Vino Made in Italy stella dell’export

Il vino italiano piace sempre di più e si sta imponendo sui mercati internazionali.

Le esportazioni, infatti, hanno raggiunto il valore record di 4,7 miliardi di euro (+6% ), arrivando a superare addirittura, per il 2012, la spesa per il vino a livello nazionale.

La notizia è emersa da un’analisi della Coldiretti, sulla base di dati effettuati da Istat riguardanti il commercio estero.
Il prodotto che, più di tutti, ha fatto da traino all’export è, appunto, il vino, che si è classificato come il prodotto agroalimentare italiano maggiormente esportato nel 2012.

In particolare, negli Stati Uniti il vino Made in Italy ha superato il tetto di un milione di euro, grazie ad un aumento del 6%.
Bottiglie tricolori superstar anche in Cina, dove si stanno aggiudicando una fetta sempre più consistente di mercato, pari al 17% in più rispetto al 2011, passando da 66 a 77 milioni.
Relativamente al mercato asiatico, però, Coldiretti afferma che non è solo la Cina ad amare particolarmente i prodotti nostrani.

La nota dolente, invece, arriva dal calo, nei consumi di vino, da parte di produttori storici come Francia e Spagna, ma anche in Italia le vendite sono diminuite.

Che sia valido, anche questa volta, il detto “Nemo propheta in patria”?

Vera MORETTI

Le scarpe italiane sono un affare estero

Le calzature italiane sono sempre più apprezzate all’estero tanto che, dopo essere state prodotte entro i confini nazionali, e precisamente nelle Marche, in Romagna e in Veneto, vengono spedite direttamente all’estero.

I mercati più attivi sono quelli di Russia, Giappone e Corea, paesi che, proprio per la frequenza di scambi ed esportazioni, stanno diventando molto vicini.
L’export verso i Paesi dell’est sta dando linfa ad un mercato che, considerando le vendite interne, sarebbe altrimenti stagnante e per nulla competitivo.

A testimoniare questo trend c’è Baldinini, società specializzata nella produzione di calzature esclusive che si collocano nella fascia altissima di mercato.
Da piccola bottega artigiana fondata nel 1910 a San Mauro Pascoli, è diventata oggi un’azienda che dà lavoro a più di 450 dipendenti e che ha realizzato, nel 2012, un fatturato di 115 milioni di euro, in aumento del 15% rispetto all’anno precedente.
Obiettivo prossimo è non solo confermare il più che soddisfacente risultato ottenuto, ma arrivare, nel giro di pochi anni, a raggiungere 250 milioni di euro.

Gimmi Baldinini, presidente della società, ha spiegato il successo del marchio indicando come formula vincente quella del monobrand, ma anche l’aver intrecciato rapporti di mercato con la Russia, appunto, che da sola contribuisce attualmente per il 70% del giro d’affari totale,e dove l’impresa conta una sessantina di negozi monomarca non solo a Mosca e San Pietroburgo, ma anche nelle regioni più lontane, come Ekaterinburg, Novosibirsk, Tiumen e Krasnodar sempre più sensibili alla moda italiana.

Il Medioriente incalza, con Dubai in prima linea, grazie anche ai quattro store appena aperti, ma tra le nuove mete internazionali c’è anche Cipro, influente approdo turistico.
Accanto alle new entry, ci sono anche le conferme di New York, Londra, Lugano e Montecarlo.

Solo il Belpaese sembra remare contro gli eccellenti risultati ottenuti dalla maison, come il numero uno di Baldinini conferma: “Tutta la nostra produzione è in Italia, anche se non c’è niente che ci stimoli a restare, ma spostare un’azienda all’estero è complesso”.

Non così attaccato alla definizione di Made in Italy è Silvano Lattanzi fondatore e presidente della società Zintala, nata nel 1971 a Fermo, che produce scarpe extralusso in pelle da uomo e da donna fatte a mano: “Il concetto del made in italy è insignificante, è il brand aziendale che tira le vendite. Il mercato interno non esiste; i paesi ai quali ci rivolgiamo sono gli Stati Uniti con New York, la Russia con Mosca, la Cina, il Giappone, la Corea. Da 42 anni abbiamo scelto di puntare tutto sulla qualità artigianale e sartoriale di altissimo livello. Le nostre scarpe sono in grado di accompagnare il cliente per 20 anni e questi paesi sono amanti del bello”.

Ha base a Montebelluna, invece, la calzatura sportiva di Stonefly, che deve buona parte del suo successo al Blusoft, un esclusivo sistema brevettato che consiste in una goccia di gel posta nella suola che permette di camminare con leggerezza e senza fatica.

L’azienda veneta conta oggi 110 dipendenti e vanta, nel 2012, un fatturato di 90 milioni di euro.
Adriano Sartor, AD di Stonefly, spiega così le strategie del brand: “C’è una velocità differenziata a seconda dei mercati in cui si va a operare. Il mercato domestico è in ulteriore contrazione e ci stiamo orientando verso l’Estremo Oriente, in Paesi come Giappone, Corea, Cina, dove stiamo investendo parecchio, sia in termini di collezioni che di risorse. La difficoltà è capire come funzionano questi mercati. Stiamo investendo con uffici nostri dedicati in loco per questo; si tratta però di fare un passo alla volta”.

Vera MORETTI

La Cina salverà il Made in italy

Tra i settori in maggiore sofferenza per quanto riguarda la produzione industriale italiana ci sono il tessile e l’abbigliamento.

A dare nuova linfa è sempre, e purtroppo solo, l’export, che, dunque, ha permesso di sopravvivere alle aziende caratterizzate da un maggior orientamento ai mercati esteri e da una spiccata capacità innovativa e da cospicui investimenti in ricerca e sviluppo.
A dimostrazione di ciò, attualmente le iniziative d’investimento sono in forte crescita: a marzo 2012 erano presenti in Italia oltre 100 società a partecipazione estera, quando nel 2007, queste erano meno di 30.

Tra i mercati maggiormente interessati alle dinamiche delle aziende italiane, la Cina rimane quella più attenta.
Ad attrarre la clientela cinese sono il design, la qualità dei prodotti e la capacità di valorizzare il territorio. Ma, considerando la crisi finanziaria, è cresciuta anche un certo scetticismo nei confronti delle esportazioni che non si dimostrano più che affidabili.

L’Italia, alla luce di questa tendenza, non può e non vuole stare a guardare, anche se sorge un dubbio circa le motivazioni che spingono i cinesi verso il Made in Italy: è la qualità dei prodotti italiani che ha portato il Belpaese a diventare uno dei principali fornitori della Cina o, piuttosto, la voglia di copiarli e riprodurli?

Per ora, non si può fare altro che affidarsi alla buona fede e prepararsi ad infittire i rapporti con il Paese del Sol Levante, poiché potrebbero portare ad un impennata delle vendite, quanto mai necessaria per la nostra economia.
E’ doveroso sottolineare, però, che questo potrebbe avvenire in particolare per i beni di lusso, la cui produzione continua ad avere base in Europa, proprio perché gli stessi cinesi considerano il Vecchio Continente la patria del lusso.

E a giudicare dalla massiccia presenza di compratori asiatici tra le vie del lusso europee, quadrilatero della moda milanese in testa, non ci sono dubbi su ciò.

Vera MORETTI

Made in Italy sì, ma venduto all’estero

La definizione “Made in Italy” fa spesso rima con lusso e si riferisce a griffe che per lo più producono all’estero o appartengono a grossi gruppi fashion stranieri, come PPR e LVMH.

Ma, accanto a questo, esiste un altro Made in Italy, che potrebbe essere considerato quello “vero”, che si basa su una produzione effettuata al 100% in Italia ed esportata all’estero solo successivamente.
Esempi concreti sono i brand Stefano Ricci, Roberto Botticelli e la Attilio Giusti Leombruni, che hanno il loro giro d’affari compreso tra Usa e Vecchio continente, ma anche verso i Paesi emergenti come Cina ed Europa dell’Est.

Si tratta di marchi che, oltre ad esportare i loro prodotti, sono bandiere del “saper fare” tutto italiano, quello che si basa su tradizione ed artigianalità.
Grazie a questi valori, all’estero stanno imparando a riconoscere, e a pretendere, la qualità local, come il fatto a Firenze e preferibilmente a mano.

Tra i prodotti simbolo di questa filosofia ci sono le calzature di alta gamma, che si rivolgono ad un pubblico di acquirenti di alto rango, perché difficile da duplicare e quindi del tutto autentica.
Un altro, concreto esempio, è quello delle borse Felisi, made in Ferrara, ma presente in Italia in una percentuale molto piccola, ma con un giro d’affati internazionale che si aggira attorno ai 10 milioni di euro.

Vera MORETTI

L’oro di Damiani approda anche a Mosca

Momento “d’oro” per i gioielli italiani targati Damiani.

Affacciata sulla centralissima Stoleshnikov Pereulok di Mosca, infatti, è appena stata inaugurata la 65esima boutique del brand, apprezzassimo non solo nei confini nazionali, ma anche all’estero.
Dal 6 marzo, dunque, uno dei marchi più esclusivi, per quanto riguarda i gioielli italiani, ha fatto il suo debutto in una delle vie che ospitano i migliori brand internazionali e fulcro del turismo di alto livello.

Guido Damiani ha dichiarato: “Questa nuova boutique Damiani rappresenta un passo importante per la nostra strategia di espansione nell’area. Stoleshnikov è la via migliore di tutta Mosca e da tempo cercavamo lì la location giusta”.

Damiani è un’azienda già nota nell’ex Urss, poiché ci sono boutique del marchio a Kiev e Odessa in Ucraina, ad Almaty e Astana in Kazakhstan, a Baku in Azerbaijan e a breve arriverà anche in Kirghizistan.

Il successo del brand è sicuramente dovuto alla capacità di accontentare i gusti di una clientela vastissima e variegata, considerando che il Gruppo Damiani comprende, nel suo nutrito carnet, marchi come Salvini, Alfieri & St. John, Bliss, Calderoni e la catena di gioielleria e orologeria di alta gamma Rocca.

Impossibile non trovare un gioiello capace di accontentare anche la persona più esigente.

Vera MORETTI

La pasta italiana fa scuola a Tel Aviv

Ci sono alcuni settori nei quali l’Italia eccelle e non ha niente da invidiare a nessuno.
Uno di questi è, sicuramente, la cucina.

A questo proposito, un prestigioso marchio di pasta, La Molisana, è stata al centro di un seminario tenuto presso la Bishulim School di Tel Aviv, dove lo chef Nicola Vizzarri, team manager della nazionale italiana cuochi under 23 e capitano della nazionale italiana chef senior, ha “insegnato” l’arte della pasta a 90 cuochi che lavorano in prestigiose strutture israeliane.

La Molisana, dunque, brand storico del Gruppo Ferro, con sede a Campobasso, ha portato la pasta Made in Italy oltreconfine, ottenendo con il seminario, denominato “La pasta a 360°”, un enorme successo.

Lo chef Vizzarri ha accettato l’incarico con entusiasmo e, subito dopo il suo rientro in Molise, ha dichiarato: “È stata un’occasione importante per contribuire alla diffusione della nostra cultura alimentare all’estero e far conoscere ai cuochi israeliani tecniche di cottura e procedimenti legati all’alimento principe della cucina italiana. In Israele si incontrano cucine da tutto il mondo, da quella araba a quella musulmana, da quella turca a quella ebraica. La pasta sta entrando, e solo negli ultimi tempi, tra le abitudini alimentari e comunque viene preferita come piatto unico. Da parte mia è stata un’occasione di ricerca per presentare piatti e preparazioni adeguate alle loro esigenze. Il modo di cucinarla ha dovuto tener conto anche della cultura di quel paese. Ho svolto seminari di cucina Kosher, privando i condimenti di ingredienti come carne di maiale, frutti di mare, molluschi, crostacei e tartufo che, per osservanze religiose, in alcuni casi non vengono utilizzate”.

Vera MORETTI

La nautica italiana al Dubai Boat Show

Da ieri, e fino a domenica 9 marzo, a Dubai è di scena, presso il Dubai International Marine Club (Mina Seyahi), la 21a edizione del Dubai International Boat Show, principale manifestazione dedicata al settore della nautica da diporto nell’area del Golfo.

In occasione di questo importante evento, l’ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha organizzato, in collaborazione con l’Associazione di categoria UCINA, una partecipazione collettiva di 20 tra organismi ed imprese italiane del settore.

Si tratta di un’opportunità di promozione da non perdere, per le aziende che si occupano di yacht, gommoni, imbarcazioni, parti, componenti e sistemi per la nautica, considerando anche che, dal 1992, anno della prima edizione, la manifestazione è aumentata, in termini di espositori, di ben 14 volte, e 43 volte in termini di superficie occupata.

ICE ha sempre svolto un ruolo di primo piano durante le varie edizioni del Dubai International Boat Show, tanto da ricevere, durante l’edizione 2012, un riconoscimento da parte del Dubai World Trade Centre per il ventennale supporto alla manifestazione.

La collettiva organizzata quest’anno dall’Agenzia ICE ricopre una superficie di 150 mq, in due isole nella Equipment Supplies & Service Area, dove sono stati allestiti stand per le aziende partecipanti in cui esporre il proprio campionario e condurre incontri d’affari.

Forte la presenza del distretto ligure, con 14 aziende, grazie alla collaborazione con Regione Liguria, Liguria International e WTC Genova.

Considerando la ricchezza degli Emirati Arabi e l’incremento artificiale della costa, i superyacht anche quest’anno sono presenti in quantità massiccia all’evento, e ospitati nell’area dedicata Superyacht Club, per rispondere alle tante richieste del sempre più nutrito numero di partecipanti che si aspettano proposte esclusive.

L’Italia rappresenta un vero e proprio punto di riferimento al riguardo, tanto che le esportazioni di navi ed imbarcazioni Made in Italy verso gli Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto nel 2011 il valore di 36,7 milioni di euro, +2,4 % rispetto al 2010, collocando il nostro Paese al secondo posto nella graduatoria dei fornitori esteri del settore, preceduto dalla Francia e seguito dalla Germania.

Vera MORETTI

Cresce l’export del Made in Italy verso Hong Kong

Buone notizie, in barba alla crisi, arrivano dall’export, che nel 2012 ha registrato una crescita rispetto al 2011.

L’interscambio con l’estero si è dunque rivelato fruttuoso, specialmente verso Hong Kong.
Pur non trattandosi di numeri a due cifre, è comunque una bella notizia, che vede le esportazioni verso la regione appartenente alla Repubblica Cinese in aumento dell’8,3%, per un ammontare complessivo di 493,36 mld. di USD, mentre le importazioni sono aumentate dell’8,4% con un valore di 554,22 mld. di USD.

Nel complesso, l’Italia si posiziona al 16º posto in assoluto tra i fornitori di Hong Kong e al quarto tra i paesi europei dopo i “soliti noti“ Regno Unito, Francia e Germania, con un valore di beni esportati pari a 7,15 miliardi di USD, in aumento del 2,78% rispetto al 2011, e una quota mercato dell’1,29%.

Il valore delle esportazioni di Hong Kong verso l’Italia è stato pari a 3,22 miliardi di USD (- 16% sul 2011) e una quota dello 0,65%.
L’Italia, che nel 2011 è risultata al 16˚ posto, scende ora al 19˚ fra i paesi clienti di Hong Kong.

Le categorie italiane che hanno maggiormente “spopolato” ad Hong Kong ci sono: artigianato +19,2%, calzature +12%, abbigliamento in pelle +8,9%, gioielleria +7,5%, abbigliamento +4,2%.
In calo, al contrario, le esportazioni di pelli e pellami -11,9%, e dei tessuti e filati -7,6%.

Per quanto riguarda le triangolazione Italia – Hong Kong – Cina, nel 2012, Hong Kong ha ri-esportato verso il mondo merci provenienti da diversi paesi d’origine per 470,96 mld. di USD (+7,33%), di cui 3,06 miliardi erano di origine italiana (+1,73%).
Su un totale di 7,15 miliardi di USD di merci italiane importate da Hong Kong, il 29% (2,07 miliardi) sono poi state destinate in Cina.

Vera MORETTI