno stile seduttivo e all’avanguardia, ricerca franchisee in tutta Italia. Che caratteristiche sono richieste? Non solo non è richiesta alcuna esperienza, il marchio inoltre non impone nessun obbligo al franchisee se non i diritti d’ingresso.

A quanto ammonta il capitale da investire? L’investimento iniziale parte dai 30.000 euro, non sono previste royalty. Le prospettive di ritorno sono commisurate all’afflusso di clientela prevista e all’ubicazione dell’attività

Per maggiori informazioni  Mangano.it

Solo 1 italiano su 3 partirà per le vacanze

 

Pronti al weekend di esodo vacanziero che ogni anno corrisponde con il primo fine settimana di agosto? Non proprio. Quest’estate infatti, secondo le stime rese note da Federconsumatori, a fare le valigie per una settimana, o più, di vacanze lungo lo stivale o all’estero sarà solo 1 italiano su 3 .

Solo il 34% degli italiani partirà per le vacanze estive (di almeno una settimana) – si legge nell’indagine condotta da Federconsumatori sull’Osservatorio Internazionale. – Appena un cittadino su tre: il resto degli italiani, costretto soprattutto per ragioni di budget a rimanere in città, non rinuncerà però a trascorrere qualche giornata fuori dal comune, per divertirsi e per sfuggire alla calura estiva“.

Le attività più gettonate per chi non può raggiungere una spiaggia nelle vicinanze saranno la giornata in piscina, un trattamento in una spa, un giro in bicicletta o a cavallo, una giornata in un parco divertimento. L`Osservatorio – continua Federconsumatoriha monitorato i costi di queste attività e ha rilevato un incremento notevole negli ultimi 5 anni: dal 2007 ad oggi, ad esempio, l`ingresso al museo è aumentato mediamente del 56%. Alla luce di tali costi, una giornata tipo per una famiglia di 4 persone (2 adulti e 2 ragazzi) in un parco divertimento (portandosi ovviamente il pranzo da casa) può costare 90 euro, il 25% in più rispetto al 2007. Anche trascorrere una semplice giornata in un parco cittadino, con l`affitto di biciclette e consumazione al bar, ha i suoi costi: mediamente 86 euro per una famiglia tipo, ovvero il 16% in più rispetto a 5 anni fa“.

In Emilia Romagna concluse 20 mediazioni tributarie

Da quando è in vigore, cioè dal 1° aprile, il nuovo istituto della mediazione tributaria in Emilia Romagna ha già portato l’Agenzia a “chiudere” 20 controversie, con tempi di durata del procedimento notevolmente ridotti rispetto ai 90 giorni previsti dalla legge. Ottime le prime indicazioni sull’utilità dell’istituto, con una percentuale di reclami accolti, in tutto o in parte, che sfiora il 100%: su 23 procedimenti conclusi, solo un’istanza è stata respinta perché non sufficientemente fondata, mentre due sono state dichiarate “improponibili” per mancanza dei requisiti.

L’identikit della mediazione. La mediazione tributaria è applicabile a controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative ad atti impugnabili davanti alle Commissioni tributarie provinciali, emessi dall’Agenzia delle Entrate e notificati dal 2 aprile 2012.  L’ istituto consente di chiudere le pendenze con il Fisco in tempi brevi, al massimo entro 90 giorni, con la possibilità di ridurre le sanzioni irrogate al 40%, senza il pagamento del contributo unificato (che invece va pagato in caso di ricorso in Commissione) e senza il rischio di condanna al pagamento delle spese previsto nelle controversie presso la giustizia tributaria.

Le mediazioni chiuse in regione. Il maggior numero di mediazioni concluse si registra a Bologna (8); sul podio anche Ferrara (4) e Forlì-Cesena (3). Seguono Modena (2), Rimini (2), Parma (1), Piacenza (1), Ravenna (1), Reggio Emilia (1). La parte più consistente delle istanze presentate dai contribuenti ha riguardato rimborsi e cartelle di pagamento; in tre casi, invece, l’oggetto del contendere erano avvisi di accertamento.

Per saperne di più. Informazioni dettagliate sono disponibili nella sezione dedicata del sito internet regionale http://emiliaromagna.agenziaentrate.it; inoltre, sul canale YouTube dell’Agenzia delle Entrate Emilia-Romagna (http://www.youtube.com/AgenziaEntrateER) è pubblicato un video illustrativo con le informazioni di base sul nuovo istituto.

Zambrano: “Ci vuole una proroga per il DPR sugli ordinamenti professionali”

Le professioni tecniche, nell’audizione sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo al regolamento sulla riforma degli ordinamenti professionali, denunciano una certa indifferenza sulle istanze e le osservazioni avanzate.

A illustrare “gli aspetti più spinosi della norma, su cui si chiede un intervento immediato, a partire dalla proroga del DPR al 31 dicembre 2012, rispetto alla data ad oggi prevista, quella del 13 agosto 2012, in considerazione delle difficoltà a emendare il provvedimento”, è stato Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri e coordinatore del Pat (organizzazione che raggruppa e rappresenta le professioni dell’area tecnica, ovvero biologi, chimici, dottori agronomi e forestali, geologi, geometri, ingegneri, periti agrari, periti industriali, tecnologi alimentari, con la partecipazione anche degli agrotecnici e degli architetti). Uno schema, questo del DPR, che, ad avviso del Pat, presenta una serie di criticità tali da renderlo inidoneo ad attuare i principi sanciti dall’articolo 3 del dl 138/2011, come sottolineato anche dal parere fornito dal Consiglio di Stato (numero 3169/2012 del 10 luglio.

 

“La norma – ha sostenuto Armando Zambrano – va assolutamente rivista. In particolare per quello che riguarda i tirocini formativi siamo in completa violazione della legge di delega. L’obbligatorietà degli stessi andrebbe infatti contemplata nei soli casi espressamente previsti dalle singole discipline professionali. Il rischio altrimenti è quello di creare gravi impedimenti ai giovani ingegneri nell’inserimento nel mercato del lavoro in una fase particolarmente complicata per il Paese”.

 

Tirocinio formativo, ma anche copertura assicurativa, oltre alle disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni, tranne quelle sanitarie, sono gli ambiti nei quali sono state presentate una serie di modifiche, condivise con lo stesso Consiglio di Stato. Sotto la lente di ingrandimento anche la formazione continua che, secondo Zambrano, “va pienamente attribuita ai Consigli nazionali degli ordini o collegi con propri regolamenti e non già al ministro vigilante: solo in questo modo si consentirà una risposta immediata ed efficace all’aggiornamento continuo”.

E va sempre in questa direzione la posizione espressa in merito all’assicurazione: “Non esiste ad oggi un quadro di riferimento chiaro – ha concluso – e, come già previsto per la categoria dei medici, chiediamo di poter prorogare il provvedimento di un anno, al 13 agosto 2013”.

Saldi: aumentano gli sconti e gli uomini in fila nei negozi

Nell’indagine condotta da Fismo-Confesercenti su un panel di negozianti del settore abbigliamento dopo la prima settimana di saldi emerge che la crisi economica e il conseguente calo dei consumi si sono tramutati in un vantaggio per i consumatori, che possono approfittare dell’aumento degli sconti praticati dai commercianti. Confrontando i dati dell’estate 2012 con quelli del 2007, l’ultimo anno prima della crisi, si nota infatti un vistoso aumento dello sconto medio praticato all’inizio della stagione: se nel 2007 questo si aggirava intorno al 20%-30%, nell’estate del 2012 il risparmio medio offerto inizialmente agli acquirenti si è assestato tra il 30% e il 40%, con punte anche del 50%. Cresce pure l’incidenza dei saldi sul fatturato stagionale, che passa dal 30% del 2007 al 40% di quest’anno. In aumento anche le offerte speciali, destinate a pochi capi selezionati: nel 2007 la punta massima era del 60%, mentre quest’estate è possibile trovare veri affari, con super-sconti del 70%. Cala, di conseguenza, anche il valore dello scontrino medio: dal 2007 ad oggi si è ridotto di poco più del 16%, passando da 220 a 184 euro.

D’altro canto, gli italiani quando si tratta di abiti non sono più gli “spendaccioni” di una volta. E se nel 1986 le famiglie dedicavano all’abbigliamento, in media, il 10,1% della spesa mensile, adesso la percentuale destinata a vestiti e calzature è molto ridotta. Una dinamica molto marcata negli ultimi 5 anni: si è passati dal 6,3% del 2007 al 5,4% del 2011. La possibilità di fare buoni affari ha attirato anche gli uomini, che si sono affacciati nei negozi più degli altri anni, nonostante siano comunque le donne ad acquistare di più, spesso anche per lui. Da evidenziare pure l’incremento dei giorni di promozione speciale al di fuori dei periodi di saldi: se nel 2007 il dato medio era di 5 giorni l’anno, adesso è superiore ai 16. Un fenomeno che ha senz’altro contribuito alla diluzione delle tradizionali file registrate nel giorno d’avvio dei saldi.

CONOSCI IL LINGUAGGIO DELPHI? PROGRAMMATORE IN CERCA DI LAVORO? A ROMA ASPETTANO TE

Cari amici ecco un nuovo annuncio per voi da Monster.it, a Roma ricercano programmatori Delhi, leggi i dettagli:

Stiamo cercando Analisti Programmatori che abbiano maturato esperienze lavorative nell’analisi e nello sviluppo di applicazioni utilizzando il linguaggio Delphi.

 Sede di lavoro: Roma.

 Si prega vivamente di:

  • rispondere all’annuncio solamente se si accettano contratti a progetto o con partita IVA e se si hanno i requisiti richiesti
  • allegare CV dettagliato in formato Word ed europeo citando, in corrispondenza di ogni esperienza lavorativa, tutti gli skill utilizzati
  • riportare nell’oggetto dell’e-mail: Analisti Programmatori Delphi Roma
  • specificare la propria tariffa (orientativa) lorda giornaliera per i contratti a progetto o la tariffa al netto di IVA per i contratti a partita IVA
  • specificare la propria disponibilità: numero dei giorni entro i quali si è disponibili per l’inizio dell’attività
  • non inserire nel proprio CV dati di natura sensibile (convinzioni filosofiche, politiche, religiose, etc.) non in relazione all’offerta di lavoro
 Per maggiori informazioni: Monster.it

La benzina sale, i benzinai protestano. Ma quali le ragioni?

 

Le file ai distributori di benzina per i maxi sconti del weekend si preparano a diventare l’immagine simbolo di questa estate italiana, soffocata tra crisi, spread, agenzie di rating e poche, pochissime vacanze. Per il prossimo fine settimana, il 4 e 5 agosto, quello in cui si concentrerà molto probabilmente l’esodo vacanziero, i distributori di benzina avevano annunciato una serrata di protesta. 

Protesta revocata in seguito, grazie ad  “accordo raggiunto” tra gestori, governo e aziende petrolifere in un incontro, venerdì scorso, al Ministero dello Sviluppo economico. Anche se il verdetto finale è rimandato al prossimo giovedì, giorno nel quale le parti in causa si incontreranno nuovamente per fare il punto sulle decisione del Decreto Liberalizzazioni.

Ma quali sono le vere ragioni della protesta, sottoscritta dalle maggiori associazioni italiane di categoria, aib-Confesercenti, Fegica-Cisl e Figisc-Anisa Confcommercio?

Infoiva lo ha chiesto a Roberto Di Vincenzo, Presidente di Fegica, per cercare davvero di capire come funziona il mercato del petrolio e quali sono le cause reali della continua giostra dei prezzi del carburante, tra aumenti, sconti e rincari, che grava sulle tasche degli italiani.

Se ne è a lungo parlato sui giornali, ma se dovessimo spiegare in poche parole ai consumatori le ragioni dello sciopero delle pompe di benzina che avevate indetto per il 4 e 5 agosto?
E’ presto detto, evitando inutili tecnicismi. Le compagnie petrolifere intendono approfittare del momento di grave crisi del Paese e di “distrazione” della politica per “regolare i conti” con un’intera categoria che per loro rappresenta un costo e soprattutto l’unico possibile e reale elemento di potenziale concorrenza, se e quando dovessero finalmente tradursi nel concreto i contenuti del recente decreto liberalizzazioni che Governo e Parlamento hanno trasformato in legge. A questo scopo, i petrolieri ricorrono ad ogni mezzo, compreso quello di disattendere e violare apertamente anche le leggi che regolano l’attività del settore, rifiutandosi da anni di rinnovare gli accordi collettivi e tagliando unilateralmente fino al 70% i margini già esigui dei gestori. Mi limito a ricordare che i gestori avrebbero diritto ad un margine che mediamente vale meno di 4 centesimi al litro, vale a dire 1 euro ogni 50 che l’automobilista spende per fare rifornimento: una mancia, insomma.

Nonostante gli avvertimenti del Garante, avete continuato a far valere le vostre ragioni, trovando però una mediazione,  rinunciando in un primo momento, prima della revoca di venerdì, alla serrata del 3 agosto. Perché così tanta resistenza? Quali sono i vostri obiettivi?
Il Garante, lungi dal “bacchettare” i benzinai – come qualcuno ha cercato strumentalmente di far credere – ha tenuto a dire due cose importanti: da una parte, aveva confermato la piena legittimità della proclamazione dello sciopero per sabato 4 e domenica 5; dall’altra, ha spiegato che, nell’ambito delle prerogative della Commissione che prevedono un tentativo di “raffreddamento” delle vertenze, intende convocare i petrolieri e persino arrivare a multarli, se dovesse arrivare alla conclusione che lo sciopero fosse da addebitare alla responsabilità diretta di un loro comportamento fuori delle regole. Una vera rivoluzione rispetto al passato, che restituisce un pizzico di equilibrio rispetto ad un luogo comune , sciopero = disagio, che ormai evita qualsiasi approfondimento circa le ragioni vere e le reali responsabilità che portano a conflitti sociali di tale rilevanza. La pretesa di trasferire forzatamente sulla collettività altri 120.000 disoccupati, come sta cercando di fare l’industria petrolifera italiana, Eni in testa, non può essere accolta senza contrasto. E questo è il nostro primo obiettivo.

Quali sono le conseguenze delle sempre più competitive campagne sconto del weekend sul singolo gestore di una pompa di benzina?
La prima è il taglio, come già detto, del suo margine: le compagnie impongono ai gestori di rinunciare fino al 70% di quanto dovrebbero avere, se non vogliono essere tagliati fuori dalle “promozioni”. La seconda è vedere concentrate le vendite della settimana solo nei weekend: il totale dei volumi venduti continua a contrarsi, a causa della crisi e dei continui rialzi dei prezzi dei carburanti decisi dalle compagnie, ma trasferire le vendite nel fine settimana significa ridurre sensibilmente il ricavo unitario del gestore, a vantaggio delle aziende. La terza è rappresentata dalla sostituzione forzata di chi lavora sull’impianto (ad un costo ridicolo per il “sistema”) con la macchinetta del self: le compagnie, dopo aver alzato i prezzi, dicono di praticare gli “sconti” solo alla macchinetta del self, di fatto costringendo i consumatori a servirsi con quell’unica modalità di vendita e creando le condizioni per mandare a casa i lavoratori. Un effetto che si consoliderà soprattutto a settembre, dopo la fine delle iniziative di sconto.

Quali sono le ripercussioni delle campagne aggressive praticate dalle grande compagnie petrolifere sulle più piccole e le pompe no logo?
Sono volate parole grosse in queste settimane: dumping, comportamento predatorio, abuso di posizione dominante. Tutte accuse -lanciate dalle compagnie più piccole, dai retisti indipendenti e dalle stesse pompe bianche all’Eni- almeno credibili e, con ogni probabilità, fondate. Quando un mercato non è dominato, ma letteralmente governato da un unico soggetto -l’Eni- peraltro controllato dallo Stato, con il quale intrattiene innumerevoli occasioni di “scambio” (compresi i contratti all’estero per ragioni geopolitiche) e che gli garantisce il monopolio di mercati ricchissimi (il gas), queste sono conseguenze da mettere in conto. D’altra parte, finché il “leader del mercato” se la prendeva solo con i gestori o i consumatori alzando continuamente i prezzi, tutti gli altri soggetti hanno largamente beneficiato del “sistema Eni”. Ma quando si accetta supinamente che un sistema si muova non in funzione di regole oggettive e uguali per tutti, ma della “liberalità del principe”, si rischia di avere un pizzico meno di credibilità nel denunciare le storture. In ogni caso, benvenuti ai ritardatari.

Scontoni nel weekend e repentini rialzi dei prezzi del carburante in settimana. E’ un po’ come se gli italiani alla fine ‘pagassero’ il proprio sconto?
E’ la triste verità che abbiamo denunciato – allora da soli, oggi potendo contare su qualche “alleato” in più – fin dalla conferenza stampa di Scaroni di presentazione di “Riparti con Eni”. In realtà, il nostro Paese, la collettività, oltreché ciascun singolo cittadino e consumatore, si è già pagato, in anticipo e in mille modi diversi, molto più del valore degli “sconti” di questi weekend. Solo nei primi 3 mesi di quest’anno, le compagnie hanno rialzato 34 volte consecutivamente i prezzi dei carburanti: una volta ogni tre giorni! Il fatto è che siamo nelle mani di pochi soggetti che controllano indisturbati il rubinetto del prezzo dei carburanti, a cui viene consentito di mettere in fila gli italiani alle macchinette del self nei fine settimana -come se stessimo in tempo di guerra, con la tessera del razionamento del pane in mano- facendogli credere di dare loro un vantaggio. Ma la verità è che, se fosse applicato quello che nel decreto liberalizzazioni è solo appena abbozzato, vale a dire se fosse data ai gestori la possibilità di svincolarsi dalle compagnie e di rifornirsi sul libero mercato, gli automobilisti avrebbero immediatamente, su tutti gli impianti, anche sotto casa, tutti i giorni e senza rinunciare al servizio e all’assistenza, un prezzo stabilmente più basso di almeno 10 centesimi.

Esiste un tetto massimo al rialzo dei prezzi del carburante? Lo Stato come interviene in tal senso?
Il regime di “libero mercato” non consente l’imposizione di un tetto massimo alla fissazione dei prezzi. E quindi lo Stato non ha alcuno strumento di intervento diretto sul fenomeno. Può (e dovrebbe) dotare il sistema di regole certe che consentano di ottenere un mercato meno ingessato dalla prepotenza di pochi soggetti e quindi maggiore concorrenza, efficienza e prezzi più contenuti. Ad ogni modo, la nostra categoria, fin dal 2002, ha ottenuti accordi (gli stessi che le compagnie petrolifere non voglio rispettare e rinnovare) che impongono negozialmente un prezzo massimo di rivendita al pubblico. Un esempio virtuoso di contrattazione a cui non è stato dato particolare rilievo dall’informazione e che perciò viene ora aggirato dai petrolieri senza nessuno scandalo.

Veniamo alla questione dei “platts”, quotazione fissata virtualmente dalle agenzie internazionali di rating. Quanto incide sul prezzo finale del carburante?
Al 16 luglio scorso la famigerata quotazione platts, cioè il valore convenzionale dei carburanti finiti, era 0,601 euro al litro per la benzina -il 34,20% sul prezzo medio al pubblico- , e a quota 0,650 euro al litro per il gasolio  -il 39,44% sul prezzo medio al pubblico. Come si evince, se non ci fossero imposizioni fiscali sensibilmente differenti per ragioni politiche, la benzina costerebbe molto meno del gasolio. Ciò detto, però, quel che agli italiani andrebbe detto è che dietro la quotazione platts viene impunemente nascosta la vera e ingentissima rendita dei petrolieri. Mentre la rivista Forbes inserisce ben 8 compagnie petrolifere tra le 10 aziende più ricche del mondo, i petrolieri nostrani denunciano margini industriali da fame e ridicoli: il 5,06% sul prezzo della benzina e addirittura il 3,76% sul gasolio. Ci si può credere? La verità è che i loro veri margini sono proprio dentro la quotazione platts che fissano “virtualmente” loro stessi (sono tutti soci della rivista del gruppo Standard&Poors che fissa la quotazione) e che non un solo litro di carburante viene “scambiato” al prezzo platts. D’altra parte, è assolutamente incontrovertibile che, ancora oggi, il costo (tutto compreso) di estrazione del greggio varia tra i 2 e i 10 dollari al massimo al barile, mentre la quotazione sui mercati internazionali è stabilmente sopra i 100 dollari: nelle tasche di chi va la differenza?

Accise e Iva quanto pesano sul prezzo finale del carburante? Cosa potrebbe fare lo Stato Italiano per andare incontro ai consumatori?
Sempre al 16 luglio, le tasse pesano il 58,57% sul prezzo della benzina ed il 54,56% su quello del gasolio. Non c’è dubbio che sia una imposizione pesantissima e particolarmente odiosa perché pesa indiscriminatamente su tutti i cittadini, indipendentemente dal loro reddito, e perché incide su un bene divenuto ormai essenziale alla vita quo diana di ciascuno. Allo stesso modo, va rilevato che questa imposizione concorre a “finanziare” una parte consistente della cosiddetta “spesa pubblica corrente” e che, se non fosse caricata sui carburanti, la collettività se la vedrebbe trasferita altrove. Fatte queste premesse, quel che appare davvero iniquo è che il Governo italiano, qualunque Governo, non trovi di meglio da fare che aumentare le accise dei carburanti, ogni qual volta abbia la necessità di “fare cassa”. Adoperare un intero settore produttivo e un prodotto essenziale come i carburanti alla stessa stregua di un bancomat, non è serio, oltreché profondamente ingiusto. Anche perché -nell’indifferenza della politica e nonostante lo “scontone”- i consumi continuano a far registrare un -8% abbondante nel primo semestre dell’anno.

La percezione è che ci sia una gran confusione tra i consumatori nel distinguere fra benzinai, petrolieri e compagnie petrolifere. Se volessimo fare un po’ di chiarezza?
Non c’è dubbio che, per tanto tempo, nella percezione comune si è fatto fatica a separare la “posizione” dei gestori da quella delle compagnie petrolifere. Un po’ come se si potesse ritenere che un banchiere e un bancario abbiano il medesimo grado di interesse nell’affare della banca. Una confusione di ruoli che comunque ha consentito proprio alle compagnie di defilarsi e di dissimulare le proprie responsabilità. Per un automobilista, del prezzo alto dei carburanti, è senz’altro più semplice incolpare il benzinaio che sembra sfilargli direttamente i soldi dal portafoglio. Oggi le cose sono un po’ diverse, c’è maggiore consapevolezza e affiora non raramente un certo spirito solidale tra consumatore e gestore, accumunati da uno stesso destino: essere vittima della lobby potente del petrolio.

Alessia CASIRAGHI