Boidi: “Imbarazzanti le percentuali con cui si chiudono i concordati”

 

Come anticipato negli scorsi giorni, a Torino si è tenuto un workshop dedicato alle procedure fallimentare, coordinato dalla Synergia Consulting Group, che è stata anche l’occasione per analizzare e commentare gli ultimi inquietanti dati forniti dal Cerved sui numeri dei fallimenti in Italia. In merito abbiamo incontrato il dott. Massimo Boidi, commercialista e presidente dell’alleanza professionale, per comprendere meglio il fenomeno.

Dott. Boidi, a proposito del workshop dei giorni scorsi a Torino, arriviamo subito al punto: uso o abuso delle procedure prefallimentari?
Dopo aver sentito le relazioni e le opinione della tavola rotonda del workshop “La crisi di impresa. Le nuove procedure pre-fallimentari: uso o abuso?”, possiamo concludere che forse è più corretto parlare, non tanto di abuso, quanto di uso distorto delle procedure. Oggi le percentuali con cui si chiudono i concordati a favore dei creditori sono troppo basse, se le aziende fornitrici si trovano sulle spalle tre concordati in un anno, con queste percentuali imbarazzanti, subiscono loro stesse ripercussioni importanti sui conti.

C’è qualcosa che dovrebbe cambiare per migliorare e snellire le procedure?
Secondo la mia modesta opinione, per assimilare sempre più il concordato in bianco a quello che è il Chapter 11 statunitense dovremmo pensare ad un concordato in continuità, cioè quello che assicura, con la medesima struttura, una volta sanate le posizioni pregresse, di continuare l’attività. Il fatto che molti concordati in bianco siano stati presentati dopo azioni straordinarie di affitto o cessioni di aziende, lasciando la società che chiede il concordato in una situazione di bad company, è un segno dell’uso distorto delle procedure. Tornare a delle percentuali predefinite più alte per i creditori, sicuramente aiuterebbe il sistema. Suggestiva l’ipotesi fatta dal dottor Panzani, il presidente del Tribunale di Torino, di inserire la cosiddetta procedura d’allerta, che già esiste in Francia, una sorta di colloquio privato tra l’imprenditore e il tribunale, in cui il titolare dell’azienda comincia a segnalare uno stato di difficoltà oggettiva. Oggi, in definitiva, il fallimento non può essere un marchio indelebile che un imprenditore deve portarsi dietro tutta la vita, se si potesse cambiare il nome passando ad un più sobrio “procedura liquidatoria”, forse avrebbe un impatto differente a livello psicologico.

Quali sono le tipologie di imprese che si rivolgono di più alle procedure prefallimentari?
Soprattutto le aziende manifatturiere, quelle industriali piuttosto che quelle dell’ambito commerciale. Anche il comparto costruzioni e il settore dell’automotive, sono le filiere dove maggiormente si richiede il concordato. In fatto di territorialità, invece, fra tutte spicca la regione Lombardia e le regioni dell’Italia nord-orientale.

Jacopo MARCHESANO