Cnf e Ordini forensi: impegno comune su avvocatura e giustizia

Durante la riunione del Consiglio nazionale forense con i presidenti dei Consiglio nazionale forense e delle Unioni regionali, svoltasi nei giorni scorsi a Roma, è stato ribadito l’impegno comune tra Cnf e Ordini per un confronto costante sulle questioni relative ad avvocatura e giustizia.

La riunione ha evidenziato la grave situazione dell’avvocatura, resa ancora più acuta dalla crisi economica e dal ritardo con cui procede l’approvazione della riforma forense, dalle attività suppletive a cui provvede l’avvocatura per far funzionare la macchina della giustizia e dalla imminente applicazione dei decreti sulla mediazione. A questo proposito, i presidenti degli ordini hanno comunicato che molti presidenti dei tribunali non hanno assegnato le aule per allestire gli organismi di conciliazione, che il numero dei conciliatori è insufficiente a garantire l’immediata effettuazione del servizio e che gli organismi di conciliazione hanno difficoltà a dotarsi di copertura assicurativa; la ristrettezza dei tempi impedisce infatti di organizzare un servizio efficace e utile a smaltire la mole dei procedimenti.

Tutte ragioni oggettive che impongono una proroga dell’entrata in vigore della legge, anche se il confronto ha ribadito la necessità che la legge sia modificata per introdurre, tra l’altro, l’assistenza tecnica, la cui omissione non garantisce una adeguata tutela dei diritti con grave danno dei cittadini e del Paese, ed eliminare la obbligatorietà.

Si è anche ribadito l’impegno del Cnf, degli Ordini, delle Unioni a realizzare risultati concreti come l’immediata calendarizzazione alla Camera della riforma forense, la modifica della legge sulla mediazione, il miglioramento del testo sulle specializzazioni, il confronto continuo sulle riforme del sistema giustizia.

A Perugia “Un notaio per amico”, consulenza gratuita del Consiglio Notarile cittadino in collaborazione col Comune

Prende il via con il nuovo anno “Un notaio per amico“, il servizio di consulenza gratuita istituito dal Consiglio Notarile di Perugia in collaborazione con il Comune.

A partire dal 27 gennaio 2011 i notai perugini saranno gratuitamente a disposizione dei cittadini per fornire informazioni sui temi tipici dell’attività notarile, quali i contratti: acquisto di abitazioni e trasferimenti immobiliari in genere (compromessi, vendite, donazioni, permute, divisioni) e relativa tassazione, agevolazioni per l’acquisto della prima casa; la famiglia: aspetti patrimoniali (comunione dei beni, separazione dei beni) e le successioni: eredità e testamenti.

Il servizio sarà reso l’ultimo giovedì di ogni mese, dalle 9.30 alle 12, nella sala dei Sindaci di Palazzo dei Priori (Corso Vannucci 19), previo appuntamento che può essere fissato contattando l’Ufficio Contratti del Comune di Perugia (tel. 075/5772427; 075/5772235; 075/5772689; 075/5772239).

Sarà inoltre attivato sul sito internet del Comune http://www.comune.perugia.it/ uno specifico servizio che permetterà a ogni cittadino interessato di registrare i propri dati anagrafici, l’indirizzo, i recapiti telefonici/telematici e il quesito che intende formulare; sarà quindi cura del Comune procedere a inoltrare la richiesta al Consiglio Notarile, che invierà la risposta all’indirizzo telematico comunicato dal cittadino stesso.

Laura LESEVRE

Le perplessità dei commercialisti sull’invio telematico delle fatture per spese oltre i 3600 euro

L’obbligo di comunicazione al fisco di tutti gli acquisti di beni e di servizi effettuati da privati cittadini per importi superiori a 3.600 IVA inclusa (oltre che di tutte le operazioni tra imprese di importo superiore a 3.000 euro) è, nel panorama internazionale, una cosa più unica che rara. Evitiamo di dire che si tratti di una norma tutto sommato normale“. In una lettera pubblicata oggi dal Corriere della Sera, il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Claudio Siciliotti, si inserisce nel dibattito aperto sul quotidiano da un editoriale del 10 gennaio, nel quale Angelo Panebianco definiva la nuova norma, che obbliga un privato cittadino ad identificarsi con il tesserino di codice fiscale per poter procedere all’acquisto in un negozio, sostanzialmente poco liberale.

Se siamo in una situazione di emergenza estrema – scrive Siciliottiin termini di debito pubblico prima ancora che di evasione fiscale (perché il primo, pur essendo da sempre elevato, continua a crescere; mentre la seconda, pur essendo tuttora elevata, lo è certo meno di quanto non accadeva venti o trenta anni fa), siamo tutti disposti ad accettare soluzioni eccezionali, ma evitiamo almeno di fingere che si tratti di una norma tutto sommato “normale”, perché non lo è affatto: si parla tanto di lesione della privacy con le intercettazioni telefoniche e poi si introducono disposizioni simili“.

Nella lettera pubblicata dal quotidiano, Siciliotti risponde anche al presidente di Assosoftware, Bonfiglio Mariotti, il quale, sempre in riferimento al fondo di Panebianco, aveva sostenuto che l’invio telematico dei dati delle fatture, grazie al lavoro delle software houses, non è un complicazione per PMI e microimprese. “Per quanto riguarda invece gli adempimenti telematici collegati all’attuazione della norma – scrive Siciliotti – è indubitabile che le case di software pensano alla predisposizione di appositi moduli che si collegano a quelli contabili, dopodiché li vendono (non li regalano) ai commercialisti italiani, i quali si fanno carico dell’invio telematico dei sempre più numerosi file all’Agenzia delle entrate, senza che lo Stato preveda alcun tipo di compenso per questa attività telematica che non riguarda tanto la consulenza al cliente, ma lo svolgimento di un ruolo di front office a favore dell’Agenzia delle entrate“. “Come cittadini e liberi professionisti – conclude Siciliottici sia quindi consentito di esprimere due volte la nostra fortissima perplessità: per la norma in se stessa e per il tentativo di affermare pure che non comporti particolari adempimenti e costi, perché li comporta eccome, seppure per alcuni quei costi sono invece graditi ricavi“.

Il Consiglio Nazionale Commercialisti ad Entrate si difende: il nostro impegno è per una maggiore giustizia tributaria!

Vi riportiamo alcuni estratti del comunicato che Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili hanno diffuso in difesa e in risposta alla lettera dell’Agenzia delle Entrate.

“I vertici del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, per riprendere l’espressione usata dall’ufficio stampa dell’Agenzia delle Entrate nella sua lettera, hanno sottolineato in questi giorni quello che dicono da sempre: avanti con la lotta all’evasione, perché uno stato più intransigente con il cittadino nel chiedere sarà finalmente più intransigente con se stesso nel dare al cittadino”. Comincia così la replica del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili alla lettera dell’Ufficio stampa delle Entrate, pubblicata oggi dal quotidiano Italia Oggi. Nella loro risposta, i commercialisti sottolineano la collaborazione alla quale sono stati sempre improntati i rapporti con le Entrate e il costatante impegno della categoria sul fronte della lotta all’evasione, ma tornano a denunciare l’aumento degli adempimenti a carico dei professionisti contabili e un sostanziale sbilanciamento nelle scelte di politica fiscale a favore unicamente della riscossione e non anche di misure a favore dei contribuenti onesti e quindi di maggiore giustizia tributaria.

“Le nostre critiche – si legge nella nota dei commercialisti – non riguardano tanto l’operato dell’Agenzia, con la quale abbiamo anzi sempre tenuto rapporti improntati alla massima collaborazione, pur nella inevitabile diversa valutazione di alcune scelte adottate dal legislatore fiscale. Le nostre critiche non riguardano nemmeno tanto le misure recentemente introdotte in se stesse, pur avendo qualcosa da dire a riguardo. Le nostre critiche si concentrano sulla sempre più evidente e sempre meno sostenibile dilatazione della forbice tra: 1. aumento esponenziale degli adempimenti di dichiarazione telematica con attività di front office pro fisco svolta dai liberi professionisti intermediari fiscali a titolo sostanzialmente gratuito; 2. progressiva introduzione di limiti dei diritti di compensazione dei debiti e crediti fiscali e mancata attuazione tempestiva delle norme compensative pro contribuente; 3. accelerazione delle procedure di riscossione dei ruoli senza paralleli interventi sulla giustizia tributaria”.

Di tutto questo, sottolineano i commercialisti “si dice poco nella nota dell’Agenzia delle Entrate e sono invece i tre temi che noi poniamo con forza proprio perché, senza questi tre paletti i commercialisti e gli altri liberi professionisti continueranno a sentirsi sudditi vessati due volte e i cittadini non percepiranno alcun cambiamento culturale”.
“Il tutto
– proseguono i commercialisti  – senza nemmeno entrare nel merito del fatto che, adempimenti come quello che comporta l’obbligo di identificazione con codice fiscale per ogni cittadino che effettua acquisti di importo superiore a 3.600 euro, sono ben lungi dall’interessare una platea ristretta di contribuenti e, inoltre, non rappresentano una norma “normale”, ma fortemente invasiva della privacy, sia se paragonata ai molti maggiori scrupoli che il legislatore si pone con riferimento a mezzi di indagine che riguardano ambiti diversi da quello prettamente fiscale (intercettazioni telefoniche), sia se paragonata a quello che accade nella generalità degli altri Paesi europei. Se indispensabile per fronteggiare l’emergenza, siamo disposti ad accettare come necessaria anche una misura così invasiva, ma chiediamo pari determinazione sulle questioni che poniamo, relativamente alle quali, se alziamo la voce, è solo perché notiamo una persistente distrazione”.

L’Agenzia – concludono i commercialisti –  nel riconoscere nella  sua nota che più del 60% delle dichiarazioni dei redditi di imprese e lavoratori autonomi sono predisposte e inviate dai commercialisti italiani, anziché chiedersi soltanto se ce ne siano di consapevoli dell’evasione, si chieda anzitutto se è essa stessa a sua volta consapevole che una parte così rilevante del gettito erariale è veicolata dalla preziosa attività di liberi professionisti che forniscono ai loro clienti una consulenza evidentemente finalizzata anzitutto alla dichiarazione dei redditi all’Erario, piuttosto che alla loro sottrazione”.

Alla lettera delle Agenzia replicano anche le sigle sindacali di categoria. “I dottori commercialisti sono sicuramente lontani dal favorire l’evasione nel proprio lavoro quotidiano ma sono altrettanto lontani dal condividere l’operato dell’Agenzia”: scrivono Ungdcec, Aidc, Anc, Unagraco,Adc e Andoc.   “Ai commercialisti – si legge nella nota congiunta – bene sta, anzi benissimo, una più efficace lotta all’evasione, ma è inevitabile constatare la deriva verso lo Stato di polizia fiscale se essa non viene accompagnata di pari passo con misure che garantiscono maggiore efficienza alla giustizia, maggiore equità per i cittadini, maggiore rispetto per i professionisti coinvolti nella moltiplicazione degli adempimenti telematici”.

via |  Cndcec

Come differenziarsi dai propri concorrenti

Infoiva pubblica in esclusiva un articolo tratto dal numero di gennaio del “Giornale delle partite Iva” – in edicola dal 30 dicembre 2010 -, il mensile diretto da Francesco Bogliari, pubblicato da Cigra, distribuito da Mondadori e rivolto al vasto pubblico dei professionisti autonomi.

di Cristina MARIANI 

I liberi professionisti sono sempre di più, il mercato è diventato affollato e competitivo. I cambiamenti socio-economici di questi ultimi anni hanno ampliato il numero dei lavoratori autonomi, che però spesso hanno alle spalle una carriera come dipendente e, dunque, poca dimestichezza con il “marketing di se stessi”. Inoltre, sono finiti i bei tempi in cui, per alcune categorie professionali, il titolo o la qualifica erano sufficienti per trovare e mantenere i clienti: ad esempio, si vedono spesso messaggi pubblicitari di dentisti e odontotecnici, che fino a qualche anno fa probabilmente non avevano alcun bisogno di promuovere i propri servizi. Dunque è necessario creare un sito o un blog, stampare depliant o brochure di presentazione, magari mettere qualche piccola inserzione su quotidiani o radio locali, cioè svolgere attività di comunicazione. Oggi aprire un sito o un blog è semplicissimo e con i nuovi sistemi gratuiti online è possibile creare da sé efficaci presentazioni e persino predisporre materiali stampati senza bisogno dell’aiuto di un grafico (ma solo, semmai, di quello di un bravo tipografo per la fase di stampa). La tecnologia ci aiuta, mettendo a nostra disposizione strumenti facili e gratuiti: così realizzare la nostra comunicazione personale diventa un’attività decisamente low cost. Ma cosa scrivere sul sito o sul blog? Quali frasi indicare sulla brochure di presentazione? Come presentarsi ai clienti potenziali per convincerli a scegliere proprio noi anziché uno dei nostri dieci o cinquanta concorrenti? Per prima cosa occorre esaminare attentamente le caratteristiche del nostro servizio, così da capire quale di esse conviene mettere in risalto nella nostra comunicazione. È la rapidità del servizio? La puntualità di consegna? Una competenza speciale o un punto di forza difficile da trovare tra chi fa il nostro stesso mestiere? Vietato parlare di “qualità, efficienza, professionalità”: sono tutti elementi necessari per stare sul mercato, e quindi il cliente le dà per scontate.

Come scrivere testi scorrevoli e interessanti
Nel predisporre i contenuti per la presentazione, il sito o il depliant, meglio evitare termini banali e inflazionati (qualità, costante impegno, efficacia ed efficienza), espressioni vaghe che possono voler dire troppe cose (soluzioni globali, massima performance), aggettivi esagerati (prodotti eccezionali, servizio eccellente), di fronte ai quali la tipica reazione di chi legge è quella che alle elementari avevamo davanti al bullo di classe che si vantava di essere il più bravo, il più forte, il più bello: prima di tutto antipatia, poi sfiducia. Se c’è bisogno di scriverlo, probabilmente non è vero. Meglio invece usare la “legge delle 4C”*.

Come individuare i nostri punti di forza
A volte non è facile capire quali sono i punti su cui far leva nella comunicazione perché alcune caratteristiche personali, che pur ci rendono vincenti nei confronti della concorrenza, ci appaiono ovvie e scontate (mentre è solitamente più facile elencare i propri punti deboli). Parto da un esempio personale: recentemente mi è stato offerto un progetto di lavoro molto ben retribuito grazie al fatto che parlo l’inglese a livello madrelingua, cosa che a me sembra normale; invece pare che questa capacità non sia così facile da trovare in un consulente aziendale. Non mi ero resa conto di questo mio punto di forza fino a che qualcuno me l’ha fatto notare, in questo caso offrendomi un ottimo progetto di lavoro. Allora ho riflettuto: quanti di noi non si rendono conto dei loro punti di forza? Come possono le persone, soprattutto le microaziende e i liberi professionisti, prenderne coscienza per poi “vendere” meglio se stessi e i propri servizi? A volte può essere utile vedere noi stessi attraverso gli occhi degli altri. La mia amica Anna è una traduttrice ed è esperta in materia finanziaria, essendo laureata in Economia, cosa insolita per i professionisti del suo settore. Anna, però, non aveva mai pensato di enfatizzare questa sua competenza fino a che non gliel’ho fatto notare: ha quindi impostato la sua comunicazione in tal senso, modificando il biglietto da visita e il sito web, e ha trovato in pochi mesi diversi nuovi clienti. Ma ci sono anche altri modi per scoprire i propri punti di forza. Giorgio è un promotore finanziario e si è reso conto di quali fossero i suoi punti di forza in un modo piuttosto insolito: chiedendo ai suoi colleghi e conoscenti di fornire un’opinione a riguardo per il suo profilo sul social network LinkedIn. Giorgio si è accorto che alcune delle caratteristiche citate (puntualità nel rispetto degli appuntamenti, chiarezza nell’esposizione delle varie opportunità di finanziamento, capacità di spiegare prodotti complicati con parole semplici) non erano quelle da lui indicate nella propria presentazione. Ha così deciso di modificare i testi del proprio sito per includere queste caratteristiche, che non si era mai reso conto fossero così apprezzate. A volte i nostri talenti principali sono invisibili a noi stessi proprio perché sono così naturali da risultarci ovvi e automatici. Dunque, un altro modo per scoprirli, oltre a chiedere a chi ci sta intorno, è rispondere a questa domanda: che cosa mi fa perdere la pazienza? La frustrazione del genio deriva dal presumere che, se una cosa gli viene quasi spontanea, deve essere altrettanto facile anche per tutti gli altri. Chi è naturalmente preciso e puntuale si indispettisce quando gli altri si comportano in modo superficiale; chi ha l’occhio sugli accostamenti cromatici soffre nel vedere una camicia gialla con una gonna verdina, e così via. Infine, uno studio accurato sulle caratteristiche e le modalità di lavoro dei concorrenti ci può fornire spunti utili per mettere in risalto le particolarità che ci contraddistinguono: che cosa facciamo in modo speciale, o anche solo diverso dagli altri?

Per rispondere a questa domanda può essere utile stendere una lista dei benefici suggeriti dai concorrenti nelle loro comunicazioni rivolte alla clientela, ad esempio:

• concorrente A: precisione;
• concorrente B: molti anni di presenza sul mercato;
• concorrente C: economicità;
• concorrente D: facilità di reperire il servizio.

Ora pensiamo alle caratteristiche del nostro prodotto: se ce n’è qualcuna che non è compresa in questo elenco, e che dunque i concorrenti non mettono in risalto, potrebbe essere conveniente per noi puntare proprio su quella. Attenzione, non è necessario che siamo gli unici ad avere quella determinata caratteristica: basta che i concorrenti non la mettano in risalto nella loro comunicazione. Per fare un esempio, pensiamo al settore delle acque minerali: molte di loro sono povere di sodio. ma una in particolare, Acqua Lete, ha scelto di sottolineare questa caratteristica con la pubblicità della particella solitaria. A volte il nostro punto di forza non è una capacità singola, ma l’intersecarsi di più abilità nella stessa persona. Ad esempio, un programmatore esperto di linguaggio Html che sia anche diplomato in grafica pubblicitaria potrebbe essere avvantaggiato nel proporsi come sviluppatore di siti web rispetto a chi ha competenze esclusivamente informatiche. Capire e mettere in risalto ciò che ci distingue dai concorrenti è importante. Tuttavia, la differenziazione è utile solo nella misura in cui il cliente la percepisce e la apprezza: se io sono la sola traduttrice dalla lingua del Kazakistan in Italia, ma nessuno ha bisogno di questo tipo di traduzioni, la mia unicità vale poco. Dunque, prima di pensare a possibili metodi per differenziarci dalla concorrenza, è opportuno fare un’approfondita indagine sulle preferenze della clientela e chiedersi se vale la pena proseguire in questa direzione.

Perché differenziare il proprio servizio?
In altre parole, perché fare tutto questo lavoro di ricerca e comunicazione, che richiede tempo, impegno e riflessione? La risposta è molto semplice: differenziare è utile perché se il nostro servizio non è diverso da quello degli altri, alla fine il cliente decide in base a un solo fattore: il prezzo. Differenziare ci aiuta a ottenere compensi migliori; e di questi tempi, mi sembra addirittura indispensabile.

www.cristinamariani.it

*Secondo Bob Bly, copywriter americano, un buon testo dovrebbe essere:
• chiaro: utilizzare parole semplici, paragrafi brevi, poche subordinate;
• conciso: eliminare ripetizioni, ridurre gli aggettivi, sintetizzare concetti;
• “compelling”: parlare meno di se stessi e più di ciò che interessa il lettore;
non esordire con frasi tipo “I nostri servizi” o “Chi siamo”;
• credibile: essere specifici, includere dati, statistiche, casi di successo.

“Il Marketing che non c’è”: un utile Speaker’s Corner firmato Atema

ATEMA organizza lo Speaker’s Corner “Il Marketing che non c’è. Il mercato visto con gli occhi del cliente. Le conseguenze positive per la funzione commerciale“. L’appuntamento è per martedì 25 gennaio 2011 dalle 18 alle 20.30 a Milano, all’Una Hotel Century di via Fabio Filzi 25/B.
 
Il Marketing costituisce oggi, per la grande maggioranza delle imprese, uno dei fattori essenziali di sopravvivenza e sviluppo, e dunque un Temporary Manager non può permettersi di non “masticarne”. Ma alla voce “Marketing” si riferiscono oggi cento definizioni (tra cui alcune non convenzionali, quali guerrilla marketing, viral marketing e simili). Dunque… EVVIVA IL MARKETING, ma… QUALE?
 
Durante la serata, Gianfranco Lanfredini affronterà il tema partendo dai riferimenti che ha fatto suoi dopo una lunga carriera nel settore:
– oggi, specie in mercati ad elevata competitività, è necessario guardare il mercato con “gli occhi del cliente”, non solo con i nostri;
– le più recenti ricerche sul comportamento dei consumatori dicono che “il cliente acquista ciò che lui percepisce come un valore per sè”;
 
Da qui ha derivato l’innovativo approccio scientifico denominato “I Tre Valori Percepiti espressi nella Mappa dei Clienti“, che sono:
 
– Utilità/Prodotto Con Plus;
– Funzionalità/Soluzione;
– Ego-Emotività/Starter Emotivo
 
L’utilizzo di questo approccio è fonte di nuovi e importanti successi per ogni rete commerciale, specie in mercati ad elevata competitività, proprio perché consente di proporre al cliente il “Valore Percepito” da lui preferito, scelto tra i tre previsti dalla innovativa metodologia.
 
Gianfranco Lanfredini, una laurea in Economia e Commercio all’Università La Cattolica di Milano, vanta significative esperienze professionali prima come Buyer nella GDO e poi come Direzione Commerciale in PMI lombarde. Dal 1988 è Consulente specialista per l’area commerciale ed è considerato dai “Commerciali” uno tra i più interessanti ed esperti formatori per le loro attività ed è promotore dell’innovativo approccio di Marketing operativo denominato “I Tre valori percepiti espressi nella Mappa dei Clienti“. Questa metodologia è stata trasferita nel saggio dal titolo: “Il Responsabile Commerciale in azienda. Un ruolo sempre più a rischio?” – edizioni Hoepli 2009 – di cui è l’autore.
 
Clicca qui per iscriverti alla serata.

Ingegneri ed Agenti di Commercio: queste le figure professionali più ricercate in azienda

La scorsa settimana il settimanale Panorama ha pubblicato un interessantissimo rapporto stilato dalla HRC, cioè business community dei direttori delle risorse umane. Questo rapporto è relativo al le professionalità più gradite dalle aziende italiane, che faticano a reperire tra l’offerta di lavoro quello di cui hanno bisogno. Ma quali sono quindi le figure professionali più richieste in azienda? A leggere il rapporto Hrc sembrerebbe che le aziende italiane abbiano sempre più bisogno di ingegneri per l’ambiente e l’energia, ingegneri di sistema, ingegneri informatici, ingegneri delle telecomunicazioni e commerciali. Ingegneri ed Agenti di Commercio sembrerebbero quindi le professioni che potrebbero costituire un sicuro lasciapassare verso il lavoro. Altre figure professionali di cui c’è penuria sono: ottici, periti chimici, medici per l’industria farmaceutica, biotecnologi, addetti all’accoglienza alberghiera, farmacisti, disegnatori tecnici o meccanici per auto o panettieri-pasticceri.

Il Rapporto Hrc ha preso in considerazione 107 imprese, e il 90% di loro ha detto di voler assumere personale nel 2011, sempre se riuscirà a trovarlo. Dal sito di AdnKronos, troviamo una dichiarazione di Giordano Fatali, presidente di Hrc, che dice: “il più delle volte la scuola e le università -aggiunge Fatali- producono competenze senza chiedersi se siano effettivamente quelle che servono. E il risultato è che ci sono molti posti scoperti perché i candidati non sanno svolgere i lavori per i quali potrebbero essere assunti. Cercare lavoro -continua Fatali- è un lavoro e nessuno insegna ai nostri figli a farlo. Servirebbe un investimento in questo senso, un ente che si occupasse seriamente e con efficienza di orientamento professionale. Magari anche insegnando che bisogna uscire dalla logica del posto fisso, che ormai non esiste più, e cominciare a ragionare in termini di percorso professionale, che può cambiare moltissime volte nella vita”.

Infine, secondo l’indagine di Hrc, i titoli di studio con cui è più facile trovare un’occupazione sono quelli in ingegneria, economia, matematica, fisica e statistica e in generale i diplomi tecnici. Le competenze più richieste dall’attuale mercato del lavoro, invece, sono: la conoscenza di una o più lingue straniere, la capacità di risolvere problemi, di lavorare in gruppo, la capacità comunicativa scritta e orale, le competenze informatiche.

Diritto di famiglia: un interessante corso di perfezionamento e approfondimento a Roma

Il Centro Nazionale Studi e Ricerche sul diritto della Famiglia e dei Minori presenta un interessante corso di perfezionamento e approfondimento sul tema “Il diritto di famiglia: evoluzione normativa e giurisprudenziale“. Il corso si terrà a Roma, nella Sala Conferenze del Vicariato, Via Aurelia 208, e sarà strutturato in due moduli: primo modulo, venerdì 18 febbraio 2011, dalle 13 alle 20; secondo modulo sabato 19 febbraio 2011, dalle 13 alle 20. Durata totale 14 ore, richiesti 14 crediti formativi.

Le relazioni e gli interventi del primo modulo verteranno su: Il Diritto di Famiglia Europeo – L’assegno di mantenimento e divorzile – L’addebito della separazione – Le obbligazioni alimentari – L’affidamento condiviso – L’assegnazione della casa coniugale – L’attività istruttoria nel processo di famiglia.

Le relazioni e gli interventi del secondo modulo verteranno su: I reati contro la Famiglia – Tecniche di mediazione e conciliazione nei procedimenti di famiglia – Il processo minorile – Il disconoscimento di paternità – La famiglia di fatto – Il regime patrimoniale della famiglia – Il risarcimento del danno nel diritto di famiglia.
 
Per informazioni sui Relatori e per le prenotazioni, inviare una e-mail a diritto_famiglia@email.it o contattare la Segreteria Organizzativa al numero 06-320289206.

A Napoli “Padri, Figli e Patrimoni: family business e passaggio generazionale”

Fa tappa a Napoli l’evento “Padri, Figli e Patrimoni: family business e passaggio generazionale”, organizzato da Atema in collaborazione con Family Office del Gruppo Montepaschi e AIdAF Associazione Italiana delle Aziende Familiari. Dopo gli eventi del 3 dicembre 2010 a Firenze e del 15 dicembre a Milano, l’appuntamento è ora per il 19 gennaio 2011, dalle 10 alle 14, presso l’Unione Industriali Napoli, Piazza dei Martiri 58 (SCARICA IL PROGRAMMA DELLA GIORNATA).

L’incontro cercherà di far capire quanto conta, in un tessuto produttivo come quello italiano caratterizzato dalla preponderanza di piccole e medie imprese spesso a conduzione familare, una corretta gestione del passaggio generazionale all’interno di un’azienda, per evitare errori, traumi, sbandamenti, spesso pericolosi per il business se non addirittura per la sopravvivenza dell’attività stessa.

È sentire comune che competenze, conoscenze e aspetti manageriali di eccellenza per la gestione dei cambiamenti strategici e di governo delle imprese familiari, debbano affiancarsi in coerenza ai migliori servizi di gestione dei patrimoni familiari (tangibili e intangibili) garanti di una continuità dello spirito imprenditoriale, sociale e della sostenibilità delle imprese familiari italiane.

La “family continuity” è un obiettivo dell’impresa di famiglia ma è anche fattore necessario allo sviluppo del sistema produttivo italiano. Poter contare su stabili relazioni, sulla possibilità di trasmettere il patrimonio di generazione in generazione, e sulla possibilità di generare ma anche trasmettere ricchezza e valori sul territorio sono fondamenti imprescindibili per la crescita competitiva del Paese: ciò si fonda anche sul valore della tutela dei patrimoni individuali e familiari, e sulla possibilità di creare presupposti operativi ed efficaci ad ogni momento del passaggio inter-generazionale per il mantenimento degli stessi e dell’azienda nel medio-lungo termine.

L’incontro si propone di fare il punto sui servizi di eccellenza, le forme innovative e personalizzate alle esigenze degli imprenditori per la gestione integrata dei patrimoni familiari, in particolare nelle critiche fasi dei passaggi generazionali.

Temporary Manager qualificati: intervista a Franco Cavalli, vicepresidente di Atema

di Davide PASSONI

Il 2010 è stato, per Atema, un anno di svolta. L’Associazione per il Temporary Management ha infatti dato un forte segnale al mercato con la qualificazione di alcuni suoi associati, di cui Infoiva ha dato conto negli scorsi mesi. Per capire meglio lo spirito e le finalità di questa qualificazione, abbiamo incontrato il vicepresidente di Atema, Franco Cavalli, che ha fatto il punto sui risultati della prima tornata e anticipato alcuni dei passi che l’associazione potrebbe intraprendere, con l’obiettivo di dare una sempre maggiore autorevolezza ai propri temporary manager.

Come è nata l’idea di qualificare i temporary manager di Atema?
Ci siamo resi conto che, volendo essere un associazione che rappresenta questo tipo di attività sul territorio nazionale, dovevamo avere capacità diaggregare i manager ma anche di parlare al mercato dicendo che esistiamo, ci siamo e siamo in grado di dare al mercato una indicazione di competenza e capacità nel campo dell’attività manageriale. Ci siamo posti il problema di dire: elaboriamo una qualificazione nostra o ci affidiamo a terzi per non essere autoreferenziali? E poi: su quali elementi elaboriamo questa qualificazione?

Risposta?
Vede, la maggior parte dei nostri soci è stata responsabile di funzione o executive nella propria carriera professionale; a un certo punto, queste persone si sono trovate nella condizione di dire “mi invento un mestiere diverso”. Quindi ci siamo chiesti: che cosa vogliamo trasmettere al mercato come profilo del temporary manager o del transition manger? Così abbiamo messo intorno a un tavolo persone che hanno una lunga esperienza di questo tipo di attività, che negli anni hanno venduto servizi alle aziende in questo campo e che provengono da diverse realtà; ciascuno di loro ha dato una visione di quello che cerca nel temporary manager per poterlo abbinare alle attività o alle richieste che riceve dal mercato e abbiamo stilato una graduatoria di queste competenze.

Che cosa è emerso?
Abbiamo basato tutto su un discorso di soft skills, evitando di entrare nella valutazione delle competenze specifiche del CV della persona: non siamo in grado di valutarle, è troppo complesso. Quello che per noi era importante capire era invece che non tutti i manager hanno le caratteristiche per poter operare in condizioni di temporary, perché il mercato ci ha indicato chiaramente che per fare questo esistono delle competenze specifiche; noi ne abbiamo individuate 17, le abbiamo riunite e poi ci siamo posti il problema di come misurarle con una metodologia standard e valida da un punto di vista valutativo ma anche autorevole agli occhi del mercato. Abbiamo lavorato così con l’università di Milano Bicocca e uno dei componenti del team che è Giorgio Del Mare, presidente e AD di Methodos, una grossa società di consulenza, ci ha consigliato di appoggiarci all’esperienza di Giuliano Sangiorgi, professore di psicologia del lavoro all’università di Cagliari. Sangiorgi ha così elaborato uno strumento riconosciuto e valido per misurare questi soft skills. Diamo dunque per scontate le competenze hard e ci concentriamo su quelle soft, perché non è detto che il bravo manager della grande industria sia in grado di lavorare nelle condizioni in cui si trova di solito un temporary manager.

Risultato?
A fronte di tutto questo è arrivato il primo gruppo di 10 persone certificate e poi il secondo di 12. Interessante è notare che il test cui noi sottoponiamo i manager valuta, oltre alle 17 competenze distintive, molti altri skills, poiché è uno strumento di tipo standard i cui risultati vanno molto più in là di quanto noi valutiamo: potrebbe esserci infatti la necessità di rivalutare più avanti le 17 competenze e capire se devono essere cambiate oppure no. Questa qualificazione, poi, è a tempo: vale tre anni, nell’arco del triennio la persona deve adempiere a determinati doveri per mantenere la qualifica e alla fine del triennio saranno riviste alcune valutazioni iniziali.

Quindi queste competenze si evolvono,non rimangono uguali a se stesse?
Lavorando sui soft skills diventa difficile abbinare la qualificazione a un piano di formazione per acquisirli, ma è anche vero che questi skills possono maturare nel tempo a seconda dell’uso che ciascuno ne fa, o essere stimolati e visti in funzione di determinate situazioni in cui un manager si trova a operare. Di fatto l’utilizzo ne migliora il grado di possesso, per cui come ulteriore step pensiamo: se dovessimo incontrare chi non ha questi skills, come possiamo fare per far sì che li apprenda?

Appunto, come?
Stiamo valutando che cosa organizzare in tal senso, che però non può essere un classico corso di formazione in aula. Ci stiamo ancora pensando perché è una cosa piuttosto complessa, per cui abbiamo voluto analizzare i risultati delle prime qualificazioni prima di decidere.

Che percentuale di associati Atema è per ora qualificata?
Nelle prime due tornate abbiamo coinvolto il 12% dei nostri soci, un buon primo campione da analizzare a 360 gradi: un lavoro che farà il prof. Sangiorgi che, sulla base dei risultati, ci indicherà la direzione migliore da prendere.

Come ha reagito il mercato alla vostra iniziativa?
La risposta che abbiamo è quella degli operatori che lavorano con noi e che trovano la cosa molto interessante, perché permette loro di avere uno screening dell’individuo piuttosto completo e attendibile. Sulla validità dell’iniziativa mi confrontavo recentemente con Manager Italia, che ha un sistema di valutazione molto complesso chiamato Youmanager, il quale comporta costi di gestione elevati per l’associazione e di sostegno per l’individuo valutato, per cui l’associazione guarda con interesse al nostro: si può fare qualcosa di molto valido e autorevole a costi contenuti. Non abbiamo la pretesa che il nostro strumento dica al mercato che chi ha questa qualificazione sa fare tutto, vogliamo invece dire che questo strumento fa sì che il mercato sappia che il manager ha gli “attrezzi” necessari per poter affrontare certi incarichi.

Coinvolgerete tutti i vostri associati?
Sì, ci piacerebbe avere tutti gli associati qualificati. Vero è che abbiamo associati che non operano più sul mercato per limiti di età ma sono rimasti fedeli all’associazione come spirito e come obiettivi, per cui potrebbero non essere interessati, però l’idea è che i soci la acquisiscano, visto che è su base volontaria. L’altro step a cui stiamo pensando, oltre alla formazione di cui parlavo prima, è di dare maggiore visibilità allo strumento dal punto di vista della conoscenza all’esterno, spingendolo in direzioni molto “marketing oriented”. Non possiamo pensare che sia conosciuto solo da noi e da quei 5 o 6 operatori che lavorano con noi. Abbiamo attivato lo strumento, i nostri soci devono vederlo come un mezzo che consente loro di avere maggiore visibilità sul mercato, ma se non diciamo al mercato che questa cosa esiste i soci non possono spendersi adeguatamente: è un circolo virtuoso che va innescato e che dobbiamo innescare noi di Atema, non possiamo demandarlo a terzi.