L’Icrf attivo contro le frodi e la contraffazione

L’Ispettorato Centrale Repressione Frodi, nel corso del 2017, ha svolto un lavoro capillare al fine di smascherare frodi e contraffazioni che danneggiano il Made in Italy.

Risultato di un’attività che non ha voluto lasciare alcuna via di scampo riguarda oltre 53 mila controlli e 22 mila tonnellate di prodotti agroalimentari sequestrati, per un valore complessivo di oltre 103 milioni di euro.

Questi interventi hanno quindi saputo tutelare non solo la tradizione e la qualità tipiche del Made in Italy, ma anche i consumatori, spesso noncuranti di quanto stavano acquistando.

Il report redatto a fine anno si trova online sul sito Politicheagricole.it e conferma il grande operato dell’Ispettorato, tanto da confermarsi ancora una volta ai vertici europei tra le Autorità antifrode.

Il ministro Maurizio Martina ha commentato così questi risultati: “Questi numeri dimostrano il ruolo guida dell’Italia sul fronte dei controlli primi in Europa e all’avanguardia sul web dove siamo in grado di rimuovere i falsi prodotti di qualità certificata dagli scaffali virtuali delle piattaforme e-commerce”.

Le irregolarità riguardano il 26,8% degli operatori , su un totale di 25 mila verifiche e i prodotti controllati sono stati 57 mila e 455 le notizie di reato inoltrate all’Autorità giudiziaria.
Sono state poi elevate 3.715 contestazioni amministrative e 3.131 diffide in attuazione del decreto Campolibero.

L’88% dei controlli ha interessato i prodotti alimentari e il 12% i mezzi tecnici per l’agricoltura; in particolare 17.527 hanno toccato il settore vitivinicolo, 7.843 l’oleario, 5.086 la carne, 4.977 il lattiero caseario, 2.708 l’ortofrutta, 2.406 i cereali e derivati, 1.971 le conserve vegetali, 733 le sostanze zuccherine, 793 il miele, 613 le bevande spiritose, 518 le uova e 1.967 gli altri settori.

Per quanto riguarda gli interventi fatti all’estero e online, l’Icqrf ha consolidato la sua collaborazione con Alibaba e eBay, ma anche con Amazon: in questi tre casi sono stati effettuati in tutto 295 interventi, ottenendo il 98% dei successi.

Vera MORETTI

eCommerce in aumento in Italia

L’eCommerce sta dilagando anche in Italia, tanto che nel 2017 le imprese che vendono online sono arrivate quasi a quota 18mila, registrando così un aumento dell’8,4% rispetto all’anno precedente. Ma a questa cifra se ne aggiungono altri 10mila, che sono negozi offline ma che hanno una vetrina anche sul web.

Purtroppo, però, non tutto è positivo, perché in realtà i siti minori raccolgono dal commercio online neanche il 5% delle vendite totali, come è stato confermato da Confesercenti sui dati camerali e quelli provenienti dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano.

Ma intanto le percentuali crescono, tanto che dal 2012 al 2017 si nota un aumento del 72,6% ed un incremento netto di oltre 7.500 unità, che sono una media di 4 al giorno.

Sebbene si tratti di una crescita rilevata a livello nazionale, il Sud ha ottenuti i risultati più sorprendenti, tanto che, dal 2012 ad oggi, ha visto più che raddoppiare (+116,9%) i merchant online, ed un incremento del 12,8% solo nell’ultimo anno.

A livello provinciale, però rimane la Lombardia ad ottenere le performance migliori, con 3.226 attività, quasi un quinto del totale nazionale. Seguono Campania (con 2.204 negozi online) e Lazio (2.078).

Unico neo, dunque, rimane quello della spartizione di questi risultati, che hanno portato il valore degli acquisti online a oltre 23,6 miliardi di euro: a beneficiarne sono per la maggior parte i grandi, tanto che i primi 20 merchant realizzano il 71% del mercato, e i primi 250 il 95%.
Il rimanente 5% va spartito tra i piccoli siti di eCommerce che insieme fatturano meno di un miliardi di euro.

Mauro Bussoni, Segretario Generale di Confesercenti, ha dichiarato in proposito: “L’accelerazione degli acquisti online degli italiani ha attirato molti neo-imprenditori, soprattutto tra i giovani in cerca di occupazione: in media i merchant hanno 39 anni, quasi 10 in meno della media del commercio, ed il 28% ha meno di 35 anni. Purtroppo però l’eCommerce è un settore ad altissimo tasso di competizione, in cui trovare uno spazio al di fuori dei grandi marketplace come Amazon ed eBay è molto difficile. A incidere è anche un dislivello fiscale tra le attività italiane e quelle estere operanti nel nostro Paese, che permette a queste ultime di essere più competitive sul fronte dei prezzi: ma conta pure il ritardo con cui il sistema Italia, a parte poche eccezioni, s’è affacciato a questo mondo. Cui, però, non dobbiamo rinunciare. Per questo, oltre ad una webtax equilibrata che risolva le iniquità fiscali, al prossimo governo chiediamo anche di investire per un aggregatore nazionale che dia visibilità alle PMI italiane dell’ecommerce. Ma anche una maggiore attenzione ad abusivismo e contraffazione, che sul web purtroppo sono dilaganti, senza dimenticare le concentrazioni di mercato che impediscono lo sviluppo del settore, e sulle quali solleciteremo un’indagine presso l’Autorità Garante”.

Vera MORETTI

Le domande di INT ai candidati alle elezioni

L’Istituto Nazionale Tributaristi ha già provveduto ad inviare ai Gruppi politici una nota relativa alle problematiche riguardanti gli adempimenti tributari, ma ora ha voluto anche sondare il terreno ponendo alcune domande ai candidati alle prossime elezioni politiche.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta:

Quale sarà il Suo impegno per la riduzione degli adempimenti burocratici che oggi gravano su cittadini, imprese e lavoratori autonomi, anche a causa di una P.A. non sempre pronta a fornire un adeguato supporto al contribuente?

Pensa che l’istituto dell’autocertificazione, con le relative responsabilità per chi certifica il falso, dovrebbe essere implementato, ad esempio anche per autocertificare i propri crediti d’imposta ai fini delle compensazioni?

La difficoltà di comprensione e di applicazione delle norme in ambito fiscale, deriva anche dalla sovrapposizione di interventi legislativi che si susseguono senza soluzione di continuità. Non ritiene che, per una vera ed efficace riforma del settore, sia necessaria una tregua normativa?

L’ utilizzo dei sistemi informatici può agevolare i contribuenti ed essere un efficace deterrente all’evasione fiscale, ritiene che il nostro Paese, le sue infrastrutture e le imprese, pensando soprattutto ad artigiani e commercianti, siano pronti ad una rivoluzione come quella che si prospetta con l’obbligo della fatturazione elettronica tra privati (B2B) dal 2019?

Qual è, secondo Lei, il primo intervento che il prossimo Parlamento dovrebbe attuare in tema di sburocratizzazione?

In attesa delle risposte, che verranno pubblicate sia sul sito INT sia sul Notiziario mensile, Riccardo Alemanno, presidente dei Tributaristi, ha voluto rilasciare una dichiarazione: “Le problematiche connesse agli adempimenti burocratici in ambito fiscale e non, cui sono tenuti cittadini, imprese e lavoratori autonomi, producono costi anche in termini di tempo, oltre che naturalmente di risorse finanziarie, vorremmo avere un confronto franco su tale tematica e fornire il nostro contributo per trovare soluzioni, per questo abbiamo formulato le domande ai candidati al Parlamento. E’ evidente che il termine burocrazia non è di per sé una parola negativa, dove ci sono regole è inevitabile che ci sia burocrazia e perché no una buona burocrazia , ma nel nostro Paese, a causa del sovrapporsi di norme, adempimenti e di lacune nella P.A., rischia di evocare solo negatività. Non escludo inoltre che tale tematica possa essere oggetto di analisi di uno dei primi atti di approfondimento dell’Osservatorio sulla fiscalità di Confassociazioni”.

Vera MORETTI

Imprese straniere sempre in crescita in tutta Italia

Le imprese straniere sono in continua ascesa, tanto che nel 2017 hanno rappresentato il 42% del totale di quelle registrate, dimostrando una crescita pari a cinque volte in più della media.
Grazie a questi numeri, hanno raggiunto, su territorio nazionale, le 590mila unità, pari al 9,6% totale.

Nell’anno appena trascorso, il loro numero è incrementato di 19.197 unità, risultato a saldo tra 57.657 aperture e 38.460 chiusure, corrispondente ad un tasso di crescita del 3,4% (contro lo 0,75% fatto registrare dall’intera base imprenditoriale italiana).

I dati sono stati presi direttamente dal Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, e utilizzati per l’indagine condotta da Unioncamere-Infocamere relativa alla presenza in Italia di imprese guidate da persone nate all’estero.

Ci sono ovviamente alcune regioni in cui la presenza delle imprese straniere è più massiccia e in gradi di salvare il bilancio regionale, che altrimenti sarebbe negativo. Si tratta di Toscana, Veneto, Liguria e Marche, e altre, come Piemonte ed Emilia Romagna, che magari non avrebbero un saldo negativo ma sicuramente grazie alle imprese straniere sono riuscite a contenere la forte contrazione di quelle autoctone.

Il settore in cui le imprese condotte da stranieri sono più presenti sono quelle del commercio al dettaglio (circa 162mila imprese, il 19% di tutte le aziende del settore), seguito dai lavori di costruzione specializzati (109mila, il 21% del totale) e dai servizi di ristorazione (poco più di 43mila unità, pari all’11% dell’intero comparto).

Considerando i numeri, però, l’attività in cui si nota la maggiore concentrazione di imprese straniere è quella delle telecomunicazioni, dove le 3.627 aziende a guida straniera rappresentano il 33.6% degli operatori del settore.
C’è poi il settore della confezione di articoli di abbigliamento, in cui le 16.141 realtà guidate da stranieri pesano per il 30% sul totale del comparto.

Dal punto di vista geografico, la regione con il maggior numero di imprenditori stranieri è ancora la Lombardia, con 114mila unità, seguita a lunga distanza dal Lazio (77mila) e dalla Toscana (55mila).
Il maggior tasso di crescita per il 2017 si è registrato in Campania (+6,1% in regione, +9,6 a Napoli) seguita dalle Marche (+4,5% nel complesso e +8,8% a Macerata) e dal Lazio (+4,3%).

La provincia con la maggior concentrazione di imprese straniere è invece Prato, dove il 27,8% delle imprese è a guida straniera. A oltre dieci punti di distanza seguono Trieste (16%) e Firenze (15,8%).

Vera MORETTI

Il San Valentino degli italiani è al ristorante

Anche se sembra banale, trascorrere la serata di San Valentino al ristorante rimane un must per la maggior parte degli innamorati.
L’Ufficio Studi della Fipe, inoltre, conferma che il numero delle coppie che trascorrerà la sera fuori a cena è addirittura in aumento rispetto all’anno scorso.

I numeri parlano chiaro: 5,3 milioni di italiani festeggeranno San Valentino in un ristorante, trattoria o pizzeria, il 2% in più rispetto al 2017, per una spesa complessiva di 222 milioni di euro, ben il 7% in più rispetto all’anno scorso.

Come tutti gli anni, i ristoratori si preparano a coccolare i loro clienti, ovviamente per la maggior parte coppie romantiche, con menù ad hoc, spesso proposti in pacchetto all inclusive, vino per brindare compreso. In questo caso, la spesa media sarà di 42 euro a persona.

Ma non è tutto, perché molti ristoranti prevedono proposte ancora più personalizzate e convenienti, sia per incentivare maggiormente le prenotazioni, sia per fidelizzare i clienti più assidui, oppure puntano a stupire le coppie accogliendole con un aperitivo offerto dalla casa, accompagnato da un bacio Perugina, che da sempre è il cioccolatino che rappresenta gli innamorati.

Per la serata di San Valentino, alcuni piatti cambieranno il loro nome, per evocare al meglio l’atmosfera romantica. Per questo, capiterà di brindare con lo spritz dell’amore o gustarsi un risotto di Cupido, terminando con il cuore croccante di cioccolato e meringa. Leit motiv, cibi afrodisiaci e il frutto della passione, sia come decorazione del piatto che come ingrediente base delle portate.

Vera MORETTI

RTI approva il passaggio da Industria 4.0 a Impresa 4.0

Patrizia De Luise, presidente portavoce di Rete Imprese Italia e presidente di Confesercenti, è intervenuta a Torino durante la presentazione dei risultati del 2017 relativi al piano nazionale Impresa 4.0 e, in quell’ambito, ha spiegato il motivo del passaggio da Industria 4.0 a Impresa 4.0.

Abbiamo necessità di coinvolgere tutte le imprese se vogliamo agganciare la ripresa e garantire occupazione a tutti. Qui sta l’innovazione. È fondamentale passare dall’enunciazione ad una declinazione di interventi che consentano di portare innovazione nel mondo delle MPMI. Queste imprese riescono a far convivere l’innovazione tecnologica con la capacità di realizzare un prodotto artigianale, un valore aggiunto fondamentale per il nostro Paese”.

Per questi motivi, le micro, piccole e medie imprese che popolano tutto il territorio urbano, hanno bisogno di essere valorizzate, anche attraverso processi di sburocratizzazione e investimenti nella formazione, da proporre non solo ai dipendenti ma anche ai titolari d’impresa.

De Luise ha poi aggiunto: “Occorre dunque mettere in condizione le imprese di lavorare e di innovare: ma se le imprese non conoscono le regole del gioco non possono farlo. E se non si salvaguardano le imprese non si garantisce l’occupazione, alla base della tenuta sociale di un paese. Quindi dobbiamo mettere le imprese in condizione di lavorare, progredire e reggere la concorrenza con gli altri Paesi. Solo così si crea futuro”.

Al dibattito hanno partecipato anche il Presidente dell’Istat Giorgio Alleva, i Rettori del Politecnico di Torino Prof. Marco Gilli e dell’Università degli Studi di Torino Prof. Gianmaria Ajani e la Presidente della Fondazione ITS ICT Torino Anna Maria Poggi.

A discutere risultati e prospettive del Piano con Patrizia De Luise c’erano anche il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, i Segretari Generali della Cgil Susanna Camusso e della Uil Carmelo Barbagallo e Angelo Emilio Colombini, Segretario Confederale Cisl.

I lavori sono stati conclusi dagli interventi del Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Vera MORETTI

Online sul sito delle Entrate i nuovi modelli Iva/2018

L’Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione online i nuovi modelli definitivi da utilizzare per le dichiarazioni al Fisco.
Non si tratta solo di quelli relativi ai redditi ma anche di quello per la dichiarazione Iva 2018, completo delle relative istruzioni di compilazione.

In particolare, si tratta dei modelli di dichiarazione Iva/2018 e Iva Base, relativi all’anno di imposta 2017, che andranno dunque presentati nell’anno in corso ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Per quanto riguarda le novità del modello Iva/2018, nel documento arrivano quelle introdotte dalla normativa in tema di Iva di gruppo e split payment e dal decreto MEF dello scorso 26 maggio.

Vediamo nel dettaglio di quali novità si tratta:

  • la modifica del quadro VH, che deve essere compilato esclusivamente qualora si intenda inviare, integrare o correggere i dati omessi, incompleti o errati nelle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA, come chiarito dalla Risoluzione n. 104/E/2017;
  • l’introduzione dei righi VH4, VH8, VH12 e VH16 per la separata indicazione delle risultanze delle liquidazioni periodiche trimestrali;
  • l’introduzione, a margine di ciascun rigo, della colonna 3 “Subfornitori” e soppressione del rigo VH14 del modello precedente;
  • l’introduzione, a margine dei nuovi righi VH4, VH8, VH12 e VH16, della colonna 4 “Liquidazione anticipata” da barrare da parte dei contribuenti con liquidazioni miste (mensili e trimestrali) che decidono di compensare le risultante delle liquidazioni trimestrali con quelle dell’ultimo mese del trimestre;
  • la soppressione della colonna 3 “Ravvedimento”;
  • le modifiche al quadro VE dove nella sezione 4 il rigo VE38 è stato rinominato “Operazioni effettuate nei confronti dei soggetti di cui all’art. 17-ter”, per accogliere l’estensione dell’ambito di applicazione dello “split payment” anche le operazioni effettuate nei confronti di determinati soggetti diversi dalla PA, elencati nel nuovo comma 1-bis dell’art. 17-ter, come previsto dall’art. 1 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, operativo a decorrere dalle fatture emesse a partire dal 1° luglio 2017.

Vera MORETTI

Uniocamere e JA Italia insieme per alternanza scuola lavoro

E’ stato siglato un protocollo d’intesa che vede come parti in causa da un lato Unioncamere e dall’altro Junior Achievement Italia e che si pone come principale obiettivo quello di contribuire alla promozione e alla diffusione della cultura imprenditoriale, passando attraverso l’alternanza scuola lavoro.

JA Italia è un’associazione senza scopo di lucro che si occupa dello sviluppo e della attuazione di programmi di formazione imprenditoriale, economica e finanziaria diretti esclusivamente a studenti fino a 25 anni di età.

Con questa importante firma, dunque, le parti protagoniste hanno voluto confermare la loro propensione a collaborare per dare un nuovo impulso all’attivazione di iniziative che possano costituire punto di riferimento per la realizzazione di percorsi d’istruzione in alternanza scuola-lavoro basati sulla metodologia della mini-impresa di studenti.

Per questo motivo, verranno promosse attività di orientamento, formazione e supporto, mirate dunque a facilitare l’acquisizione, da parte degli studenti partecipanti, delle necessarie competenze per soddisfare le richieste di mercato, in particolare riferendosi a quelle di tipo trasversale, ma anche a competenze tecniche e professionali per quanto riguarda economia, organizzazione e gestione aziendale.

Attraverso questo accordo si mira a far conoscere il settore del lavoro autonomo e imprenditoriale, al fine di diffondere non solo lo spirito imprenditoriale ma anche il senso di iniziativa personale per sostenere la transizione dei giovani che passano dalla scuola al lavoro e dare loro tutte le possibilità, quindi di lavoratore dipendente ma anche indipendente.
In questo modo, gli studenti potranno analizzare le opportunità provenienti da auto impiego e auto imprenditorialità.

Vera MORETTI

Frutta e verdura Made in Italy da record

Nonostante l’anno scorso sia stato caratterizzato da temperature imprevedibili, e pericolose per l’agricoltura, tanto che anche i prezzi hanno pesantemente influito sulle tasche degli italiani, il 2017 passerà alla storia anche, e soprattutto, per il record storico delle esportazioni di frutta e verdura, con un valore di circa 5,2 miliardi in aumento del 2% rispetto all’anno precedente.

Questi numeri sono stati resi noti da Coldiretti, che si è anche basata sui dati Istat, e sono stati presentati in occasione dell’apertura di Fruitlogistica di Berlino, la fiera internazionale più importante del settore.

La Germania, oltretutto, è il Paese che rappresenta, per l’acquisto di frutta e verdura italiane, il principale cliente, tanto che si aggiudica il terzo posto nelle esportazioni totali, in aumento del 4% nel 2017.

Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, ha dichiarato in proposito: “L’Italia ha le risorse per cogliere le opportunità che vengono dalle nuove tendenze salutistiche nel mondo dove il Made in Italy ha un valore aggiunto in più”.

Per fare in modo che questi risultati si mantengano,però, occorre intervenire per rimuovere gli ostacoli organizzativi, ma anche burocratici e infrastrutturali.
Ad esempio, suggerisce Coldiretti, bisognerebbe accelerare i dossier fitosanitari che potrebbero permettere di aumentare le esportazioni di prodotti ortofrutticoli verso destinazioni oggi problematiche, come Brasile, Cina, Giappone e Sudafrica.

Dall’altra parte, però, occorrerebbe porre un freno alle importazioni, che nel 2017 sono aumentate del 5%, specialmente per quanto riguarda il Marocco, dal quale importiamo pomodoro, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o con l’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, per un totale di quasi 5 miliardi.

Vera MORETTI

Imprese artigiane ancora in negativo ma in ripresa

Considerando la situazione delle imprese artigiane, al 31 dicembre erano 1.327.180 quelle regolarmente registrate, con 80.836 iscritte, che corrispondono ad un tasso di iscrizione del 6%, e 92.265 cessate, pari ad un tasso di cessazione del 6,9%.
Saldo negativo, dunque, di 11.429 unità tra natalità e mortalità, che quindi corrisponde ad una percentuale negativa dello 0,9%, ma sempre in miglioramento rispetto all’1,2% dell’anno precedente.

Questi dati significano che nel 2017 sono nate 311 imprese artigiane al giorno,
Lo 0,9% in calo è determinato soprattutto dalla dinamica negativa delle imprese delle Costruzioni (-1,3%) e di quella del Manifatturiero (-1,2%), mentre nei Servizi, il primo comparto dell’artigianato per numero di occupati (37,5%), si osserva una sostanziale tenuta (-0,2%).

Tra le imprese artigiane costituite nel 2017, la forma giuridica delle srl è in crescita del 4,2%, mentre scendono le società di persone (-2,6%) e le ditte individuali (-0,8%).
Generalmente, tra le imprese attive, la dimensione media delle srl del settore è di 6,8 addetti, quindi superiore a 3,9 addetti/impresa delle società di persone e a 1,7 addetti/imprese delle ditte individuali.

A livello territoriale, la diffusione del settore si sta espandendo su tutta Italia, ad eccezione del Trentino Alto Adige, dove si registra una stabilizzazione delle imprese. Percentuali di diminuzione più contenuta arrivano da Valle d’Aosta (-0,1%), Lombardia (-0,4%), Calabria (-0,5%) e Friuli-Venezia Giulia (-0,5%).

A livello provinciale si nota un miglioramento del tasso di variazione in 73 province italiane sulle 105 considerate, quindi significa che la crescita coinvolge due province su tre, con una percentuale del 69,5% di gran lunga migliore del 56,2% del 2016.
Sette sono le province che rimangono stabili, mentre nelle 25 rimanenti c’è un peggioramento della situazione.
Entrando maggiormente nel dettaglio, nel 2017 l’artigianato è cresciuto a Reggio Calabria (+0,9%), Bolzano (+0,7%), Milano (+0,6%), Taranto (+0,2%) e Trieste (+0,1%), mentre dimostrano di resistere, seppur con crescita zero, le imprese artigiane a Monza e Brianza e Napoli.

Vera MORETTI