Di cosa si occupa un’azienda agricola: definizione, limiti, privilegi

azienda agricola

Il settore dell’agricoltura è oggetto di particolari discipline e ciò per le sue peculiarità, proprio per questo diventa importante definire il campo di applicazione che diventa a sua volta il campo di applicazione di numerose discipline di settore che riconoscono agevolazioni e benefici. Cercheremo di delineare oggetto e caratteristiche dell’azienda agricola.

Cos’è un’azienda agricola

La definizione di azienda agricola possiamo ritrovarla nell’articolo 2135 del codice civile che individua la figura dell’imprenditore agricolo e di conseguenza dell’azienda. Le attività ricomprese sono:

  • coltivazione del fondo;
  • silvicoltura;
  • allevamento di animali;
  • attività connesse.

Il comma 2 dell’articolo 2135 precisa anche che per coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento di animali si intendono attività in cui viene seguita almeno una fase del ciclo biologico, o una fase necessaria del ciclo. Ne consegue che le attività che pongono in essere anche una sola fase, comunque producono reddito agrario, ad esempio un vivaio solitamente segue solo la prima fase della coltivazione delle piante, ma comunque è considerato azienda agricola; un’azienda che si occupa solo di allevamento di cuccioli di bestiame, comunque è agricola.

Per l’allevamento ci sono ulteriori limiti, infatti nel caso di allevamento di bestiame per rientrare nella sfera dell’azienda agricola, in base all’articolo 32 del TUIR, gli stessi devono essere nutriti per almeno un quarto con mangimi provenienti dall’azienda stessa. Nel caso di coltivazione attraverso strutture fisse o mobili, serre, per rientrare nel reddito agricolo è necessario che le strutture non superino il 50% rispetto ai terreni su cui si trova la produzione stessa. Nel caso in cui siano superati questi limiti non ci troviamo nel campo di applicazione della disciplina del reddito agrario, ma in quello del reddito commerciale o industriale.

La disciplina dell’articolo 32 del TUIR è molto importante perché su essa si basa l’esenzione IRAP, per saperne di più leggi la guida: Esenzione IRAP in agricoltura: a quali aziende si applica

Azienda agricola e attività connesse

Sicuramente la parte in cui c’è maggiore difficoltà nel capire cosa può essere fatto rientrare all’interno della definizione di azienda agricola è quella relativa alle attività connesse. In base all’articolo 1 del d.lgs 228 del 2001, per attività connesse si intendono quelle che, partendo dai prodotti dell’azienda, ad esempio carne degli allevamenti, grano, frutta, latte, hanno ad oggetto la loro:

  1. manipolazione;
  2. conservazione;
  3. trasformazione;
  4. commercializzazione
  5. valorizzazione.

In questo caso viene però tenuto in considerazione il principio della prevalenza, quindi tali operazioni devono avere ad oggetto prevalentemente i prodotti ricavati dal fondo, ma non esclusivamente, quindi un’azienda agricola che produce pesche, può produrre succhi di frutta senza perdere la connotazione di azienda agricola e può usare non solo le sue pesche, ma anche un quantità non rilevante di pesche provenienti da un’altra azienda.

Se si occupa esclusivamente di produzione di succhi di frutta, ma senza produrre i frutti, non può essere qualificata azienda agricola, ma si qualifica come attività industriale.

In base al decreto legislativo 228 del 2001 rientrano nelle attività connesse anche quelle volte alla prestazione di servizi e fornitura di beni con uso prevalente dei beni dell’azienda. Rientrano in questa particolare categoria le attività svolte dagli agriturismi che in assenza di collegamento con un’azienda agricola dovrebbero essere classificati come attività commerciale.

Il reddito agrario

Naturalmente non è mai solo una questione di incasellamento, ma è una questione prevalentemente fiscale perché ci sono delle notevoli differenze sul regime fiscale e ci sono agevolazioni specifiche per l’agricoltura, ad esempio c’è la possibilità di ottenere incentivi con il Credito per il Mezzogiorno. Gli utili provenienti dall’azienda agricola infatti sono considerati reddito agrario e come tali tassati, diverso è il caso se gli stessi prodotti non sono collegati funzionalmente all’azienda agricola, in questi casi infatti come specificato dalla circolare 44/E del 15 novembre 2004 dell’Agenzia delle Entrate la commercializzazione e trasformazione di prodotti altrui non può essere considerata attività strumentale e complementare rispetto a quella dell’azienda agricola.

Ad esempio un’azienda che produce frutta può all’interno della stessa prevedere un piccolo locale in cui vende la frutta, ma se non ha maiali e vuole vendere salsiccia, quel reddito non può essere considerato agrario, mentre un allevamento di maiali può vendere salsiccia e far rientrare il reddito in quello agrario.

Alcuni casi

In base alla nuova disciplina le attività che si possono far rientrare sono molte, ad esempio ci sono la produzione e vendita di prodotti da forno, naturalmente per un’azienda agricola che produce grano, che magari ha anche un piccolo mulino con cui ricava farina, ha degli uliveti attraverso cui produce olio e una piccola fattoria con galline allevate a terra. Tra le attività c’è la produzione di conserve, come salsa di pomodoro, sottoli, marmellate, formaggi per chi ha un allevamento, pastorizzazione e vendita di latte.

L’obiettivo è ridurre la filiera e quindi favorire la distribuzione di prodotti a km 0, ma anche favorire l’agricoltura, un settore che a causa delle difficoltà a dare un reddito continuativo, per molto tempo è stata trascurata e che invece ora può risorgere proprio grazie alla possibilità di svolgere attività collaterali. Naturalmente non ci sono deroghe alle normative in materia di igiene e sicurezza laddove si deve porre in essere un’attività di trasformazione delle materie prime.

Come individuare il carattere della prevalenza

Si è detto che si possono utilizzare piccoli quantitativi di prodotti altrui senza perdere la qualificazione di reddito agrario e di azienda agricola. Deve però essere chiarito cosa si intende per uso non prevalente di prodotti acquistati presso terzi. Anche in questo caso a chiarire i dubbi interviene l’Agenzia delle Entrate, sempre con la circolare 44/E del 2004. I criteri da adottare sono due, il primo è inerente prodotti agricoli appartenenti allo stesso comparto agronomico o settore, in tal caso per misurare la prevalenza si ha riguarda alla quantità di prodotto acquistata che deve quindi essere inferiore a quella auto-prodotta.

Nel caso in cui i beni appartengano ad aree diverse si deve invece far riferimento al valore economico dei beni acquistati presso terzi che deve essere inferiore rispetto al valore dei beni da auto-produzione.