Disoccupazione agricola 2024, quando viene pagata?

Entro il 2 aprile 2024 (termine così fissato a causa dello slittamento dal 31 marzo in quanto si trattava di giorni festivi) i lavoratori del settore agricolo che nel 2023 hanno prestato lavoro presso aziende hanno presentato la domanda per ricevere la disoccupazione agricola, ma quando sarà erogata e quali sono gli importi?

Chi percepisce l’indennità di disoccupazione agricola 2024?

Hanno diritto a percepire la disoccupazione agricola:

  • Operai agricoli a tempo determinato iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti.
  • Operai agricoli a tempo indeterminato assunti o licenziati nel corso dell’anno civile.
  • Compartecipanti familiari.
  • Piccoli coltivatori diretti che accumulano fino a 51 giornate di iscrizione negli elenchi nominativi mediante versamenti volontari.

L’indennità di disoccupazione agricola spetta sia ai lavoratori italiani sia stranieri, sappiamo infatti che in questo settore la manodopera, soprattutto a tempo determinato, cioè i lavoratori stagionali sono soprattutto stranieri.

Requisiti oggettivi per l’indennità di disoccupazione agricola 2024

Oltre ai requisiti soggettivi, sono previsti anche requisiti oggettivi, cioè avere maturato almeno 102 contributi giornalieri nel biennio costituito dall’anno cui si riferisce l’indennità e dall’anno precedente. Le 102 giornate lavorativa possono essere maturate anche in un solo anno, cioè nel 2023. In ogni caso si può percepire l’indennità di disoccupazione solo nel caso in cui siano maturati almeno due anni di anzianità nell’assicurazione.

Nel 2024, l’importo massimo dell’indennità di disoccupazione agricola è di 1.321,53 euro, con gli importi aggiornati annualmente in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo. L’INPS eroga il pagamento in un’unica soluzione, di solito a partire dal mese di luglio. Generalmente gli importi sono tutti liquidati entro il mese di agosto.

I contributi sono erogati direttamente dall’Inps e accreditati in conto corrente, naturalmente è necessario indicare un Iban al momento di presentazione della domanda.

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Taglia idonei nei concorsi pubblici, cos’è e come funzione

Il taglia idonei sta creando molte polemiche e contrasti soprattutto per quanto riguarda le graduatorie definitive che a breve dovrebbero essere pubblicate e riguardanti l’ultimo concorso Agenzia delle Entrate svolto. Cosa prevede?

Chi sono gli idonei e come funziona il taglia idonei

Cos’è il taglia idonei? Le norme sui concorsi pubblici prevedevano che terminate le prove, fossero stilate le graduatorie di merito con la lista di coloro che avevano superato le prove. Le assunzioni naturalmente riguardavano solo coloro che erano in posizione utile in base ai posti disponibili. Vi era però la possibilità, in caso di necessità, da parte dell’Amministrazione che aveva pubblicato il bando e per posizioni uguali anche da parte di altre amministrazioni di scorrere le graduatorie. Questo implicava per coloro che erano risultati idonei, cioè che avevano superato il concorso ma non erano in posizione utile di essere successivamente assunti.

Per le amministrazioni vi erano dei vantaggi, cioè al bisogno vi era la possibilità di assumere senza ulteriori bandi e concorsi e quindi in tempi brevi e un risparmio economico visto che le procedure hanno un costo. L’idoneità risponde quindi alle esigenze di economicità, efficacia ed efficienza delle Pubbliche Amministrazioni richiesta dalla Costituzione.

Queste norme sono però state spazzate via, infatti, il taglia idonei prevede che i candidati alle selezioni pubbliche vengano considerati idonei se rientrano nel 20% dei posti messi a concorso, partendo da coloro che sono collocati in graduatoria dopo l’ultimo candidato vincitore.

Chi non rientra in tale 20% non può avvalersi dei vantaggi legati all’aver superato tutte le prove del concorso. La norma è stata introdotta inizialmente, nella sua prima versione, dal Decreto Legge 44/2023 e poi è stata modificata dal DL n. 75 del 22 giugno 2023 convertito nella legge 10 agosto 2023.

Concorsi esclusi dal taglia idonei

Il meccanismo taglia-idonei non si applica a tutte e procedure concorsuali, sono escluse:

  • procedure indette da Regioni, Province, Enti locali o da Enti o agenzie da questi controllati o partecipati in cui i posti disponibili non siano superiori a 20;
  • bandi indetti da comuni con meno di 3.000 abitanti;
  • procedure che prevedano assunzioni a tempo determinato.
  • Bandi per l’assunzione di personale sanitario, socio-sanitario, educativo e scolastico;
  • ricercatori e personale universitario e ISS.

Il taglia idonei non si applica al concorso funzionari Agenzia delle Entrate

Naturalmente il taglia idonei ha destato perplessità soprattutto da parte di chi ha superato un concorso. In merito l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che le graduatorie definitive saranno pubblicate il 15 maggio 2024, ma non sarà applicato il taglia idonei in ossequio alle sentenze del Tar Lazio. Alcuni partecipanti al concorso hanno presentato ricorso basato sulla data di entrata in vigore del taglia idonei che dovrebbe essere successiva alla pubblicazione del bando in quanto la prima versione della norma ha avuto modifiche dopo la pubblicazione del bando.

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Foto facebook e accertamenti fiscali, cosa devi sapere

È rischioso pubblicare foto su Facebook e altri social? Leggendo alcune sentenze sembra proprio di sì, infatti si è creata una giurisprudenza consolidata che sostiene la legittimità della ricostruzione dei redditi attraverso le cose postate sui social.

I social possono essere usati per provare il reddito?

Quante volte l’amico che fa piano bar la sera, magari come lavoretto per arrotondare, ha pubblicato foto dei propri spettacoli? Quelle entrate devono essere dichiarate? Naturalmente sì, ma se non lo fa, le foto pubblicate, magari dal locale e non direttamente dal percipiente possono costruire una prova per ricostruire il reddito?

Sebbene il vice-ministro dell’Economia, Maurizio Leo, parli della necessità di implementare l’uso dei social attraverso atti normativi, al fine di contrastare l’evasione fiscale, la giurisprudenza è già oltre e già utilizza tali fonti, che diventano parti del metodo induttivo di determinazione del reddito.

Ecco alcune pronunce che ci dimostrano quanto sia rischioso pubblicare foto e post su Facebook e altri social come Instagram.

Il metodo induttivo per la determinazione del reddito usa le foto su Facebook

L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono utilizzare il metodo induttivo per rilevare il reddito effettivo di un soggetto. Il metodo induttivo è previsto dall’articolo 39, comma 2 del dpr 600 del 1973 e articolo 55 del Dr 633 del 1972. Tale tipologia di accertamento può essere effettuata sulla base di dati o notizie comunque raccolti dall’amministrazione finanziaria o venuti a sua conoscenza, nonché sulla base di presunzioni anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Il metodo induttivo si basa su un procedimento logico che consente di determinare l’imponibile globale senza analizzarne le singole parti semplici, bensì impiegando nella costruzione tutte le notizie, le prove ed i dati.

Il fulcro centrale è “dati o notizie comunque raccolti dall’amministrazione finanziaria o venuti a sua conoscenza”, infatti in diverse sentenze si legge che il reddito è stato rideterminato tenendo in considerazione anche dati raccolti in modo “anomalo”. Ad esempio, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, con la sentenza n. 648 del 20 febbraio 2024 afferma che è corretto ricostruire il reddito di un lavoratore avendo in considerazione una serie di elementi appresi durante un’ispezione. Tra questi elementi vi sono i contenuti di un sito internet e in particolare una galleria fotografica che di fatto prova nel caso in oggetto  la partecipazione a serate in locali che evidentemente non erano oggetto di fattura.

Questa non è l’unica pronuncia da tenere in considerazione.

Non solo accertamenti fiscali: assegno di mantenimento determinato in base alle foto pubblicate su Facebook

Un’ulteriore pronuncia importante è la sentenza n. 91/2020 del Tribunale di Verona, sezione civile. In questo caso siamo nell’ambito di una pronuncia per separazione, nella determinazione dell’assegno di mantenimento viene tenuto in considerazione il reddito dichiarato, ma non solo. Il coniuge afferma che l’altro coniuge oltre ai redditi dichiarati percepisce delle somme in nero. “Attività che trova del resto riscontro nelle fotografie e nella pagina Facebook depositate da parte ricorrente nelle quali C. d. risulta indicato come referente in Italia del Centro dentistico croato – nonché nelle dichiarazioni della teste S., che oltre a dichiarare che di averne avuto notizia dalla P., ha riferito di avere lei stessa avuto modo di vedere su Facebook delle foto e degli annunci postati dal D. e segnatamente foto di una macchina con la pubblicità sulla fiancata dello Studio odontoiatrico croato e degli appartamenti Va poi rilevato che risultano erogati al resistente gli assegni familiari.”

Naturalmente non possono mancare gli accertamenti fiscali su chi utilizza i social per lavorare, cioè gli influencer. Ha fatto discutere nelle settimane scorse l’accertamento fiscale su 4 noti influencer che non dichiaravano i proventi delle sponsorizzazioni.

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Medicina, primo semestre in facoltà aperto a tutti

Cambia tutto per l’iscrizione alla facoltà di Medicina, il primo semestre è aperto a tutti gli aspiranti medici, solo in un secondo momento si affronta il test d’ingresso. Non si elimina il numero chiuso, ma non si esclude un innalzamento dei posti disponibili, ecco le prime novità per la riforma per l’accesso alle professioni mediche.

Iscrizione al primo semestre della facoltà di Medicina per tutti

È stato approvato in Commissione Cultura del Senato il testo della riforma per la facoltà di Medicina, il numero chiuso non sparisce, ma il per il primo semestre è prevista la possibilità di libero accesso.

Negli anni non sono mancate le polemiche sui test di ingresso a Medicina, sia per il numero limitato di posti disponibile che di fatto non fanno fronte alle esigenze di ricambio generazionale nel sistema sanitario italiano e in secondo luogo perché in Italia vi sono squilibri nella qualità della formazione elargita e di conseguenza per molti il test nazionale risulta essere dannoso. Ecco perché cambia il sistema di accesso alla facoltà di Medicina. Il testo, votato a larghissima maggioranza, prevede l’iscrizione al primo semestre dei corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria d’ora in poi sarà «libera».

Come funziona il primo semestre nella facoltà di Medicina?

Coloro che aspirano a iniziare la professione medica nel primo semestre dovranno seguire dei corsi propedeutici e superare i relativi esami. In questo momento non sono note le materie di tali corsi, spetterà al Governo individuarle sulla base di una legge di delega che il Parlamento sta approvando. Sulla base degli esami superati e del voto conseguito sarà stilata una graduatoria e in base ai posti disponibili si potrà accedere al secondo semestre.

I posti disponibili saranno delineati in base al fabbisogno dei vari professionisti stimato dal Sistema sanitario nazionale. Le università dovranno impegnarsi a «potenziare le loro capacità di ricezione». Il numero di posti disponibili sarà da allineare con quello delle scuole di specialità per evitare di trasformare i corsi di laurea in medicina in una fabbrica di disoccupati. Resta il numero chiuso, ma ancora non è noto se ci sarà un ampliamento dei posti disponibili, scelta che comunque richiede maggiori costi per le casse dello Stato.

Che succede a chi ha superato gli esami ma non rientra nel numero programmato?

Chi ha superato gli esami ma non ha accesso al secondo semestre si vedrà riconosciuti dei crediti per gli esami superati. I crediti potranno essere utilizzati per i corsi di laurea di area «biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria» Al momento dell’iscrizione al primo semestre i canditati dovranno anche scegliere la seconda opzione. Nel caso in cui non dovessero scegliere la seconda destinazione perdono i crediti maturati.

La novità non andrà in vigore per l’anno accademico 2024-2025, ma potrebbe essere in vigore già per il successivo anno accademico.

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Malasanità e danni da depressione, arriva il risarcimento

Malasanità, ampliati i casi di risarcimento danni, incluso il danno da depressione causato dal decorso post-operatorio, a stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza 10787 del 22 aprile 2024. La storica pronuncia riconosce come danno autonomo, non inglobato nel danno biologico, quello derivato dalla depressione post operatoria.

La depressione post operatoria in seguito a intervento sbagliato deve essere risarcita?

Purtroppo i casi di malasanità sono numerosi e sempre più spesso si ricorre in giudizio per ottenere un risarcimento. Nel caso in oggetto una paziente ha avuto un intervento di artroscopia al menisco riportando lesioni al tendine della rotula e al nervo femorale. Il giudice di merito riconosce il diritto al risarcimento del danno, ma valuta la patologia da umore depresso dell’ammalato in percentuale rispetto al danno biologico in misura del 25%.

Il paziente propone ricorso in Cassazione e proprio in tale sede arriva l’importante principio. Ribadisce la Corte di Cassazione che il danno da depressione causato dal difficile percorso post-operatorio deve essere valutato in modo autonomo disponendo anche, se necessario, una consulenza tecnica d’ufficio. Il danno psichico infatti costituisce un’autonoma categoria del pregiudizio biologico e sbaglia il giudice nell’inglobarlo nel danno biologico.

La sofferenza del paziente determinata dalle complicanze conseguenti all’intervento chirurgico non può essere considerato un semplice danno morale ma un pregiudizio che sfocia in una condizione psicologica di tipo patologico con diagnosi di umore depresso di tipo cronico.

Ne consegue che le singole voci di menomazione devono essere valutate autonomamente con l’uso delle tabelle. Si tratta di una pronuncia storica perché apre il campo alla richiesta di risarcimento danni in molteplici casi in cui da un errore medico è derivata una menomazione che ha cambiato la qualità della vita del paziente e ha portato ulteriori conseguenze non solo fisiche, ma anche psicologiche.

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Telepass, in arrivo aumenti delle tariffe da luglio

A partire dal luglio 2024 vi sarà un aumento delle tariffe telepass, ecco tutte le novità per i possessori.

Nuove tariffe Telepass in aumento da luglio 2024

Il Telepass è diventato uno strumento sempre più utilizzato dagli italiani perché consente di pagare il pedaggio delle strade a pagamento senza fare file interminabili ai caselli e senza bisogno di avere spicci sempre a portata di mano, ma con addebito su conto corrente. Il servizio risulta molto utile soprattutto per chi ogni giorno deve spostarsi per lavoro, ad esempio i titolari di partita Iva. Per il servizio è però previsto un costo e le tariffe da luglio aumentano.

Dal primo luglio 2024 ci saranno una proposta a consumo e tre pacchetti. Per chi cerca flessibilità, il nuovo “Pay per Use” permetterà di pagare il servizio solo nei giorni di effettivo utilizzo, con un costo giornaliero di un euro e una tassa di attivazione di 10 euro per il dispositivo Telepass, incluso negli abbonamenti.

A partire dal primo luglio 2024 il pacchetto Family costerà 3,90 euro al mese. Il costo attuale è di 1,83 euro. L’aumento è considerevole. Per il pacchetto plus non sono invece previsti aumenti almeno fino a dicembre 2025.

Visti gli aumenti vi è la possibilità di recedere dal contratto senza costi aggiuntivi.

Tra le novità annunciate anche nuovi piani pensati per giovani e turisti, si tratta di Young. Sarà attivabile tramite carta di credito o di debito e includerà i principali servizi legati alla mobilità presenti nella piattaforma Telepass, ad esclusione del telepedaggio e del relativo dispositivo di bordo.

Perché aumentano i costi del Telepass?

Ricordiamo che per i titolari di partita Iva i costi legati all’abbonamento telepass possono essere dedotti. Tranne il caso di regime forfetario.

Perché sono stati decisi gli aumenti? Tutto deriva dal cambio di assetto per Autostrade per l’Italia, dopo che quest’ultima è stata venduta da Mundys

Infatti a causa di questa operazione il servizio Telepass non è più legato ad Autostrade per l’Italia. Ciò ha portato a un aumento di competizione nel settore e un aumento dei costi. Proprio questi sono alla base degli aumenti decisi per le tariffe Telepass.

L’obiettivo è diversificare i servizi offerti e implementarli con nuovi servizi Telepass in 50 città, operazione che richiede un investimento di 500 milioni di euro. Ne dovrebbe conseguire un deciso aumento dei clienti e quindi anche del fatturato: telepass punta a un miliardo di euro.

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Occhi puntati sugli Isa, pubblicate le nuove regole

Occhi puntati sugli Isa, indici sintetici di affidabilità fiscale. L’ Agenzia delle Entrate con il provvedimento del 12 aprile 2024 ha dettato le linee guida per titolari di partita Iva e intermediari abilitati incaricati della trasmissione dei dati.

Concordato preventivo e Isa, ulteriori dati da indicare

Gli Isa sono alla base della proposta di concordato preventivo biennale e con il provvedimento del 12 aprile si è provveduto a indicare gli ulteriori dati che è necessario acquisire in riferimento all’anno di imposta 2023 al fine di determinare correttamente il punteggio Isa e di conseguenza effettuare la proposta della base imponibile ai contribuenti. Gli ulteriori dati da indicare sono previsti nel note tecniche e metodologiche allegate ai relativi decreti di approvazione. Tali dati se ritenuti non corretti possono essere modificati.

Delega per accesso agli elenchi dei dati Isa

Nel provvedimento del 12 aprile l’Agenzia delle Entrate ricorda che gli intermediari già delegati all’accesso al cassetto  fiscale, per ottenere l’acquisizione massiva dei dati devono accedere a Entratel, canale telematico dell’Agenzia delle Entrate per i professionisti, e inviare l’elenco dei clienti per i quali si chiede di accedere ai dati Isa. In assenza di delega è, invece, necessario garantire l’effettivo conferimento della delega. Devono quindi acquisire le deleghe insieme alla copia di un documento di identità valido in formato cartaceo o elettronico. Nella delega devono essere indicati:

  • codice fiscale del delegante;
  • codice fiscale dell’eventuale rappresentante legale;
  • numero e data della delega;
  • tipologia e numero del documento di identità allegato.

Infine, devono essere indicati gli elementi di riscontro nella dichiarazione Iva 2023 relativa all’ anno di imposta 2022.

Con un secondo provvedimento l’Agenzia delle Entrate provvederà a indicare la data a partire dalla quale sarà possibile inoltrare le richieste in oggetto, quindi non è ancora possibile procedere alle richieste. Trascorsi 5 giorni dal momento della richiesta, sarà possibile visionare gli elenchi dei dati richiesti in riferimento ai contribuenti per i quali è stata inoltrata la richiesta.

Ricordiamo che ciascun contribuente può prelevare i dati dal proprio cassetto fiscale a cui si accede con:

  • Cie;
  • Spid;
  • Cns.

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Concorso addetti ufficio per il processo

Pubblicato il bando per funzionari addetti ufficio per il processo, sono disponibili 3.946 posti. Le domande dovranno essere inoltrate entro le ore 23:59 del 26 aprile 2024. Ecco chi può candidarsi, le prove da affrontare e le istruzioni per presentare la domanda.

Chi può presentare la candidatura per addetti ufficio del processo

Il concorso pubblico per funzionari addetti all’ufficio per il processo è stato emanato dal Ministero della Giustizia. Possono presentare la candidatura per il concorso per funzionari addetti all’ufficio del processo soggetti laureati in materie giuridiche, economiche, scienze politiche e sociali.

Oltre a coloro che hanno già conseguito la laurea, possono presentare la candidatura i soggetti che hanno superato l’ultimo esame previsto per il corso di studi e consegnano la laurea entro 60 giorni dall’uscita del bando. Gli interessati possono presentare la candidatura per una delle 25 sedi distrettuali delle corti di appello oppure per la sede nazionale della Corte di Cassazione.

Come presentare la domanda per addetti ufficio del processo 2024

Come per tutti i concorsi pubblici, la domanda deve essere presentata attraverso il sito inpa.gov.it al quale si accede con le credenziali Cie, Spid o Cns. Al momento della compilazione della domanda è necessario indicare un indirizzo PEC, un indirizzo di posta elettronica ordinaria,  inoltre è necessario effettuare il versamento di 10 euro.

Il concorso rientra tra i progetti Pnrr, questo implica che le assunzioni sono effettuate con i fondi Pnrr, ma sono a tempo determinato volte a far fronte a una situazione emergenziale caratterizzata da un’eccessiva lentezza della giustizia.

Prove per il concorso addetti ufficio del processo

Anche le procedure sono snelle, infatti si parte non dalle prove, ma dalla valutazione dei titoli, in base a questa si stila una graduatoria e sono ammessi alle prove per ogni distretto un numero di candidati pari a 60 volte il fabbisogno.

La prova scritta prevede un test a risposta multipla della durata di 60 minuti e 40 domande. Le domande vertono su diritto pubblico, ordinamento giudiziario e lingua inglese. La prova scritta sarà effettuata con strumenti informatici. Per ogni risposta esatta è attribuito un punteggio di 0,75 punti, mentre per ogni risposta errata sono sottratti 0,375 punti. Nessun punteggio è aggiunto o sottratto per le risposte non date.

La prova si intende superata con un punteggio di 21/30.

In seguito alla formazione della graduatoria definitiva si procede all’ assunzione dei candidati in posizione utile. Per i dettagli del bando, ad esempio per verificare i posti disponibili in ciascuna sede si rinvia al bando da scaricare attraverso il sito www.inpa.gov.it o il sito del Ministero della Giustizia.

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Pensione lavori usuranti, attenti al termine per la presentazione della domanda

Per i lavoratori usuranti è possibile accedere in anticipo alla pensione, ma la domanda deve essere presentata nei termini, scade il 1° maggio 2024 il termine per il 2024. Ecco chi può accedere alla pensione per lavoratori usuranti e i termini da rispettare.

Requisiti per accedere alla pensione lavoratori usuranti

Chi ha svolto lavori usuranti nell’arco della carriera lavorativa può accedere in anticipo alla pensione. In particolare è possibile accedere all’assegno pensionistico al maturare di 2 requisiti, il primo è anagrafico, occorre avere compiuto 61 anni e 7 mesi. Per quanto riguarda, invece, il requisito contributivo occorre avere maturato almeno 35 anni di contributi. Possono presentare la domanda coloro che svolgono i mestieri indicati nel D. lgs n. 67 del 2011.

La domanda di pensione per lavori usuranti deve essere presentata dall’avente diritto entro il 1 maggio 2024 all’Inps. Si tratta di una domanda volta ad accertare se il lavoratore presenta i requisiti per accedere alla pensione lavori usuranti. Allo scopo i datori di lavoro trasmettono ogni anno all’Inps, entro la fine di marzo, il modello “AP45” che attesta la tipologia del lavoro svolto dal dipendente. In caso di esito positivo della domanda, l’Inps fornirà riscontro positivo e il lavoratore potrà presentare la vera e propria domanda per accedere alla pensione.

Chi presenta la domanda dopo il termine del primo maggio potrà comunque riceverla, ma dovrà attendere più tempo.

Per quanto riguarda il requisito contributivo deve essere ricordato che non occorre che il lavoratore sia stato impegnato per 35 anni nel lavoro usurante, ma aver svolto il lavoro usurante per 7 anni, nell’ultimo decennio, per 6 anni negli ultimi sette o per metà della vita lavorativa.

Per quali lavori è prevista la pensione lavoratori usuranti?

I lavori che consentono l’accesso alla pensione lavoratori usuranti sono numerosi, si va dai lavori notturni ai lavori svolti ad elevate temperature, ad esempio presso forni o fornaci. È considerato lavoro usurante anche quello che prevede mansioni a contatto con l’amianto. Infine, sono compresi i lavori svolti nelle gallerie, cave o miniere, catene di montaggio, conducenti di mezzi pubblici con capienza superiore ai 9 posti.

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Concordato preventivo biennale non si applica alle casse private

Negli ultimi mesi si parla molto del concordato preventivo biennale, si tratta di un accordo tra Fisco e contribuente sulla tassazione da applicare nel biennio. Sono nati dubbi però sulla onni-comprensività della tassazione e in particolare se i contributi previdenziali sono calcolati sull’imponibile oggetto di accordo sul reddito effettivamente prodotto. In merito a ciò le casse previdenziali private hanno già fatto precisazioni importanti che potrebbero portare molti professionisti a desistere dal concordato preventivo biennale.

Concordato preventivo e casse private, limiti

Sappiamo che la previdenza è obbligatoria, molti lavoratori, dipendenti e autonomi, rientrano nelle casse Inps, ma molti professionisti versano in contributi nelle casse gestite da enti previdenziali privati, ad esempio la cassa forense. Non vi sono dubbi sul fatto che i contributi previdenziali da versare all’Inps siano calcolati sul reddito imponibile concordato. La prospettiva però è molto diversa nel caso in cui si pensa alle casse private.

Proprio in merito a ciò i Presidenti delle casse di previdenza private aderenti ad AdEPP (associazione degli enti previdenziali privati) hanno precisato che “ritengono non applicabile alle casse la disposizione contenuta nell’articolo 30 del Decreto 13/2024, fermo restando la possibilità per ogni singolo ente di assumere una propria e autonoma decisione in merito”. La preoccupazione delle casse private è in merito alle entrate che potrebbero essere ridotte nel caso in cui il calcolo sia effettuato sul reddito imponibile concordato e non su quello reale.

Casse previdenziali private, chi già si è tirato indietro dal concordato preventivo biennale

Per ora a precisare l’esclusione dell’adesione al concordato preventivo sono le casse previdenziali di commercialisti, dei notai e degli avvocati le quali hanno evidenziato che il concordato preventivo biennale non sarà esteso automaticamente alle casse previdenziali private. Gli iscritti dovranno quindi continuare a versare i contributi previsti nella misura ordinaria. Il calcolo dei contributi continuerà ad essere effettuato sui redditi prodotti e non su quelli accordati con il Fisco con il concordato preventivo.

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