Addio assegno di inclusione? Aumenta la povertà

assegno di inclusione

Critiche all’Italia arrivano dall’Unione Europea all’assegno di inclusione. La Commissione Europea esprime perplessità sul meccanismo del riconoscimento del diritto di percepire il reddito di inclusione. I criteri restrittivi (rispetto al reddito di cittadinanza) diminuiscono la fascia dei percipienti e di conseguenza allargano le fasce di povertà del Paese. Questo è il succo delle critiche espresse dalla Commissione europea verso l’Italia.

Cos’è l’assegno di inclusione e a chi spetta

L’assegno di inclusione è una misura volta a sostituire il reddito di cittadinanza. Rispetto alla misura introdotta dal M5S, l’assegno di inclusione ha importi minori e una platea limitata. La misura è rivolta a nuclei familiari che abbiano al loro interno almeno una persona minorenne, con più di 60 anni, con disabilità o seguita dai servizi socio sanitari perché in condizione di grave svantaggio. Il sostegno economico istituito con il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 1° maggio 2023 e convertito nella legge n. 85/2023 è vincolato alla partecipazione attiva a percorsi di inclusione sociale e lavorativa costruiti ad hoc sui bisogni del nucleo familiare. Ai beneficiari potrà essere chiesto l’impegno a partecipare ad attività relative alla cura familiare, formative, di lavoro, di politica attiva o a
progetti utili alla collettività.

Perché la Commissione europea critica l’assegno di inclusione?

In base alle analisi svolte dall’Unione europea in media, senza tenere conto dei potenziali effetti della riforma come maggiori incentivi al lavoro, si prevede che l’assegno di inclusione determinerà una maggiore incidenza della povertà assoluta e infantile di 0,8 punti percentuali e 0,5 punti percentuali rispetto al precedente schema

La Commissione non esprime solo critiche, infatti ritiene positivo il fatto che il reddito di inclusione possa essere affiancato anche da attività di lavoro con redditi percepiti fino a 3.000 euro e esprime apprezzamenti anche per la riduzione del periodo di residenza in Italia per poterne beneficiare a 5 anni. Tuttavia, questa riforma riduce significativamente la copertura del reddito minimo

In base alle simulazioni della Banca d’Italia il nuovo meccanismo riduce la platea dei beneficiari del 40% tra le famiglie italiane e del 66% per le famiglie con cittadinanza diversa.

Naturalmente non sono mancate reazioni da parte dell’Italia e in particolare del Ministero del Lavoro che ha sottolineato come le critiche dell’Unione europea non tengano in considerazione l’aumento dell’occupazione in Italia che di fatto riduce la povertà e della dinamicità delle analisi stesse