Voucher digitalizzazione per micro e piccole imprese

Un’iniziativa molto importante per le micro, piccole e medie imprese, che possono approfittare di un’opportunità per diventare più innovative e competitive.
Si sa che spesso le imprese di piccole dimensioni non hanno un capitale elevato e si trovano così costrette a rinunciare ad adottare tecnologie e strumenti avanzati, indispensabili per rimanere al passo e reggere la concorrenza.

Per questo motivo, dal 30 gennaio al 9 febbraio 2018 le micro, piccole e medie imprese potranno richiedere i voucher per la digitalizzazione dei processi aziendali e per l’ammodernamento tecnologico.
Questo tipo di voucher prevede un contributo fino a 10 mila euro, che deve però corrispondere al massimo al 50% del totale delle spese ammissibili.

Per presentare la domanda, gli imprenditori devono collegarsi al sito del Ministero dello Sviluppo Economico a cominciare dalle ore 10 del 30 gennaio e fino alle ore 17 del 9 febbraio 2018.
In realtà, sarà possibile già dal 15 gennaio accedere alla procedura informatica e poter compilare la domanda, ma per poterlo fare è necessario essere in possesso della Carta nazionale dei servizi e di una casella di posta elettronica certificata attiva, che però sia stata registrata all’interno del Registro delle Imprese.

Vera MORETTI

Tasse sugli immobili sempre molto pesanti

Il patrimonio immobiliare italiano, che comprende, oltre alle case di proprietà, anche uffici, negozi e capannoni, ogni anno deve fare i conti con un carico fiscale particolarmente oneroso, che nel 2016 è stato di 40,2 miliardi di euro.
In realtà, rispetto al 2015, è sceso di 3,7 miliardi, grazie soprattutto all’eliminazione della Tasi sulla prima casa.

A fare questi conti è stato l’Ufficio Studi della Cgia, che è arrivato al risultato finale sommando i 9,1 miliardi di euro di gettito riconducibili alla redditività degli immobili (Irpef, Ires, imposta di registro/bollo e cedolare secca), i 9,9 miliardi di euro riferiti al trasferimento degli immobili (Iva, imposta di registro/bollo, imposta ipotecaria/catastale, imposta sulle successioni e sulle donazioni) e i 21,2 miliardi di euro riconducibili al possesso dell’immobile (Imu, imposta di scopo e Tasi).

Quest’anno non porterà ulteriori novità, né in positivo né in negativo, poiché per il 2017 e il 2018 sono stati bloccati eventuali aumenti delle tasse locali.

A questo proposito, Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, ha dichiarato: “Fino a qualche anno fa l’acquisto di una abitazione o di un immobile strumentale costituiva un investimento. Ora, in particolar modo chi possiede una seconda casa o un capannone, sta vivendo un incubo. Tra Imu, Tasi e Tari, ad esempio, questi edifici sono sottoposti ad un carico fiscale ormai insopportabile”.

Ciò che emerge, inoltre, è che, prime case a parte, i proprietari di immobili strumentali hanno dovuto fronteggiare il raddoppio del prelievo fiscale a causa del passaggio dall’Ici all’Imu: tra il 2011, ultimo anno in cui è stata applicata l’Ici, e il 2016 il gettito è passato da 4,9 a 9,7 miliardi di euro.

Per questo, ha aggiunto Zabeo: “Sebbene sia stata presa qualche misura a favore delle imprese, il quadro generale rimane sconfortante. Mi preme sottolineare che il capannone non viene ostentato dal titolare dell’azienda come un elemento di ricchezza, bensì come un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto e per creare posti di lavoro, dove la superficie e la cubatura sono funzionali all’attività produttiva esercitata. Accanirsi fiscalmente su questi immobili non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando però l’economia reale del Paese”.

Renato Mason, segretario della Cgia, ha poi specificato: “Oltre all’imponente sforzo economico che anche quest’anno i proprietari di immobili saranno chiamati a sostenere i contribuenti italiani devono sopportare anche un costo aggiuntivo legato alla burocrazia che attanaglia queste operazioni. Secondo una nostra analisi su dati della Banca Mondiale, per pagare le tasse in Italia sono necessarie 238 ore all’anno. Nell’area dell’euro solo il Portogallo e la Slovenia registrano una situazione peggiore della nostra”.

Vera MORETTI

Sussidi per lavoratori estesi anche alle piccole imprese

All’interno del Fondo di integrazione salariale, il vecchio Fondo residuale, l’INPS ha stabilito di erogare sussidi al reddito per lavoratori in imprese che hanno minimo 5 dipendenti.
L’importo dell’assegno di solidarietà corrisponde a quello della cassa integrazione ordinaria e verrà erogato per un massimo di 12 mesi.

Possono accedere al sussidio i lavoratori dipendenti, esclusi i dirigenti e i lavoratori a domicilio. Per quanto riguarda gli apprendisti, percepiscono l’assegno solo i contratti di apprendistato professionalizzante, mentre sono esclusi quelli per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, così come i contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca. Inoltre, il lavoratore deve avere almeno 90 giorni di anzianità aziendale.

Per quanto riguarda le imprese che rientrano in questo provvedimento, si tratta di tutti i datori di lavoro anche non organizzati in forma di impresa.

La soglia dimensionale va calcolata comprendendo anche gli apprendistati: sono però esclusi i contratti di inserimento e reinserimento lavorativo. I lavoratori part-time si conteggiano in proporzione all’orario di lavoro previsto. I lavoratori ripartiti sono computati nell’organico aziendale come parti di un’unica unità lavorativa, secondo le specifiche regole disciplinanti il job sharing. I lavoratori assenti e non retribuiti (servizio militare, gravidanza) sono esclusi dal computo dei dipendenti solo nel caso in cui in sostituzione siano stati assunti altri lavoratori: in tal caso sarà computato il sostituto.

Il requisito temporale cambia a seconda delle dimensioni aziendali:

  • datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti già rientranti nel campo di applicazione del Fondo residuale: l’assegno è dovuto per eventi di riduzione di attività lavorativa verificatisi dal 1° gennaio 2016;
  • datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti inizialmente non rientranti nel campo di applicazione del Fondo in quanto non organizzati in forma di impresa: i sussidi al reddito scattano per eventi di riduzione di attività lavorativa dal 30 marzo 2016;
  • datori di lavoro fra 5 e 15 dipendenti: dal 1° luglio 2016.

Sono al contrario esclusi i settori che hanno già istituito altri Fondi di solidarietà per il perseguimento delle finalità previste dal decreto attuativo del Jobs Act, ad esempio: imprese assicuratrici e società di assistenza, personale dipendente di Poste Italiane spa e delle società del Gruppo Poste italiane, Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, aziende del credito cooperativo, aziende del settore del credito, servizi della riscossione dei tributi erariali, settore marittimo, settore trasporto pubblico, settore dei Gruppi Ormeggiatori e Barcaioli dei Porti Italiani.
Sono esclusi anche i settori per i quali sono stati costituiti i fondi di solidarietà bilaterali alternativi (artigianato, somministrazione lavoro) e le imprese rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria (CIGO e CIGS).

Vera MORETTI

Il Made in Italy si protegge anche con la tecnologia

Il Made in Italy, ormai è chiaro, è al centro di casi di contraffazione in tutto il mondo, e non solo dall’Asia, ma anche dall’Europa. Proprio dalla Germania venivano spediti pacchi di pasta spacciati per italiani e diretti a Dubai.

Ma si tratta solo di un esempio su tanti, troppi, che vogliono riprodurre l’italian sounding danneggiandolo pesantemente, e che creano un giro di affari di 90 miliardi di euro, con conseguente perdita di almeno centomila posti di lavoro, calcolati da Federalimentari.

Per combattere questa minaccia, anche la tecnologia può dare un importante sostegno, come accade per Authentico, una startup italiana che ha messo a punto un sistema per verificare l’autenticità di un prodotto alimentare attraverso la scansione del codice a barre.
Per poterlo fare, occorre scaricare la app, scansionare il codice a barre e scoprire così se si tratta di vero Made in Italy o di italian sounding.

In pochi secondi, dunque, è possibile verificare la provenienza del prodotto ed inviare, se necessario, un alert al sistema che procede poi ai controlli sul prodotto.
Dopo i controlli, si costruisce una community con un’area della app dedicata alle ricette che è possibile realizzare con i prodotti acquistati. In più è possibile acquistare online ed essere informati sulle promozioni.

C’è anche la proposta di FoodChain, dotato di un sistema che prevede che il produttore raccolga la materia prima, per poi registrare i dati di geolocalizzazione, il giorno, l’ora, foto e video, e grazie all’associazione con un codice univoco garantisce l’autenticità e l’origine delle materie prime.
Da qui in poi a ogni passaggio della lavorazione vengono raccolti e inviati i dati multimediali a FoodChain che li autentica e li memorizza.

Questo metodo permette di rendere le filiere più trasparenti e permette al consumatore di leggere il codice con il suo smartphone per consultare le informazioni raccolte durante il processo di produzione.

Anche Certilogo lavora da anni per proteggere e tutelare il Made in Italy, tanto che tra i suoi clienti ci sono brand come Versace e Diesel. Il sistema su cui si basa l’azienda è attivo dal 2006 e prevede l’assegnazione ai prodotti di un Codice Certilogo identificativo che protegge i marchi.
Si tratta di un codice human readable, in chiaro e leggibile, composto da 12 caratteri, solitamente preceduto dall’acronimo CLG.

Vera MORETTI

Italiani più propensi a spendere per Natale

Il Natale si sta avvicinando e, come sempre, la corsa al regalo. Anche se, a causa della crisi economica che ha pesantemente investito il nostro Paese, negli ultimi anni si compra di meno e i regali costosi sembrano ormai un vago ricordo, dicembre rappresenta ancora un mese piuttosto frenetico dal punto di vista delle spese.

L’Ufficio Studi Confcommercio ha presentato uno studio sull’andamento dei consumi, le tredicesime e la propensione al regalo in vista del Natale e rispetto all’anno scorso la situazione è decisamente migliorata, anche se negli ultimi mesi il reddito ha subito uno stop, a causa di qualche oscillazione da parte della produzione industriale. E questo, insieme al calo dell’occupazione, stagnante negli ultimi tre mesi, potrebbe far diminuire anche la fiducia nelle famiglie, riducendone la loro propensione alle spese.

Un’altra motivazione può essere anche il reddito disponibile nel 2018, ormai non tanto lontano, che è ancora molto indietro rispetto al 2007, e di ben 2010 euro a testa, e questa carenza sicuramente si fa sentire. La cosa positiva è che rispetto al 2014 sono stati recuperati 700 euro, quindi una nota positiva ijn realtà c’è.

Mariano Bella, direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, ha aggiunto: “Valutazioni analoghe valgono per i consumi: siamo ancora sotto di circa 1000 euro rispetto al massimo del 2007 ma abbiamo recuperato altri 1000 euro rispetto ai minimi del 2014, con una crescita del 6,3% nel quadriennio 2015-2018”.

Per quanto riguarda le tredicesime, superano 41 miliardi di euro, con una crescita di quasi 1,1 miliardi, passando così da 34,4 a 35,5 miliardi di euro. se a queste si aggiunge anche le risorse che si stima verranno destinate alle spese natalizie, si raggiunge un valore superiore rispetto a quello dll’anno scors, che era di 33,7 miliardi.
Facendo i conti, si dovrebbe trattare di una spesa di 1500 euro a famiglia, valore che si avvicinerebbe ai livelli pre-crisi.

Gli italiani penseranno a mettere ordine nei propri bilanci e nelle proprie case o magari a fare qualche viaggio in più piuttosto che a fare regali, che comunque restano una voce importante a dicembre. A conferma di qualche incertezza presente tra le famiglie c’è la prosecuzione del trend discendente sulla gradevolezza del rito dei regali, un fatto piuttosto importante per il commercio: se si riduce la voglia e la piacevolezza del fare i regali sarà difficile rimettere in sesto molti bilanci aziendali, per i quali il mese di dicembre continua a rappresentare il momento dirimente tra proseguire l’attività o chiudere. Qui credo ci sia bisogno di nuove e più importanti iniziative di marketing per rilanciare il Natale come festa consumistica. Può piacere o meno ma questi dati indicano una certa disaffezione che va recuperata”.

Vera MORETTI

L’Ice in Vietnam per combattere la contraffazione

I cinesi, si sa, ci guardano, ci osservano, e poi copiano quello che può servire loro o quello che piace, senza tante remore.
Ma, quando si tratta di Made in Italy, le cose si fanno serie, e sapere che tanti prodotti appartenenti alla nostra tradizione subiscano così tante contraffazioni non fa certo piacere.

Per questo motivo, Michele Scannavini, presidente dell’Ice, l’agenzia che promuove il Made in Italy all’estero, ha deciso di recarsi in Vietnam per fare la cosa opposta, ovvero trasferirvi tecnologie e competenze, da mettere a conoscenza di chi vi abita, per far sì che i prodotti italiani, ma anche la loro produzione, non abbiano segreti.

Verranno trasferite macchine per le calzature made in Italy, macchine per il tessile e l’abbigliamento, ma anche personale italiano che, di volta in volta, sosterrà le aziende locali nella fattura di tessuti, pelletterie, calzature secondo il modo di fare italiano.
In questo modo chi lavora in Vietnam saprà riconoscerlo e poi produrlo, senza più la tentazione di ricorrere alla scorciatoia della contraffazione.

Ha detto Scannavini: “Stiamo per inaugurare due parchi tecnologici vicino Ho Chi Mihn City. L’idea è creare due distretti del tessile e del calzaturiero composti interamente da aziende vietnamite aiutate dalla nostra cultura e dal nostro saper fare». L’obiettivo è quello di sviluppare un modello industriale vietnamita che possa lavorare con i macchinari italiani in due settori storicamente aggrediti dalla concorrenza cinese a basso costo. Che già da anni — per comprimere ulteriormente il costo del lavoro — si rivolge alla sub-fornitura del sud-est asiatico. A tendere porteremo anche la nostra logistica, la nostra industria del packaging e la distribuzione”.

Vera MORETTI

Imprese familiari: per crescere occorrono risorse esterne

Le aziende familiari, se hanno avuto la forza e la coesione adatte per sopravvivere durante i lunghi e difficili anni della crisi, ora, per continuare ad essere competitive, sono chiamate a fare un passo avanti ed aprire i loro orizzonti anche a manager esterni.

Il motivo principale è quello di ampliare le proprie strategie e conquistare nuove fette di mercato, ma ancora pochi lo stanno attuando, per timore dei costi, ma anche perché si è restii a lasciare potere decisionale a chi arriva da “fuori”.
Se, infatti, molte delle aziende interpellate hanno considerato valida l’idea di accogliere professionisti esterni che potessero illustrare le novità in fatto di tecnologia, all’atto pratico ben poche hanno portato avanti questo discorso, nonostante il vantaggio che potrebbe derivarne.

Tra i timori delle aziende familiari c’è, infatti, la perplessità circa la facilità a reperire risorse professionali adeguate per la gestione dell’azienda (43%), a seguire l’aumento dei livelli di concorrenza (37%) e al terzo la diminuzione della marginalità (36%).

A confermarlo è anche uno studio effettuato dall’European Family Business Barometer, realizzato da Kpmg in collaborazione con l’Associazione European Family Business.
A questo proposito, Silvia Rimoldi, partner di Kpmg e curatrice della ricerca, ha dichiarato: “E’ evidente che le imprese familiari si sentono in concorrenza con i colossi dell’high tech e con le grandi multinazionali nell’attrarre giovani ad alto potenziale”.

Ma, se il punto di forza delle aziende familiari è sempre stato quello dei valori, delle tradizioni e della cultura, oggi occorre far leva anche su innovazione e mondo digitale, sempre più incalzanti e sempre più indispensabili se si vuole continuare ad essere competitivi.

Rimoldi rimarca la necessità di ricorrere anche a risorse esterne, in grado di portare idee e prospettive nuove, senza per questo appesantire eccessivamente i costi aziendali, soprattutto se si tratta di aziende medio-grandi.

Com’è la situazione a livello europeo? Le imprese familiari europee chiedono ai governi nazionali di spingere sull’acceleratore dell’integrazione a livello europeo e sulla creazione di un mercato unico: lo chiede il 56% delle aziende dell’Unione europea, mentre la quota sale all’80% per le aziende italiane.

Vera MORETTI

Anche la domotica Made in Italy alla conquista dell’estero

Una casa intelligente: questo è il desiderio di un italiano su tre, come ha confermato un’indagine condotta da ProntoPro.it.
Vivere in una casa smart rappresenta un desiderio sempre più forte, poiché la domotica è capace di semplificare e rendere più piacevole la vita quotidiana, ma anche di far diventare oggetti di arredo e di design elementi chiave come citofoni, centraline o pulsanti.

Anche in questo campo il Made in Italy è in grado di dire la sua, e di farlo passando dalla porta principale, conquistando l’estero al pari di altri settori più altisonanti e conosciuti.

A proposito di questo, Vimar, azienda rigorosamente italiana, ha vinto il premio Best Performance Award 2017 per la categoria medium company, assegnato da Sda Bocconi School of management in partership con Jp Morgan private bank, Pwc, Thomson Reuters e il Gruppo24ore.
L’azienda di Marostica è stata premiata grazie all’attenzione che mette nei dettagli ma anche per il proprio design, sempre più sofisticato. E infatti, interruttori, pulsantiere e citofoni di Vimar sono smart ma anche belli da vedere e quindi da avere.

La domotica di Vimar è oggi molto conosciuta in buone parti del mondo, a cominciare da Sud America, Cina, Venezuela, Messico, Cile, Francia, Grecia, Dubai e Singapore, dove è presente con alcune sedi.
Ma non basta: oltre ad essere smart e di design, gli elementi domotici Made in Italy sono anche green, per non dimenticare l’importanza della sostenibilità energetica.

Vera MORETTI

Lavorare nelle festività: il dipendente si può rifiutare

Dicembre è uno dei mesi in cui ci sono più festività, che cominciano con l’Immacolata e finiscono con i botti di Capodanno.
Per questo, è sicuramente di attualità l’argomento relativo alle festività retribuite, anche pensando che i lavoratori stanno finalmente diventando consapevoli della possibilità di rifiutarsi.

Cosa accade in questi casi? Se il lavoratore rifiuta di lavorare in una festività, l’impresa non può trattenere la retribuzione, che va al contrario interamente riconosciuta: il diritto al rifiuto è garantito dalla legge e non è sanzionabile in nessun modo.
Ciò rimane valido anche in presenza di previsioni diverse, anche quando sono contenute nel contratto di lavoro, poiché può prevedere clausole che possono obbligare il lavoratore a effettuare straordinari nei giorni di festività; ma nel caso in cui il lavoratore non accetti, anche senza giustificato motivo, l’azienda non può trattenere la retribuzione.

Questo cosa significa? Semplicemente che, anche in presenza di contratti in cui è scritto che al lavoratore potrebbe essere richiesto di lavorare nelle festività, il lavoratore stesso può sottrarvisi senza per questo ricorrere a sanzioni da parte del datore di lavoro.

Le uniche eccezioni sono rappresentate da particolari tipologie di attività, ad esempio i medici e in generale i dipendenti delle istituzioni sanitarie pubbliche e private.

Per tutti gli altri, vale la sentenza secondo la quale: “Non sussiste un obbligo generale a carico dei lavoratori di effettuare la prestazione nei giorni destinati ex lege per la celebrazione di ricorrenze civili o religiose e sono nulle le clausole della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro (cui è consentito derogare per il solo lavoratore domenicale); in nessun caso una norma di un contratto collettivo può comportare il venir meno di un diritto già acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali)”.

Questo vuol dire che qualsiasi cosa ci sia scritta nei contratti di lavoro, prevale la legge che riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di non lavorare nelle festività.

L’impresa, dunque, non può mai trattenere la giornata festiva non lavorata dalla retribuzione: “Il trattamento economico ordinario, si legge nella sentenza 21209/2016, deriva «direttamente dalla legge, e non possono su questo piano avere alcun rilievo le disposizioni contrattuali». Stessa considerazione di cui sopra: la legge prevale in ogni caso sulle disposizioni contrattuali”.

Viceversa, vanno pagati gli straordinari al lavoratore che presta la propria opera nelle festività.

Vera MORETTI

Manifestazione di beneficenza Confassociazioni per Amatrice

Il prossimo 13 dicembre avrà luogo a Roma una importante manifestazione di beneficenza organizzata da Confassoziazioni, che verrà ospitata nella Sala della regina della Camera dei Deputati.
Confassociazioni per Amatrice, Confassociazioni per l’Italia, così si chiamerà l’evento, aprirà un dibattito pubblico con la partecipazione di personaggi di spicco e durante il pomeriggio partirà il 3° Forum di formazione all’Amatriciana.

L’annuncio è stato dato da Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, il quale ha anche reso noto un primo elenco di coloro che parteciperanno: Stefano Fassina, Deputato Sinistra Italiana, Vincenzo Gibino, Senatore e Presidente Osservatorio Parlamentare sul Mercato Immobiliare, Lorenzo Leuzzi, Vescovo di Teramo e Cappellano della Camera dei Deputati, Andrea Mandelli, Senatore e Responsabile Libere Professioni Forza Italia, Mario Mauro, Senatore Forza Italia, Commissione Affari Costituzionali, Riccardo Nencini, Vice Ministro Infrastrutture e Trasporti e Segretario PSI, Stefano Parisi, Fondatore Energie per l’Italia, Aleandro Petrucci, Sindaco di Accumoli, Stefano Petrucci, Sindaco di Arquata del Tronto, Sergio Pirozzi, Sindaco di Amatrice, Mario Tassone Segretario CDU, Cristiano Democratici Uniti, Flavio Tosi, Leader di FARE.

Tra gli inviati che non hanno ancora confermato la loro partecipazione ci sono: Luigi Di Maio, Vice Presidente Camera Dei Deputati, Valeria Fedeli, Ministro Istruzione, Università, Ricerca, Annamaria Furlan, Segretario Generale CISL.

Ad accogliere gli ospiti ci saranno Angelo Deiana, Presidente Confassociazioni, Riccardo Alemanno, Vice Presidente Vicario Confassociazioni, Franco Pagani, Vice Presidente Vicario Aggiunto Confassociazioni, Federica De Pasquale, Vice Presidente Confassociazioni Pari Opportunità, Paolo Righi, Presidente Confassociazioni Immobiliare, Sergio Gaglianese, Vice Presidente Confassociazioni Immobiliare.

Tra i sicuri protagonisti della giornata ci saranno anche Celestino Ciocca, Inventore del brand Eataly, Michele Affidato, Orafo scultore del gioiello donato per beneficienza ai comuni terremotati, Stefano Cianciotta, Presidente Osservatorio Nazionale Infrastrutture di Confassociazioni, Franco Casarano, Presidente ASSOCOND, Stefano Paneforte, Presidente Emerito del Comitato Scientifico di Confassociazioni, i super formatori e gli startupper Mary Troiano, Amadeo Furlan, Emma Moriconi, Paolo Domenico Regina, Paolo Rossi, Paolo Svegli, Tania Montelpare, Barbara Bartoli, Meina Cutrupi, Isania Forgione, Paolo Giacovelli, Giuseppe Naccarato, Barbara Nipoti, Luca Quagliano, Stefano Versace.

Vera MORETTI