Da InfoCamere una piattaforma online per le imprese

Da oggi gli imprenditori potranno usufruire del servizio impresa.italia.it, una piattaforma online creata da InfoCamere per conto delle Camere di Commercio italiane.
Si tratta di un cassetto digitale che le imprese potranno consultare in modo completamente gratuito per accedere a documentazioni e informazioni necessarie per la loro attività, anche dal proprio smartphone o tablet.

Questa innovativa piattaforma è stata progettata infatti secondo la logica mobile first e assolutamente in linea con i paradigmi di design promossi dal Team Digitale e da AgID, integrata con Spid, che altro non è se non il Sistema Pubblico di identità digitale.

A presentare questa novità è stato un comunicato emanato dal ministero dello sviluppo economico.

Utilizzando questa utile piattaforma, dunque, gli imprenditori potranno avere a disposizione in tempo reale informazioni veloci e di immediata comprensione, non solo su pc ma anche su smartphone e tablet.
In pratica, sarà come avere sempre con sé tutto ciò che serve per dare alla propria impresa la sua carta d’identità digitale. Tutto sotto controllo a cominciare da visure, bilancio, pratiche in corso e tanto altro ancora.
Il cassetto digitale inoltre permette di accedere direttamente ai company profile delle imprese più innovative su startup.registroimprese.it.

Vera MORETTI

A Roma il Real Estate Management Forum 2017

Domani pomeriggio appuntamento con il Real Estate Management Forum 2017, convegno dedicato alla gestione immobiliare, che verrà ospitato a Roma presso l’Hotel Hassler.
A moderare e coordinare il congresso sarà Adriana Apicella, direttore generale di Confassociazioni, che si occuperà di dare l’avvio ai lavoro, il cui orario di inizio è previsto per le 14.30, e di presentare ed introdurre i partecipanti.

La platea, a questo proposito, sarà ben nutrita, a cominciare da Antonio D’intino, Presidente comitato per la verifica degli adempimenti costruttivi di ANCE NAZIONALE (CVAC), Componente comitato di Presidenza e Giunte di ANCE NAZIONALE, Componente commissione rapporti interni ANCE NAZIONALE, Presidente ISEA – innovazione sviluppo edilizia ambiente, Past Presedent ANCE Abruzzo, Consigliere Piccola Industria di Confindustria Abruzzo, Consigliere Piccola Industria di Confindustria Chieti-Pescara.

A seguire, Francesco Ruperto, Componenente del Gruppo universitario del network accademico BIM Academic Forum Italy – Facoltà di Architettura Sapienza Università di Roma, Politecnico di Milano, Università di Brescia, Coordinatore scientifico Dn rivista scientifica dedicata al Building Informaiton Modeling, Incaricato dalla Provincia Autonoma di Bolzano della verifica del capitolato informativo BIM del concessionario, Società Italiana per le Condotte d’Acqua spa, della progettazione definitiva ed esecutiva, costruzione e gestione della nuova casa circondariale di Bolzano.

Co sarà poi Vincenzo Acunto, colui che ha ideato e contribuito a sviluppare piattaforme e software di gestione dedicate al “Real Estate” e condominio come GROMA.net, GRETA, Dossier del Fabbricato, VOL, ed il Social Network “Abitantionline.it”. E’ anche Direttore generale di GROMA dal 1998, dopo aver gestito nelle sedi di Napoli e Roma il patrimonio di entrambi i comuni per il gruppo Romeo. Da settembre 2017 direttore generale di “agire” gruppo Ipi.

Interverranno al Remf 2017 anche Alessandro De Biasio, Responsabile Progetto – Gabetti Condominio; Luca Ruffino, Amministratore Delegato – Home service Italia; Francesco Di Castri, Presidente – Sinteg.

Al termine, Tavola Rotonda : Il Punto Di Vista Delle Associazioni, con l’intervento dei dirigenti delle associazioni di amministratori.

Vera MORETTI

Italiani in viaggio a Natale in aumento

Gli italiani passeranno le vacanze di Natale in viaggio. Altro che regali costosi, meglio prendere una valigia e partire.
A pensarla così sono ben 16,6 milioni di italiani, 3,3 milioni in più rispetto all’anno scorso, e ad aumentare non è solo il numero di chi partirà ma anche il budget medio a persona, che sale del 7% e si assesta a 715 euro. Con questo importo, supera finalmente il valore registrato nel 2007, fermo a 694 euro, per un giro d’affari che quest’anno si stimerà intorno ai 2,3 miliardi di consumi turistici.

Se, dunque, da una parte c’è una propensione a spendere di più per viaggiare, dall’altra c’è invece una minore voglia di spendere per i regali di Natale.
La spesa media di quest’anno sarà di 307 euro, anche se occorre fare delle distinzioni territoriali: nelle regioni del Sud la media a persona è di 298 euro, inferiore del 7,4% ai 320 euro delle regioni del Nord. Tra le grandi città, Milano è quella con la propensione alla spesa più alta, mentre i valori più bassi si rilevano a Palermo.

Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti, ha dichiarato: “La nostra indagine di Natale, quest’anno, rileva importanti segnali positivi, anche se questi coinvolgono soprattutto i consumi turistici. Complessivamente, comunque, il quadro che emerge è di una fase di progressivo rilancio ma ancora delicata. Preoccupa un po’ la ripartenza dell’incertezza sul futuro: quest’anno è ritenuta un condizionamento per le spese di Natale dal 15% degli italiani, il 3% in più dello scorso anno. A pesare, forse, sono i timori di instabilità legati alla prossima tornata elettorale. Cresce anche la sensazione di stare erodendo troppo il risparmio, condizionata dal calo del potere d’acquisto registrato nell’ultimo anno. Segnali che sembrano suggerire un possibile cedimento di quell’atteggiamento fiducioso che gli italiani e le imprese avevano ritrovato e che è prioritario mantenere. Per questo è vitale concentrare gli sforzi, mettendo in campo interventi mirati a dare maggiore impulso alla ripartenza effettiva dei consumi ed al sostegno dei piccoli imprenditori che, purtroppo, sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto della crisi e scontano una domanda interna ancora debole. La Legge di Bilancio deve tenerne conto. È fondamentale, in particolare, estendere a tutto il piccolo commercio di prossimità il credito di imposta appena varato per le librerie indipendenti”.

Quindi, niente regali per Natale? Certo che no, perché gli italiani non hanno intenzione di rinunciarvi, anche se nel 41% dei casi si deciderà di fare doni principalmente ai bambini, per i quali si sceglieranno giochi didattici (22%) libri (14%) e vestiario (11%), mentre caleranno, anche se di poco, i giochi tecnologici, dal 10 al 9%.
Il 35% si recherà in un centro commerciale, il 28% in negozi e mercatini, mentre il 34% acquisterà online.

Coloro che partiranno, rimarranno al 66% in Italia, a discapito di chi sceglierà una meta europea, che passerà dal 27 al 23%, mentre aumenteranno coloro che andranno ancora più lontano, dal 7 all’11%.
Ma, rovescio della medaglia, le ferie saranno ancora più brevi. Difficile trovare chi rimarrà fuori casa più di 8 giorni, risicati al 18%, scesi dunque di dieci punti rispetto al 2007.

Per quanto riguarda la tipologia della vacanza, si tratterà soprattutto di viaggi all’insegna della cultura, in particolare in città d’arte, meta del 45% dei viaggiatori.
La montagna rimane al di sotto, anche se in ripresa dal 23 al 29%.

Sempre più vacanzieri prenoteranno via internet (47%, erano il 42% lo scorso anno) o acquistando, sempre sulla rete, offerte last minute (8%, stabile rispetto al 2016). Praticamente stabili però le agenzie di viaggio, scelte dall’11% degli intervistati, contro il 12% del Natale precedente.
In aumento il numero di chi dormirà in hotel, sistemazione segnalata dal 32%. Il 27% andrà a casa di amici o parenti, mentre il 20% soggiornerà in una casa in affitto o in un B&B. Ma c’è anche un 14% che si fermerà in una casa di proprietà, un 5% che sceglierà la pensione ed un 4% che andrà in un campeggio, in un villaggio o in un’altra struttura all’aria aperta.

Viaggi di coppia per il 39% degli intervistati, in famiglia per il 34% e con gli amici per il 19%.

Vera MORETTI

Successo per il convegno sulla figura del revisore condiminiale

Ha avuto molto successo il convegno organizzato da RevCond e Primarete, con il patrocinio di Confassociazioni, Regione Lombardia e Comune di Milano, che ha voluto fare luce sulla professione del revisore condominiale.

In questo ambito si sono discussi io fattori di forza e debolezza di questa professione, e ne sono venuti fuori argomenti utili ed interessanti.

Queste le parole di Deborah Furci, presidente di RevCond: ”La professione del Revisore Condominiale va a tutelare non solo i condomini, ma anche gli amministratori di immobili in quanto rappresenta quell’elemento di chiarezza e di efficacia nella gestione condominiale che probabilmente è sempre mancata. Senza tralasciare la terzietà del revisore condominiale, ovvero l’essere mediatore tra le diverse figure professionali. Nonostante siano passati cinque anni dalla sua nascita regna, purtroppo, ancora molta confusione intorno a questa professione. Prima fra tante il fatto che è vista come una mera azione di controllo che ostacola la gestione amministrativa mentre invece è assolutamente l’opposto, ovvero un aiuto alla stessa. Piuttosto che perdersi dietro tanta confusione, originata dalla formulazione stessa della norma specifica, sarebbe preferibile che tutti i professionisti coinvolti facessero massa critica per lavorare insieme e garantire la massima efficienza professionale”.

Riccardo Alemanno, presidente INT, ha poi aggiunto: “Diventa cioè necessario agire sull’evoluzione della forma mentis, ovvero avere la consapevolezza che ogni singolo pezzo del Paese (ovvero ogni singolo professionista) e non solo qualcuno, contribuisce a rendere migliore l’Italia. È finito il tempo del restare ancorati a vecchi comportamenti individualistici, il mondo cammina, con o senza di noi. Tanto vale unire le forze e lavorare in maniera sempre più performante”.

La parola è passata a Francesco Di Castri, AD di Sinteg Servizi Immobiliari: “Riguardo il confronto con i cugini europei, a parte l’esperienza, ottima, della Svizzera la professione del Revisore Condominiale non è contemplata non perché sia inutile, ma perché l’intera gestione del comparto condominiale funziona in maniera ineccepibile. In Italia, invece, dove il settore dell’amministrazione condominiale ha vissuto periodi di ignoranza e di scarsa competenza, siamo qualche passo indietro per cui la presenza di un revisore può solo fare bene in una qualsiasi gestione condominiale”.

Gli ha fatto eco Giorgio Granello, vice presidente : “Non possiamo più restare a guardare cosa fanno negli altri paesi della comunità europea altrimenti rischiamo di non essere più neanche uno stato. Bisogna agire e agire bene per garantire un futuro italiano degno di questo nome. Il voler fare di RevCond è data dall’ideazione del progetto Besta, rivolto alle scuole superiori di indirizzo professionale, attraverso il quale si formano gli studenti alla professione del revisore condominiale. Il nostro progetto pilota è già pronto e vede il suo taglio del nastro il prossimo anno accademico presso l’Istituto Besta di Treviso”.

Ha concluso Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni: “Lavorare in sinergia come faremo con il progetto Besta di RevCond, rafforza ancor più il concetto di grande famiglia insito in Confassociazioni. Fin dalla nostra nascita, nel 2013, fare rete e sviluppare insieme le idee per migliorare la qualità professionale e sociale del nostro paese, è stato uno dei nostri obiettivi principali. Perché come già detto in altre occasioni, e non mi stancherò mai di ripeterlo, uniti si vince”.

Vera MORETTI

Fisco batte i contribuenti nei contenziosi fiscali

L’Ufficio studi della Cgia ha effettuato una ricerca relativa ai contenziosi fiscali registrati nelle Commissioni tributarie provinciali a livello nazionale ed è emerso che nel 45% dei casi, almeno nel 2016, ha vinto il fisco, mentre nel restante 35% è stata data ragione al contribuente.

Ma lo scarto tende ad aumentare quando il risultato è riferito al valore economico del giudizio: in questo caso, infatti, le sentenze a favore del fisco sono state del 48,1%, contro la vittoria del contribuente ferma al 23,4%.

Stessi risultati anche nelle Commissioni tributarie regionali.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, ha detto in proposito: “Nonostante lo scarto a favore del fisco sia abbastanza netto non va trascurato il risultato positivo ottenuto dai contribuenti quando citano in giudizio l’Amministrazione finanziaria. Se teniamo conto dei costi che bisogna sostenere per avviare il contenzioso, dell’abbattimento del numero di ricorsi avvenuto dopo l’introduzione dell’obbligo della mediazione fiscale prima di adire in primo grado e dell’effetto scoraggiamento esercitato dal venir meno degli sconti sulle sanzioni mano a mano che si procede nel contenzioso, vincere oltre il 30% del numero di giudizi nelle Commissioni tributarie provinciali non è poca cosa”.

Per i contribuenti non è poca cosa portare avanti un contenzioso nei confronti del fisco, considerando lo spreco di tempo ma anche di denaro, poiché i costi in questi casi tendono a lievitare, tanto che si aggirano intorno alle migliaia di euro.
Occorre ricordare anche che fare ricorso non significa evitare di versare al fisco quanto richiesto, anche se in questo caso, in attesa del risultato finale, il versamento può essere parziale.

Anche in questo caso, ovviamente, i tempi sono lunghi, mediamente di 2 anni e 2 mesi per ognuno dei due gradi del giudizio, e proprio questa lungaggine, e i tanti inconvenienti che il ricorso può causare, spesso scoraggiano i contribuenti, i quali si persuadono da solo a pagare.

In seguito all’introduzione dell’istituto della mediazione, dal 2012 in poi nel caso di controversie di importo sino a 20.000 euro, vi è una fase anteriore alla procedibilità del ricorso in primo grado. In questa fase, l’Agenzia delle Entrate ovvero gli enti parti della controversia, prendono in considerazione il reclamo presentato dal contribuente che può contenere anche una proposta di accordo, la mediazione appunto.

C’è da dire, però, che l’istituto della mediazione risulta particolarmente efficace nello scoraggiare il contenzioso in quanto si è rilevato che, oltre la metà dei reclami presentati non si è tramutato in contenzioso evitando un ulteriore processo tributario. Ciò ha indotto il legislatore ad innalzare il limite a 50.000 euro.

Tuttavia, poiché l’ente che ha emanato l’atto impositivo è lo stesso che lo analizza ed eventualmente accettando la proposta di mediazione del contribuente ridetermina la pretesa tributaria, si può avere la sensazione che si assista ad una forma di autotutela tardiva, dal momento che lo stesso ente, potrebbe annullare l’atto come previsto dalla legge.

Ciò porta ad un aggravio per il contribuente, che dunque si trova a dover redigere e presentare un ricorso per ottenere ciò che gli sarebbe spettato di diritto e senza sanzioni.

Vera MORETTI

I souvenir dall’Italia sono enogastronomici

Coldiretti ha realizzato uno studio, La vacanza Made in Italy nel piatto, che conferma come, quando i turisti passano dall’Italia, non riescono a tornare a casa a mani vuote, nemmeno, o forse soprattutto, quando si tratta di cibo.
E, ancora una volta, quello italiano sembra si sia dimostrato imbattibile, sia quando ci si trova sul posto, tanto che un terzo della spesa degli italiani e degli stranieri in vacanza nel Belpaese è destinato a pasti consumati in pizzerie, ristoranti, trattorie o agriturismi, sia quando poi si torna a casa, dove è bello portarsi un ricordo anche gastronomico.

A dimostrazione che il cibo rappresenta un vero motore anche quando ci si trova in ferie, l’alimentare rappresenta la principale voce del budget, anche superiore a quella dell’alloggio e si stima che, tra il consumo di pasti nella ristorazione (14 miliardi) e l’acquisto di prodotti alimentari nei negozi e nei mercati (12 miliardi), i turisti italiani e stranieri spendono per cibo e bevande circa 26 miliardi di euro su un totale di 75 miliardi del fatturato turistico complessivo annuale.

Inoltre, l’offerta enogastronomica è una delle primarie motivazioni di viaggio specialmente in Italia, per uno straniero su quattro (23%), consapevole che l’Italia sia garanzia di buona cucina, seguita a ruota da monumenti e moda, solo al 16%, pittura e scultura al 15%, design al 7% e musica e teatro al 5%.

Il cibo, inoltre, è alla base di uno dei trend del momento, in Italia ma non solo, ovvero quello di fotografare, o fotografarsi, mentre si gustano piatti gourmet, magari presentati con impiattamenti che sembrano opere d’arte.
Il food selfie, infatti, è utilizzato e postato sui social network da più di un italiano su tre (38%). Protagoniste non solo le portate del ristorante, ma anche quelle create nella propria cucina.

Vera MORETTI

Turismo dello shopping: l’Italia in pole position

I turisti stranieri amano l’Italia e, ogni anno, vengono a visitare le principali città d’arte in un milione e mezzo, ma non solo per ammirarne le bellezze artistiche, poiché una delle motivazioni che li portano nel Belpaese è lo shopping.

Per questo motivo, città come Firenze, Milano, Roma, Torino e Venezia sono letteralmente prese d’assalto, in particolare per i negozi di abbigliamento (60%), pelletteria (17,3%) e cosmetica e profumeria (3,6%).

Si tratta di dati emersi dalla nuova edizione di Shopping Tourism Italian Monitor, rapporto di ricerca curato da Risposte Turismo presentato a Roma in occasione di Shopping Tourism, evento tenutosi presso la sede di Confcommercio, in cui si è discusso sul trend attuale che sta portando l’Italia ai vertici del turismo dello shopping.

Ad inaugurare l’evento è stato Renato Borghi, vice presidente di Confcommercio, il quale ha voluto sottolineare che “il turismo produce l’11% Pil, dà lavoro a due milioni di persone e assicurerà insieme ai servizi il surplus di crescita per il nostro Paese. Il 50% delle spese extra dei turisti va allo shopping, ciò che assicura un legame forte con il commercio. E l’Italia da questo punto di vista è un unicum, perché coniuga pluralismo distributivo – dagli outlet ai negozi multibrand alle botteghe artigiane – e bellezza del territorio”.

Ha poi parlato Luca Patanè, presidente di Confturismo, il quale ha aggiunto: “Lo shopping è sempre stato uno dei grandi motori del turismo, spesso non evidenziato: va tirato fuori evidenziando la sua grande forza propulsiva per il settore. Nel turismo ci sono territori sconfinati, oggi ciò che ci manca è più internazionalizzazione, dobbiamo crescere come presenza all’estero anche per aumentare l’interesse per il nostro Made in Italy. E spingere forte anche sul digitale, che può assicurare un futuro a molti di noi”.

Il turismo dello shopping vede, tra le città italiane, Milano in testa, con la quota maggiore di turisti attratti dagli acquisti (15,4%), seguita da Firenze (6%) e Roma (3,8%). Staccate Venezia (1,4%) e Torino (1,1%). La loro spesa media giornaliera sostenuta è risultata pari a 121 euro a Milano, 77,80 euro a Roma e 45,15 euro a Firenze.

Milano rimane la prima anche per viaggi per shopping su scala mondiale, tanto da aver ricevuto il maggior numero di citazioni (20,3%) tra le oltre 6.000 raccolte, seguita da New York (17,4%), Parigi (16%) e Londra (14,2%).

A dare una forte spinta al capoluogo lombardo sono sicuramente le vie dello shopping, con via Montenapoleone in testa, che fa da traino anche al quadrilatero della moda, ma, considerando l’Italia in generale, sicuramente una buona spinta è data anche dai 25 outlet village ormai presenti in Italia, che stanno diventando sempre più numerosi, conosciuti e frequentati.

Tra tutti i turisti che arrivano in Italia, anche quelli che non hanno nello shopping il principale motivo del viaggio, una volta arrivati non possono fare a meno di spendere. La media è di 28 euro a testa, che sale a 55,7 a Milano, 30,1 a Firenze, 21,9 a Venezia, 18,4 a Torino e 16,8 a Roma.
Facendo una stima della spesa annuale, potrebbe aggirarsi attorno a 1,6 miliardi, e tra questi 610 milioni di euro a Milano, 422 milioni di euro a Roma, 281 milioni di euro a Firenze, 230 milioni di euro a Venezia e 67 milioni di euro a Torino.

Vera MORETTI

Distributori automatici, eccellenza del Made in Italy

Tra le eccellenze mondiali del nostro Made in Italy c’è anche quella, ignorata da molti, dei distributori automatici, le cui vendite all’estero nel primo semestre 2017 sono aumentate del 5%, arrivando a 213 milioni di euro.

Si tratta di numeri importanti, presentati durante EVEX, l’evento a livello europeo della distribuzione automatica che si è svolto a Roma, alla quale hanno partecipato 350 imprenditori appartenenti a 14 diversi Paesi europei.

Alla luce dei risultati ottenuti, Piero Angelo Lazzari, presidente di Confida, associazione italiana che rappresenta la filiera della distribuzione automatica, ha dichiarato: “Si rafforza la leadership europea dell’industria italiana delle vending machine un comparto all’avanguardia per sviluppo tecnologico che rappresenta un esempio pratico anche di eccellenza della tecnologia italiana da esportazione”.

Tra i principali Paesi di destinazione, spicca la Germania, dove le vendite raggiungono il 12,4%, e dove l’incremento, solo nella prima parte dell’anno, è stato del 10,5%. Crescita dell’11,7% nei Paesi Bassi, dove arriva il 6,7% delle esportazioni.

Ma non si tratta degli unici Paesi dove si sono registrati aumenti a doppia cifra. Tra questi ci sono anche Russia (+38,7%), Svizzera (+33,7%), Romania (+25,1%) e Regno Unito (+11%). Sul dato annuale dell’intero comparto il mercato principale è la Francia col 17%, seguita da Spagna al 12% e Germania all’11%”.

Per quanto riguarda i mercati extra Ue, spicca il Sud America con il 4,4%, ma anche i mercati asiatici che valgono il 6,5%, e il Medio Oriente con il 3,4%.
Miglioramenti particolarmente significativi arrivano da Cina (+ 214%), Messico (+171%), Brasile (+150%) e Malaysia (+150%). Spicca anche l’espansione registrata negli Stati Uniti (+15,7%), dove le esportazioni da gennaio a fine giugno hanno superato la soglia dei 5 milioni di euro. Fuori dall’Europa gli Stati Uniti rappresentano il 2,8% dell’export totale italiano del settore nel mondo.

Vera MORETTI

Nuove imprese in aumento, ma in calo quelle degli under 35

Secondo Istat, nel 2015 sono state 375 mila le nuove imprese avviate, che rispetto all’anno precedente sono aumentate del 18,6%.
I dati resi noti dal Report, inoltre, specificano che nel 55% dei casi sono lavoratori in proprio, corrispondenti a 209 mila persone per poco meno di 200 mila imprese mate senza dipendenti, mentre nel restante 44,2%, che riguarda 166 mila persone e 150 mila imprese, si tratta di imprenditori che hanno avviato un’attività con alcuni dipendenti.

Questo aumento deriva da diversi fattori, e tra questi sicuramente ci sono gli sgravi contributivi e l’introduzione del Jobs Act. Inoltre, altri elementi che emergono sono la minor incidenza di giovani (-2,2%), ma anche un maggiore orientamento verso i settori ad alto contenuto tecnologico e un maggiore livello di istruzione, con un aumento dell’1,4% di laureati.

Ciò che emerge ulteriormente è la crescita dell’età media di chi per la prima volta fonda un’azienda o un’impresa.
Nel 2015 solo il 35,2% dei nuovi lavoratori in proprio e il 24,9% degli imprenditori con nuova attività con dipendenti hanno meno di 35 anni. Nel 2014, invece, erano rispettivamente il 38,4% e il 27,1%.
Nelle imprese High growth, che sono in tutto 11.912 e gestite da 21.297 imprenditori, i giovani sono ancora meno presenti, e rappresentano il 5,4% del totale. Si tratta di un settore ancora piuttosto rigido, in cui è inoltre netta la predominanza degli imprenditori uomini, che raggiungono l’82,6% del totale.

Vera MORETTI