Elite, piattaforma per favorire gli investimenti

Elite, piattaforma che raccoglie l’eccellenza delle imprese, anche quando si tratta di pmi, ha dato il benvenuto nel gruppo a 34 imprese italiane, new entry importanti e conosciute, non solo dagli addetti ai lavori.

Tra queste, citiamo Nicole Fashion Group, nata dall’idea di una imprenditrice, oppure Ennova, che ha visto la luce nell’incubatore I3P del Politecnico di Torino.

Queste aziende provengono da 12 regioni d’Italia, e per la prima volta anche la Calabria è rappresentata, grazie ad Agrumaria Reggina. Anche se c’è molto altro oltre al food in grado di far conoscere l’eccellenza Made in Italy, come la moda, la chimica, l’ICT, e si tratta di aziende con un fatturato medio di 58 milioni di euro e un tasso di crescita del 13%.

Con questi nuovi ingressi, Elite, che collabora con Confindustria, raggiunge così 632 aziende, 400 delle quali sono italiane, per un totale di 50 miliardi di euro di ricavi e oltre 224.000 dipendenti.

Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana e presidente di Elite, ha dichiarato: “Oggi Elite è presente in 25 Paesi, a testimonianza di come risponda alle esigenze delle pmi a prescindere dalla loro collocazione geografica. La ppeline delle società che si quoteranno l’anno prossimo è molto nutrita e se non ci saranno cambiamenti radicali nello scenario internazionale, il traguardo di 50 società è assolutamente a portata di mano“.

Tra quelle interessate a quotarsi in Borsa ci sono anche Eataly e Valentino, per fare solo alcuni esempi.

Ma, per movimentare il mercato, servirebbero maggiori investitori, che attualmente sono al palo, se pensiamo che nel 2016 i fondi pensione e le casse professionali italiane hanno investito in azioni e obbligazioni emesse da aziende italiane solo nel 3,7% dei casi, pari a 3,4 miliardi in bond e 3,8 in azioni.

E’ proprio in questa direzione che interviene il programma Elite, centrato sulle imprese e l’opportunità di permettere loro di affrontare il mercarto dei capitali attraverso l’accesso a opportunità di finanziamento, ma anche di visibilità e attrattività. In che modo? Mettendole in contatto con potenziali investitori e offrendo un affiancamento.

Ha poi aggiunto Luca Peyrano, ceo e general manager di Elite: “Il futuro del nostro Paese è strettamente collegato alla capacità di valorizzare quello delle sue aziende più virtuose e Elite gioca un ruolo cruciale nel raggiungimento di questo obiettivo. basti pensare che oltre il 35% delle società Elite ha già completato operazioni di finanza straordinaria per un valore aggregato di oltre 5 miliardi di euro“.

Vera MORETTI

Innalzato il reddito per accedere al bonus di 80 euro

Il bonus di 80 euro al mese è stato potenziato, poiché è stato innalzato il reddito che dà diritto all’agevolazione.
Si tratta di una misura contenuta nella Legge di Bilancio 2018 che incrementa di fatto il pacchetto lavoro.

Ora infatti il tetto di reddito per avere diritto al bonus di 80 euro al mese, che riguarda la detrazione per i lavoratori dipendenti pari a 960 euro annui, si alza di 600 euro.

Ecco le novità:

  • il limite di reddito di 24mila euro annui, che consente la detrazione di 960 euro, sale a 24mila 600 euro;
  • il limite di 26mila euro, sopra il quale non c’è più diritto alla detrazione, sale a 26mila 600 euro;
  • fra i 24mila 600 e i 26mila 600 euro: la detrazione scende progressivamente, fino ad azzerarsi.

Ciò significa che il riconoscimento più alto è riconosciuto a coloro che guadagnano fra 24mila e 24mila 600 euro, che prima avevano diritto alla detrazione ma in forma ridotta, mentre ora potranno detrarre interamente i 640 euro, quindi avranno il bonus da 80 euro al mese.

Il meccanismo è stato messo a punto per evitare che l’aumento del contratto dei dipendenti pubblici non incamerasse per intero l’agevolazione.

Il pacchetto lavoro comprende anche l’incentivo contributivo al 50% per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani fino a 29 anni e l’innalzamento dell’età a 35 anni solo per il 2018.
Esonero integrale è previsto per i datori di lavoro che applicano il sistema duale, con la disponibilità a stabilizzare i giovani entro sei mesi dal titolo di studio, dopo aver compiuto nella stessa azienda periodi di alternanza scuola lavoro.

Vera MORETTI

Meeting dei Giovani Imprenditori sul brand positioning

I Giovani Imprenditori di Confartigianato sono appena tornati da un meeting di due giorni a Cortina D’Ampezzo dove, il 4 e il 5 novembre, hanno discusso di formazione e di come affrontare al meglio le sfide del futuro.

In quella sede si è discusso di brand positioning, ma anche dell’importanza di aumentare le competenze dei Giovani Imprenditori, per portarli ad un livello superiore di conoscenze e di competenze imprenditoriali.

A proposito di posizionamento strategico del brand aziendale, è intervenuto, per condividere la sua esperienza e le sue conoscenze con i 200 rappresentanti dei Giovani Imprenditori di tutta Italia, Marco De Veglia, che ha voluto sottolineare l’importanza e le opportunità del posizionamento del brand: “Senza brand positioning, o meglio, senza una strategia che ti permetta di capire come mettere il tuo marchio nella testa del potenziale cliente, qualsiasi azione di marketing è inefficace. Una piccola impresa non può permettersi di spendere soldi in una marketing che non porti risultati. Per questa ragione, sono convinto che il brand positioning sia fondamentale proprio per le aziende più piccole, quelle che hanno meno risorse da investire”.

Il brand positioning prevede, in particolare, di individuare le caratteristiche vincenti della propria azienda e dei prodotti presentati sul mercato, ma anche di comprendere le differenze con i competitori e investire di conseguenza in questa direzione. Per questo, diventa una strategia chiave del marketing aziendale, alla portata di tutti, anche e soprattutto delle piccole imprese, con risultati quasi immediati.

Non a caso, dunque, il meeting ha avuto come titolo Competenze per competere, ed è stato caratterizzato da momenti di confronto e di incontro, ma ha rappresentato anche l’occasione di comprendere i cambiamenti in atto nel mondo, grazie all’intervento del professor Giulio Sapelli, che ha aperto i lavori con una esposizione sugli scenari economici e geopolitici internazionali, dalle tensioni di alcune regioni del mondo alle relazioni tra l’Occidente, l’Oriente e il mondo arabo.

Vera MORETTI

Le tutele per chi compra casa su carta

Si sa che comprare casa quando non è ancora stata costruita ma ancora in fase di progettazione comporta una serie di vantaggi, a cominciare dalla possibilità di avere una abitazione ad alta prestazione energetica, poiché le nuove norme impongono elevati standard di efficienza.
Ma c’è anche un secondo vantaggio, che permette a chi acquista di modificare la planimetria a seconda delle proprie esigenze personali.

Ovviamente, occorre anche tutelarsi da eventuali problemi legate alle imprese di costruzione, che potrebbero portare non solo a ritardi di consegna, ma anche a situazioni spiacevoli che rischierebbero addirittura di compromettere l’avanzamento dei lavori..

A questo proposito, esistono tre modalità che difendono i diritti del compratore, due delle quali sono già molto note agli addetti ai lavori e a chi si appresta a comprare casa: si tratta della fideiussione e della polizza assicurativa che le imprese sono tenute a fornire.

Il costruttore deve procurare e consegnare all’acquirente una fideiussione bancaria pari alle somme che ha già riscosso e riscuoterà prima della compravendita effettiva. In questo modo, qualora durante i lavori l’impresa dovesse entrare in una situazione di crisi, l’acquirente riceverà indietro quanto versato. Ciò accadrebbe, ad esempio, in caso di pignoramento dell’immobile, per un eventuale stato di insolvenza o fallimento.

Per quanto riguarda la polizza assicurativa decennale, il costruttore deve fornirla all’acquirente con decorrenza alla data della fine dei lavori, in modo da poter coprire eventuali danni all’immobile e difetti di costruzione, verificati anche in tempi successivi all’atto di compravendita.

Ma ora la nuova legge prevede anche una terza importante garanzia: per agevolare i notai nel controllo degli adempimenti delle imprese costruttrici, ogni contratto andrà stipulato sotto forma di un atto pubblico o scrittura privata autenticata. Nel caso in cui non venisse fornita la polizza, l’accordo sarà annullato.

Vera MORETTI

Made in Italy verso i Paesi MENA

Non solo i Paesi Brics, ma anche i Paesi MENA (Medio Oriente e Nord Africa) rappresentano per il Made in Italy un ottima opportunità di business.

Ad oggi, l’interscambio tra Italia e Area MENA vale 70 miliardi di euro, con una stima di crescita per il 2018 a 80 miliardi, come reso noto dal settimo rapporto annuale di SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno di Intesa Sanpaolo.
Si tratta di mercati dalle grandi potenzialità, che nei prossimi anni conosceranno una notevole espansione, e le imprese italiane non possono certo farsi scappare questa ghiotta occasione.

Il valore delle esportazioni è ora di 41,4 miliardi, che ricoprono circa il 10% dell’export complessivo dell’Italia, superiore, per fare un esempio, alla quota detenuta dagli Stati Uniti.

Nel dettaglio, l’Area MENA si estende dal Marocco, ad ovest, attraversa la fascia nord-occidentale dell’Africa e prosegue verso l’Iran nel sud ovest asiatico. I Paesi che ne fanno parte, secondo la Banca Mondiale, sono Algeria, Bahrain, Djibouti, Egitto, Iran, Iraq, Israele, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Malta, Marocco, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Cisgiordania e Gaza, Yemen.

Tra questi, le destinazioni adesso in pole position sono gli Emirati Arabi, con 9 miliardi di investimenti, e l’Egitto, con 8 miliardi.

Le imprese che in Italia intrattengono scambi con questi Paesi si trovano principalmente nel Mezzogiorno, poiché l’interscambio del Sud Italia con questi Paesi vale 14 miliardi di euro e rappresenta il 20% circa del totale. La quota delle spedizioni dal Mezzogiorno verso l’area MENA (15%) supera di 5 punti percentuale la media italiana (10%).

A favorire gli scambi è anche il potenziamento del Canale di Suez, che attualmente supera il canale di Panama per passaggio di navi e merci da e per l’Oriente. Questo conferma anche l’importanza sempre più pregnante del Mediterraneo nel commercio mondiale.

Considerando i dati registrati nei primi nove mesi del 2017, finora sono transitate attraverso il canale 667,8 milioni di tonnellate di merci, con un aumento del 9,8% rispetto allo stesso periodo del 2016. Ad aumentare significativamente (+18,9%) è stato il traffico nella direzione nord-sud, cioè dall’Europa all’Asia, ma è in crescita, anche se in misura minore, anche quello nella direzione opposta (+1,4%).

Vera MORETTI

Calano gli infortuni nelle imprese artigiane

Infortuni in calo, durante i primi nove mesi del 2017, dell’1,8%, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Si tratta di 719 infortuni in meno nelle imprese artigiane, che però sono in controtendenza rispetto a quelle non artigiane, dove sono invece aumentati dell’1,2%.
Gli infortuni denunciati dal totale delle imprese private non agricole sono aumentati dello 0,8%, e sono 3.113 in più rispetto al 2016, mentre nel primi nove mesi dell’anno in corso solo un decimo (10,6%) degli infortuni relativi alle imprese non agricole private si riferisce all’artigianato.

A calare sono soprattutto gli infortuni sul luogo di lavoro, che sono l’88,7% del totale e che sono diminuiti del 2%, mentre sono aumentati, anche se solo dello 0,3%, quelli in itinere, che generalmente incidono dell’11.3%.

Sempre nelle imprese artigiane l’85,7% degli infortuni avviene senza mezzo di trasporto ed il restante 14,3% con mezzo di trasporto. Rispetto a un anno prima sono in calo dello 0,7% gli infortuni avvenuti con il concorso di un mezzo di trasporto, calo meno accentuato del -2,0% osservato per gli infortuni senza il coinvolgimento degli stessi.

Considerando la situazione a livello territoriale, si registrano per l’artigianato diminuzioni in quindici regioni e calano di oltre il 5% gli infortuni in: Molise (-18,5% vs -15,6% totale imprese), Umbria (-10,2% vs -7,5% totale imprese), Sicilia (-9,1% vs -2,5% totale imprese), Lazio (-7,0% vs 1,3% totale imprese) e Abruzzo (-6,4% vs -2,5% totale imprese).
A livello provinciale si registrano per l’artigianato cali di infortuni superiori al 15% per: Ogliastra (-32,6%), Crotone (-30,6%), Isernia (-24,6%), Brindisi (-24,2%), Enna (-23,6%), Ragusa (-22,8%), Taranto (-21,5%), Oristano (-17,4%), Verbano-Cusio-Ossola (-17,0%), Biella (-16,5%), Gorizia (-16,0%), Latina (-15,8%), Trapani (-15,8%), Campobasso (-15,3%), Frosinone (-15,2%), Imperia (-15,2%), Rieti (-15,2%) e Sassari (-15,1%).

Per quanto riguarda i settori, gli infortuni sono calati in: Chimica, carta e cuoio (artigianato -7,5% e non artigianato +2,4%), Tessile (artigianato -6,1% e non artigianato +3,6%), Legno (artigianato -5,0% e non artigianato +3,4%), Metalli e macchinari (artigianato -3,9% e non artigianato +0,3%) e Costruzioni e impianti (artigianato -2,5% e non artigianato +1,2%).

Vera MORETTI

Imprenditoria del turismo femminile in forte ascesa

Si è appena tenuto, presso il Grand Hotel Villa Igiea di Palermo, il quarto forum di Terziario Donna, che ha messo in luce importanti risultati messi a segno dall’imprenditoria femminile del turismo.
Secondo una ricerca Confcommercio-Unioncamere/Isnart, infatti, il 29,7% delle imprese del settore è gestito da donne, contro un tasso medio di femminilizzazione del 21,8%, e si tratta di un trend in crescita.

In tutto, nel turismo ci sono 459 mila imprese risultate attive nel secondo trimestre 2017, che equivalgono al 7,6% del totale. Di queste, una su tre è gestita da donne, e nella totalità delle imprese che si occupano di attività ricettive, ristorative e di intermediazione turistica rappresentano più del 10% delle imprese totali.

Dall’indagine condotta emergono anche altri interessanti fattori: dal 2015 ad oggi le imprese femminili nel turismo hanno segnato un +4,9% contro una crescita complessiva della filiera pari al 4,2%, un trend a cui contribuisce soprattutto la performance del Sud.
La maggior concentrazione di imprese turistiche capitanate da donne si trova infatti nel Mezzogiorno dove sono oltre 40 mila, mentre è il Nord Est la macroarea a più alto tasso di femminilizzazione: il 31% sul totale delle imprese del turismo.
Per quanto riguarda le province più attive, nella top ten ci sono Roma, Milano, Napoli, Torino, Brescia, Salerno, Bolzano, Firenze, Verona e Genova. Sul totale delle imprese femminili nel turismo l’81,3% è attivo nella ristorazione, il 13,8% nei servizi di alloggio e il 5% nei servizi di intermediazione svolti da agenzie di viaggio e tour operator.

Vera MORETTI

Il futuro? Le imprese lo guardano con fiducia

Un segnale positivo che fa pensare ad una ripresa, e piuttosto convincente, deriva da un’accelerazione concreta, dal punto di vista economico, rilevata dal settore dell’industria, ma anche dal clima più ottimistico che si respira nelle aziende, e una conseguente fiducia nel futuro.

La fiducia tra le imprese, infatti, sta tornando ai livelli pre-crisi, e, scendendo nei particolari, l’indice calcolato dall’Istat sale da 108,1 a 109,1 a ottobre, raggiungendo il livello di giugno 2007. In aumento anche l’indice del clima di fiducia dei consumatori, che cresce per il quinto mese consecutivo passando da 115,6 a 116,1.

Considerando la situazione delle imprese del mese di ottobre, è staro rilevato un aumento del clima di fiducia in tutti i settori, ad eccezione delle costruzioni, dove però il calo dell’indice è stato causato soprattutto, e forse solamente, da una diminuzione delle aspettative sull’occupazione presso l’impresa, come conseguenza di un peggioramento, seppur lieve, dei giudizi sugli ordini.
Se, quindi, nel comparto delle costruzioni ancora non c’è stata una vera ripresa, anche se l’indice è rimasto ai livelli del 2007, si può guardare con più positività al settore manifatturiero, ma anche a quello dei servizi e del commercio, dove il clima di fiducia è salito, rispettivamente, da 110,5 a 111,0, da 107,1 a 107,6 e da 109,1 a 113,2.

Dando uno sguardo attento alla situazione delle famiglie, inoltre, l’Istat conferma un buon miglioramento dei giudizi e delle aspettative sulla situazione personale. Il saldo relativo all’opportunità di acquisto di beni durevoli sta registrando un nuovo aumento e si riporta sui livelli di gennaio.
Ciò, ovviamente, rende il futuro più roseo, tanto che aumentano gli ottimisti e diminuiscono coloro che credono sia ancora indispensabile, o almeno possibile, risparmiare sul futuro.

Vera MORETTI

Made in Italy da record, ma il falso prolifica

Coldiretti, in una sua analisi basata sui dati Istat relativi al commercio estero di agosto 2017, ha confermato che il Made in Italy alimentare, tra prodotti agroalimentari e bevande, ha registrato un aumento del 9,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Considerando che l’anno scorso l’export aveva raggiunto 38,1 miliardi, se il trend positivo si manterrà stabile fino a fine 2017 si supererà quota 40 miliardi, un record assoluto per l’agroalimentare Made in Italy.

Questo exploit è stato ottenuto grazie alle performance positive nei Paesi dell’Unione (+9,5%) e di quelli fuori dell’Europa (+8,6%).

Tra i Paesi più affezionati ai prodotti italiani ci sono Germania, Francia e Stati Uniti, che dimostrano di apprezzare particolarmente il vino e l’ortofrutta fresca.

Ovviamente, occorre tenere gli occhi aperti sull’agropirateria, che all’estero propone prodotti taroccati due volte su tre, a cominciare dai formaggi, con Parmigiano e Grana Padano in testa, ma anche salumi e olio d’oliva sono particolarmente colpiti dal mercato del falso.

A preoccupare, inoltre, anche gli effetti del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) in corso di ratifica in Italia in cui per la prima volta nella storia l’Unione Europea si legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele.

Il danno non è limitato al solo Canada, dove viene venduto un formaggio chiamato Parmesan, falso clone del Parmigiano Reggiano, poiché anche altri Paesi emergenti potrebbero arrivare a chiedere le stesse concessioni, e questo non farebbe altro che diffondere ancora di più prodotti che di italiano non hanno nulla.

Vera MORETTI

Investimenti pubblici in picchiata

Gli investimenti pubblici hanno subito un vero e proprio crollo, e precisamente del 20%, tra il 2005 e il 2017. E, se si pensa che, dal 2009, la riduzione è stata del 35%, si tratta davvero di una situazione critica.
Passando dalle percentuali alle cifre, significa che in otto anni si sono persi 18,6 miliardi di investimenti.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, ha dichiarato in proposito: “Gli investimenti pubblici sono una componente del Pil poco rilevante in termini assoluti, ma fondamentale per la creazione di ricchezza. Se non miglioriamo la qualità e la quantità delle nostre infrastrutture materiali, immateriali e dei servizi pubblici, questo Paese è destinato al declino. Senza investimenti non si creano posti di lavoro stabili e duraturi in grado di migliorare la produttività del sistema e, conseguentemente, di far crescere il livello delle retribuzioni medie. Ricordo, altresì, che il crollo avvenuto in questi ultimi anni è stato dovuto alla crisi, ma anche ai vincoli sull’indebitamento netto che ci sono stati imposti da Bruxelles che, comunque, possiamo superare, se, come prevedono i trattati europei, ricorriamo alla golden rule. Ovvero alla possibilità che gli investimenti pubblici in conto capitale siano scorporati dal computo del deficit ai fini del rispetto del patto di stabilità fra gli stati membri”.

Se tra il 2005 e il 2015 gli investimenti del Settore pubblico allargato in conto capitale sono diminuiti a livello nazionale del 23% (pari a -13,3 miliardi di euro), la ripartizione territoriale che ha registrato la contrazione più importante è stata il Nordest che ha subito un taglio pari a 5,3 miliardi di euro (-37,4%). Friuli Venezia Giulia (-51,1%), Piemonte (-44,9%) ed Emilia Romagna (-41,9%) sono state le regioni più colpite.
Ma anche il Nordovest e il Centro registrano percentuali negative, a differenza del Sud, dove c’è un aumento di 419 milioni di euro, pari a +2,7%.
Tra le regioni del Sud spicca il risultato positivo ottenuto dalla Puglia (+20,3%), dalla Basilicata (+24,3%), dalla Calabria (+38,1%) e dall’Abruzzo (+57%) che ha potuto beneficiare degli interventi pubblici riconducibili alla ricostruzione post terremoto.

Renato Mason, segretario della Cgia, ha voluto parlare anche degli investimenti privati: “Pur essendo uno strumento intelligente, il piano impresa 4.0 rimane tarato sulle esigenze delle medie e delle grandi aziende. Non è un caso, infatti, che fino a ora la stragrande maggioranza degli incentivi sia stata utilizzata da queste ultime. E’ necessario, inoltre, che nella rivoluzione digitale che dovremo affrontare nei prossimi anni non siano coinvolte solo le aziende, ma anche la Pubblica amministrazione, la scuola e le maestranze. Questa sfida si vince se, tutti assieme, saremo in grado di fare squadra, giocando questa partita con la consapevolezza che chi rimarrà indietro avrà poche possibilità di stare al passo con le principali potenze economiche del mondo”.

I settori maggiormente interessati sono stati la mobilità (-5,2 miliardi pari a -24,9%), la cultura e la ricerca (-4,1 miliardi pari a -47,6%), l’amministrazione generale (- miliardi di euro pari a -41,8%), le attività produttive e le opere pubbliche (-2,2 miliardi pari a -13,3%).
Al contrario, le reti infrastrutturali, in particolare grazie alla rete ferroviaria ad alta velocità, sono aumentate del 76,5%.

Vera MORETTI