Il professionista può portare in deduzione la marca da bollo?

I professionisti quando emettono fattura o ricevuta per prestazioni occasionali, senza iva, di importo superiore a 77,47 euro sono tenuti ad applicare la marca da bollo del valore di 2 euro. Molti si chiedono se si può portare in deduzione tale spesa. Ecco come funziona.

La marca da bollo può essere portata in deduzione?

Il professionista, ad esempio il medico, nell’emettere una fattura per prestazione specialistica può decidere di applicare la marca da bollo e imputarla al cliente, in questo caso deve specificare tale imputazione sulla fattura. Il costo potrà essere portato in detrazione dal cliente con le spese sanitarie (nel caso di prestazione medica).

In alternativa il professionista può lasciarla a proprio carico, in questo secondo caso si può portare in deduzione tale costo?

La prima cosa da sottolineare è che al momento dell’acquisto della marca da bollo, questa non viene considerata un costo di impresa ma deve essere registrata tra i “valori di cassa” (ossia sono assimilati alla cassa). Al momento dell’utilizzo effettua una nuova registrazione.

Il reddito professionale di un professionista è determinato dalla differenza tra i ricavi/compensi e i costi sostenuti, deve però trattarsi di costi inerenti all’attività. Sicuramente la marca da bollo da apporre sulla ricevuta/fattura può essere considerata un costo strumentale inerente.

Dal punto di vista contabile, nel momento in cui si utilizza il valore bollato per se stesso, dovrà rilevare il relativo costo. A livello fiscale, il costo sostenuto è interamente deducibile dal reddito professionale.

Come portare in deduzione la marca da bollo

Naturalmente occorre avere un documento che dimostri tale spesa, di conseguenza il volume di acquisti di marche da bollo deve rispecchiare in proporzione il volume dei documenti legali emessi. Per dedurre questo tipo di spese, deve essere fornita una documentazione giustificativa, cioè una ricevuta emessa dalla rivendita di generi di Monopolio, tabaccheria o altro, per l’acquisto delle marche.

Tra i valori bollati che possono essere portati in deduzione vi sono anche i francobolli, ad esempio se utilizzati per comunicare con i propri clienti.

Naturalmente chi opera in regime forfettario o dei minimi non potrà effettuare tale deduzione perché i costi sono determinati non con il metodo analitico, ma con il metodo “a forfait”.

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Bonus porte blindate, in cosa consiste e chi può usufruirne

Il bonus porte blindate riguarda una detrazione che spetta a chi sostituisce la porta di casa. Ecco in cosa consiste, chi può usufruirne e i dettagli.

Bonus porte blindate, chi può richiederlo?

La detrazione per la sostituzione di una porta con una blindata ha un’aliquota del 50%, che resterà tale fino al 31 dicembre 2024. La detrazione è ripartita in 10 rate annuali di pari importo. Le regole sono le stesse per gli altri tipi di bonus edilizi che riguardano il recupero del patrimonio edilizio. Quindi può essere richiesto dal proprietario o dal detentore dell’immobile.

Tuttavia anche dopo il 31 dicembre 2024, sarà possibile richiedere il bonus, ma con un’aliquota minore. Infatti l’aliquota scenderà al 36%. Si ricorda che anche in questo caso occorrono tutti i pagamenti fatti in modo tracciabile come bonifici, assegni o con carte di credito. E deve essere presentata in detrazione tutte le fatture redatte dalla ditta che ha eseguito i lavori. Del resto anche la porta blindata riguarda dei lavori che migliorano il valore di un immobile, anche in termini di sicurezza.

La risposta dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate risponde ad un quesito posto da un lettore in merito alla sostituzione della porta in legno con quella blindata. Il montaggio di porte blindate o rinforzate rientra, infatti, tra i lavori sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni finalizzati alla prevenzione del rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi (art. 16-bis, comma 1, lett. f, del Tuir), per i quali il proprietario o il detentore dell’immobile sul quale è effettuato l’intervento può richiedere la detrazione delle spese in 10 rate annuali di pari importo.

Si ricorda che per “atti illeciti” si intendono quelli perseguibili penalmente come, per esempio, il furto, l’aggressione, il sequestro di persona e ogni altro reato la cui realizzazione comporti il superamento di limiti fisici posti a tutela di diritti giuridicamente protetti. Un elenco esemplificativo di questa tipologia di interventi è contenuto nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 13/2001).

Rottamazione quater, chi ha dimenticato la prima rata può pagarne due insieme?

La domanda corre sui social, e non solo: se ho dimenticato di pagare la prima rata della rottamazione quater posso recuperare pagando entro il termine della seconda scadenza entrambe le rate? Ecco cosa succede a chi dimentica le scadenze.

Decadenza dalla rottamazione quater

La rottamazione quater è prevista nella legge di bilancio 2023 ha permesso di rottamare le vecchie cartelle esattoriali accumulate nel tempo senza versare le sanzioni. Una volta ammessi alla rottamazione quater i pagamenti devono avvenire nelle scadenze previste dal piano rateale e purtroppo in caso di dimenticanza vi è la decadenza dalla rottamazione quater.

La decadenza comporta il ripristino delle vecchie cartelle esattoriali con sanzioni e interessi. Le somme eventualmente già pagate, ad esempio nel caso in cui la prima rata sia pagata e si dimentica la seconda o una successiva, sono scomputate dal totale da versare. Le somme versate di conseguenza non si perdono.

La prima rata della rottamazione quater era in scadenza il 31 ottobre, ma in forza della tolleranza prevista di 5 giorni, e a causa delle festività, il termine per il pagamento è slittato fino al 6 novembre 2023. La seconda rata è in scadenza al 30 novembre e può essere fatto slittare fino al 5 dicembre 2023.

Trascorsi tali termini vi è decadenza. Molti però stanno chiedendo anche attraverso i social se possono recuperare pagando insieme le prime due rate. La risposta è “No”, chi non ha pagato la prima rata della rottamazione quater è ormai decaduto e non può recuperare.

Perché molti chiedono se possono recuperare il pagamento della prima rata della rottamazione quater?

La notizia di un possibile ripristino della rottamazione quater per chi non ha pagato la prima rata si è diffusa perché Ezio Stellato, Presidente del Cesfi (Centro Studi sulla Fiscalità Internazionale) ha proposto al Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e al Vice Ministro del Mef, Maurizio Leo la possibilità di far rientrare nella rottamazione coloro che non sono riusciti a effettuare il versamento a causa di problemi tecnici determinati dalla piattaforma messa a disposizione per il versamento.

A tale proposta non è però stato dato esito positivo, di conseguenza per ora non c’è alcuna possibilità di rientrare in caso di decadenza per il mancato versamento della prima rata.

Leggi anche: Rottamazione seconda rata, come rimandare il versamento

Manovra finanziaria, anche la Commissione Europea promuove l’Italia

La manovra finanziaria incassa parere positivo anche dalla Commissione Europea, anche se con riserva. Ecco quindi che cosa c’è da aspettarsi.

Manovra finanziaria, “si” ma con riserva

Il Governo Meloni ha posto al vaglio della commissione europea la propria manovra finanziaria. Il Bel Paese incassa un “si”, ma con riserva. La motivazione è che la manovra non è perfettamente in linea con le raccomandazioni date. Tuttavia la Commissione chiede a Roma di avere maggior prudenza di bilancio. La raccomandazione inoltre è quella di utilizzare al meglio le risorse comuni che derivano dai paese europei.

Un buon risultato per il nostro Paese che aveva un grande fardello provocato dal superbonus e dalle spese legate al caro energia registrato a partire dallo scorso anno. Ma si va avanti con la massima prudenza anche perché in Europa si sta dimostrando la volontà di mettere i conti in ordine, almeno per quanto possibile.

Manovra finanziaria, attenzione alla recensione

Nel frattempo però arrivano cattive notizie in merito alla recensione. “I numerosi tagli alle stime e sorprese economiche negative confermano un quadro debole con consistenti rischi al ribasso“. Lo scrive la Banca Centrale Europea nella Financial Stability Review, avvertendo che le prospettive della stabilità finanziaria restano fragili. Attenzione soprattuto ai mercati “esposti a condizioni macro avverse e agli sviluppi geopolitici“, come le tensioni in Medio Oriente “che aggiungono incertezza” non solo per le possibili conseguenze sull’energia ma per il loro potenziale di innescare l’avversione al rischio e minare la fiducia.

Non si esclude quindi di poter intervenire ancora una volta sui tassi di interesse. Ma ciò che crea anche un pò di preoccupazione è l’andamento dei prezzi e delle compravendite in Italia, legato soprattutto all’erogazione del mutuo. Il mercato immobiliare italiano è in difficoltà, quindi ulteriori misure potrebbe rendere insostenibile la situazione. Secondo i dati Istat, nel primo trimestre 2023 le compravendite immobiliari proseguono al ribasso, in calo del 5% rispetto al trimestre precedente e dell’11% su base annua. Mentre i mutui si riducono del 12,6% rispetto al trimestre precedente e -31% su base annua.

Le pagelle europee

L’Italia è stata promossa, ma con riserva, e questo è un fatto positivo. Pertanto il Governo dovrà tenersi pronto ad adottare misure correttive. I paesi che sono stati promossi a pieni voti sono: Cipro, Estonia, Grecia, Spagna, Irlanda, Slovenia e Lituania. Le Manovre per il 2024 di questi Stati sono state giudicate in linea con le raccomandazioni dell’Unione Europea.

Invece i promossi con riserva come l’Italia sono: Austria, Germania, Lussemburgo, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia. Le Manovre di questi nove Stati sono state giudicate solo parzialmente in linea con le raccomandazioni Ue, pertanto occorrerà provvedere con qualche aggiustamento. Infine sono bocciati: Belgio, Finlandia, Francia e Croazia.

Regime forfettario, addio semplificazioni. Cosa cambia dal 2024

Addio alle semplificazione per i contribuenti che hanno scelto il regime forfettario, a partire dal prossimo anno di imposta sarà necessario rilevare i costi di gestione. Ecco cosa cambia dal 2024.

Semplificazioni del regime forfettario

Il regime forfettario è caratterizzato dalla semplificazione degli obblighi tributari/fiscali. La semplificazione principale riguarda l’indicazione dei costi, infatti il reddito si calcola avendo come punto di riferimento l’ammontare di ricavi e compensi a cui si applica un coefficiente di redditività individuato per codici Ateco. Il coefficiente di redditività è stato calcolato avendo come riferimento la media dei costi sostenuti dalle imprese del settore.

Non applicandosi la deduzione dei costi con il metodo analitico, ma forfettario, chi è in regime semplificato forfettario fino ad ora non ha avuto obbligo di registrazione e di tenuta delle scritture contabili.

Leggi anche: Coefficienti di redditività nel regime forfetario: quali sono?

Regime forfettario e concordato preventivo biennale, nuovi obblighi

Le nuove regole prendono il via dalle norme dettate per il concordato preventivo biennale, questo infatti prevede che Fisco e contribuente si accordino sulle tasse da pagare per due anni, prendendo come punto di riferimento le dichiarazioni presentate negli anni passati.

Il concordato preventivo biennale si articola in diverse fasi, la prima prevede che l’Amministrazione finanziaria metta a disposizione del contribuente una piattaforma attraverso la quale il contribuente deve fornire informazioni utili all’elaborazione di una proposta di tassazione da parte del Fisco. Molto probabilmente il questionario proposto è simile per imprese e professionisti in regime ordinario e forfetario e di conseguenza anche questi ultimi devono fornire informazioni inerenti i costi sostenuti. Ovviamente di queste spese deve esservi una traccia controllabile da parte dell’Agenzia.

Avendo presente queste basilari informazioni sul concordato preventivo biennale, emerge che con molta probabilità chi vuole aderire dovrà tenere traccia dei costi sostenuti.

Forfettario, si perdono gran parte delle semplificazioni fiscali

Questa non è l’unica semplificazione che si perde, infatti dal 1° gennaio 2024 ci sarà l’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica anche per i forfettari. A ciò si aggiunge che già è stato introdotto l’obbligo di compilazione del Quadro RS nella dichiarazione dei redditi 2023.

Infine, si ricorda che a partire dal mese di aprile 2024 (negli anni successivi, marzo) l’Amministrazione Finanziaria dovrà mettere a disposizione del contribuente la piattaforma per fornire i dati. I contribuenti dovranno quindi provvedere a inviarli e successivamente sarà formulata una proposta di concordato, ma se il contribuente non aderisce o decade, saranno effettuati controlli.

Leggi anche: Concordato preventivo biennale, chi rifiuta l’accordo è soggetto a controlli

Assegno di inclusione 2024, gli importi e chi saranno i beneficiari

L’assegno di inclusione 2024 partirà dal prossimo gennaio. E’ bene conoscere chi saranno a beneficiarne e gli importi che dovrebbero arrivare.

Assegno di inclusione 2024, cos’è?

Il sostituto del reddito di cittadinanza si chiama assegno di inclusione. L’importo è destinato a famiglie con ISEE molto basso, in cui sono presenti minorenni, disabili o anziani con più di 60 anni. In pratica il sussidio è riservato a chi non può lavorare e può arrivare fino a 780 euro al mese, contributo per l’affitto compreso. In particolare si tratta di famiglie con minori o anziani over 60 o disabili Isee max € 9.360 e reddito massimo di €6.000.

Con il decreto legge 48 2023 e con la legge di conversione del decreto pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 luglio 2023, Legge 85 2023, sono stati previsti 2 strumenti per contrastare la povertà ed esclusione sociale, ovvero:

  1. il nuovo Assegno di Inclusione;
  2. il Supporto per la Formazione e il Lavoro per chi, ad oggi, non può più percepire l’RdC ma non rientra nei beneficiari dell’Assegno di Inclusione.

Entrambi sono sostegni a favore delle famiglie che hanno difficoltà a far quadrare il bilancio familiare. Ma vediamo come funziona e a chi spetta l’assegno di inclusione.

Assegno di inclusione 2024, a chi spetta?

L’Assegno di inclusione è riconosciuto ai nuclei familiari che abbiano almeno un componente in una delle seguenti condizioni:

  • con disabilità;
  • minorenne;
  • con almeno 60 anni di età;
  • in condizione di svantaggio e inserito in programma di cura e assistenza dei servizi socio sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.

Ai fini della determinazione del beneficio spettante, attraverso una scala di equivalenza si tiene conto dei componenti in una delle condizioni sopra indicate, nonché del componente che svolge funzioni di cura con riferimento alla presenza di minori di 3 anni di età, di 3 o più figli minorenni ovvero di componenti con disabilità o non autosufficienti.

Requisiti soggettivi ed economici

Al momento della presentazione della domanda occorre essere cittadino europeo, con la residenza in Italia da almeno 5 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Il richiedente non deve essere sottoposto a misura cautelare personale o a misura di prevenzione. Inoltre il richiedente non deve avere sentenze definitive di condanna.

Inoltre il nucleo familiare del richiedente deve essere in possesso congiuntamente di:

  • ISEE in corso di validità di valore non superiore a euro 9.360; nel caso di nuclei familiari con minorenni, l’ISEE è calcolato ai sensi dell’art. 7 del DPCM n. 159 del 2013;
  • un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza di cui in seguito. Se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni, ovvero da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite dall’allegato 3 al DPCM 159/2013, la soglia di reddito familiare è fissata in euro 7.560 annui, moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza.

L’Assegno di inclusione è richiesto con modalità telematiche all’INPS. Inoltre la richiesta può essere presentata, altresì, presso i patronati e i centri di assistenza fiscale (CAF).

Pensioni del futuro, chi ha oggi 30 anni andrà in pensione oltre i 70

Le pensioni del futuro rivelano uno scenario inquietante. Ebbene chi ha trenta anni oggi potrebbe andare in pensione oltre i settanta, ma com’è possibile?

Pensioni del futuro, sempre più difficile uscire dal mercato del lavoro

Il lavoro è un elemento importante per mantenere se e la propria famiglia. Ma dovrebbe esserlo anche poter uscire dal  mercato del lavoro in un’età che consenta almeno di godersi ancora del tempo libero. Ma sembra non essere così, almeno per gli italiani che oggi hanno trent’anni e che andranno in pensione tra quarant’anni. A dirlo è pensami, il nuovo simulatore dell’INPS. Un sistema che dà una consulenza pensionistica “fai da te” per scoprire quando e come andare in pensione cumulando tutta la contribuzione.

Secondo quanto ipotizza il simulatore chi è nato nel 1993, quindi ha appena compiuto trent’anni, andrà in pensione oltre i 70 anni di età. Si è proprio così dovrà compiere almeno 70 anni prima di poter accedere alla pensione di vecchiaia. Almeno che non abbia maturato un assegno almeno pari al 2.8 volte il minimo.

Pensioni del futuro, ma cosa si prevede per i prossimi anni?

Stando alle proiezioni dell’Ocse, i giovani entrati nel mondo del lavoro nel 2020 all’età di 22 anni in Italia dovrebbero raggiungere l’età pensionabile solo a 71 anni. Si tratta del dato più alto tra i principali Paesi europei.  Più pessimisti Cng ed Eures, secondo cui se la permanenza al lavoro di un giovane under 35 di oggi si protraesse infatti fino al 2057, l’età di pensionamento sarebbe di 73,6 anni, per un importo dell’assegno di 1.577 euro lordi mensili (1.099 al netto dell’Irpef): 3,1 volte l’importo della pensione sociale.

Prendendo in considerazione il periodo che va dal 2015 al 2065, le pensioni saranno comunque sempre più basse rispetto all’ultimo stipendio percepito. Ma si pensa di andare in pensione più tardi proprio per evitare che le uscite dello stato siano superiori delle entrate, almeno dal punto di vista pensionistico.

Tutta colpa della maggiore aspettativa di vendita?

L’Italia si colloca attualmente all’ottavo posto al mondo per aspettativa di vita media, la quale corrisponde a 84,2 anni – 86,1 per le donne e 82,1 per gli uomini. Non solo: è anche il Paese più anziano d’Europa. L’età media nazionale è, infatti, di 48 anni, contro i 44 anni europei.

Altro problema purtroppo è dato dalla difficoltà con cui si entra nel mercato del lavoro, e quindi si iniziano a pagare i contributi previdenziali. Su questo aspetto però le politiche del Governo Meloni, sembrano spingere verso una decontribuzione per chi assume, e delle scelte che puntino a diminuire sempre più la disoccupazione. Una cosa è certa, in Italia occorre una Riforma delle pensioni che prenda in esame tutti i dati forniti. Una persona non può certo vivere tutta la vita a lavoro, ha bisogno anche di potersi godere il meritato riposo, senza essere troppo vecchio per farlo.

Pensione, invalidità civile, pensione sociale, i nuovi importi

Con il Messaggio 4050 del 15 novembre 2023 l’Inps ha confermato che nella rata della pensione del mese di dicembre oltre ad essere corrisposte le somme della tredicesima, sarà corrisposto anche il conguaglio, generalmente versato nel mese di gennaio e gli arretrati del conguaglio stesso, naturalmente per 13 mensilità.

Pensioni, anticipo a dicembre della perequazione

A gennaio 2023 è stato riconosciuto un aumento delle pensioni pari al 7,3%, relativo all’inflazione registrata nel 2022 a titolo provvisorio. A titolo definitivo l’inflazione si è invece attestata all’8,1%, questo implica che i pensionati hanno diritto a un ulteriore importo a conguaglio pari allo 0.8% per ogni mensilità. Generalmente tali somme dovrebbero essere corrisposte a gennaio 2024.

L’anticipo della perequazione è previsto dall’articolo 1 del decreto-legge n. 145/2023, tuttavia, ha previsto che: “Al fine di contrastare gli effetti negativi dell’inflazione per l’anno 2023 e sostenere il potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche, in via eccezionale il conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni, di cui all’articolo 24, comma 5, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per l’anno 2022 è anticipato al 1° dicembre 2023”.

Gli importi della pensione a dicembre 2023

L’Inps nel Messaggio 4050 ha indicato anche i nuovi importi per le pensioni minime fissato a 567,94 , quindi i pensionati dovranno percepire la differenza tra quanto gli è stato versato e quanto dovrebbe essere versato. La perequazione viene effettuata al 100% per gli importi fino a 2.101,52, cioè 4 volte la pensione minima.

Cambiano gli importi anche per l’assegno di invalidità civile che avrà un aumento di 2,34 euro al mese per 13 mensilità, l’importo passa da 313,91 a 316,25, si tratta di un aumento di circa 30 euronell’assegno di dicembre.

L’assegno sociale passa invece da 503,27 euro a 507,03 con un aumento di 3,76 euro per 13 mensilità

Ricordiamo che nel mese di gennaio 2024 sarà corrisposto l’aumento degli assegni pensionistici, invalidità civile, assegno sociale con aumenti determinati in base all’inflazione provvisoria registrata per il 2023. Si dovrebbe trattare di un ulteriore 5% circa.

Leggi anche: Black friday e cyber monday, attenti alle fregature. Guida

Bonus mobili ed elettrodomestici, come cambierà il prossimo anno?

Il bonus mobili ed elettrodomestici è stato confermato anche per il 2024, ma con alcune novità rispetto agli anni passati, ecco quello che c’è da sapere.

Bonus mobili ed elettrodomestici, cosa c’è da sapere

Il bonus mobili ed elettrodomestici sarà valido anche per il prossimo anno. Si ricorda che si tratta di una detrazione Irpef per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione va calcolata su un importo massimo di 8.000 euro per l’anno 2023 e di 5.000 euro per il 2024. L’importo è comprensivo delle eventuali spese di trasporto e montaggio, e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo.

Nel tempo il riconoscimento del bonus va via via diminuendo. Infatti per il  2021 il tetto di spesa su cui calcolare la detrazione era pari a 16.000 euro mentre per il 2022 era pari a 10.000 euro. Mentre il pagamento va effettuato con bonifico o carta di debito o credito. Non è consentito, invece, pagare con assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento.

Bonus mobili ed elettrodomestici, alcune caratteristiche

Può beneficiare della detrazione chi acquista entro il 31 dicembre 2024  elettrodomestici nuovi con alcune caratteristiche. Ad esempio i forni devono essere di classe A. Mentre non è possibile comprare elettrodomestici inferiori alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori e ha realizzato interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni.

Ai beni fin qui indicati si aggiungono anche le stufe elettriche, stufe a pellet, i forni a microonde, i piani di cottura a induzione, le piastre elettriche riscaldanti, i radiatori elettrici e i condizionatori. Inoltre per quanto riguarda i mobili è la stessa Agenzia delle entrate a specificare i mobili che rientrano nel bonus. Tra questi ci sono: librerie, armadi, poltrone, divani, cassettiere, letti, materassi, sedie, tavoli, scrivanie, credenze e anche apparecchi illuminanti.

Occorrono anche le ristrutturazioni

Infine si ricorda che il limite massimo di spesa riguarda la singola unità immobiliare, comprensiva delle pertinenze, o la parte comune dell’edificio oggetto di ristrutturazione. Quindi, il contribuente che esegue lavori di ristrutturazione su più unità immobiliari avrà diritto più volte al beneficio. La detrazione è fruibile in dichiarazione dei redditi. -E’ ripartita in 10 quote annuali, tutte dello stesso importo.

L’Agenzia delle Entrate ricorda di conservare sempre l’attestazione del pagamento, le fatture di acquisto dei beni che riportano la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi acquisiti. Ed infine lo scontrino con il codice fiscale dell’acquirente. Tutti elementi fondamentali per il riconoscimento del bonus.

Black friday e cyber monday, attenti alle fregature. Guida

Il periodo degli sconti è ormai aperto, tra il week end black friday prorogato, sconti per le vicine feste natalizie e poi di nuovo saldi, si entra in un vortice di inviti a comprare. Ma come evitare truffe?

Un mese di sconti a cui prestare attenzione

Il culmine del black friday dovrebbe arrivare il 24 novembre, il condizionale è d’obbligo, infatti quello che dovrebbe essere un venerdì di sconti è di fatto diventato un mese di promozioni varie. Seguirà il cyber monday che dovrebbe riguardare solo i prodotti tecnologici, ma di fatto si estende a tutto l’immaginario possibile delle vendite. Seguiranno sconti vari fino ad arrivare ai saldi.

Gli sconti soprattutto se prolungati nel tempo possono nascondere molte insidie, infatti in molti casi le vendite effettuate in questo periodo non prevedono la possibilità di cambi, oppure si tratta solo di finti sconti.

Le pubblicità sugli sconti ormai arrivano quotidianamente e non sempre è semplice capire quando si tratta di veri affari e quando invece di semplici inviti a comprare facendo credere in un prezzo inferiore rispetto al normale.

Per evitare truffe è bene acquistare solo prodotti che realmente servono e si desiderano. Magari è bene farsi una lista prima che inizia il periodo degli sconti. Per quegli stessi prodotti è bene monitorare il prezzo, in questo modo si potrà realmente capire se sono scontati o meno.

Il nuovo codice del consumo

In soccorso dei consumatori arriva ora l’articolo 17-bis del codice dei consumo così come modificato. In particolare questo prevede che deve essere indicato sempre il doppio prezzo, prima degli sconti, sbarrato, e successivo allo sconto. Occorre però prestare attenzione perché non deve essere indicato l’ultimo prezzo previsto per il prodotto, ma il prezzo più basso tra quelli praticati sul prodotto negli ultimi 30 giorni. In aggiunta a queste informazioni il venditore può anche aggiungere ulteriori informazioni, ad esempio l’ultimo prezzo praticato o la media del prezzo per quel determinato prodotto, ma di fatto non può mai mancare l’indicazione del prezzo più basso praticato su quel prodotto nei 30 giorni antecedenti. Tale obbligo vige sia per le vendite presso esercizi fisici, sia in caso di acquisti presso store online.

Attenti agli acquisti online

Per evitare truffe online è bene anche cercare di capire l’affidabilità del sito e puntare su store su cui si hanno sufficienti informazioni, in molti casi vi sono store che compaiono e scompaiono sui vari social nel tempo di qualche giorno e che spediscono merce del tutto diversa rispetto a quella realmente ordinata. Prima di ordinare è bene anche controllare che siano chiari i recapiti da poter utilizzare per presentare reclami se ci si accorge che non sono affidabili, è bene tralasciare. Online si deve controllare che la pagina abbia il certificato Https e che i pagamenti siano sicuri.