A Napoli “Padri, Figli e Patrimoni: family business e passaggio generazionale”

Fa tappa a Napoli l’evento “Padri, Figli e Patrimoni: family business e passaggio generazionale”, organizzato da Atema in collaborazione con Family Office del Gruppo Montepaschi e AIdAF Associazione Italiana delle Aziende Familiari. Dopo gli eventi del 3 dicembre 2010 a Firenze e del 15 dicembre a Milano, l’appuntamento è ora per il 19 gennaio 2011, dalle 10 alle 14, presso l’Unione Industriali Napoli, Piazza dei Martiri 58 (SCARICA IL PROGRAMMA DELLA GIORNATA).

L’incontro cercherà di far capire quanto conta, in un tessuto produttivo come quello italiano caratterizzato dalla preponderanza di piccole e medie imprese spesso a conduzione familare, una corretta gestione del passaggio generazionale all’interno di un’azienda, per evitare errori, traumi, sbandamenti, spesso pericolosi per il business se non addirittura per la sopravvivenza dell’attività stessa.

È sentire comune che competenze, conoscenze e aspetti manageriali di eccellenza per la gestione dei cambiamenti strategici e di governo delle imprese familiari, debbano affiancarsi in coerenza ai migliori servizi di gestione dei patrimoni familiari (tangibili e intangibili) garanti di una continuità dello spirito imprenditoriale, sociale e della sostenibilità delle imprese familiari italiane.

La “family continuity” è un obiettivo dell’impresa di famiglia ma è anche fattore necessario allo sviluppo del sistema produttivo italiano. Poter contare su stabili relazioni, sulla possibilità di trasmettere il patrimonio di generazione in generazione, e sulla possibilità di generare ma anche trasmettere ricchezza e valori sul territorio sono fondamenti imprescindibili per la crescita competitiva del Paese: ciò si fonda anche sul valore della tutela dei patrimoni individuali e familiari, e sulla possibilità di creare presupposti operativi ed efficaci ad ogni momento del passaggio inter-generazionale per il mantenimento degli stessi e dell’azienda nel medio-lungo termine.

L’incontro si propone di fare il punto sui servizi di eccellenza, le forme innovative e personalizzate alle esigenze degli imprenditori per la gestione integrata dei patrimoni familiari, in particolare nelle critiche fasi dei passaggi generazionali.

Temporary Manager qualificati: intervista a Franco Cavalli, vicepresidente di Atema

di Davide PASSONI

Il 2010 è stato, per Atema, un anno di svolta. L’Associazione per il Temporary Management ha infatti dato un forte segnale al mercato con la qualificazione di alcuni suoi associati, di cui Infoiva ha dato conto negli scorsi mesi. Per capire meglio lo spirito e le finalità di questa qualificazione, abbiamo incontrato il vicepresidente di Atema, Franco Cavalli, che ha fatto il punto sui risultati della prima tornata e anticipato alcuni dei passi che l’associazione potrebbe intraprendere, con l’obiettivo di dare una sempre maggiore autorevolezza ai propri temporary manager.

Come è nata l’idea di qualificare i temporary manager di Atema?
Ci siamo resi conto che, volendo essere un associazione che rappresenta questo tipo di attività sul territorio nazionale, dovevamo avere capacità diaggregare i manager ma anche di parlare al mercato dicendo che esistiamo, ci siamo e siamo in grado di dare al mercato una indicazione di competenza e capacità nel campo dell’attività manageriale. Ci siamo posti il problema di dire: elaboriamo una qualificazione nostra o ci affidiamo a terzi per non essere autoreferenziali? E poi: su quali elementi elaboriamo questa qualificazione?

Risposta?
Vede, la maggior parte dei nostri soci è stata responsabile di funzione o executive nella propria carriera professionale; a un certo punto, queste persone si sono trovate nella condizione di dire “mi invento un mestiere diverso”. Quindi ci siamo chiesti: che cosa vogliamo trasmettere al mercato come profilo del temporary manager o del transition manger? Così abbiamo messo intorno a un tavolo persone che hanno una lunga esperienza di questo tipo di attività, che negli anni hanno venduto servizi alle aziende in questo campo e che provengono da diverse realtà; ciascuno di loro ha dato una visione di quello che cerca nel temporary manager per poterlo abbinare alle attività o alle richieste che riceve dal mercato e abbiamo stilato una graduatoria di queste competenze.

Che cosa è emerso?
Abbiamo basato tutto su un discorso di soft skills, evitando di entrare nella valutazione delle competenze specifiche del CV della persona: non siamo in grado di valutarle, è troppo complesso. Quello che per noi era importante capire era invece che non tutti i manager hanno le caratteristiche per poter operare in condizioni di temporary, perché il mercato ci ha indicato chiaramente che per fare questo esistono delle competenze specifiche; noi ne abbiamo individuate 17, le abbiamo riunite e poi ci siamo posti il problema di come misurarle con una metodologia standard e valida da un punto di vista valutativo ma anche autorevole agli occhi del mercato. Abbiamo lavorato così con l’università di Milano Bicocca e uno dei componenti del team che è Giorgio Del Mare, presidente e AD di Methodos, una grossa società di consulenza, ci ha consigliato di appoggiarci all’esperienza di Giuliano Sangiorgi, professore di psicologia del lavoro all’università di Cagliari. Sangiorgi ha così elaborato uno strumento riconosciuto e valido per misurare questi soft skills. Diamo dunque per scontate le competenze hard e ci concentriamo su quelle soft, perché non è detto che il bravo manager della grande industria sia in grado di lavorare nelle condizioni in cui si trova di solito un temporary manager.

Risultato?
A fronte di tutto questo è arrivato il primo gruppo di 10 persone certificate e poi il secondo di 12. Interessante è notare che il test cui noi sottoponiamo i manager valuta, oltre alle 17 competenze distintive, molti altri skills, poiché è uno strumento di tipo standard i cui risultati vanno molto più in là di quanto noi valutiamo: potrebbe esserci infatti la necessità di rivalutare più avanti le 17 competenze e capire se devono essere cambiate oppure no. Questa qualificazione, poi, è a tempo: vale tre anni, nell’arco del triennio la persona deve adempiere a determinati doveri per mantenere la qualifica e alla fine del triennio saranno riviste alcune valutazioni iniziali.

Quindi queste competenze si evolvono,non rimangono uguali a se stesse?
Lavorando sui soft skills diventa difficile abbinare la qualificazione a un piano di formazione per acquisirli, ma è anche vero che questi skills possono maturare nel tempo a seconda dell’uso che ciascuno ne fa, o essere stimolati e visti in funzione di determinate situazioni in cui un manager si trova a operare. Di fatto l’utilizzo ne migliora il grado di possesso, per cui come ulteriore step pensiamo: se dovessimo incontrare chi non ha questi skills, come possiamo fare per far sì che li apprenda?

Appunto, come?
Stiamo valutando che cosa organizzare in tal senso, che però non può essere un classico corso di formazione in aula. Ci stiamo ancora pensando perché è una cosa piuttosto complessa, per cui abbiamo voluto analizzare i risultati delle prime qualificazioni prima di decidere.

Che percentuale di associati Atema è per ora qualificata?
Nelle prime due tornate abbiamo coinvolto il 12% dei nostri soci, un buon primo campione da analizzare a 360 gradi: un lavoro che farà il prof. Sangiorgi che, sulla base dei risultati, ci indicherà la direzione migliore da prendere.

Come ha reagito il mercato alla vostra iniziativa?
La risposta che abbiamo è quella degli operatori che lavorano con noi e che trovano la cosa molto interessante, perché permette loro di avere uno screening dell’individuo piuttosto completo e attendibile. Sulla validità dell’iniziativa mi confrontavo recentemente con Manager Italia, che ha un sistema di valutazione molto complesso chiamato Youmanager, il quale comporta costi di gestione elevati per l’associazione e di sostegno per l’individuo valutato, per cui l’associazione guarda con interesse al nostro: si può fare qualcosa di molto valido e autorevole a costi contenuti. Non abbiamo la pretesa che il nostro strumento dica al mercato che chi ha questa qualificazione sa fare tutto, vogliamo invece dire che questo strumento fa sì che il mercato sappia che il manager ha gli “attrezzi” necessari per poter affrontare certi incarichi.

Coinvolgerete tutti i vostri associati?
Sì, ci piacerebbe avere tutti gli associati qualificati. Vero è che abbiamo associati che non operano più sul mercato per limiti di età ma sono rimasti fedeli all’associazione come spirito e come obiettivi, per cui potrebbero non essere interessati, però l’idea è che i soci la acquisiscano, visto che è su base volontaria. L’altro step a cui stiamo pensando, oltre alla formazione di cui parlavo prima, è di dare maggiore visibilità allo strumento dal punto di vista della conoscenza all’esterno, spingendolo in direzioni molto “marketing oriented”. Non possiamo pensare che sia conosciuto solo da noi e da quei 5 o 6 operatori che lavorano con noi. Abbiamo attivato lo strumento, i nostri soci devono vederlo come un mezzo che consente loro di avere maggiore visibilità sul mercato, ma se non diciamo al mercato che questa cosa esiste i soci non possono spendersi adeguatamente: è un circolo virtuoso che va innescato e che dobbiamo innescare noi di Atema, non possiamo demandarlo a terzi.

Nell’avvio della mia impresa è sempre possibile scegliere il regime fiscale da adottare?

Ottava e ultima tappa del viaggio di Luigi P. nel mondo delle partite IVA. Oggi Luigi ha un dubbio relativo ai regimi fiscali ordinari, semplificati o agevolati. Infoiva, grazie al contributo della dott.ssa Ippolita Pellegrini, gli chiarisce le idee.

Esistono dei regimi naturali previsti per alcune tipologie di imprese scelti in base alla tipologia di attività che si avvia e al volume d’affari che presumibilmente ci si può aspettare.

Il regime ordinario è il regime fiscale obbligatorio per tutte le società di capitali e per le imprese individuali che nell’anno precedente hanno superato, o prevedono di superare circa 310mila euro per attività di servizi e circa 517mila euro per le altre attività. Le imprese che adottano questo regime hanno una serie di adempimenti fiscali, quali il mantenimento dei registri dell’IVA, dei libri contabili, e devono sottostare agli studi di settore.

Il regime semplificato è così chiamato perché richiede un minor numero di adempimenti, interessa le imprese individuali e le società di persone quando i ricavi dell’anno precedente, o quelli presunti per l’anno di esercizio, non superano i limiti di cui sopra. Con tale regime è sufficiente avere solo i registri IVA oltre a quelli dei dipendenti, se esistenti, integrati con le informazioni estranee all’IVA, necessarie per il calcolo del risultato d’esercizio.

Oltre ai regimi di cui sopra, nel sistema attuale esistono regimi fiscali agevolati rappresentati dal regime dei contribuenti minimi (art.1 comma 97 della L.244/2007) e dal regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (art. 13 della L. 388/2000).

E’ chiaro che per la scelta del regime fiscale da adottare è necessario fare riferimento al proprio commercialista.

 

Dott.ssa Ippolita PELLEGRINI | i.pellegrini[at]infoiva.it | (+39) 346.5278117 | Bisceglie
Laureata in Economia e Commercio presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bari nel 1995, la Dott.ssa Pellegrini è esperta in gestione aziendale e da 12 anni è Responsabile Contabilità e Bilancio di un gruppo di società di capitali, titolari di numerosi marchi, dedite alla produzione e alla commercializzazione di abbigliamento in Italia e all’estero. Iscritta all’Albo dei Dottori Commercialisti di Trani dal 2006, segue l’approfondimento della materia fiscale e tributaria e studia la fattibilità e la convenienza di operazioni aziendali particolari.

Leggi gli articoli già pubblicati dal Professionista.

Mettere un immobile a reddito: ecco tutti i vantaggi del temporary housing

Mettere immobili a reddito: prima o poi ci hanno pensato tutti. C’è chi ha deciso di approfittare dei prezzi ancora bassi degli immobili e di investire in un piccolo appartamento in città, o viceversa chi, proprio per la situazione del mercato immobiliare, non vuole svendere il proprio appartamento e preferisce darlo in affitto in attesa di tempi migliori. C’è chi eredita la casa della nonna e chi vorrebbe acquistare un appartamento per i figli che tra qualche anno lasceranno il nido. Qualunque sia la casistica, il mattone è l’investimento considerato più sicuro.

Rivolgersi direttamente al mercato tramite internet è apparentemente la soluzione più semplice e alla portata di tutti, quella che permette di raggiungere un alto numero di potenziali inquilini in tempi rapidi e a basso costo. Non bisogna dimenticare, però, che i rischi non sono inferiori ai vantaggi. Molto spesso, infatti, l’utilizzo del web può essere imprudente se non si possiedono le conoscenze necessarie per gestire operazioni commerciali e se non si conosce la normativa per la gestione di contratti e pagamenti. Incappare in situazioni fraudolente è purtroppo all’ordine del giorno. Anche chi riesce a trovare l’inquilino ideale deve poi confrontarsi con i suoi possibili difetti: ritardi di pagamento, rischio di subaffitti o continue richieste di interventi di manutenzione. E, se per ottenere un guadagno apparentemente maggiore, si decide di adottare la formula “in nero”, in caso di danni o insoluti ci si ritrova completamente scoperti da qualsiasi forma di tutela legale. Senza contare che chi investe in un immobile potrebbe aspirare a venderlo in tempi rapidi se si presenta un’occasione vantaggiosa e, con i tradizionali contratti d’affitto, liberarsi del proprio inquilino può rivelarsi un’impresa particolarmente ardua.

Al giorno d’oggi esiste però una strada alternativa e più efficace: basta affidarsi ad aziende specializzate nella gestione di affitti brevi. Quali sono i vantaggi di tale soluzione? In primo luogo la pubblicazione del proprio appartamento su un sito web specializzato garantisce l’affidabilità dell’immobile e ne aumenta al contempo l’affittabilità. Uno specialista conosce infatti tutti i trucchi della comunicazione sul web per far trovare facilmente un appartamento, che sia in centro a Milano o sul Canal Grande, a tutti coloro che sono alla ricerca di un alloggio per vacanze, week end o viaggi di lavoro.

Un altro vantaggio è legato alla gestione quotidiana di immobile e inquilino. Le società che gestiscono professionalmente affitti brevi hanno strutture interne per rispondere a ogni esigenza. Sono dotate di tecnici competenti per la manutenzione che garantiscono interventi in tempi rapidi e sono in grado di effettuare qualsiasi riparazione e di far fronte a qualsiasi malfunzionamento. Inoltre, tali aziende dispongono di personale di servizio qualificato, che si occupa dell’accoglienza dell’inquilino, delle pulizie e del cambio biancheria. Sgravarsi delle incombenze relative alla manutenzione dell’appartamento e alla gestione dell’inquilino è un vantaggio indubbio per il proprietario, soprattutto nel caso in cui si risieda in un’altra città, se non addirittura in un altro stato.

Anche l’aspetto amministrativo, spesso spina nel fianco per i proprietari, viene totalmente gestito dalle società specializzate nel temporary housing. Affidarsi a una società seria è garanzia di rispetto di tutte le procedure richieste dalle legge: regolare registrazione dei contratti e degli occupanti dell’immobile, che funzionano come tutela contro il rischio di inadempienza da parte dell’inquilino o di trovarsi a dare asilo a persone ai limiti della legalità (per cui sono previste anche sanzioni penali, un possibile risvolto a cui non si pensa quando si opta per gli affitti “in nero”). Inoltre, è sempre la società che affitta l’appartamento a preoccuparsi di sollecitare il pagamento da parte degli inquilini, assicurando al contempo entrate regolari al proprietario.

Affidare il proprio appartamento ai professionisti dell’affitto breve è sicuramente un’ottima soluzione per chi vuole mettere il proprio immobile a reddito: a differenza dei tradizionali contratti di affitto che durano almeno quattro anni, le società come Halldis offrono dei contratti annuali, da cui si può recedere con tempi minimi di preavviso. L’ideale per chi vuole ottenere una rendita dal proprio appartamento per un tempo limitato, nell’attesa di una buona offerta di acquisto oppure di trasferircisi personalmente. E una soluzione particolarmente apprezzata da chi è già stato scottato da esperienze negative con gli affitti tradizionali o che ha sentito i racconti terrificanti di parenti e amici che non riuscivano più a liberarsi di un inquilino indesiderato.

Senza contare che un numero crescente di persone sarà probabilmente attratto dall’idea di mettere un appartamento a reddito grazie alla cedolare secca sugli affitti prevista dalla Finanziaria 2011, in base alla quale i redditi da affitto saranno tassati al 20%. Anche per questi individui, rivolgersi a un professionista del settore, in grado di suggerire zone e tipologie di immobili più facilmente affittabili, diventa una garanzia di maggior successo dell’investimento.

Lo Speciale “Temporary office e housing” è realizzato in collaborazione con Halldis, primo operatore nell’affitto di appartamenti e uffici chiavi in mano in Italia ed Europa, che a Milano gestisce il business center Blend Tower, con più di 100 temporary office.

Il credito d’imposta ricerca e sviluppo e i controlli dell’Agenzia delle Entrate

La Legge 244/2006 (Finanziaria 2007) ai commi 284-289 ha introdotto un incentivo fiscale sotto forma di credito d’imposta per le imprese che hanno investito in ricerca e sviluppo.

L’incentivo è pari al 10% (15% per il solo costo dei contratti stipulati con Università e Centri di ricerca che poi è salito al 40% con la Finanziaria 2008) dei costi di ricerca e sviluppo per il triennio 2007-2009: costo del personale tecnico, ammortamento dei beni strumentali, costo dei materiali di consumo per lo sviluppo dei prototipi, delle consulenze tecniche e delle spese generali.

Con l’introduzione dell’obbligo dell’invio del formulario, la concessione del credito d’imposta non è stato più un meccanismo automatico ma ha necessitato del nulla osta da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il periodo triennale per il quale alcune imprese hanno potuto beneficiare del credito d’imposta da utilizzare in compensazione con il pagamento dei tributi erariali si è concluso da quasi un anno; l’Agenzia delle Entrate si è attivata per effettuare i relativi controlli formali e sostanziali, in base a quanto stabilisce la Finanziaria 2007 e il decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico, pubblicato sulla G.U. 18/04/2008, n. 92.

Per evitare di trovarsi di fronte a situazioni di revoca dell’agevolazione (totale o parziale) con conseguente addebito di elevate sanzioni (30% del credito d’imposta oggetto di contestazione) è bene controllare che tutto sia in ordine sotto l’aspetto formale.

La relazione sull’attività di ricerca e sviluppo deve essere firmata dal legale rappresentante della società, controfirmata da un professionista Dottore Commercialista e/o revisore dei conti, e contenere il dettaglio dei costi di ricerca e sviluppo di competenza del periodo di riferimento.
L’attività svolta da parte del personale dell’ufficio tecnico per i progetti di ricerca e sviluppo deve essere comprovata da appositi fogli di presenza firmati dai dipendenti interessati e dal legale rappresentante della società.
I costi per il materiale di consumo utilizzato, per l’attività di consulenza tecnica e per le spese generali devono essere comprovati dalle relative fatture di acquisto.

L’Agenzia delle Entrate potrà esprimere anche dei giudizi sostanziali, andando a verificare che l’attività svolta sia effettivamente attività di ricerca e sviluppo e non modifiche periodiche anche se rappresentano dei miglioramenti apportati ai prodotti, processi di fabbricazione.

Mentre gli aspetti formali della normativa sono oggettivi, e quindi difficilmente contestabili, quelli sostanziali sono soggettivi; eventuali rilievi mossi dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate potranno essere oggetto di contenzioso.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali. Iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti dal 2007 è titolare dello studio GDL Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.

Ad Ancona un concorso mette in palio 41.000 euro per Ingegneri ed Architetti esperti in urbanistica

Il concorso di idee per la riqualificazione e valorizzazione della direttrice urbana che va dal Porto al Passetto, indetto dal Comune di Ancona, sarebbe dovuto scadere lo scorso 9 dicembre 2010. Invece, si è deciso per una proroga che ha posticipato il termine ultimo di partecipazione al prossimo 12 gennaio 2011.

I professionisti che concorreranno dovranno individuare dei percorsi tematici differenziati e approfondire le sistemazioni dei principali eventi spaziali e urbani che si snodano lungo la direttrice urbana oggetto del concorso, che caratterizza morfologicamente Ancona.

Ai primi tre classificati nella graduatoria di merito saranno assegnati i seguenti importi:

  • Primo classificato €25.000,00
  • Secondo classificato €10.000,00
  • Terzo classificato € 6.000,00

Per tutte le informazioni necessarie alla partecipazione, invitiamo a visitare la pagina internet del Comune di Ancona, dedicata al concorso.

Esistono altri regimi fiscali agevolati oltre a quello dei minimi? Quali sono e quali vantaggi offrono?

Settima tappa del viaggio di Luigi P. nel mondo delle partite IVA. Oggi Luigi chiede lumi sui diversi regimi fiscali agevolati. Infoiva, grazie al contributo della dott.ssa Ippolita Pellegrini, gli dà le informazioni che cerca.

Oltre al regime fiscale agevolato per i contribuenti minimi esiste il regime fiscale agevolato per le nuove attività, c.d. dei forfettini.

Sempre con riferimento a chi è intenzionato ad avviare una nuova attività di impresa o di lavoro autonomo, dal punto di vista soggettivo tale regime può essere riconosciuto solo a persone fisiche o a imprese familiari che iniziano un’attività che non è prosecuzione di altra attività precedentemente svolta.

Per quanto concerne l’ambito oggettivo, è necessario che si realizzino compensi di lavoro autonomo non superiori a 30.987,41 euro o ricavi per le imprese non superiori a 30.987,41 euro se hanno per oggetto prestazioni di servizi, ovvero a 61.974,83 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività.

Le agevolazioni consistono nella riduzione del carico fiscale, nel senso che è prevista l’applicazione di un’imposta sostitutiva IRPEF del 10% sul reddito determinato come differenza tra ricavi e costi, e nella semplificazione degli adempimenti contabili.

Infatti, vi è l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte dirette, dell’IRAP e dell’IVA. In particolare, l’IVA a debito è dovuta annualmente, anziché alle scadenze periodiche, e non si è esonerati dalla presentazione della dichiarazione annuale. Rimane l’obbligo di conservare i documenti ricevuti ed emessi e, se previsto, l’obbligo di emissione fatture, scontrini fiscali e ricevute fiscali.

 

Dott.ssa Ippolita PELLEGRINI | i.pellegrini[at]infoiva.it | (+39) 346.5278117 | Bisceglie
Laureata in Economia e Commercio presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bari nel 1995, la Dott.ssa Pellegrini è esperta in gestione aziendale e da 12 anni è Responsabile Contabilità e Bilancio di un gruppo di società di capitali, titolari di numerosi marchi, dedite alla produzione e alla commercializzazione di abbigliamento in Italia e all’estero. Iscritta all’Albo dei Dottori Commercialisti di Trani dal 2006, segue l’approfondimento della materia fiscale e tributaria e studia la fattibilità e la convenienza di operazioni aziendali particolari.

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L’affitto breve e la sua evoluzione: dalle vacanze ai viaggi di lavoro

“Affittare per un breve periodo un appartamento o una casa, per una vacanza o per un soggiorno di lavoro”: questa potrebbe essere una definizione del cosiddetto temporary housing. L’affitto breve è un fenomeno sempre più diffuso al giorno d’oggi, che però esiste da molto tempo, seppur con modi e forme diverse.

Andando indietro nel tempo, già nell’Italia degli Anni ’60 l’affitto di una casa per una stagione faceva parte delle abitudini di vacanza di diverse famiglie benestanti. Che fosse al mare o in montagna, ci si trasferiva tutti per qualche settimana in una casa pronta all’uso, arredata e dotata di tutto il necessario per potervici soggiornare comodamente. All’epoca le possibilità di comunicazione erano limitate, quindi l’unico modo per accedere a questo tipo di alloggio era conoscere direttamente il proprietario dell’immobile o arrivarci tramite passaparola di conoscenti e amici. E comunque era una tipologia di alloggio riservato a un ceto abbiente, visto che all’epoca ben poche persone potevano permettersi una vacanza.

Con l’evolversi dei mezzi di trasporto e la diffusione dell’automobile, si è passati sempre più a un turismo di massa che, inizialmente nelle vacanze estive e in quelle invernali, poi sempre più spesso anche durante l’anno, si spostava scegliendo come destinazione anche le città d’arte. Questo ha portato molti proprietari a cercare di approfittare della grande domanda di alloggio da parte di turisti proponendo i propri appartamenti in affitto.

L’aumento della domanda ha favorito la nascita di operatori che gestissero l’affitto breve di appartamenti in modo professionale. E’ il caso, per esempio, di Leonardo Ferragamo, che nel 1986 creò l’agenzia immobiliare Windows On Tuscany, divenuta in seguito Windows On Italy, per gestire le proprietà immobiliari della famiglia Ferragamo tra Firenze e le colline toscane, e che via via ha inserito in portafogli anche immobili di altri proprietari della zona, diventando in breve tempo un punto riferimento per l’affitto breve in Toscana prima e in Italia poi. Con la nascita del turismo di massa sono nate le agenzie di viaggio e riuscire ad avere contatti privilegiati con il maggior numero possibile di agenzie in location chiave era la strategia a disposizione degli operatori di affitti brevi per poter ampliare il più possibile la propria base di clienti.

Parallelamente, la struttura economica e l’organizzazione delle aziende diventano sempre più internazionali e crescono i viaggi di lavoro e l’offerta di affitti brevi anche per questo tipo di richiesta, che negli Stati Uniti esisteva già negli Anni ’60 sotto il nome di “corporate housing“. Il principio è lo stesso che per le vacanze: poter affittare per un breve periodo di tempo un appartamento “chiavi in mano”. Il concetto di affitto breve per soggiorni di lavoro acquista dunque sempre più terreno grazie alla creazione di società specializzate in questa tipologia di servizio anche in Italia.

Nel 2002 Pietro Martani, giovane imprenditore, dopo aver trascorso un periodo di tempo negli Stati Uniti, decide di proporre ai manager in viaggio un’alternativa all’hotel creando Rentxpress. Con i primi 50 appartamenti a Milano e grazie ad alleanze con aziende dislocate nel territorio meneghino, Rentxpress sviluppa la sua offerta in modo sempre più capillare, anche in risposta al concomitante sviluppo dei trasporti aerei e dei viaggi low cost, che porta ad incrementare il numero di potenziali clienti.

Altro fattore essenziale che ha profondamente modificato le regole del gioco è stato lo sviluppo di internet: la rete è diventata la vetrina per eccellenza, permettendo di scavalcare qualsiasi tipo di intermediazione, a partire dalle agenzie di viaggio. Gli operatori dell’affitto breve più accorti hanno capito velocemente questo potenziale e hanno costruito siti di facile consultazione, disponibili in più lingue e dotati di prenotazione online per raggiungere possibili clienti in ogni angolo del mondo. Un esempio di successo è dato da Halldis, che non solo dispone di un sito in 7 lingue, ma si serve di uno staff internazionale per assistere il cliente nella sua lingua d’origine.

L’evoluzione del mercato inoltre, fa sì che clienti diversi richiedano trattamenti personalizzati. Gruppi all’avanguardia come Windows On Europe presentano un’offerta diversificata mettendo a disposizione del cliente appartamenti di livello medio alto con Halldis, appartamenti di lusso con servizi di concierge con Gentili & Roy e coprendo anche il mercato immobiliare per studenti, grazie alla società Phosphoro.

Lo Speciale “Temporary office” è realizzato in collaborazione con Halldis, primo operatore nell’affitto di appartamenti e uffici chiavi in mano in Italia ed Europa, che a Milano gestisce il business center Blend Tower, con più di 100 temporary office.

Il partitivista dal punto di vista del diritto: professionista di nome, dipendente di fatto

Secondo l’Agenzia delle Entrate, a fine marzo 2010, in Italia, risultavano aperte circa 10 milioni di Partite IVA, la stragrande maggioranza delle quali non faceva capo a società o imprese, ma a figure professionali autonome: un numero sicuramente impressionante, indice sì di vitalità del mercato del lavoro, ma anche dell’instabilità del medesimo.

Il fenomeno del boom delle partite Iva inizia negli Anni ’80, quando comincia la cosiddetta “ristrutturazione terzistica” dell’economia italiana: l’apertura della partita IVA, difatti, diviene lo strumento per divenire imprenditori di se stessi, è sufficientemente agile e snello e non richiede titoli di studio o eccessiva burocrazia.

In tutti questi anni, il popolo delle partite IVA è costantemente cresciuto, ma non ha mai avuto modo di organizzarsi con il solo risultato che, specialmente nel caso di giovani professionisti, vi sia esclusivamente una legislazione fiscale e non una di tutela. La partita IVA, infatti, solo in linea teorica consente di esercitare una professione in modo libero, autonomo ed indipendente, ma, in realtà, è più spesso lo uno degli strumenti, che il giovane avvocato, commercialista, architetto, o il professionista in generale è costretto ad utilizzare pur di entrare a far  parte del mondo del lavoro.

Negli ultimi anni, difatti, si è sviluppata la prassi di utilizzare la partita Iva come strumento per flessibilizzare il mercato del lavoro: invece di assumere un dipendente che lavora part time o addirittura full time, gli si suggerisce di aprire la sua partita Iva; ma, lo strumento in parola gli garantisce al massimo e nel migliore dei casi un lavoro, ma non la tutela che da esso dovrebbe derivare.

E’ indicativo il fatto che molti avvocati e commercialisti chiedano, declassandosi, un posto da impiegato o cerchino comunque carriere alternative. La partita IVA non garantisce una sicurezza, non dà, ovviamente, diritto a ferie né malattie e neppure, almeno per ciò che concerne i giovani professionisti, a quel miraggio di libertà, autonomia ed indipendenza che è stato il motivo per cui si è scelta una professione.

Le statistiche dicono come oltre i due terzi di questi “lavoratori” oscilla tra i 30 e i 40 anni d’età ed un livello alto di istruzione e di professionalità. A ciò occorre aggiungere come non esistendo praticamente barriere di entrata, la concorrenza sia pressocchè incontrollata e sarebbe necessario riformare l’intero modello favorendo gli accorpamenti, prevedendo una legislazione ad hoc e limitando altresì, la cifra spropositata che sfiora i summenzionati 10 milioni.

L’introduzione del c.d. “forfettone” per i redditi sotto i 30mila euro e la possibilità di dividere il reddito tra moglie e marito ha aiutato questo giovane popolo in termini di fisco leggero, ma sono mezzi “placebo” che non accontentano né tutelano se non in minima parte.

Questa la realtà lavorativa per la stragrande maggioranza dei titolari di partite Iva in Italia. Nel 60% dei casi hanno un solo committente e lavorano in sede con ritmi e orari pressoché identici a quelli di un dipendente. Mediamente guadagnano mille euro al mese e restano a lungo nella famiglia d’origine. Professionisti di nome, quindi, ma dipendenti di fatto.

L’esistenza di tali figure professionali “ibride”, genera un ulteriore problema; e cioè il ricorso indiscriminato (a volte giustificato a volte no) alla Giustizia civile (ed in particolare al Tribunale del Lavoro), nella speranza, da parte del “lavoratore” / collaboratore ricorrente, che il Giudice voglia qualificare, di fatto, il rapporto come di lavoro dipendente, nonostante esso sia mascherato da “lavoro autonomo”. La circostanza di essere titolare di partita IVA non è infatti elemento risolutivo per conferire al soggetto titolare, la posizione di lavoratore autonomo, se poi nella realtà dei fatti, il rapporto si manifesta secondo i canoni tipici della subordinazione o della parasubordinazione, quali possono essere l’assoggettamento al potere gerarchico del “datore” di lavoro, il rispetto di orari prestabiliti di entrata e di uscita, ecc…

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Rimini: Natale e artigiani alla sua mostra-mercato

Come ogni città, anche Rimini ha la sua mostra mercato tradizionale dedicata al Natale: anche in questa edizione 2010, l’appuntamento con lo shopping delle feste dura fino al 24 dicembre negli spazi della Vecchia Pescheria di Piazza Cavour ed è organizzato  dalle associazioni artigiane Confartigianato e Cna.

La partecipazione è quella dei più qualificati maestri artigiani di Rimini e provincia, che propongono dalle loro bancarelle manufatti e prodotti tipici della tradizione romagnola, come tele stampate ruggine, oggettistica in terracotta, ceramiche e maioliche decorate a mano.

Produzione locale, ma anche manufatti locali e lavorazioni rappresentative di estro e abilità manuale, quali articoli per l’arredamento in legno e in ceramica, e poi composizioni e candele in cera, oggettistica in carta pesta, bigiotteria in argento, lavori fatti a maglia, produzione borse, cappelli fatti a mano, lavorazione pietre minerali, oggettistica in vetro fuso, satinato e tiffany, legatoria, stampa su tessuto.

La mostra-mercato dell’artigianato artistico e tradizionale rappresenta un importante momento di promozione e mercato per le aziende partecipanti: quest’anno è giunta alla sua 29ma edizione ed ed èconsiderata da cittadini e turisti un appuntamento fisso per acquistare il regalo di Natale.
Da non perdere!

Paola Perfetti