Assenze sul lavoro: i privati battono i lavoratori pubblici

L’Ufficio Studi della Cgia ha effettuato, utilizzando i dati forniti dall’Inps, una ricerca sulle assenze sul posto di lavoro dovute per motivi di salute per quanto riguarda il 2015, che ha interessato il 57% degli occupati nel pubblico impiego e il 38% di quelli che lavorano per aziende private.

La durata media annua dell’assenza per malattia risulta maggiore nel privato (18,4 giorni) rispetto al pubblico (17,6 giorni).
Ma, pur non essendoci una grande differenza, gli eventi di malattia per classe di durata presentano uno scostamento “sospetto” nel primo giorno di assenza.
Se nel pubblico costituiscono il 25,7% delle assenze totali, nel privato si riducono di oltre la metà: 12,1%.
Quelle da 2 a 3 giorni, invece, si avvicinano (32,1% del totale nel privato e 36,5% nel pubblico), mentre tra i 4 e i 5 giorni di assenza avviene il “sorpasso”; 23,4% nel privato contro il 18,% del pubblico.

Per quanto riguarda eventuali divergenze dal punto di vista territoriale, tra il 2012 e il 2015, in tutte le regioni d’Italia sono aumentate le assenze nel pubblico, con punte che superano il 20 per cento in Umbria e Molise. Nel privato, invece, in ben 9 realtà territoriali si registra un calo: in Calabria e in Sicilia addirittura del 6%.
Inoltre, tra i 5 milioni di assenze registrati nel 2015, a libello nazionale nel pubblico impiego, il 62% riguarda i dipendenti del Centro-Sud. Per quanto riguarda il privato, invece, accade esattamente l’opposto: dei quasi 9 milioni di assenze registrate nel 2015, il 57 per cento circa è imputabile agli occupati del Nord.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi Cgia, ha commentato così i risultati: “E’ evidente che non abbiamo alcun elemento per affermare che dietro questi numeri si nascondano forme più o meno velate di assenteismo. Tuttavia qualche sospetto c’è. Se in Calabria, ad esempio, tra il 2012 e il 2015 le assenze per malattia nel settore pubblico sono aumentate del 14,6 per cento, mentre nel privato sono scese del 6,2 per cento, è difficile sostenere che ciò si sia verificato perché i dipendenti pubblici di quella regione sono più cagionevoli dei conterranei che lavorano nel privato”.

Renato Mason, segretario della Cgia, ha aggiunto: “Se fosse stato possibile includere anche le assenze ascrivibili alle fattispecie appena elencate probabilmente lo scarto tra pubblico e privato sarebbe aumentato notevolmente, facendo impennare il numero di quelle ascrivibili ai dipendenti pubblici”.

Tra i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti dei lavoratori del pubblico si nota un aumento tendenziale delle sospensione dai luoghi di lavoro. Sul fronte dei licenziamenti, invece, si nota che nel 2015 sono saliti a 280: 53 in più rispetto al 2014. Di questi 280, 108 dipendenti sono stati lasciati a casa per assenze ingiustificate o non comunicate, 94 per reati, 57 per negligenza, 20 per doppio lavoro e infine 1 per irreperibilità a vista fiscale.
Per quanto riguarda la malattia dei dipendenti del settore pubblico, la legge prevede che “per gli eventi morbosi di durata inferiore o uguale a dieci giorni di assenza, sarà corrisposto esclusivamente il trattamento economico fondamentale con decurtazione di ogni indennità o emolumento, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio”.
La decurtazione retributiva è relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia e riguarda ogni episodio di assenza e per tutti i dieci giorni anche se l’assenza si protrae per più di dieci giorni.

Nel comparto privato, invece, in caso di assenza di malattia la quota percentuale della retribuzione media giornaliera a carico dell’Inps dipende dalla qualifica contrattuale, dal settore di appartenenza e dalla durata dell’evento. I primi 3 giorni di malattia sono interamente a carico dell’azienda, dal 4° al 20° giorno la retribuzione giornaliera media è coperta al 50 per cento dall’Inps, dal 21° al 180° giorno la quota in capo all’Istituto di previdenza sale al 66,66%.

Vera MORETTI