Pec, l’INT: sulle sanzioni prevalga il buon senso

Come molti sanno, è scaduto ieri il termine per la comunicazione al registro imprese della casella di posta elettronica certificata. Una vicenda che, come spesso accade in Italia, pur se partita con buone intenzioni, rischia di creare più problemi che altro.

Sulla questione interviene l’Istituto Nazionale Tributaristi, secondo cui la vicenda della Pec obbligatoria per le società rischia di aprire un nuovo triste e negativo capitolo della burocrazia italiana. La difficoltà di questi giorni per ottenere le pec, sostiene l’Istituto, e il loro deposito entro la data del 29 hanno indotto il Ministero dello Sviluppo economico a diramare nei giorni scorsi una circolare che di fatto rinvia al 31 dicembre il termine per il deposito della pec al registro imprese con un sospiro di sollievo per le società ed i loro consulenti.

Neanche il tempo di prendere atto della nota del Ministero, dice l’INT, ed ecco la parte peggiore della burocrazia affiorare: le Delegazioni provinciali dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) segnalano in Emilia Romagna due atteggiamenti opposti di due CCIAA. Bologna non applicherà sanzioni in ossequio alla circolare ministeriale, Forlì – Cesena invece dopo la data del 29 novembre, sanzionerà qualsiasi tardiva iscrizione di pec societarie.

Solo due casi ma che probabilmente non saranno i soli: se è pur vero che una circolare non fa legge, o meglio, non può modificare una norma, è altrettanto vero che la vicenda pec potrebbe invece creare costi e preoccupazioni ulteriori rispetto a quelli già creati.

Il presidente del’INT Riccardo Alemanno spera che prevalga il buon senso, ma nell’incertezza chiederà al Ministero dello Sviluppo di intervenire con un atto normativo che possa evitare ogni interpretazione a danno delle società.

d.S.

Natale magro per gli italiani

Gli italiani si stanno preparando ad un altro Natale “di vacche magre”, all’insegna del risparmio e, in molti casi, della povertà.
Confcommercio, infatti, alla luce di un’indagine appena condotta, in collaborazione con Format Ricerche, sul mood degli italiani a un mese dalle festività natalizie, conferma che quello del 2013 sarà un Natale di crisi, e forse nemmeno l’ultimo.

Chi sperava, dunque, in una ripresa rapida o, almeno, di festeggiare con spumante e panettone anche la fine della crisi, rimarrà deluso, perché le famiglie italiane, provate da un lungo periodo di privazioni, non hanno nessuna voglia, e nessuna possibilità, di spendere e spandere, e anzi prevedono altri 12 mesi all’insegna del rigore.

Sono ben sette italiani su dieci a pensarla così, e addirittura due su tre coloro che sono convinti che la crisi durerà ancora per almeno due anni.
D’altra parte, sarebbe difficile pensarla diversamente, considerando che, rispetto ad un anno fa, ben il 47% della popolazione si sente più povera.
E, da questa considerazione, alla decisione di non fare regali, il passo è breve.

Nonostante la sfiducia nel futuro, in generale gli italiani non vogliono rinunciare al rituale del regalo e, nell’86% dei casi, si stanno già guardando in giro per accontentare i propri cari. Per piacere o per dovere? In questo caso le percentuali sono quasi in parità.

A vivere il Natale 2013 in maniera più dimessa sarà il 69.3% degli intervistati, contro i 66,4 del 2012.
Ma questa escalation in negativo dura, a dire il vero, dal lontano 2008, perciò, parlare di festività sottotono sembra ormai una triste consuetudine.

Ovvio che siano in minoranza gli ottimisti, coloro che ritengono che questo sia l’ultimo Natale di recessione: sono il 20% contro i disillusi, il 68,6%, convinti al contrario che, a questo, ne seguiranno altri, tutti ugualmente con la cinghia tirata.

A sentire maggiormente questo periodo di difficoltà sono le donne, e in generale nelle persone tra i 24 e i 54 anni, ma in minor numero se di sesso maschile. Lo scetticismo, inoltre, prevale presso coloro che risiedono nelle regioni del Mezzogiorno, ed in particolare nelle grandi aree metropolitane.

In un contesto del genere non stupisce che in vista delle prossime festività natalizie aumenti la percentuale degli italiani che dichiarano di “non” essere intenzionati a fare acquisti per i regali di Natale: erano il 13,7% nel mese di novembre del 2012, sono oggi il 14,2% coloro che non sono intenzionati a fare gli acquisti per i regali in vista del Natale 2013.

La quasi totalità delle famiglie (l’85,8%) restano comunque intenzionate ad effettuare i regali (erano l’86,3% l’anno scorso). L’area di difficoltà cresce presso i consumatori più giovani, ossia presso coloro che hanno meno di 34 anni, presso i consumatori che risiedono nelle grandi aree metropolitane di Roma, Milano, Torino, Genova, Napoli, Bari, e presso i consumatori che risiedono nelle regioni del Nord-Est dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, una volta vero e proprio locomotore dello sviluppo del paese, oggi alle prese con una crisi che da economica si sta velocemente trasformando in crisi sociale.

I motivi che tengono gli italiani lontani dai negozi sono molteplici: la diminuita capacità di spesa degli italiani, la minore propensione ad effettuare acquisti in un periodo di crisi (calo della fiducia), anche se ciò non basta per scalfire l’importanza di una festività considerata ancra importante e sacra, regalo o non regalo.

Ciò che maggiormente preoccupa è come la quasi la metà dei consumatori giudichi la propria condizione economica in una posizione di svantaggio rispetto a soli dodici mesi fa. Il 47,4% degli italiani si ritiene difatti “più povero” rispetto a prima e, di questi, due su dieci esprimono giudizi decisamente marcati.
In sostanza la popolazione si divide in due parti se si pensa che esiste una seconda metà che constata una certa invarianza della propria situazione e che risulta del tutto minimale la quota di chi, al contrario, si pensa attualmente più ricco.
Più nel dettaglio il 34,6% degli italiani ritiene che nel 2013 la situazione economica della propria famiglia è diventata “un po’ meno buona” rispetto alla condizione del 2012, mentre il 9,8% ritiene che la condizione economica della propria famiglia oggi è diventata “assai meno buona” rispetto a quella dei dodici mesi precedenti.
Per il 54,1% la situazione è rimasta stazionaria A questi dati fanno riscontro quelli relativi alla previsione degli italiani circa la condizione economica della propria famiglia per il 2014 (prossimi 12 mesi). Soltanto il 4% degli italiani ritiene che la condizione economica della propria famiglia migliorerà entro i prossimi 12 mesi.
Secondo il 20% circa la condizione economica della propria famiglia peggiorerà ancora nel corso del 2014 mentre secondo il 72,4% la propria condizione economica resterà pressoché la stessa del 2013.

Vera MORETTI

Centomo: “La qualità per l’evoluzione della gioielleria”

Quando si descrive un imprenditore di successo spesso si usano termini come “lungimirante” e “innovativo”. Se si accostano questi due termini ad “appassionato” o “creativo” spesso l’imprenditore è una donna. Se a tutti gli aggettivi precedenti aggiungiamo le parole “oro” e “stile” allora parliamo di Gabriella Centomo, imprenditrice di spicco nel settore del gioiello Made in Italy. Fondatrice di Fair Line, azienda orafa di produzione e vendita di Vicenza rivolta al B2B e azionista di maggioranza di Gioiello Italiano, e-commerce di gioielli, Gabriella ha iniziato la sua carriera nell’oreficeria e gioielleria quasi per caso dopo aver intrapreso la gestione di un negozio stagionale. Oggi, dopo 27 anni nel mondo dell’oro, Gabriella lancia il nuovo sito di Gioiello Italiano cambiando volto al settore della gioielleria online.

Gioiello Italiano nasce nel 2010 da un’esperienza di oltre venticinque anni nel settore. Come mai la svolta di approdare al mondo del web?
Gioiello Italiano è un progetto nato dalla lungimiranza della proprietà che ha inteso seguire l’ evolversi del mercato dell’oreficeria verso l’online in buona parte dei paesi Europei ed extra Europei. Oggi vogliamo portare la stessa evoluzione nel mercato italiano fornendo un’opportunità in più a chi è abituato ad acquistare online e apprezza la qualità del Made In Italy.

Gioiello Italiano non vende solo gioielli ma alle sue spalle ha anche un laboratorio orafo che crea collezioni esclusive sia di oreficeria che gioielleria. Possiamo sapere a cosa s’ispirano i vostri designer?
Il nostro laboratorio orafo ha il privilegio di avere un team composto da maestri orafi e designer giovani provenienti da altri mondi creativi diversi da quello dell’oro come per esempio l’architettura. Questo permette una contaminazione tra i mondi del design generando sempre nuove idee ed ispirazioni come succede per esempio nella linea paesaggi che si ispira al terreno. L’innovazione data dalla contaminazione con altre aree del design e la qualità sono i punti di forza per rispondere ai trend e avere sempre novità con cui deliziare i nostri consumatori.

Le vostre linee di punta sono Gabriella e Romeo Romeo. Da cosa sono state ispirate?
Le due linee rispondono entrambe a due grandi bisogni: la ricerca dell’eleganza e il piacere di avere un gioiello in grado di raccontare qualcosa della personalità della persona. La prima, Gabriella, è interamente in oro e propone un design innovativo di una classe e raffinatezze assolute che non passano mai di moda e sono adattabili a tutti coloro che amano gioielli semplici e d’impatto. La linea Romeo Romeo è più ardita ed estrosa, giocando con le pietre e il colore, propone gioielli unici in grado di esprimere completamente la personalità di una persona.

Da poco avete rinnovato il vostro sito aggiungendo una grafica più impattante, nuove funzionalità e approdando anche al mondo dei social con pagina Facebook, Twitter e da poco anche Pinterest. Quanto è importante la comunicazione nella gioielleria online?
La comunicazione è fondamentale soprattutto per far capire che dietro allo shop online è presente un’azienda seria che ha un’identità ed un’esperienza nel settore molto vasta. Lavoriamo con la qualità e tutto il nostro team è a disposizione del cliente per poterlo consigliare sulle sue scelte, sulle specificità del prodotto e qualsiasi altra domanda abbia. Il nostro sito non è una mera vetrina ma un negozio, che va oltre ai confini geografici, ma continua a dare lo stesso servizio d’eccellenza dell’offline. I social media, poi, costituiscono il terreno per avere un confronto diretto con il nostro target e per comprenderne ed interpretarne la cultura. Infatti è attraverso questi network che stiamo ristabilendo un contatto tra il target e il mondo dell’oro per far comprendere l’importanza del suo valore nel tempo piuttosto che vedere il gioiello solo come un mero accessorio che passa di moda.

Quali aspettative ha per il futuro, Gioiello Italiano?
Portare Gioiello Italiano all’estero ed esportare la creatività e la qualità italiana nel mondo perché il settore dell’oro, più che quello legato alla moda, è l’unico in grado di percorrere distanze a lungo raggio. Riesce infatti a coprire sia il mercato dei paesi dell’est come quello dei paesi dell’ovest appassionando qualsiasi acquirente.

EuroVending, il franchising dei distributori automatici

Il mercato dei distributori automatici si fa sempre più folto e concorrenziale, poiché sono sempre di più i prodotti proposti con questo espediente.
Tra i franchising del settore, c’è anche quello di EuroVending, che si occupa delle lotterie gratta e vinci della telefonia di nuova generazione, che hanno conosciuto quest’anno un periodo favorevole, tanto da aver aumentato del 20% le vendite.

I franchisee che decidono di far parte di questo marchio, possono godere di alcune interessanti agevolazioni:

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Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito EuroVending.

Savings and Loans, una crisi dimenticata

 

Circa 20 anni fa, sul finire degli Anni ’80 e l’inizio dei ’90, una profonda crisi finanziaria scosse l’America. Anche questa crisi fu considerata peggiore di quella del ’29. Oltre 1000 Savings and Loan Associations fallirono, nel corso di una crisi che vide l’intervento del Congresso e del Governo degli Stati Uniti, per salvare il salvabile. 50 miliardi di dollari vennero immessi nel sistema attraverso un fondo appositamente costituito e la crisi costò circa 153 miliardi di dollari agli americani (124 miliardi furono pagati dai contribuenti, prelevati direttamente dalle loro tasse o con imposte successive). Solo 29 miliardi di dollari vennero pagati dalle società insolventi.

Non è chiaro a tutti perché le banche non concedono più tanto allegramente nuovi mutui o nuovi prestiti, anche a fronte di garanzie. Ci sono ragioni di bilancio, di redditività e di rischio, controllate attraverso i parametri stabiliti con il trattato di Basilea 2. In sostanza, più la banca rischia a prestare denaro, più deve accantonare e quindi meno è invogliata a prestare.
C’è anche una ragione legata alle crisi sui mutui, che mettono a repentaglio la stessa struttura finanziaria della banca.
Fu così che la crisi dei mutui subprime nel 2008 portò ad un tracollo delle economie di tutto il mondo.
C’è tuttavia una crisi poco conosciuta dal pubblico italiano e forse dimenticata dagli stessi americani, la crisi delle Saving and Loans Association (si potrebbe tradurre con Cassa di Risparmio), progenitrice delle attuali crisi sui mutui e che quindi può aiutare a interpretare meglio il presente. Le Saving and Loans Associations sono banche specializzate nel promuovere l’acquisto di case a condizioni favorevoli, ed esistono negli States dal 1800. Ecco che cosa accadde a queste S&L. Si vedrà come anche i governi dimenticano in fretta e cadono più volte nello stesso tranello.

Lo stesso governo degli States aveva dato loro nuovo impulso alla fine della seconda guerra mondiale, per promuovere la costruzione di nuove case, e aveva assicurato i depositi sui conti di risparmio attraverso la Federal S&L Insurance Corporation. I tassi erano alti ma i mutui trentennali abbattevano la rata e milioni di americani si erano comprati la casa con questo sistema.
Dal 1966 al 1979 i tassi d’interesse di mercato si alzarono progressivamente, e questo causò problemi alle S&L che vedevano i loro clienti ritirare i risparmi per investirli in prodotti più remunerativi. Fino alla fine degli Anni ’70, infatti, le S&L erano sottoposte a regolamenti abbastanza rigidi, potevano concedere solo piccoli prestiti e il tasso sui depositi aveva un tetto massimo.
All’inizio degli Anni ’80, durante l’amministrazione Carter, iniziò la deregulation; fu alzato sia il tetto massimo sui tassi di deposito, sia il massimale assicurato (da parte della FSLIC) sui depositi da 40.000$ fino a 100.000$, e furono concesse maggiori libertà per i mutui di acquisto, sviluppo e costruzione. Inoltre venne approvata una legge finanziaria che forniva incentivi all’investimento in immobili per i privati; questo contribuì al boom immobiliare degli anni ’80.
Tuttavia i tassi sui depositi delle S&L non offrivano più tassi competitivi rispetto ai fondi monetari; le istituzioni avevano molto denaro impegnato in mutui a lungo termine e a tasso fisso, e con il tasso del denaro che saliva, erano costretti a far fronte alle richieste dei depositari.

 LEGGI LA SECONDA PARTE

Dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

 

A Milano si premia il passaggio generazionale

Avverrà domani, 30 novembre, il premio Di padre in figlio. Il gusto di fare impresa, dedicato ai migliori passaggi generazionali d’impresa.

Il riconoscimento, che verrà consegnato a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana in Piazza Affari di Milano, è giunto alla sua quinta edizione, ed è promosso da Eidos Partners in collaborazione tra gli altri con le CdC di Milano e di Monza e Brianza con il supporto di Borsa Italiana, Schroders PB, Deloitte, Bain & Co., Negri-Clementi Studio Legale Associato.

Si tratta di una cerimonia sempre attuale, se si considera che in Italia sono 286mila gli imprenditori ultrasettantenni, di cui il 27,1% (77.573 titolari) è donna.
La maggior parte di essi è attivo nel settore agricolo (63,2%), seguito da commercio (16,8%) e attività manifatturiere (4,9%).

Considerando la Lombardia, essa conta 21.270 imprenditori ultrasettantenni titolari di impresa individuale, di cui il 24% donne (5.109 titolari) e la prima provincia per numero di imprenditori over 70 è Milano con 5.335 imprese (il 25,1% regionale), seguita da Brescia (3.091, 14,5%), Mantova (2.486, 11,7%) e Pavia (2.348, 11%).

A livello nazionale, invece, è Roma la prima nella classifica delle province italiane per numero di ditte individuali con titolare ultra settantenne (12.434 imprese, 4,3% del totale Italia), seguita da Napoli (8.404 imprese, 2,9%) e Bari (8.169, 2,9%).
Tra le regioni guidano la Sicilia con 30.530 imprese (10,7% italiano), l’Emilia – Romagna (26.422, 9,2%) e il Veneto (26.209, 9,2%).

Dario Bossi, consigliere della Camera di Commercio di Milano, ha dichiarato: “Le imprese sono una vera ricchezza del territorio. A partire dalle imprese di famiglia che durano diverse generazioni e che caratterizzano il tessuto economico milanese ma anche lombardo e nazionale. Questo premio è un riconoscimento a questo valore. L’economia milanese che guarda all’innovazione e al futuro ha infatti radici solide nella tradizione”.

Ha poi aggiunto Gian Luca Brambilla, consigliere della CdC di Monza e Brianza: “La continuità generazionale é un tema condiviso e diffuso, perché rappresenta un valore per l’intero sistema economico e sociale, garantendo all’impresa di resistere e adattarsi nel tempo. Infatti il passaggio generazionale significa anche cambiamento in quanto spesso i figli, in particolare le nuove generazioni, riescono a introdurre innovazioni nell’impresa e contribuiscono al consolidamento dell’azienda”.

Vera MORETTI

Somma Vesuviana, dieci società evadono 5 milioni di euro

Simulavano acquisti intracomunitari di prodotti informatici per creare elevati crediti poi detratti dalle tasse, così dieci società fornitrici con sedi in Campania, Lazio, Puglia e Abruzzo, avrebbero evaso in soli due anni bel 5 milioni d’Iva.

La Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito un sequestro preventivo, su decreto del Giudice per le indagini preliminari di Nola poco dopo aver accertato l’evasione, per oltre 5 milioni e 300 mila euro ad un settantenne di Somma Vesuviana grazie all’applicazione da parte della procura della legge sui reati finanziari che ha esteso la confisca anche ai reati tributari.

 

Carburanti stabili sul mercato nazionale

I mercati internazionali dei carburanti si presentano oggi in discesa ma, essendo modesta, non avrà effetti sulle quotazioni nazionali, che oggi si presentano piuttosto stabili e con code di assestamento da parte delle maggiori compagnie.

A fronte di questa situazione, le medie nazionali di benzina e diesel sono oggi rispettivamente a 1,788 e 1,717 euro/litro.
Le “punte” in alcune aree sono per la “verde” fino a 1,842 euro/litro e il diesel a 1,753.

Più nel dettaglio, a livello Paese, i prezzi della benzina, ovviamente in modalità servito, vanno oggi da 1,779 di Eni a 1,792 di Q8 e Tamoil, mentre il diesel oscilla tra 1,705 di Eni e 1,723 di Shell.
Il gpl, infine, è tra 0,794 euro/litro di Esso e 0,803 di IP.

Vera MORETTI

A Cremona, seminari sul commercio estero

Partono oggi quattro importanti seminari di approfondimento dedicati al commercio estero.
Ad organizzarli, in collaborazione con Unioncamere Lombardia, sono Servimpresa e l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Cremona.

Il progetto è destinato in particolare ad imprenditori, responsabili ufficio estero, acquisti, amministrativo, logistici o loro stretti collaboratori.

Il primo seminario, partito oggi 29 novembre 2013, riguarda le semplificazioni doganali: telematizzazioni dei processi doganali, procedure domiciliate e certificazione AEO. Relatrice: Dr.ssa Mariester Venturini.

A seguire:

  • 6 dicembre 2013: Paesi ex Unione Sovietica. Relatore: Studio Comba e Associati;
  • 12 dicembre 2013: Interlocutori del venditore nella vendita internazionale: il compratore, lo spedizioniere-vettore, la banca, l’assicuratore. Relatore: Avv. Stefano Loconte, Studio Loconte & Partners;
  • 28 gennaio 2014: La gestione operativa delle operazioni di credito documentario: dall’analisi delle norme icc (UCP 600 e nuova PBIU) alla redazione dei documenti. Relatore: Avv. Alessandro Russo – Studio Associato Tupponi-De Marinis.

La quota di partecipazione è di 60 euro comprensiva di materiale didattico per ogni singolo seminario, mentre la quota di partecipazione all’intero ciclo di seminari è pari a 200 euro.

Le imprese interessate possono inviare la scheda di adesione tramite fax al numero 0372 490322.

Vera MORETTI

Merletti: “Il mercato globale salverà l’artigianato”

 

In questa nostra settimana dedicata alla produzione artigianale, non potevamo non chiedere un’opinione al Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, sullo stato di salute dell’artigianato italiano. Il massimo dirigente dell’organizzazione italiana dell’artigianato e della micro e piccola impresa, saluta con positività l’arrivo delle nuove tecnologie digitali nel mercato e sottolinea l’importanza e l’impazienza per nuovi interventi legislativi mirati a valorizzare la qualità della produzione made in Italy.

Come rispondono gli artigiani alla crisi economica rispetto agli altri settori?
Gli artigiani sono stati segnati profondamente dalla crisi che ha picchiato duro e ha fatto selezione tra le aziende. Ma i piccoli imprenditori manifestano anche straordinarie doti reattive. Molti hanno vissuto le difficoltà come occasione per cambiare e per innovare, altri hanno prodotti e clienti non sostituibili, altri ancora hanno stretto la cinghia e, pur di resistere, hanno ridotto i margini di profitto.

Quale sarà il futuro delle aziende che operano soltanto per il mercato interno?
Confartigianato tiene monitorati i settori nei quali ci sono opportunità di sviluppo per chi vuole mettersi in proprio. Tra questi: information technology, green economy, agroalimentare, tutela ambientale, servizi alle persone, attività ricreative. La nostra più recente rilevazione mostra che, pur tra mille difficoltà, c’è un piccolo esercito di 332.488 imprese artigiane che, negli ultimi 4 anni, hanno fatto registrare un trend positivo, con una crescita media del 7,1% del numero delle aziende, pari a 22.076 nuove imprese. Tutela dell’ambiente, manutenzione degli impianti industriali, alimentazione guidano la classifica dei comparti con il maggior tasso di sviluppo imprenditoriale.

Solo il perdurare della domanda estera salverà l’artigianato italiano?
Servono interventi mirati a valorizzare la qualità della produzione made in Italy. Chi guida il Paese deve difendere, con orgoglio e determinazione, il ‘modello Italia’. A questo proposito, la competitività della nostra manifattura sul mercato interno e internazionale va sostenuta eliminando costi e vincoli che ci penalizzano rispetto ai competitor stranieri. Purtroppo, oggi, a fronte degli sforzi e dei sacrifici compiuti dai nostri imprenditori, continuiamo a non vedere cambiamenti nelle condizioni di contesto per agganciare la ripresa. Anzi. In tema di fisco, burocrazia, credito, servizi pubblici, si moltiplicano gli oneri e i vincoli sulle spalle degli imprenditori.

In ogni crisi economica c’è un’opportunità?
Mercato globale, reti, tecnologie digitali sono i tre ingredienti della ricetta degli imprenditori di Confartigianato per guardare con fiducia al prossimo futuro. La crisi è un’occasione per rilanciare la qualità del modello produttivo italiano e la strada per raggiungere questo obiettivo consiste anche nella capacità degli imprenditori di cambiare se stessi, puntando su reti e tecnologie digitali, fattori abilitanti per affermarsi su un mercato che è già globale per tutti i settori, anche per quelli che operano all’interno dei confini nazionali. Le reti sono forme di collaborazione necessaria per rompere l’isolamento non più possibile per le imprese.

Perché un giovane d’oggi dovrebbe avventurarsi in una così difficile impresa?
Perché nell’artigianato c’è innovazione e c’è spazio per la creatività. Però bisogna liberarsi dai pregiudizi che accompagnano l’educazione delle nuove generazioni. Oggi l’impresa artigiana non è più la bottega polverosa dei nostri nonni. I nuovi artigiani sono ragazzi che inventano app per smartphone, sono i ‘meccatronici’ che riparano auto sempre più hi-tech, sono i talenti della moda che disegnano capi d’abbigliamento e gioielli, sono i produttori del buon cibo made in Italy, i restauratori dei tesori dell’arte che il mondo c’invidia. Ma la scuola non deve ‘deviare’ i giovani con falsi modelli. Purtroppo, paghiamo decenni di politiche formative sbagliate, un modello culturale che contrappone il sapere al saper fare, la cultura accademica e la conoscenza teorica alle competenze pratiche. E così i giovani non trovano lavoro, le aziende non trovano i lavoratori e si bloccano le potenzialità di crescita del Paese.

Jacopo MARCHESANO