Lavorare dopo la pensione o se sia vietato è una domanda che spesso capita di fare. Essendo il sistema pensionistico vario ed eterogeneo, non esiste una risposta univoca.
Molti sognano la tanto agoniata pensione per potersi riposare un pò. O magari qualcuno pensa di poter comunciare a viaggiare ed andare lontano. Altri invece non la pensano per nulla così. Nasce così la classica domanda: si può lavorare dopo la pensione? Si può lavorare dopo la pensione, ma ci sono dei limiti da dover rispettare e delle precisazioni da fare. Essendo che vi sono diversi trattamenti contributivi, viene da se che ci sono diverse limitazioni.A questo punto è bene capire per singoli casi, se si può o non si può andare a lavorare dopo la pensione. Anche se nella maggior parte dei trattamenti pensionistici sono previsti alcuni lavori possibili. Tra questi rientrano:
Dal 2009 non esiste alcun vincolo cumulativo tra il reddito derivante dalla pensione e quello proveniente da attività lavorativa. Questo principio vale solo per i trattamenti previdenziali diretti. In altre parole rientrano in questa categoria la pensione anticipata di vecchiaia e quella contributiva. Se il contribuente-pensionato gode di questo regime, ha la possibilità di lavoro, purchè sussista uno dei seguenti elementi:
Inoltre per chi va in pensione con il sistema contributivo prima dei 63 anni ed chi inizia a lavorare come dipendente, perde il diritto all’assegno previdenziale. Se invece inizia un’attività lavorativa autonoma perde il 50% del valore dell’assegno.
La pensione viene soppressa quando il lavoratore (già pensionato) riceve un guadagno che supera di tre volte l’ammontare della pensione minima, quindi superiore a 1.539 euro. Invece per chi lavora, ma non ha un reddito come dipendente inferiore a questo limite non viene soppressa. Però si applica una trattenuta del 50% sulla differenza tra l’importo lordo della prestazione e la pensione minima INPS. Invece, se il lavoro è di tipo autonomo, la ritenuta è pari al 30% calcolabile allo stesso modo. Infine se si è possessori di un assegno di invalidità, continuino a fare l’attività che facevano prima del pensionamento, perdono:
L’opzione donna permette alla lavoratrici di poter andare in pensione al verificarsi di alcuni requisiti:
Come abbiamo detto il divieto di cumulo reddituale non interessa l’opzione donna. Per cui la pensione con questo sistema è cumulabile con redditi da lavoro. E questo consente alla lavoratrice, dopo la decorrenza del trattamento di riprendere l’attività lavorativa senza riduzioni sull’assegno. Pertanto si può tranquillamente continuare a lavorare sia nel settore privato che pubblico.
Non esistono limiti di cumulo tra la pensione ed il lavoro. Pertanto, possiamo riassume così le varie pensioni:
Se si è percettori di assegno relativa all’Ape sociale è possibile lavorare a patto che non vengano superati:
Si ricorda che l’Ape sociale è un sostegno al reddito fino all’accompagnamento all’età pensionabile. Tuttavia, l’importo si calcola sulla base del futuro trattamento pensionistico. Il limite massimo previsto è di 1500 euro lordi per 12 mensilità. E comunque Vige la tassazione ordinaria.
Con la quota 100 viene reintrodotto il principio di divieto di cumulo nel periodo che intercorre tra la decorrenza della pensione e il raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia. Quindi l’assegno viene sospeso:
La sola eccezione viene fatta però per i lavori autonomi occasionali, che non comportano la sospensione, se hanno un limite massimo di ricavi pari a 5 mila euro lordi l’anno.
Anche in questo caso è possibile lavorare ma con delle riduzione. Infatti, l’assegno sarà ridotto del:
Nel caso di inabilità specifica le riduzioni sono applicabili se si supera la soglia minima. In altre parole le riduzioni sono pari:
Solo se si tratta di inabilità da lavoro non si può lavorare in nessun caso. Non è nemmeno consentita l’iscrizione ad albi, elenchi di professionisti o affini. Diverso è quando si parta di inabilità civile. Infatti, è possibile lavorare ma con le seguenti restrizioni:
Questo è possibile perchè l’invalidità civile non è da configurarsi come pensione. Ma come una prestazione di assistenza erogata per gli invalidi in caso di bisogno economico. Infine se si è possessori di un’invalidità pari al 100% si può lavorare ma senza superare 16.982,49 euro annui di reddito complessivo per il 2020. Pertanto a conclusione di può affermare che prima di tornare a lavoro è meglio calcolarne la convenienza.
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