Assolombarda e UniCredit portano in Bulgaria le best practice italiane

Buone notizie per le imprese che necessitano di finanziamenti per i propri investimenti. È stato infatti firmato nei giorni scorsi un accordo di collaborazione tra Confindustria Bulgaria, UniCredit Bulbank, UniCredit e Assolombarda, relativo al progetto Bancopass, avviato da Assolombarda in partnership con UniCredit e altri istituti di credito con lo scopo di permettere alle imprese di farsi conoscere meglio dal sistema bancario e di ottenere risposte più veloci alle domande di credito.

Il progetto nasce dalla constatazione che emerge sempre più la necessità di modificare il modo in cui viene vista la relazione tra banca e impresa, in modo da sviluppare nuove soluzioni che possano facilitare il rapporto e portare benefici ad entrambe le parti.

In concreto Bancopass è un insieme di strumenti, condivisi con i principali stakeholder finanziari, che l’Associazione mette a disposizione delle imprese per gestire meglio la relazione con banche e finanziatori.

I vantaggi che derivano da questo strumento sono molteplici: aiutare l’azienda a monitorare il proprio stato e il contesto competitivo; facilitare l’individuazione di scelte strategiche per sviluppare l’attività in modo organico, equilibrato e sostenibile, intervenendo su più fronti; permettere alle banche e ad altri soggetti esterni di capire meglio l’azienda, le sue logiche, il suo “stato di salute” e le sue prospettive.

L’esperienza Bancopass in Assolombarda dal 2012, anno della creazione del progetto, al 2015 ha consentito a quasi 800 imprese di standardizzare la comunicazione con 27 stakeholder finanziari. Presto lo strumento sarà attivo anche in Bulgaria grazie alla collaborazione tra Confindustria Bulgaria e Assolombarda, che sarà implementata nel Paese balcanico in partnership con UniCredit Bulbank, e introdurrà un’esperienza italiana di successo nella gestione dei rapporti tra piccole e medie imprese e sistema bancario in Bulgaria.

La Bulgaria condivide infatti una caratteristica peculiare con l’Italia: il suo tessuto produttivo è in gran parte formato da piccole e medie imprese, i soggetti economici che più necessitano di assistenza nell’accesso al credito.

La collaborazione tra Confindustria Bulgaria e Assolombarda esiste ormai da anni. Bancopass rappresenta un ulteriore passo che potrebbe portare a un trasferimento di best practice anche a livello europeo.

Derivati e crediti deteriorati: siamo davvero i più deboli d’Europa?

In questi giorni si fa un gran parlare della debolezza delle banche italiane, di quanto queste siano piene di derivati nocivi o di crediti deteriorati (denaro prestato che difficilmente riusciranno a riavere) e di quanto le sofferenze bancarie italiane siano sotto la lente dell’Europa.

La realtà racconta invece di problemi di un sistema bancario europeo che trova gli istituti di credito del Nord Europa ben più esposti al rischio derivati e, in prospettiva, più fragili di quelli italiani.

Lo ha evidenziato un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, che ha preso in esame gli ultimi dati forniti dall’Autorità Bancaria Europea (EBA) relativi a marzo del 2016, scoprendo che le banche finlandesi, del Regno Unito e della Germania hanno in pancia più del 20% del loro attivo in derivati, una quota che in Italia è di appena il 5,3%, meno della metà rispetto alla media dell’Unione Europea (12,9%).

La Cgia ricorda come i derivati siano strumenti finanziari complessi, il cui valore dipende dall’andamento di altre variabili, le cosiddette variabili sottostanti (prezzi di materie prime o di attività finanziarie ecc.). Questi strumenti finanziari derivati vengono utilizzati per proteggersi da scostamenti non voluti dei prezzi di mercato (come il prezzo del petrolio o i tassi di cambio tra valute), per fini speculativi cioè orientati a realizzare profitti scommettendo sull’evoluzione del prezzo dell’attività sottostante o per sfruttare differenze tra l’andamento del prezzo del derivato e di quello dell’attività sottostante.

Come ricorda Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, i derivati “non sono prodotti esenti da rischi e con l’avvento del nuovo millennio le banche europee hanno sperimentato, a vari gradi, l’adozione di questi strumenti sia per gestire i rischi che con l’intento di generare ricavi extra-creditizi. Non è da escludere che i derivati possano rappresentare un rischio sistemico, specie in questa fase di turbolenza dei mercati finanziari; non è forse un caso che nel corso dell’ultimo anno le banche stesse hanno cercato di ridurre l’incidenza di questi prodotti nei loro bilanci”, passata, da marzo 2015 a marzo 2016, dal 15,2% al 12,9%.

Le rilevazioni fornite dall’Autorità Bancaria Europea sono relative a un campione di istituti di credito composto da oltre 150 banche europee, almeno 3 per ogni Paese, con un numero crescente a seconda della dimensione degli stati. Ebbene, dalla analisi della Cgia risulta che, sulla base del totale attivo delle banche italiane (pari a 2.323 miliardi di euro) e di quelle tedesche (4.060 miliardi di euro) è possibile stimare come l’ammontare dei derivati in capo alle banche italiane sia di almeno 123 miliardi di euro mentre per quelle tedesche di almeno 813 miliardi.

Se si analizza la composizione dell’attivo di banche tedesche e italiane si nota come l’elevata quota di derivati in capo alle banche tedesche è andato a scapito del credito. Se l’incidenza dei prestiti bancari tedeschi è comunque superiore alla metà del totale bilancio (56,2%), è evidente come questa quota sia molto più bassa della media per l’Ue (64,3%) e dell’Italia (67,8%).

Infatti, la Cgia sottolinea come gli ultimi risultati dell’Eba indichino come la redditività delle banche tedesche sia nettamente più bassa della media europea. Il ROE, ossia indicatore che misura il rapporto tra l’utile e il patrimonio netto, si è attestato ad appena il 2,6%, meno della metà di quello europeo, pari al 5,8%, e più basso di quello italiano, che ha toccato il 3,3%.

Un altro punto a sfavore delle banche tedesche è quello relativo al livello di crediti deteriorati, i cosiddetti “non performing loans”, NPL. Se infatti, rispetto al totale dei crediti lordi questo livello è basso (a marzo 2016 era il 3,1% sul totale dei crediti lordi contro il 16,6% dell’Italia), il motivo è perché lo in Germania lo Stato è intervenuto sugli NPL già nei primi anni della crisi finanziaria globale. Ecco perché il tasso di copertura degli NPL rimasti in capo alle banche tedesche, ovvero la loro capacità di coprire le eventuali perdite con risorse già accantonate, pari al 37,3%, è inferiore sia alla media europea (43,8%), sia alla media italiana (45,8%).

MiPAAF e UBI Banca a sostegno dell’ agroalimentare

UBI Banca ha siglato un protocollo di intesa con il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF) grazie al quale mette a disposizione un plafond finanziario di 2 miliardi di euro, utilizzabili nel triennio 2016-2018 per agevolare l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare, per favorirne la crescita in Italia e all’estero.

A presentare il protocollo d’intesa, nei giorni scorsi, il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, e il presidente del Consiglio di Sorveglianza di UBI Banca, Andrea Moltrasio, che hanno suggellato l’accordo confermando i reciproci impegni per sostenere un settore chiave dell’economia italiana come quello dell’ agroalimentare

L’accordo sostiene un comparto, quello agroalimentare, che in questi anni deve fronteggiare diverse sfide: dal rialzo dei costi produttivi, alla necessità di un ricambio generazionale, dalle novità introdotte dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria del 2015 con la revisione della normativa dei pagamenti diretti alle imprese agricole, alla cessazione del regime delle “quote latte”.

Proprio per questo il Governo, insieme all’Unione Europea e alle Regioni, ha adottato una serie di misure a sostegno del settore agricolo e agroalimentare, che vanno dal favorire il ricambio generazionale, all’attuazione di misure per la semplificazione e la sburocratizzazione in agricoltura.

Le aziende italiane si distinguono però per la loro vitalità confermando strategicità e potenzialità soprattutto per quanto riguarda l’export dei prodotti del settore agroalimentare, che nel 2015 ha raggiunto i 36,8 miliardi di euro, a fronte dei 34,4 miliardi conseguiti nel 2014. In termini percentuali, l’aumento è stato del 7,3% su base annua, evidenziando un andamento del settore nettamente migliore rispetto alla tendenza dell’export nazionale complessivo (+3,7%).

Il plafond UBI è destinato principalmente alla realizzazione di piani di investimento destinati alla valorizzazione ed allo sviluppo delle filiere produttive italiane, sia direttamente sia intervenendo a sostegno delle imprese agricole che conferiscono loro i prodotti, favorendone la valorizzazione con particolare riguardo a quelli a Denominazione d’Origine.

Infine, proprio perché il Gruppo vuole essere il partner di riferimento per le imprese del settore, il Protocollo si distingue anche per la sua flessibilità, prevedendo intervenenti in caso di difficoltà finanziaria delle aziende, dando loro la possibilità di allungare, sospendere o rimodulare i piani di rimborso dei finanziamenti in essere.

Questa nuova iniziativa si inserisce all’interno del progetto del Gruppo denominato Farm&Food, lanciato già dal 2014, e studiato specificatamente per le esigenze del settore agroalimentare, che include finanziamenti dedicati, consulenza specialistica e particolari polizze assicurative.

Sofferenze bancarie, 8 su 10 in capo a grandi gruppi

All’indomani del referendum sulla Brexit, le Borse europee hanno subito un tracollo con pochi precedenti, trascinate a fondo dalle forti vendite sui titoli delle banche. La peggiore è stata Milano, non solo perché i nostri istituti, come quelle di altri Paesi, sono molto esposti nel Regno Unito, ma anche perché sono tra le più deboli del Vecchio Continente a causa delle forti sofferenze bancarie, farcite come sono di crediti deteriorati, ossia denaro prestato che difficilmente riusciranno a riottenere.

Per colpa dei privati, cui le banche hanno prestato soldi in maniera incauta? No. Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, l’80% delle sofferenze bancarie, somme quindi inesigibili, è in capo a grandi gruppi finanziari o industriali.

Al 31 marzo 2016, l’80% circa dei finanziamenti per cassa era stato erogato dalle banche italiane al primo 10% degli affidati, che ha causato da solo poco più dell’81% di sofferenze bancarie per crediti deteriorati.

E non si tratta di poca roba. Sempre secondo la Cgia, al 31 marzo 2016 il totale dei crediti deteriorati del nostro Paese tra sofferenze, inadempienze probabili o finanziamenti scaduti o sconfinati era pari a 333,2 miliardi: 196 di sofferenze lorde, 125,2 di inadempienze probabili e 12 miliardi di finanziamenti scaduti o sconfinati

Una situazione drammaticamente ingiusta soprattutto nei confronti delle imprese sane che richiedono finanziamenti, verso le quali le banche hanno chiuso i rubinetti del credito. Da aprile 2015 ad aprile 2016 gli impieghi alle imprese italiane sono calati di 24,3 miliardi, mentre dal 2011, anno di massima erogazione dei crediti, le imprese italiane hanno avuto 144 miliardi in meno di prestiti bancari. A livello di regione le strette al credito più rilevanti a seguito delle sofferenze bancarie si sono avute nel Lazio (-5,6 miliardi) e nel Veneto (-4,9 miliardi).

E se ancora ci fosse bisogno di una conferma su dove giace la maggior parte dei crediti deteriorati, ecco che, analizzando i dati relativi alle sofferenze bancarie per classi di grandezza, al 31 marzo 2016 il 70% delle sofferenze era concentrato nelle classi sopra i 500mila euro.

Pagamento della quattordicesima? C’è il finanziamento

Il mese di giugno per le imprese e per i lavoratori è sinonimo di quattordicesima. Spesso, però, per molte Pmi dover erogare questo emolumento rappresenta uno sforzo importante. Il mondo delle banche lo sa, e mette in campo iniziative come quelle di Banca Sella, che ha previsto un finanziamento ad hoc per le piccole e medie imprese che devono pagare ai dipendenti la quattordicesima o l’anticipo della retribuzione per le ferie.

Si tratta di un finanziamento di 1800 euro per ciascun dipendente cui erogare la quattordicesima, rimborsabile in quattro rate mensili a partire dal prossimo mese di settembre.

Il finanziamento per la quattordicesima a disposizione delle Pmi è reso possibile grazie al plafond creato dal Gruppo Banca Sella utilizzando le risorse ottenute alle aste Tltro indette dalla Bce.

A differenza di quanto hanno fatto altri istituti di credito, queste risorse sono state integralmente destinate da Banca Sella alla creazione di un plafond per sostenere il credito delle imprese, con condizioni di finanziamento vantaggiose.

In una nota, il gruppo ha affidato il commento al finanziamento per la quattordicesima al responsabile Mercati Commerciali, Luca Ferrarese: “Questa soluzione è uno strumento che può essere utile per le piccole e medie imprese che si trovano ad affrontare scadenze importanti e consistenti, in termini di impegno economico, in questo periodo estivo che tradizionalmente vede un rallentamento degli ordini e della produzione. Un finanziamento ad hoc può essere una soluzione valida per affrontare più agevolmente queste scadenze e rappresenta un gesto di attenzione verso le esigenze e le necessità delle aziende”.

Finanziamenti alle imprese under 35

Il sostegno all’imprenditoria giovanile parte anche e soprattutto dai finanziamenti alle imprese composte da giovani. Ne è un esempio il bando FUnder35, promosso da ben 18 fondazioni, che mette in campi finanziamenti dedicati alle imprese culturali no profit ideate e gestite da giovani di under 35.

Possono aspirare ai finanziamenti di FUnder35 esclusivamente le organizzazioni culturali senza scopo di lucro, composte prevalentemente da under 35 e che hanno nell’ambito della produzione artistica creativa la loro principale occupazione.

I finanziamenti di FUnder35 possono contare su una dote complessiva di 2,65 milioni di euro e riguardano il 75% dei costi totali dei progetti finanziati, senza alcuna soglia massima ma con un controllo di qualità sui costi/benefici del progetto finanziato, la cui durata deve essere compresa tra il 31 dicembre 2016 e i 3 anni successivi.

Il bando FUnder35 finanzia progetti che possano rendere sostenibili nel tempo le imprese che li propongono e la loro attività. Nello specifico, il bando utilizza:

  • azioni mirate al miglioramento/ripensamento della struttura organizzativa (come ad esempio nuovi modelli operativi e strumenti gestionali, iniziative di qualificazione del personale non artistico e dei servizi interni di supporto tramite percorsi di formazione e innesto di competenze manageriali);
  • azioni finalizzate all’introduzione sul mercato di prodotti o servizi di carattere innovativo, in grado di favorire il posizionamento strategico dell’organizzazione;
  • azioni finalizzate al rinnovamento, anche attraverso l’uso di tecnologie innovative, dei processi e degli strumenti di produzione (funzionali al rafforzamento, all’estensione, alla differenziazione dell’offerta);
  • azioni orientate all’attivazione di collaborazioni stabili e aggregazioni/fusioni con altri soggetti del settore nella prospettiva di realizzare economie di scopo e/o di scala.

Per conoscere i dettagli dei finanziamenti erogati dal progetto FUnder35, clicca qui per scaricare il bando e presenta online la domanda entro le 23.59 dell’1 luglio 2016.

Il mercato del lavoro cerca diplomati

I dati sulle assunzioni indicano che il mercato del lavoro sta tornando a investire sui diplomati. Ecco perché ci sono realtà come alcuni istituti di credito e le camere di commercio locali che puntano a dare ai diplomati interessanti opportunità di crescita.

Ne è un esempio il corso di formazione “Da una buona idea ad una buona impresa”, che rientra in “In-formati”, il programma formativo di UniCredit che offre corsi gratuiti a clienti e non clienti sull’intero territorio nazionale.

Lo scorso 2 maggio c’è stato un incontro alla Camera di Commercio di Milano, a cui hanno partecipato oltre 60 studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Evangelista Torricelli” del capoluogo lombardo. La Camera di commercio, oltre ad ospitare i ragazzi, ha fornito loro alcuni contributi educativi tramite Formaper, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano che si occupa di formare le imprese in Italia e all’estero.

La lezione, caratterizzata da contenuti e stile di linguaggio semplici e pratici, è stata tenuta dallo specialista della banca Marco Galli, con l’obiettivo di diffondere la cultura d’impresa tra i futuri diplomati e favorire lo sviluppo del pensiero imprenditoriale. L’iniziativa si inserisce all’interno del percorso “scuola-lavoro” che gli studenti del liceo Torricelli stanno portando avanti per il 2016. Una prima lezione di educazione bancaria e finanziaria per i futuri diplomati si è tenuta qualche mese fa presso le sedi milanesi di UniCredit.

Questo ciclo di corsi – ha spiegato Enzo Torino, Deputy Regional Manager di UniCredit -, rientra in un più ampio progetto nazionale che offre gratuitamente e senza finalità commerciale le competenze e l’esperienza dei nostri collaboratori, i quali hanno aderito in modo del tutto volontario in ottica di condivisione e servizio alla comunità, con l’obiettivo di accrescere la cultura bancaria e finanziaria dei cittadini, nel caso specifico degli studenti meneghini, per renderli più consapevoli rispetto alle loro scelte finanziarie ed imprenditoriali future”.

La Camera di Commercio di Milano, attraverso la sua azienda speciale Formaper, favorisce la nascita e lo sviluppo delle nuove imprese, anche attraverso l’inserimento di risorse umane qualificate e appositamente formate – ha dichiarato Umberto Bellini, presidente di Formaper, azienda speciale della Camera di commercio di Milano -. Inoltre, è nostro preciso impegno favorire l’ingresso nel mondo lavorativo e imprenditoriale soprattutto dei giovani. I diplomati, secondo i dati Camera di commercio-Excelsior, sono circa la metà sul totale delle assunzioni previste a Milano”.

In questo senso, i numeri emersi da un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano, sui dati Excelsior – Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, parlano chiaro. Sono 13.590 le assunzioni nei primi tre mesi del 2016 in provincia di Milano e circa la metà, il 43,8%, riguarda diplomati. Il 44,8% nel settore dei servizi, il 39,6% in quello dell’industria e costruzioni. I diplomati sono scelti soprattutto dal settore del commercio (con il 64,5% delle assunzioni), seguito da quello dei servizi di trasporto e logistica con il 55,3% e dalle industrie metalmeccaniche ed elettroniche (48,9%).

Mipaaf e UniCredit per l’ agroalimentare italiano

L’onda lunga di Expo 2015 continua a far sentire i propri effetti benefici sull’ agroalimentare italiano. Del resto, il settore agroalimentare, vero e proprio fiore all’occhiello dell’economia italiana, contribuisce per oltre l’11% al valore aggiunto dell’economia del nostro Paese, raccoglie 2,1 milioni di imprese e dà occupazione a 3,4 milioni di persone.

Per la sua natura anticiclica, il settore agroalimentare ha contenuto l’impatto della crisi e già nel 2015 ha portato i primi segnali di ripresa. La sola fase di produzione e trasformazione dei beni alimentari genera un giro d’affari di circa 190 miliardi di euro.

L’agricoltura italiana ha un fatturato globale di oltre 55 miliardi di euro, mentre l’industria alimentare e delle bevande produce un valore di oltre 130 miliardi di euro. Nel 2016 il settore agroalimentare ha saputo confermarsi il secondo comparto economico per l’economia italiana, dopo le costruzioni.

Sulla scorta di questi numeri di tutto rispetto, UniCredit e il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) hanno illustrato nei giorni scorsi a Milano un programma finalizzato a sostenere gli investimenti e favorire l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore agroalimentare italiano.

È il “Progetto UniCredit Mipaaf. Coltivare il futuro”, che è stato descritto nei suoi contenuti da Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit, e Gabriele Piccini, Country Chairman Italy dell’Istituto.

Il “Progetto UniCredit Mipaaf. Coltivare il futuro” si fonda su alcuni pilastri. Il primo poggia sulla erogazione di nuova finanza per sostenere progetti e investimenti delle imprese dell’ agroalimentare italiano. UniCredit ha deciso di destinare a questo settore 6 miliardi di euro di nuove linee di credito nel triennio 2016-2018. Inoltre, UniCredit lancerà il nuovo Agribond, una tranched cover dedicata alle imprese della filiera agricola che, basandosi sulla garanzia pubblica fornita da ISMEA e sfruttandone l’effetto moltiplicatore, consentirà l’attivazione di nuove erogazioni inizialmente per 300 milioni di euro, replicabili nel tempo.

Il secondo pilastro riguarda la formazione e lo sviluppo delle conoscenze, con la nascita della Agri-Business School che poggia su tre macro aree tematiche: Competenze di base, ovvero un percorso formativo per acquisire le principali conoscenze finanziarie; Export Management, che comprende sessioni formative dedicate a tematiche di internazionalizzazione; Innovazione, che propone sessioni formative su tematiche di particolare attualità come la filiera corta, la tracciabilità e l’agricoltura di precisione.

Per sviluppare il concetto di Smart Agriculture viene invece creata Value for Food, iniziativa congiunta di UniCredit, Cisco Systems Italy e Penelope Spa per finanziare e realizzare programmi di evoluzione tecnologica delle aziende agroalimentari, che coniughino le esigenze di comunicazione e marketing territoriale, di efficientamento e automazione dei processi di filiera, di dematerializzazione e di digitalizzazione degli asset informatici.

Value For Food si propone di fare in modo che le imprese valorizzino il proprio marchio e l’immagine del Made In Italy (branding), la difesa dalla contraffazione diffusa dei prodotto (anticontraffazione), l’efficientamento dei processi produttivi garantendo la sinergia con i fornitori e i distributori (tracciabilità) e il vantaggio competitivo a livello internazionale.

Ecco l’identikit di chi richiede un mutuo

Chiedere un mutuo è sempre meno un’operazione compiuta da sprovveduti, ammesso che lo sia mai stata. È quanto emerge da un’analisi effettuata dal sito Immobiliare.it in occasione del lancio della sezione dedicata alla valutazione del proprio profilo di mutuatario.

I risultati dell’analisi, condotta su un campione di oltre 5mila italiani alle prese con una richiesta di mutuo, dicono che il 25,4% di chi si informa sulle sue possibilità di ottenerlo prevede di comprare casa non prima di 6 mesi dopo.

Sempre secondo l’analisi, chi comincia a pensare a un mutuo prima che a trovare un appartamento da acquistare, nel 29% dei casi è single e nel 28% in coppia, ma senza figli. Il 21% ha un solo figlio e probabilmente pensa di trasferirsi in un appartamento più grande.

Inoltre, il 70,3% degli intervistati vorrebbe intestare il mutuo a una sola persona e il 45% del campione si augura di finanziare attraverso il mutuo fino al 100% del valore dell’immobile (situazione più unica che rara). Nel 53% delle simulazioni si dichiara un solo percettore di reddito nel nucleo familiare.

Infine, se la durata media di un mutuo concesso in Italia è di poco superiore ai 20 anni, fra chi si informa prima di cominciare la ricerca dell’immobile uno su due punta ad avere un finanziamento più lungo e, nel 32% dei casi, lo vorrebbe di almeno 30 anni.

Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it, commenta così i risultati dell’analisi: “I dati ottenuti raccontano come in Italia sia sempre più comune l’abitudine di informarsi sulla possibilità di ottenere un mutuo molto prima di aver individuato l’immobile da acquistare. Responsabile di questo fenomeno è la maggiore consapevolezza maturata dagli italiani negli anni della crisi che li ha resi più esperti. Sapere realisticamente che cifra è possibile ottenere dalle banche permette di svolgere una ricerca della casa più mirata ed efficace”.

Accordo Banca Popolare di Sondrio-Camera di commercio di Milano

Banca Popolare di Sondrio e Camera di commercio di Milano, attraverso Promos, Azienda Speciale per le Attività Internazionali, hanno rinnovato l’accordo triennale di collaborazione, finalizzato all’erogazione di servizi per l’internazionalizzazione a beneficio delle aziende clienti di BPS.

La collaborazione, avviata nel 2003, si è dimostrata negli anni uno strumento efficace per supportare aziende del territorio nel loro percorso di internazionalizzazione. Il rinnovo, sottoscritto pochi giorni fa, ha interessato oltre 200 imprese in media all’anno e prevede una serie di azioni e attività su tutti i territori dove la banca ha sportelli, includendo: corsi di formazione sull’internazionalizzazione, realizzati da NIBI-Nuovo Istituto di Business Internazionale di Promos, e dedicati alle aziende dei settori agroalimentare, beni di consumo, casa-arredo-edilizia, beni strumentali e servizi&new tech; assistenza tecnica attraverso incontri riservati alle aziende clienti delle banca; missioni all’estero e incontri b2b con i referenti della rete estera di Promos. L’accordo, inoltre, consente ai clienti di BPS di beneficiare di un abbattimento dei costi sull’acquisto dei servizi erogati da Promos.

L’accordo investe quindi le realtà di due province, Milano e Sondrio, che hanno un business fuori Europa per 47mila imprese in un anno, con 46mila procedure di export aperte a Milano dalle imprese verso Paesi al di fuori dell’Unione Europea e circa mille a Sondrio.

Questi i principali mercati. Per Milano: Svizzera, Usa, Turchia, Cina, Russia, Giappone, Emirati. Per Sondrio: Svizzera, Usa, Turchia e Hong Kong. L’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Infocamere, Agenzia delle Dogane del 2014 tiene conto dei mercati extraeuropei e delle domande delle imprese che ne attivano una per ogni mercato.

Nell’ambito della collaborazione tra Banca Popolare di Sondrio e Camera di commercio di Milano, il prossimo 2 maggio al Servizio Internazionale della Banca Popolare di Sondrio si terrà il seminario “Fare affari in Brasile”, che ha l’obiettivo di presentare agli operatori locali le opportunità di business nel mercato brasiliano.

Del resto, per quanto riguarda la sola provincia di Sondrio, il Brasile, con oltre 39 milioni di euro, è il Paese extra Ue con cui si fanno più affari. I metalli con l’11,6% di import e il 31,1% di export, sono i primi prodotti, seguiti da alimentari, bevande e tabacco (32,7% l’import e 10,3% l’export). È quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat, per gli anni 2015 e 2014.