Una rete per tutelare Dop e Igp

Agrodolce

In occasione del seminario “Promozione e valorizzazione dei prodotti Dop e Igp attraverso i beni culturali” organizzato da AICIG tenutosi presso la sede del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana DOP nella Reggia di Caserta, è stato proposto dai partecipanti di creare una rete di comunicazione tra le varie aree geografiche, al fine di individuare gli strumenti più idonei per determinare e mettere in atto politiche di tutela del prodotto e al contempo valorizzare le eccellenze gastronomiche territoriali.
In particolare, si vogliono tutelare le eccellenze enogastronomiche e il patrimonio storico-artistico delle DOP e delle IGP.

In quell’ambito, Cesare Baldrighi, Presidente di AICIG e del Consorzio di tutela del formaggio Grana Padano DOP, ha dichiarato: “Siamo di fronte a dimensioni e capacità diverse di presentare i prodotti e ritengo che all’interno di una ampia attività di comunicazione ci possano essere canali più specifici di intervento che si tagliano meglio su determinati prodotti. Ogni consorzio, in virtù delle caratteristiche del prodotto e della sua capacità di intervenire sul mercato, si trova a scegliere quelle che sono le strade più confacenti al suo obiettivo, anche in base alla linea di comunicazione che intende perseguire e al target di consumatori a cui intende rivolgersi. Certo, più sono ampie le possibilità e più è facile raggiungere i potenziali consumatori, tuttavia se si sceglie di portare avanti una comunicazione molto mirata alla fine il ritorno che si ottiene ha la stessa efficacia”.

Fondamentale è la comunicazione, che va diversificata tra quella nazionale e quella internazionale, e in questo secondo caso aggiungere informazioni in più poiché all’estero i prodotti potrebbero non essere così conosciuti, dunque occorre accattivare il possibile consumatore.

All’incontro è intervenuto anche Domenico Raimondo, presidente del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana DOP, che ha voluto ricordare quanto sia importante “valorizzare e promuovere l’intreccio tra cibo, arte e paesaggio, un volano possibile, una strada in realtà appena iniziata a essere battuta con l’esperienza del nostro consorzio. Nell’incontro di oggi ci è stato chiesto se è un modello replicabile: noi siamo convinti di si. Qui ci siamo riusciti grazie al dialogo e alla collaborazione tra privati e il pubblico: è grazie al sostegno del direttore della Reggia Felicori se abbiamo potuto realizzare il nostro progetto ed è grazie all’asse con il sindaco del capoluogo Carlo Marino se abbiamo appena raggiunto un nuovo traguardo ovvero la firma, ieri, di una convenzione con la scuola nazionale dell’amministrazione per utilizzarne la struttura nell’ambito delle attività della nostra Scuola nazionale di formazione lattiero-casearia. Bisogna favorire il dialogo tra i privati e il pubblico, per coinvolgere tutte le realtà di un territorio in una strategia di sviluppo, così come è necessario portare su questa strada anche piccole realtà consortili, con poche risorse a disposizione, ma simboli di intere aree di produzione con potenzialità tutte da esprimere”.

Vera MORETTI

Agricoltura biodinamica sempre più Made in Italy

L’agricoltura biodinamica Made in Italy sembra godere di ottima salute, tanto da essere aumentata del 20% in un solo anno.
Si tratta di un dato reso noto dall’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, in occasione del Sana, seminario che si è tenuto a Bologna l’8 settembre scorso e dove è stato organizzato un seminario che affrontava il tema.

Carlo Tricarico, presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, ha dichiarato in quell’ambito: “Il seminario di oggi è un’occasione unica di incontro con i buyer tra i più importanti del settore biologico e biodinamico. All’estero aumenta la domanda di prodotto biodinamico italiano, ormai ben oltre l’offerta oggi vogliamo mettere la basi per organizzare i rapporti con la domanda e rafforzare l’organizzazione dei produttori per rispondere a questa opportunità. Inoltre si affronterà il tema dell’iter per l’ingresso qualificato delle aziende nel sistema biodinamico a protezione della qualità”.

Nel mondo ci sono più di 2 milioni di ettari coltivati in modo biodinamico e certificati, ma sono molto più numerose le aree agricole dove si produce secondo le pratiche agronomiche biodinamiche. L’Italia è al terzo posto, dopo Germania e Francia, tra i Paesi europei per superficie destinata all’agricoltura biodinamica e conta oltre 4.500 aziende che ne applicano le tecniche, tra cui alcune grandi realtà. Più del 50% di quanto raccolto e trasformato in Italia viene esportato in Giappone, Usa e Scandinavia.

La biodinamica ha il pregio di rafforzare i terreni, renderli fertili e più resistenti alla siccità, nonché al dissesto idrogeologico, argomento sempre più attuale e cruciale nel mondo. Inoltre, il modello agricolo attuato dalla biodinamica crea aziende più forti sul mercato, anche quando si parla di prezzi, perché i prodotti biodinamici sono pagati al produttore di più rispetto ai convenzionali, garantendo una stabilità complessiva maggiore delle aziende biodinamiche.

Vera MORETTI

Made in Italy leader anche per sostenibilità

Per quanto riguarda moda e lusso, l’Italia la fa ancora da padrona, soprattutto quando si tratta di export. A confermarlo sono anche i dati del 2016 elaborati da Promos, l’agenzia della Camera di Commercio di Milano per le attività internazionali.
Ebbene, l’export è cresciuto dell’1,2% arrivando così a 48,6 miliardi, considerando i comparti di abbigliamento, accessori e calzature.

Principale mercato rimane ancora la Francia, dove è diretto il 10,4% delle esportazioni totali, in particolare abbigliamento, maglieria e pelletteria. Seguono la Germania (9,3%), che ama particolarmente i tessuti Made in Italy e gli Stati Uniti (7,9%).

Ma, se prima erano qualità ed originalità i motivi principali della nostra leadership indiscussa, ora c’è anche la sostenibilità che viene apprezzata dai consumatori, anche quando scelgono dall’estero i nostri prodotti.

In questo senso è nato il progetto Funding Sustainability, nato dall’accordo firmato tra Camera della Moda e UniCredit. Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda, ha presentato così l’iniziativa: “E’ il primo accordo di questo tipo al mondo tra una grande banca e un’associazione come la nostra. Ed è logico che sia così per molti motivi. Primo, perchè la sostenibilità è una delle nostre priorità, accanto al digitale e al sostegno ai giovani. Secondo, perchè sono i consumatori e tutti gli stakeholder del sistema moda a chiedere questo tipo di impegno. Terzo, perchè l’Italia è l’unico Paese al mondo ad avere una filiera del tessile abbigliamento integra e di altissima qualità. La si preserva anche con accordi di questo tipo“.

E’ entrato maggiormente nei dettagli Dario Prunotto, responsabile relazioni territoriali di UniCredit: “La dotazione iniziale, grazie a un approvvigionamento attraverso fondi della Bei, è di 30 milioni. Possono accedere al credito le aziende con meno di 250 dipendenti che presenteranno progetti per diminuire l’effetto sull’ambiente o migliorare le condizioni di lavoro all’interno delle fabbriche. vaglieremo le richieste insieme alla Camera della Moda e il limite massimo per la restituzione del prestito e 120 mesi“.

Entrambi, comunque, si augurano che questo accordo rappresenti solo un primo passo verso un circolo sempre più virtuoso.

Vera MORETTI

White Milano, vetrina per il Made in Italy

Dal 22 al 25 settembre Milano sarà animata da White Milano, manifestazione dedicata al womenswear e agli accessori, in collaborazione con Confartigianato Imprese e patrocinata dal Comune di Milano.
Si tratta di un progetto fortemente voluto dal Ministero dello Sviluppo Economico, valorizzato anche dal format Milano XL – La festa della creatività italiana, e l’apertura di due nuove location nel Tortona Fashion District, il nuovo spazio per eventi e progetti speciali all’interno di Camera Italiana Buyer Moda e un hub di fianco al Superstudiopiù, ovvero Tortona 31/Archiproducts, un numero di espositori che arriva a quota 532; ci sarà anche l’installazione di Efisio Rocco Marras, I’M Isola Marras, e un grande evento aperto al pubblico di Milano, l’Urban Catwalk di SSHEENA.

Brenda Bellei, ceo di M. Seventy, ente organizzatore dell’evento, ha dichiarato: “Il respiro internazionale di WHITE si è evoluto nel corso degli anni grazie all’incessante lavoro di promozione svolto dal Salone. E oggi WHITE è un appuntamento imprescindibile per i buyer internazionali, sempre più presenti su Milano. Questo importante risultato è il frutto di logiche promozionali rivolte all’estero, come i road show che abitualmente il salone organizza nelle piazze più appealing, ma anche per merito della proficua collaborazione intrapresa già da tempo con Ice – Agenzia e rivolta all’incoming dei buyer”.

Giuseppe Mazzarella, Delegato Nazionale all’Internazionalizzazione e Sistema Fiere di Confartigianato Imprese, ha aggiunto: “WHITE è, per vocazione, la migliore piattaforma per quei brand capaci di sostenere le sfide dei mercati internazionali perché hanno alle spalle micro e piccole imprese manifatturiere identificative di quel bello e ben fatto che caratterizza il prodotto italiano. Aziende con un radicato know-how artigianale che, proprio grazie a WHITE, hanno trovato una nuova e appagante identità internazionale. WHITE + Confartigianato (30.000 imprese moda associate su 700.000) grande lavoro di squadra, grande sinergia”.

L’Assessore alla Moda e al Design del Comune di Milano Cristina Tajani ha poi concluso: “Lo sviluppo e la continua crescita di WHITE, in questi anni, dimostra come la collaborazione con il Comune di Milano abbia permesso di valorizzare la creatività di tanti talentuosi stilisti, che qui possono presentarsi al mondo sperimentando nuovi linguaggi espressivi che si tramutano in opportunità di mercato e di stile con i suoi 532 brand, WHITE dimostra come sia vivo l’interesse degli operatori italiani, ma soprattutto stranieri nello scegliere Milano quale miglior vetrina per presentare le proprie idee e creazioni. Quest’anno grazie alle installazioni di “Milano XL”, presenti in città nei giorni delle sfilate, vogliamo raccontare ai cittadini e a tutti gli amanti del ben fatto l’impegno congiunto di Istituzioni e di tutti gli operatori del comparto moda nel valorizzare il nostro grande patrimonio manifatturiero fatto di know-how, produzione e creatività che contraddistingue il made in Italy nel mondo”.

Si tratta, se ancora non si fosse capito, di una manifestazione che fa da spartiacque per tutto il sistema moda italiano, in continua evoluzione e sempre pronta ad accogliere novità e nuovi brand che di anno in anno si aggiungono, consapevoli dell’enorme visibilità che un evento di questo calibro offre, per assestare la qualità del Made in Italy dentro e fuori i confini del Belpaese.

Massimiliano Bizzi, fondatore di White, ha voluto dichiarare: “L’apertura di una delle edizioni più rilevanti della fashion week milanese vede WHITE coinvolto nel grande progetto del MISE grazie al quale tutte le fiere di settore sono riunite nelle date della settimana della moda, evento valorizzato anche dal progetto, MILANO XL – La festa della creatività italiana. Questo dimostra un’attenzione per il nostro settore che ci deve riempire di orgoglio e che ci spinge a essere ottimisti sul ruolo di Milano nel fashion system internazionale. WHITE si è preparato a questo grande appuntamento portando la manifestazione a quattro giorni e con un calendario eventi importante. Inaugurando, due nuove location e con un grande show di richiamo proprio nella città e per la città. In più, l’incessante scouting effettuato a livello internazionale ha permesso di raggiungere un numero record di espositori, aumentando anche il livello qualitativo. Sono convinto che si stia aprendo un nuovo corso per la moda e per Milano”.

Vera MORETTI

Pomodoro leader dell’agroalimentare Made in Italy

Filiera completamente italiana per uno dei simboli del nostro agroalimentare: il pomodoro.
A costituirla, sono i due marchi Pomì e De Rica, che d’ora in poi garantiranno la produzione e l’esportazione di 550.000 tonnellate di pomodoro fresco, raccolto solo ed esclusivamente in Italia, in 60 Paesi in tutto il mondo.

Si inverte la tendenza con il Consorzio Casalasco del Pomodoro che dopo Pomì acquista lo storico marchio De Rica affinché resti in Italia direttamente in mano al mondo agricolo cooperativo, con un forte legame col proprio territorio d’origine.
Trattandosi di uno dei prodotti più amati in terra straniera, è davvero molto importante che ciò che viene esportato derivi al 100% da coltivazioni italiane, poiché in questo modo il Made in Italy può realmente essere definito tale.

Gli italiani consumano in media all’anno 35 chili di pomodoro in conserva tra passate, polpe, concentrato e pelati, e la sua popolarità si mantiene costante anche grazie alle sue caratteristiche riconosciute di potente antiossidante, quindi un vero caposaldo della dieta mediterranea.
Si tratta di una importante caratteristica che ha permesso all’Italia, come ha affermato Coldiretti, di collocarsi ai vertici della classifica “Bloomberg Global Health Index” su 163 Paesi per la popolazione maggiormente in salute e sana a livello mondiale.

Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti, ha dichiarato: “Con questa operazione si realizza una svolta nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che vede direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi. La svendita di marchi italiani all’estero ha spesso significato nell’agroalimentare lo svuotamento finanziario delle società acquisite, la delocalizzazione della produzione per chiusura di stabilimenti e gli acquisti delle materie prime all’estero con perdita di occupazione“.

Vera MORETTI

Export Made in Italy in aumento nel prossimo quadriennio

Il Rapporto Export pubblicato da SACE “Export Unchained. Dove la crescita attende il Made in Italy” delinea, per l’export italiano, quattro anni di profondi cambiamenti, ma caratterizzati da una profonda accelerazione.
Ciò significa che nonostante gli allarmi circa le limitazioni al commercio e l’incertezza di alcuni fattori, le opportunità per le esportazioni Made in Italy non sono destinate a diminuire. Per questo, lo studio SACE prevede per il quadriennio 2017-2020 una crescita dell’export del 4%.

Queste stime sono state rese possibili da mercati in grado di generare 85 miliardi di export italiano nel 2016, che rappresentano circa il 20% del totale e che nel 2020 varranno più di 100 miliardi.
Dopo i Paesi europei ad alto reddito, dunque, saranno quelli emergenti a fare la differenza, a cominciare da Arabia Saudita, Brasile, Cina, Emirati Arabi, India, Indonesia, Kenya, Messico, Perù, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Stati Uniti, Sudafrica e Vietnam a diventare destinazioni imprescindibili e quindi vere e proprie risorse.
Anche grazie a queste geografie, che rappresentano un quarto della variazione delle vendite all’estero tra il 2017 e il 2020, l’export italiano tra tre anni sfiorerà i 490 miliardi.

I dati sono positivi, nonostante un 2016 deludente, che ha portato ad un aumento esiguo dell’1,2%, probabilmente causato anche dalla Brexit e dalla vittoria di Donald Trump.

Il 2017, invece, si sta muovendo in controtendenza, con una netta ripresa dell’export italiano e, più in generale, del commercio internazionale, aumentato del 3,5%.
Se la media dell’incremento dell’export a fine anno sarà del 3,8%, nel settore dei servizi sarà invece del 4,3%, con le esportazioni dei beni che cresceranno del 4%.

Tra le aree geografiche più dinamiche si segnalano i tradizionali partner europei e nordamericani, oltre alle economie asiatiche e dell’Europa emergente. In Nord America è attesa la performance migliore nel 2017 (+4,9%). Nell’area asiatica, le opportunità per le nostre imprese sono ampie e diffuse. Le criticità di diverse economie dell’Africa Subsahariana, invece, non consentiranno di andare oltre una stabilizzazione delle vendite nell’area nell’anno in corso, con le eccezioni positive di Ghana, Kenya e Senegal. L’America Latina sperimenterà infine nel prossimo biennio una lenta ripresa, dopo aver registrato una contrazione dell’attività economica nel 2016.

Vera MORETTI

Il Made in Italy alla conquista dell’Africa

Nonostante si tratti ancora di cifre contenute, perché in divenire, l’Africa Subsahariana rappresenta un enorme potenziale, anche se ad oggi la classe medio-alta rappresenta una fetta di popolazione molto ridotta. Si tratta, però, di numeri destinati ad aumentare in maniera esponenziale, poiché gli abitanti, 880 milioni in 47 diversi Paesi, sono per il 41% di età inferiore ai 15 anni e la classe borghese è in rapida ascesa.
Per questo, gli investimenti a cui pensare potranno dare i loro frutti a medio-lungo termine.

Attualmente, il mercato dell’arredamento vale 9,6 miliardi di dollari e, considerando gli 11 Paesi più dinamici e interessanti, che sono Sud Africa, Nigeria, Costa d’Avorio, COngo, Kenya, Ghana, Senegal, Etipia, Angola, Camerun e Tanzania, il valore dell’export di mobili italiani è aumentato del 132,2% dal 2009 al 2015, passando da 67 a 158 milioni di euro.

Il presidente di Assarredo, Claudio Feltrin, ha dichiarato in proposito: “Ci vorrà del tempo perché in quest Paesi si consolidino le giuste condizioni economiche e il gusto adatti ai prodotti del design italiano. Ma è opportuno farlo ora, per essere pronti quando, tra 5-10 anni, queste condizioni si presenteranno“.

Per questo occorre investire in modo continuativo, appoggiandosi a partner locali affidabili, con i quali avviare una collaborazione, cominciando da quei Paesi che dimostrano di avere un contesto economico già piuttosto stabile.

In questo senso, Federlegno Arredo ha avviato un anno fa un progetto pilota, con l’apertura di uffici Ice in Paesi strategici come Sud Africa, Angola, Ghana, Etiopia e Mozambico.

Potenzialità enormi derivano sia dalle fasce più economiche, con prodotti destinati ai progetti di Social Housing, sia a quelle medio-alte, soprattutto nel residenziale e nel contract, quest’ultimo già abbastanza sviluppato. In questo ambito, infatti, i prodotti Made in Italy sono utilizzati nei complessi residenziali ma anche negli hotel di categoria più alta o nelle sedi delle multinazionali.

Il retail al contrario sembra ancora ostico, e in futuro da sviluppare solo nelle capitali come punto d’appoggio specialmente per i professionisti.

Considerando i Paesi, ovviamente il Sud Africa è quello che si differenzia da tutti, per la sua situazione culturale, ma anche sociale ed economica, molto simile all’Europa. E infatti, vi sono già presenti le principali aziende di design che rappresentano un punto di riferimento per l’intero continente.

Vera MORETTI

Lombardia prima nell’export nei primi tre mesi dell’anno

La Camera di Commercio di Milano, a seguito di una ricerca condotta da Promos per l’internazionalizzazione partendo dai dati Istat del primo trimestre 2017, ha fatto sapere che l’export in Lombardia vale 300 milioni, a seguito dei 60 miliardi di scambi nei primi tre mesi del 2017.

Ciò significa che l’export è cresciuto del 9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e, a questo proposito, Carlo Edoardo Valli, presidente Promos, ha dichiarato con soddisfazione: “Gli imprenditori lombardi considerano l’internazionalizzazione una leva sempre più importante per la crescita e lo sviluppo della propria azienda. Nonostante il mutevole contesto internazionale abbia ridisegnato alcune tratte del commercio estero e modificato dinamiche consolidate, permangono tratti distintivi dell’imprenditoria lombarda, come la qualità del prodotto, che permettono alle nostre aziende di continuare ad essere protagoniste sia in quei mercati considerati tradizionali sia in quelli emergenti nei quali stanno rafforzando il proprio posizionamento”.

Con questi risultati, la Lombardia rappresenta il 28,6% del totale italiano, che, tradotto, ammonta a 211 miliardi nei soli primi tre mesi dell’anno, con un aumento dell’11.7%. Dati positivi sono stati registrati sia da import che da export, rispettivamente in tre mesi 31 miliardi (+10%) e 29 miliardi (+8,6%), che pesano il 30,6% e 26,7% del totale italiano.

Milano è la città che si dimostra ancora una volta cole la più attiva, con un interscambio di 26 miliardi in tre mesi, ovvero il 43% del totale lombardo e addirittura in crescita del 5,8%. Dopo Milano arrivano Brescia (+9,6%) e Bergamo (+5,8%), entrambe con 6 miliardi in tre mesi.
Il capoluogo lombardo è primo anche alla voce export, con 10 miliardi in tre mesi (+9%). Seconde Brescia (+8,7%) e Bergamo (+5,8%), con quasi 4 miliardi in tre mesi. Superano i due miliardi in tre mesi Monza e Brianza (+15,5%) e Varese (+1%).

Vera MORETTI

Made in Italy da record, protagoniste le pmi

Se il Made in Italy ha registrato, e sta registrando tuttora buoni risultati, è anche grazie alle pmi, che hanno dimostrato di saper dire la loro.
Ciò è diventato possibile poiché il Made in Italy, con i suoi prodotti di eccellenza, mantiene una leadership indiscussa in ben 30 settori, dove l’Italia è stata primo esportatore nell’Unione Europea nel 2016 con un valore di 79,3 miliardi di euro, pari al 19,0% delle esportazioni totali ed in crescita dello 0,3% in un anno.
Nei trenta comparti di eccellenza il Belpaese ha una quota del 25,6% dell’export dell’intera Unione europea. In questi settori le pmi con meno di 50 addetti contano 431.275 addetti, il 61,0% dell’occupazione dei settori esaminati, come è stato reso noto da Confartigianato.

Considerando i sette principali comparti di eccellenza del Made in Italy, sono ben sei quelli appartenenti al settore Moda: il primo è quello delle Calzature con 9.173 milioni di euro, con una quota sul totale UE del 24,0%, seguito da Confezione di altro abbigliamento esterno con 8.273 milioni e una quota del 18,7%, Articoli da viaggio, borse e simili, pelletteria e selleria con 6.276 milioni e una quota del 30,5%, Gioielleria e oreficeria con 5.928 milioni e una quota del 25,1%. L’unico settore non appartenente al comparto è Tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio non colato con 5.236 milioni e una quota del 25,0%, dopodiché ecco altri due settori della Moda: Tessitura con 4.314 milioni e una quota del 30,3% e Confezione di altri articoli di abbigliamento ed accessori con 4.113 milioni e una quota del 25,2%.

Una rilevante crescita dell’export riguarda quindici settori, con nove di questi che hanno aumentato le proprie performance con cifre superiori rispetto agli altri Paesi Ue: Fabbricazione di generatori di vapore con il 15,2%, in controtendenza rispetto al calo del 6,6% dell’Ue a 28, Fusione di acciaio con l’11,8%, in controtendenza rispetto al calo del 2,1% dell’Ue a 28, Fabbricazione di macchine per la metallurgia con l’8,3%, in controtendenza rispetto al calo del 9,3% dell’Ue a 28, Fabbricazione di piastrelle in ceramica con il 6,9%, meglio del +5,5% dell’Ue a 28, Fabbricazione di altri articoli di maglieria con il 6,2%, meglio del +5,0% dell’Ue a 28, Produzione di condimenti e spezie con il 4,8%, meglio del +1,0% dell’Ue a 28, Produzione di altre bevande fermentate non distillate con il 4,6%, in controtendenza rispetto al calo del 5,8% dell’Ue a 28, Fabbricazione di macchine per l’industria alimentare, di bevande e di tabacco con l’1,6%, meglio del +0,4% dell’Ue a 28 e Tessitura con lo 0,2%, in controtendenza rispetto al calo dell’1,1% dell’Ue a 28.

Vera MORETTI

Etichetta d’origine obbligatoria per riso e grano

Soddisfazione da parte di Andrea Renna, direttore di Coldiretti di Grosseto, in riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei due decreti interministeriali per l’introduzione dell’obbligo di indicazione sull’etichetta dell’origine del riso e del grano per la pasta.

Questo provvedimento, infatti, tutelerà ulteriormente il Made in Italy, troppo spesso messo a rischio da contraffazioni e raggiri, e che arriva ad accontentare i consumatori, sempre più consapevoli ed esigenti quando si tratta di alimentazione e di provenienza delle materie prime.

Considerando che, a partire dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è prevista una fase di 180 giorni che permetta alle aziende di adeguarsi al nuovo sistema, e di smaltire le etichette e le confezioni già prodotte, si stima che dal 16 febbraio per il riso e dal 17 febbraio per la pasta sarà possibile avere le confezioni nuove e non più fuorvianti.

Renna, a questo proposito, ha commentato: “Un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure un pacco di riso su quattro. L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy nel sottolineare che in un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti”.

Dopo questa ulteriore battaglia vinta, Coldiretti non si ferma e mira alla regolarizzazione di altri prodotti, partendo da quelli simbolo del nostro Made in Italy, come i succhi di frutta e il concentrato di pomodoro, le cui importazioni dalla Cina sono aumentate del 43% nel 2016 ed hanno raggiunto circa 100 milioni di chili, pari a circa il 20% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente.

L’Italia, dunque, deve assolutamente avere una marcia in più, per tutelare i propri prodotti e confermare la sua posizione di leader europeo per quanto riguarda la trasparenza e la qualità, nonostante l’Unione Europea abbia finora adottato politiche quantomeno contraddittorie, se si pensa che esiste l’obbligo di indicare l’etichetta per la carne fresca ma non per quella trasformata in salumi, per il miele ma non per il riso, per il pesce ma non per il grano, per farne solo alcuni esempi.
Ma noi dobbiamo fare la differenza.

Vera MORETTI