Fringe benefit aziendali, quali sono?

Sempre più imprese negli ultimi anni hanno deciso di adottare un welfare aziendale, che consiste in una serie di servizi e beni messi a disposizione dei dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato. La peculiarità del welfare aziendale è rappresentata dalla sua natura non economica e l’insieme di tali iniziative non ha il solo scopo di aumentare il potere d’acquisto del lavoratore, ma anche di contribuire al suo benessere fisico e psichico.

I benefit aziendali

Ciò che viene concesso da un’impresa ai propri dipendenti tramite l’applicazione del welfare aziendale, prende il nome di benefit aziendali. Quando sono apprezzati dal lavoratore in quanto vanno incontro alle sue esigenze con un conseguente miglioramento della qualità e dello stile vita, ne trae vantaggio anche l’azienda. D’altronde, è risaputo: quando i dipendenti di un’azienda sono soddisfatti e felici, quindi svolgono il proprio lavoro al meglio, la produttività aumenta e l’imprenditore viene ripagato per la politica aziendale adottata.

I benefit aziendali sono innumerevoli, ma in questo articolo ci soffermeremo sui cosiddetti fringe benefit.

LEGGI ANCHE: Welfare aziendale, cos’è e quali sono i benefit che possono rientrarci

Quali sono i fringe benefit

Letteralmente, i fringe benefit non sono altro che benefici accessori o diversamente definiti secondari e rappresentanti una forma alternativa al denaro. L’azienda disciplina i vari tipi di fringe benefit all’interno di un contratto individuale che possono essere concessi singolarmente a ogni dipendente.

Uno dei fringe benefit più utilizzati da un’impresa è l’auto aziendale, ma sono altrettanto diffusi anche i buoni acquisto o la vettura data attraverso concessione privata.

Fanno parte dei fringe benefit anche altri servizi e beni dedicati al dipendente: l’assistenza sanitaria; le polizze assicurative (vita o extra infortuni); finanziamenti agevolati; Stock option; alloggi per il dipendente e la sua famiglia; nidi aziendali, cellulari per uso privato etc.

L’attribuzione dei fringe benefit

I fringe benefit concessi dall’azienda ai suoi dipendenti possono essere assegnati per utilizzo nell’interesse dell’azienda e del lavoratore dipendente o nell’interesse esclusivo del dipendente.

Prendendo ad esempio uno dei benefit aziendali più graditi dai lavoratori, ossia l’auto aziendale, essa può essere usata per motivi di lavoro ma anche per quelli privati. In questo caso, si configura l’uso promiscuo della vettura aziendale, usata per scopi lavorativi ma anche per spostamenti personali o con la famiglia. In tali casi, spesso l’auto viene data attraverso un noleggio a lungo termine o leasing.

Fringe benefit: fiscalità

I fringe benefit costituiscono una retribuzione aggiuntiva a quella in denaro, in quanto tali sono soggetti a contributi e tasse. Tuttavia, per incentivare l’adozione del welfare aziendale e di conseguenza dei suoi fringe benefit, la legge prevede l’esclusione di beni e servizi che complessivamente non superano nel periodo d’imposta i 258,23 euro (limite raddoppiato a 516,46 euro anche per tutto il 2021) In caso contrario, l’intero valore del benefici accessori sarà tassato.

In realtà, a prescindere dal tetto massimo complessivo previsto per rientrare nella “no tax area”, esistono alcune tipologie di fringe benefit che non concorrono alla formazione del reddito, ma solo entro determinati limiti di spesa.

E’ il caso della somministrazione del vitto da parte del datore di lavoro, quando alimenti e bevande concessi al dipendente non superano i 5,29 euro (si sale a 7 euro per le erogazioni in forma elettronica). Questo, vale anche per la somministrazione di vitto attraverso il servizio di mensa aziendale; per i buoni pasto e i ticket restaurant, per la somma data a titolo di indennità sostitutiva della mensa.

LEGGI ANCHE: Come attivare un piano di welfare aziendale e le varie tipologie

Uso promiscuo dell’auto aziendale come fringe benefit

L’utilizzo dell’auto aziendale a uso promiscuo concorre alla formazione del reddito del dipendente. Secondo le tabelle ACI ciò si verifica con una determinazione forfettaria del 30%. La percentuale deriva dalla previsione del TUIR che si basa su un utilizzo dell’auto di cinque giorni alla settimana per motivi lavorativi e il resto per motivi personali. Il 30% di una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri.

La suddetta percentuale è applicabile solo per i contratti sottoscritti entro il 30/06/2020. Dal giorno successivo (1° luglio 2020) e anche con riferimento all’immatricolazione, infatti, la tassazione forfettaria della vettura aziendale a uso promiscuo aumenta in proporzione alla diminuzione del tasso di inquinamento e viceversa.

Entrando nello specifico, il 30% resta valido per i veicoli con emissione di anidride carbonica superiore a 60g/km e fino a 160g/km. Il 25% è applicato per i veicoli la cui emissione di CO2 non supera i 60g/km. Si sale al 40% quando l’emissione di anidride carbonica dei veicoli supera i 160g/km e fino a 190gkm. Infine, aumenta al 50% per i veicoli con emissione di CO2 superiore a 190g/km.

Tuttavia, un ulteriore cambiamento è stato previsto dal 1° gennaio 2021. Infatti, se per i veicoli con emissione di livelli di anidride carbonica fino a 160g/km rimane tutto invariato, per quelli con emissione di CO2 superiore a 160g/km e fino a 190g/km la percentuale passa dal 40% al 50%. Mentre, se l’emissione di CO2 supera i 190gkm la percentuale sale al 60%.

L’auto aziendale può essere concessa solo come uso personale ma restando di proprietà dell’azienda. Altrimenti può essere usata solo per motivi lavorativi.

LEGGI ANCHE: Premio produttività in busta paga o in welfare aziendale?

Carmine Orlando

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