Iva al 10% estesa: ecco le novità del decreto legge ‘Semplificazioni fiscali’

Arriva l’ok al nuovo decreto legge “Semplificazioni fiscali” e alle novità in esso contenute con l’approvazione avvenuta la scorsa settimana in Consiglio dei ministri. L’Iva agevolata al 10% viene estesa ai settori sanitari e sulle prestazioni mediche e di ricovero. Il provvedimento, tuttavia, contiene altre misure relative all’esterometro, ai modelli Intrastat e alle fatture elettroniche.

Decreto ‘Semplificazioni fiscali’, quali sono le misure previste?

All’interno del decreto “Semplificazioni fiscali” sono contenute varie misure fiscali. Eccole nel dettaglio:

  • estensione dell’aliquota Iva agevolata del 10% sulle prestazioni aventi a oggetto il ricovero e le cure offerte dai soggetti convenzionati e non convenzionati;
  • esenzione Iva sulle prestazioni sanitarie offerte dalle case di cura non convenzionate che vengono addebitate ai pazienti;
  • per l’esterometro, l’esclusione degli acquisti extraterritoriali fino a 5 mila euro;
  • passa dal 16 al 30 settembre la scadenza per presentare la comunicazione delle liquidazioni periodiche Iva (Lipe) dei mesi di aprile, maggio e giugno 2022;
  • si incrementa da 250 euro a 5 mila euro il tetto entro il quale si può differire il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche ai tre mesi successivi (solo a partire dal 2023);
  • proroga a tutto il 2026 dell’inversione contabile su personal computer, tablet, telefoni, gas, energia, microprocessori e certificati verdi.

Iva, con il decreto ‘Semplificazione’ arriva l’estensione dell’esenzione: ecco per chi

Con il decreto “Semplificazioni” arriva l’estensione dell’esenzione dell’Iva. Il provvedimento va dunque a integrare l’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. In particolare, l’ampliamento dell’esenzione spetta anche alle prestazioni sanitarie di ricovero o di cura, effettuate pure dai professionisti. In particolare, l’esenzione spetterà anche alle:

  • prestazioni rese dai professionisti sanitari (odontoiatri, medici e infermieri);
  • le prestazioni di cura e di ricovero, compreso il vitto e la somministrazione di farmaci. Tali prestazioni devono essere rese da cliniche o case di cura convenzionate;
  • per le prestazioni rese dalle case di cura non convenzionate, che spesso si servono di professionisti terzi, il decreto allarga il regime di esenzione fiscale come se il servizio fosse reso dalle case di cura direttamente al paziente. Il limite all’esenzione è costituito dall’importo che la casa di cura deve al professionista terzo.

Caso di esenzione di paziente che ottiene prestazioni presso una casa di cura

Ad esempio, se una casa di cura riceve la parcella del professionista terzo di 15 mila euro per un intervento e il professionista richiede al paziente 25 mila euro quale prezzo totale della prestazione, si procederà nel seguente modo:

  • il professionista fatturerà 15 mila euro in regime di esenzione;
  • lo stesso fatturerà 10 mila euro in regime di imponibilità della prestazione.

Estensione dell’Iva al 10%, per quali settori?

Il provvedimento allarga anche l’applicazione dell’Iva agevolata al 10% al settore sanitario. Infatti, l’aliquota Iva agevolata si applicherà per:

  • le prestazioni di maggior confort alberghiero e alberghiere verso persone che sono ricoverate nelle strutture sanitarie convenzionate. Si tratta di un allargamento rispetto alle esenzioni previste ai commi 18 e 19 dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972;
  • l’alloggio a persone che accompagnano i pazienti ricoverati presso strutture di cura, sia convenzionate che non convenzionate, con applicazione di aliquota ridotta al 10%.

Nel caso di ricovero di pazienti in strutture sanitarie non convenzionate, l’aliquota Iva rimane quella ordinaria.

 

 

 

Contributi imprese agricole e agroalimentare, incentivi a fondo perduto fino all’80%

Un decreto del ministero delle Politiche agricole ha sbloccato risorse per 500 milioni di euro dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) per le sovvenzioni alla logistica del settore agricolo e agroalimentare. I contributi a fondo perduto possono arrivare a finanziare fino all’85% delle spese di investimento. Il provvedimento è stato firmato dal ministro Stefano Patuanelli il 15 giugno scorso. C’è da attendere solo l’esame della Commissione europea per il via libera definitivo. Successivamente Invitalia, deputata a gestire le risorse, emanerà i relativi bandi per assegnare i fondi alle imprese che ne faranno richiesta.

Contributi a fondo perduto per le imprese agricole e agroalimentari:  riferimenti del Pnrr in attesa dei bandi

I contributi a fondo perduto rientrano nella misura del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza “Sviluppo logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo”. Gli incentivi verranno assegnati per potenziare la logistica delle imprese agricoli e agroalimentari anche nelle operazioni di stoccaggio, per innovare i processi produttivi del settore e per ridurre i costi ambientali. Inoltre, le aziende dovranno perseguire anche gli obiettivi di riduzione dei costi economici e ambientali e di sostenere l’innovazione dei processi produttivi.

Cosa finanziano i contributi alle aziende agricole e agroalimentari per la logistica?

Le aziende beneficiarie degli incentivi dovranno dunque utilizzare i contributi assegnati per sostenere investimenti che consentano di favorire la transizione verso sistemi di produzione più sostenibili e moderni. Nel raggiungimento di questo obiettivo procedere alla:

  • riduzione dell’impatto ambientale e all’aumento della sostenibilità del settore;
  • all’ottimizzazione della capacità di stoccaggio;
  • al miglioramento delle fasi di trasformazione delle materie prime;
  • all’ottimizzazione delle differenziazioni di prodotto in rapporto alla qualità, alla tracciabilità, alla sostenibilità e alla caratteristica di produzione;
  • al potenziamento delle possibilità di esportazione delle piccole e medie imprese dei settori agricoli e agroalimentari;
  • a favorire la digitalizzazione nella logistica;
  • all’abbassamento dello spreco alimentare.

Chi può ottenere i contributi a fondo perduto per la logistica delle aziende agricole e agroalimentare?

Saranno ammesse alla richiesta dei contributi a fondo perduto le  aziende, le coop e i consorzi che svolgano la propria attività nell’agricoltura e nell’agroalimentare. Inoltre, rientrano tra i potenziali beneficiari della misura:

  • le organizzazioni di produttori (Op);
  • le aziende commerciali e distributive;
  • le imprese industriali.

Quali sono i contributi a fondo perduto spettanti alle imprese agricole?

I contributi a fondo perduto per gli investimenti nella commercializzazione dei prodotti agricoli comprendono le seguenti percentuali di finanziamento:

  • il limite del 10% dei costi per il suolo aziendale, con percentuale di contributi del 50% per le regioni meno sviluppate (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sardegna e Sicilia) e del 40% per le altre regioni;
  • l’acquisto o la costruzione di immobili per spese ammissibili fino al 70% del totale (50% le regioni meno sviluppate, 40% le altre regioni);
  • l’acquisto o il noleggio di attrezzature e di macchinari (50% di contributi per le regioni meno sviluppate, 40% per le altre);
  • gli onorari degli ingegneri e degli architetti per la sostenibilità e per gli studi di fattibilità (50% le regioni meno sviluppate, 40% le altre regioni).

Per quali imprese i contributi a fondo perduto sono maggiorati?

Rispetto alle percentuali di intensità dei contributi a fondo perduto per le imprese operanti nell’agricolo e nell’agroalimentare, sono previste maggiorazioni di incentivi per:

  • i giovani agricoltori o per coloro che lavorano già nel settore da non oltre i cinque anni precedenti la data di presentazione della domanda;
  • le spese per gli investimenti effettuati nelle zone soggette a vincoli specifici o naturali;
  • gli investimenti effettuati in ricerca e innovazione (con copertura delle relative spese fino all’85%).

Esempi di spese ammissibili ai contributi a fondo perduto in agricoltura

Sulla base del decreto dei contributi a fondo perduto per le imprese agricole e dell’agroalimentare, risultano ammissibili le spese effettuate per:

  • le immobilizzazioni materiali e immateriali. Il suolo agricolo può essere finanziato nel limite del 10% del totale delle spese sostenute;
  • le opere murarie entro il limite del 70% delle spese;
  • le infrastrutture dell’impresa specifiche;
  • gli impianti, i macchinari e le varie attrezzature;
  • i programmi informatici, il know how, le licenze, i brevetti (nel limite del 50% delle spese per le grandi aziende);
  • i servizi e i beni che favoriscono l’efficienza energetica e le fonti di energia rinnovabili;
  • i mezzi di trasporto, purché non arrechino un “danno significativo”;
  • le consulenza, entro il 4% dei costi del progetto di investimento.

Quali tipologie di investimento sono ammissibili per i contributi alle imprese agricole?

Considerando che il massimo del contributo che si può ottenere è fissato in 12 milioni di euro, le tipologie di investimento devono avere un importo compreso tra i cinque e i 25 milioni di euro per:

  • spese relative alla logistica delle imprese operanti nel settore primario;
  • i costi relativi alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti dell’agricoltura;
  • le spese dei programmi di sviluppo della logistica del settore realizzati da aziende che operano in altri settori.

Come presentare la domanda per gli incentivi del settore agricolo e agroalimentare?

Per i bandi dei contributi a fondo perduto delle aziende agricole e dell’agroalimentare, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf) farà gestire a Invitalia le risorse da assegnare. L’Agenzia, inoltre, gestirà le domande dei contributi a fondo perduto valutandole e approvandole. Successivamente, le imprese ammesse stipulano il contratto e ottengono i finanziamenti richiesti. Invitalia avrà anche compiti di controllo e di monitoraggio dell’utilizzo delle risorse. Le imprese dovranno pertanto attendere il via libera definitivo della Commissione europea per l’emanazione dei bandi e la relativa presentazione delle istanze.

Fattura elettronica per tutti, cosa cambia dal 1° luglio: la guida

Cosa cambia nel regime di fattura elettronica a partire dal 1° luglio 2022? In primo luogo l’estensione della fattura elettronica è a quasi tutti i soggetti economici che finora ne erano esonerati dall’utilizzo. Infatti, da luglio saranno obbligati all’adempimento attraverso il Sistema di interscambio (Sdi) dell’Agenzia delle entrate i soggetti passivi dell’Iva fino a questo momento esonerati. Ovvero le partite Iva a regime forfettario, quelle a regime di vantaggio e gli enti rientranti nella legge 398 del 1991. L’obbligo scatta a chi ha conseguito un volume di compensi o di ricavi nel 2021 eccedente ai 25 mila euro. Al di sotto di questa soglia, l’obbligo scatterà solo a partire dal 1° gennaio del 2024.

Fattura elettronica: le partite Iva che fuoriescano dal regime forfettario sono obbligate dal 1° gennaio 2023

Sarà, dunque, a decorrere dal 1° gennaio 2024 che l’obbligo di adottare la fattura elettronica scatterà nei confronti di proprio tutti, indipendentemente dal volume di ricavi o di compensi conseguiti nel 2022. A meno che non vengano a decadere i presupposti favorevoli all’esonero. Ad esempio, una partita Iva che fuoriesca dal regime forfettario e che adotti il regime ordinario è obbligata a utilizzare la fattura elettronica dal 1° gennaio 2023.

Chi è obbligato ad adottare la fattura elettronica da subito?

Pertanto, rientrano tra gli obbligati ad adottare la fattura elettronica dal prossimo 1° luglio i soggetti in regime di:

  • vantaggio, secondo l’articolo 227 del decreto legge numero 98 del 2011;
  • forfettari, secondo l’articolo 1 della legge numero 190 del 2014;
  • speciale come previsto dalla legge numero 398 del 1991. Si tratta delle associazioni senza fini di lucro, ad esempio. Per questi soggetti l’obbligo scatta purché nel periodo di imposta precedente abbiano conseguito dei proventi dall’attività commerciale per un tetto non eccedente i 65 mila euro.

A disciplinare l’obbligo di adozione della fattura elettronica è il comma 2, dell’articolo 18, del decreto legge numero 36 del 2022 (il cosiddetto decreto “Pnrr 2”). Il provvedimento modifica il comma 3, dell’articolo 1, del decreto legislativo numero 127 del 2015.

Quali altri requisiti bisogna possedere per l’adozione della fattura elettronica?

Pertanto, sono obbligati a passare al regime di fattura elettronica tutti i soggetti:

  • passivi Iva;
  • con residenza in Italia o stabili in Italia;
  • per la cessione dei beni o per la prestazione di servizi effettuati riguardo a un soggetto anch’esso residente o stabile in Italia.

I soggetti del reparto sanitario e i produttori agricoli devono emettere fattura elettronica?

In merito ai soggetti appartenenti al comparto sanitario, al momento non vi è ancora l’obbligo di adozione della fattura elettronica. Al contrario, i produttori agricoli – sia nelle vesti di cessionari che di committenti – che si trovino in regime di esonero dagli adempimenti dell’Iva il decreto dell’Agenzia delle entrate datato 30 aprile 2018 estende la possibilità di utilizzare il Sistema di interscambio, accessibile dalla propria area riservato del portale on line dell’Agenzia stessa.

Da quando decorre l’obbligo di fattura elettronica?

L’obbligo dell’adozione della fattura elettronica decorre dal 1° luglio 2022 per le partite Iva e i soggetti finora esonerati che nel precedente anno abbiano conseguito un volume di compensi o di ricavi di almeno 25 mila euro. La decorrenza per tutti gli altri soggetti è dal 1° gennaio 2024. A prevederlo è il comma 3 dell’articolo 18 del decreto legge numero 36 del 2022 (“Pnrr 2”). Pertanto, ai fini dell’obbligo di fatturazione elettronica bisogna far riferimento ai compensi e ai ricavi realizzati durante l’anno di imposta 2021. Nel caso in cui l’attività non sia stata svolta durante tutto l’anno scorso (ad esempio, gli operatori che abbiano aperto partita Iva a metà 2021), l’ammontare dei ricavi deve essere ragguagliato all’intero anno.

Chi ha aperto la partita Iva forfettaria nel 2022, deve adottare la fattura elettronica?

Cosa avviene per gli operatori economici che hanno aperto la partita Iva a regime forfettario nell’anno 2022 ai fini dell’obbligo di fattura elettronica? In questo caso, si ritiene che risulti irrilevante l’ammontare dei compensi e dei ricavi conseguiti nel corso di quest’anno. Dunque, chi ha aperto la partita Iva durante il 2022, adottando il regime forfettario o gli altri regimi speciali, è tenuto all’obbligo di fattura elettronica solo a decorrere dal 1° gennaio 2024. Tale decorrenza permane se sussistono i presupposti per l’adozione dei regimi di vantaggio fiscale anche nell’anno 2023. Ovvero, quelli previsti dal comma 3, dell’articolo 1, del decreto legislativo numero 127 del 2015 per l’esonero della fatturazione dei regimi speciali; e quelli del decreto 398 del 1991 per quanto riguarda i proventi delle attività commerciali svolte nel 2022 dagli enti (il tetto dei 65 mila euro).

Estensione della fattura elettronica dal 1° luglio 2022: cosa avviene nel primo periodo di applicazione?

Nel primo periodo di adozione a decorrere dal prossimo 1° luglio, la normativa non prevede l’applicazione nell’immediato delle sanzioni in caso di mancato utilizzo della fattura elettronica. Si tratta delle sanzioni previste dal comma 2, dell’articolo 6, del decreto legislativo numero 471 del 1997. Infatti, il comma 3, dell’articolo 18 del decreto legge numero 36 del 2022 prevede che per tutto il terzo trimestre del 2022 (luglio, agosto e settembre), le sanzioni non sono applicate nel caso in cui la fattura elettronica dovesse essere emessa entro il mese successivo rispetto a quello nel quale si sia effettuata l’operazione. Pertanto, nel terzo trimestre dell’anno, chi entra a far parte dei nuovi obbligati all’adozione della fattura elettronica, non riceverà la sanzione nel caso in cui emetta il documento entro il mese successivo, diversamente dai termini previsti dal decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Adozione della fattura elettronica, cosa avviene per l’esterometro?

Infine, l’obbligo di fattura elettronica per i nuovi soggetti comporta anche l’obbligo di comunicare, in via telematica all’Agenzia delle entrate, le operazioni effettuate nei riguardi di soggetti residenti all’estero. La relativa normativa prevista dal comma 3 bis dell’articolo 1, del decreto legislativo numero 127 del 2015, esclude le sole operazioni per le quali sia stata emessa la fattura elettronica. Oppure per la quale sia stata emessa la bolletta doganale. Pertanto, la comunicazione prevista dall’esterometro potrà essere effettuata, già a partire dal terzo trimestre del 2022, mediante l’espletamento della fattura elettronica. I tempi sono quelli indicati dalle lettere a) e b), del comma 3 bis, dell’articolo 1, del decreto legislativo 127 del 2015.

Versamenti imposte: pronto il decreto che sposta la scadenza al 20 luglio

Il Fisco finirà per concedere più tempo per il versamento delle imposte. È pronto, infatti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) che sposta i pagamenti delle imposte dal 30 giugno al 20 luglio 2022, senza la maggiorazione. Lo 0,40% sarà applicato, invece, nel periodo di versamento dal 21 luglio al 20 agosto 2022. Il provvedimento si rende necessario per le modifiche normative intervenute nelle ultime settimane, tra le quali quelle riguardanti gli adempimenti sull’autodichiarazione degli aiuti dell’Unione europea. Ma anche della messa a disposizione dei contribuenti e dei professionisti degli strumenti necessari per procedere alla dichiarazione dei redditi 2022.

Decreto di proroga dei versamenti delle imposte al 20 luglio 2022: chi ne beneficia?

Il pressing per la proroga dei versamenti delle imposte con scadenza dal 30 giugno al 20 luglio è stato portato avanti dai professionisti. Il presidente dei Commercialisti, infatti, ha scritto al ministro dell’Economia e delle Finanze per spostare le scadenze fissate per i versamenti del 2022 del periodo di imposta 2021. Pertanto, il nuovo provvedimento sposterà la scadenza dei pagamenti fiscali per i soggetti Isa di tre settimane, senza l’applicazione della maggiorazione dello 0,40%. Per i versamenti dal 21 luglio al 20 agosto prossimi, sarà applicata la maggiorazione nella stessa misura. Il decreto sarebbe già pronto al ministero dell’Economia e delle Finanze.

Slittamento delle scadenze per i versamenti delle imposte, le motivazioni e i ritardi

Lo spostamento dei termini di pagamento delle imposte è necessario, secondo il presidente dei Commercialisti Elbano de Nuccio, per fare in modo che “i contribuenti e i commercialisti che li assistono possano effettuare gli adempimenti senza affanni e con la dovuta diligenza professionale”. Da quanto si apprende dal quotidiano Italia Oggi, il presidente de Nuccio avrebbe sottolineato nella lettera al ministro dell’Economia Daniele Franco la necessità di “razionalizzare il calendario fiscale“. Inoltre, mai come quest’anno, contribuenti e commercialisti sono alle prese con i ritardi nella elaborazione e nella compilazione delle dichiarazioni dei redditi e dell’Imposta regionale delle attività produttive (Irap). E, dunque, con la determinazione del saldo e della 1° acconto delle imposte del 2022 riferite al periodo 2021. Tali ritardi deriverebbero, essenzialmente, con la messa a disposizione degli strumenti per far fronte ai versamenti delle imposte.

Credito di imposta sull’aumento del gas e su altre spese: quali sono?

Quali crediti di imposta spettano sull’aumentato prezzo del gas naturale e su altri beni, come ad esempio per l’utilizzo dell’energia elettrica o per i beni strumentali immateriali e la formazione 4.0? Il credito di imposta maturato su tutti questi beni, come si può utilizzare? Ecco, dunque, quali sono i bonus spettanti sull’acquisto di questi beni e fonti energetiche anche alla luce degli aumenti di aliquota dei crediti di imposta.

Credito di imposta sugli aumenti dei prezzi del gas, aliquota del 25%

Sull’aumento del prezzo del gas naturale a danno delle imprese, il governo ha stabilito un contributo straordinario pari al 25%. Si tratta di una revisione al rialzo rispetto alle precedenti aliquote che introducevano un credito di imposta originariamente del 15% e, poi, del 20%. Le modalità di fruizione del bonus sono contenute nei decreti legge:

  • numero 4/2022 (decreto legge “Sostegni ter”);
  • 17/2022 (decreto “Energia”);
  • decreto 21 del 2022 (“Ucraina”);
  • 50/2022 (provvedimento “Aiuti”).

Quali imprese possono ottenere il contributo straordinario pari al 25% sull’incremento del prezzo del gas?

Il credito di imposta straordinario sul prezzo del gas per le imprese consiste nel fruire di un bonus del 25% sull’aumentato costo del gas. Per il primo trimestre del 2022 (gennaio, febbraio e marzo), il contributo è pari al 10% dei costi sostenuti per comprare il gas naturale. Riguardo ai mesi di aprile, maggio e giugno 2022 (secondo trimestre), il contributo aumenta al 25% (in precedenza era stato stabilito al 20%). Per fruire del bonus è necessario che l’azienda sia a forte uso di gas naturale. Si tratta delle imprese gasivore, ma i contributi andranno anche alle aziende che fanno un uso ridotto di gas naturale. La qualificazione delle aziende per ottenere il bonus straordinario è contenuta nell’Allegato 1 al decreto legge 541 del 2021. Oltre ai settori, il decreto stabilisce anche la quantità consumata di gas naturale corrispondente a non meno del 25% del tetto stabilito nel comma 1 dell’articolo 3 del decreto del ministero per la Transizione ecologica 541 del 2021.

Come fruire del contributo di imposta del 25% per l’incremento del prezzo del gas naturale?

Per fruire del contributo del 25% è occorrente che le imprese a forte uso di gas naturale abbiano pagato un costo superiore per il prodotto. La determinazione dell’incremento di costo del gas si basa sul prezzo medio pagato nel primo trimestre del 2022 rispetto al costo medio sostenuto nell’ultimo trimestre (mesi di ottobre, novembre e dicembre) del 2021. Per fruire del contributo, le imprese devono aver speso più del 30% confrontando i due trimestri rispetto al prezzo applicato nell’ultimo trimestre del 2019. Il contributo spettante per i mesi di aprile, maggio e giugno 2022 (secondo trimestre) si determina invece mediante il rapporto tra i prezzi medi sostenuti nei primi tre mesi del 2022 rispetto ai prezzi medi del primo trimestre del 2019. Dal rapporto ne deve derivare un incremento di prezzo di almeno il + 30%. Si tratta, dunque, dell’incremento di costi del 2022 rispetto a quelli applicati nel 2019.

Utilizzo in compensazione del bonus per l’aumento del prezzo del gas delle imprese gasivore

L’utilizzo del bonus derivante dall’aumentato prezzo del gas naturale delle imprese gasivore avviene mediante il modello F 24. Il modello deve essere presentato in via esclusiva utilizzando i servizi on line del portale dell’Agenzia delle entrate. Il relativo codice tributo da utilizzare è il numero 6962, descritto come “credito di imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale” per i mesi di aprile, maggio e giugno del 2022. Il relativo decreto di riferimento è il numero 17 del 1° marzo 2022, in particolare l’articolo 5. Nella compilazione del modello F 24, inoltre, il codice tributo si ritrova nella sezione “Erario” della colonna “Importi a credito compensati”. Ovvero, se il contribuente deve riversare l’agevolazione, il codice tributo si ritrova nella colonna “Importi a debito versati”. Nel campo dell’anno di riferimento (AAAA) deve essere inserito l’anno nel quale la spesa è stata sostenuta.

Bonus gas naturare imprese non gasivore: quale bonus spetta?

Per le imprese che utilizzano gas naturale in quantità ridotte rispetto alle aziende definite “gasivore”, il governo ha previsto il credito di imposta, sempre 25%, nel caso in cui il prezzo ha subito aumenti significativi. La determinazione dell’incremento di prezzo si ottiene dal rapporto del primo trimestre del 2022 (gennaio, febbraio e marzo) rispetto alla media del primo trimestre del 2019. Il risultato deve dare un costo aumentato di oltre il 30% per ottenere il credito di imposta.

Come utilizzare il credito di imposta sul maggior prezzo sostenuto per il gas naturale?

Il credito di imposta derivante dal maggior costo sostenuto dalle imprese non gasivore sul gas naturale non concorre a formare il reddito dell’impresa. Pertanto, il contributo ottenuto non forma la base imponibile ai fini dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) e nemmeno ai fini della deducibilità degli interessi passivi e della deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi differenti dagli interessi passivi. Lo precisano gli articoli 61 e 109 (al comma 5) del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Inoltre, il bonus è cumulabile con altri contributi riferiti anche agli stessi costi. Ma dal cumulo non deve derivarne un cumulo che ecceda lo stesso costo sostenuto.

Credito di imposta sul prezzo del gas naturale: come si può cedere?

La cessione del credito di imposta del contributo spettante per il prezzo più alto pagato sul gas naturale spetta alle:

  • imprese gasivore, sia per il bonus del primo che del secondo trimestre del 2022;
  • aziende non gasivore, relativamente al secondo trimestre del 2022.

Fino a quando si può cedere il credito di imposta sul prezzo del gas?

Il credito di imposta può essere utilizzato fino al 31 dicembre 2022: entro tale data il bonus si può cedere, ma solo per l’intero importo. La cessione può avvenire verso altri soggetti, inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. Chi riceve il credito di imposta non ha, però, ulteriore facoltà di procedere con una nuova vendita dello stesso, a meno che non si tratti di (due ulteriori cessioni):

  • banche ed altri intermediari finanziari iscritti all’albo dell’articolo 106 del Testo unico bancario;
  • società facenti parte di un gruppo bancario, iscritte all’albo sulla base del medesimo Testo unico;
  • compagnie di assicurazioni.

Credito di imposta su aumentato prezzo del gas: si può cedere solo parzialmente?

Il legislatore ha stabilito che i crediti di imposta derivanti dall’aumentato prezzo del gas sono cedibili sono per intero. Il che implica, necessariamente, che non può utilizzarsi il bonus in parte per compensazione tramite il modello F 24 e in parte cedendolo. Le eventuali cessioni concluse violando questa disposizione sono da considerarsi nulli.

Aumento del credito di imposta per le imprese che utilizzano energia elettrica

Il decreto legge “Aiuti” ha aumentato l’aliquota anche di altri crediti di imposta. Infatti, per le imprese non energivore, a parziale compensazione dell’aumento dei prezzi dell’energia elettrica usata nei mesi di aprile, maggio e giugno 2022, l’aliquota è passata dal 12% al 15%.

Per quali altri crediti sono state aumentate le aliquote del bonus?

Sono altresì aumentate le aliquote del credito di imposta spettante per:

  • gli investimenti nei beni strumentali immateriali 4.0 (aliquota dal 20 al 50%) per le spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022. L’aliquota maggiorata si applica anche per i beni immateriali prenotati entro la fine del 2022 per consegne fino al 30 giugno 2023 purché sia stato versato un acconto di almeno il 20%;
  • per le spese sostenute per la formazione 4.0 dalle piccole imprese l’aliquota di credito di imposta passa dal 50% al 70%. Se sostenute da medie imprese il bonus spettante sale dal 40% al 50%;
  • sul credito di imposta per le spese sostenute per potenziare l’offerta cinematografica, per gli anni 2022 e 2023 il bonus spettante è aumentato dal 20% al 40%.

Bonus colonnine di ricarica, come va inserito nel 730?

Come si inserisce, nel modello 730 di dichiarazione dei redditi, il bonus delle colonnine di ricarica con i relativi tetti di spesa applicati alla detrazione fiscale? Il beneficio fiscale che comporta la detrazione dall’Irpef o dall’Ires può essere del 50% o del 110%: rientra in questa tipologia di intervento anche quello trainato dal super ecobonus.

Bonus colonnine di ricarica, colonne e righi del modello 730: quali sono?

Il modello 730 di dichiarazione dei redditi del 2022 ha recepito le modifiche ai tetti di spesa effettuati nell’anno di imposta del 2021. In particolare, il bonus fiscale delle colonnine di ricarica delle vetture elettriche va inserito al rigo E 56 del modello. È necessario che i lavori siano iniziati nell’anno 2021 o, almeno, in corso di esecuzione al 1° gennaio 2021. La detrazione fiscale (Irpef o Ires) è nella misura del 50% se le spese non superano i 3 mila euro. Tali esborsi devono essere stati sostenuti a partire dal 1° marzo del 2019 ed entro il 31 dicembre 2021. Le spese ammissibili riguardano sia l’acquisto che la posa in opera delle infrastrutture di ricarica. La misura è prevista dal decreto legge numero 63 del 2013, all’articolo 16 ter.

Colonnine di ricarica vetture elettriche, quando si tratta di interventi trainati?

Le percentuali di detrazione fiscale sulle colonnine di ricarica di vetture elettriche variano a seconda di chi svolge gli interventi, dell’anno di realizzazione e del traino di altri lavori. In particolare, le detrazioni previste sono del:

  • 110% per lavori effettuati dai condomini e dai proprietari unici fino al 31 dicembre 2023;
  • 70% o 65% per gli interventi, rispettivamente, del 2024 e 2025;
  • 110% per villette delle persone fisiche (con stato di avanzamento dei lavori al 30% entro il 30 settembre 2022).

Tutti questi interventi si effettuano con superbonus 110% (ridotto nel corso degli anni) se i lavori della colonnina di ricarica costituiscono interventi trainati da:

  • isolamento termico;
  • sostituzione di impianto di climatizzazione invernale già esistente.

Bonus colonnine di ricarica: interventi da effettuare congiuntamente a quelli del super ecobonus

In tutti i casi in cui si applica il 110% di detrazione fiscale, dunque, c’è necessità che il lavoro di acquisto e di posa in opera della colonnina di ricarica sia svolto congiuntamente a uno degli interventi trainanti rientranti nel super ecobonus. Tali interventi sono indicati dai codici da 30 a 33 della sezione IV del modello di dichiarazione dei redditi 730 relativi a condomini o a immobili plurifamiliari.

Bonus colonnine di ricarica, quali sono i limiti di spesa per la detrazione?

Per i lavori di installazione della colonnina di ricarica in corso di esecuzione 1° gennaio 2021, il tetto di spesa con detrazione fiscale del 110% è fissato a 3 mila euro. Il relativo pagamento può essere avvenuto nel corso del 2021 oppure nel corso del periodo agevolato di quest’anno. Gli interventi che invece sono iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2021 (i nuovi) hanno altri limiti di costi, ovvero:

  • 2.000 euro per immobili unifamiliari (o le unità abitative in essi contenute) purché funzionalmente indipendenti. Ovvero dotate di uno o di più accessi dall’esterno autonomi;
  • 1500 euro per quei condomini o quegli immobili familiari che effettuino l’installazione di non più di 8 colonnine;
  • 1200 euro per quei condomini o quegli immobili familiari che effettuino l’installazione un numero eccedente a 8 colonnine di ricarica secondo quanto prevede il comma 8 del decreto legge numero 34 del 2020, all’articolo 119.

Quali caratteristiche devono avere le colonnine di ricarica per avere l’agevolazione fiscale?

La detrazione fiscale sulle colonnine di ricarica sono da considerarsi per ogni unità abitativa. In sede di detrazione fiscale, è importante che la colonnina di ricarica abbia una potenza massima di 20 kW. Infatti, per la quota superiore a questo tetto, la detrazione fiscale scende al 50%. È quanto prevede la lettera h) del comma 1, dell’articolo 16 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). In questo caso, non applicandosi il superbonus al 110%, il tetto di spesa è di 96 mila euro da applicare a tutto l’impianto.

Gas, contributi sull’aumento del prezzo del 25% e Iva al 5%: le ultime novità

L’Agenzia delle entrate è intervenuta nella giornata di ieri, 16 giugno 2022, con una circolare per fornire ulteriori chiarimenti ai decreti legge “Sostegni ter”, “Energia”, “Ucraina” e “Aiuti”, in merito all’aliquota dell’Iva applicata sul gas naturale utilizzato per autotrazione e ai contributi del 25% per compensare i maggiori oneri di approvvigionamento delle imprese. L’aliquota Iva scende dunque dal 22% al 5%, ma solo temporaneamente. Infatti, questa percentuale rimarrà in vigore fino all’8 luglio prossimo e a decorrere dallo scorso 3 maggio. L’aliquota agevolata sul gas metano si applica anche all’acquisto di gas metano per gli utilizzi civili e industriali.

Contributi sull’aumentato costo del gas, percentuale del 25%

Il governo ha fissato il contributo straordinario al 25% sull’aumentato prezzo di acquisto del gas per le imprese. Si tratta di un adeguamento al rialzo rispetto alle precedenti percentuali che prevedevano un bonus dapprima del 15% e, successivamente, del 20%. Le modalità di erogazione del corrispondente credito di imposta sono contenute nei decreti legge:

  • 4 del 2022 (decreto legge “Sostegni ter”);
  • 17 del 2022 (decreto “Energia”);
  • dl 21/2022 (decreto “Ucraina”);
  • 50 del 2022 (decreto “Aiuti”).

Quali imprese sono ammesse al contributo straordinario del 25% sull’aumentato prezzo del gas?

Il bonus straordinario sul gas per le imprese consiste nell’ottenimento di un credito di imposta nella misura del 25% dell’aumentato prezzo del gas. Per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022 (primo trimestre dell’anno), il credito di imposta è fissato nella percentuale del 10% dei costi sostenuti per l’acquisto del gas naturale. Sul secondo trimestre del 2022 (mesi di aprile, maggio e giugno), il credito di imposta sale al 25% (dal 20% stabilito in precedenza). Per ottenere il credito di imposta è occorrente che l’impresa sia a forte utilizzo di gas naturale (cosiddette imprese “gasivore”). La qualificazione delle imprese ammesse al contributo straordinario è operata dall’Allegato 1 al decreto legge numero 541 del 2021. Oltre ai settori, il provvedimento fissa il consumo di quantità di gas naturale pari ad almeno il 25% di quanto fissato al comma 1 dell’articolo 3 del decreto del ministero per la Transizione ecologica numero 541 del 2021.

Come ottenere il credito di imposta del 25% per l’aumentato costo del gas naturale?

Per fruire del credito di imposta del 25% è necessario che le imprese a forte utilizzo di gas naturale abbiano subito un aumento del relativo costo. Il calcolo dell’aumento del prezzo del gas deve essere riferito al costo sostenuto nei mesi di gennaio, febbraio e marzo del 2022 rispetto alla media di costo sostenuto nei mesi di ottobre, novembre e dicembre del 2021 (ultimo trimestre dell’anno scorso). Per ottenere il bonus, dal confronto tra i trimestri, le imprese devono aver sostenuto un prezzo maggiore del 30% riferito all’ultimo trimestre dell’anno 2019. Il bonus del secondo trimestre del 2022 (aprile, maggio e giugno) si calcola invece dal rapporto tra i costi medi sostenuti nel primo trimestre del 2022 rispetto al prezzo medio dei mesi di gennaio, febbraio e marzo del 2019. Il rapporto deve segnare almeno il + 30% del trimestre di riferimento del 2022 rispetto a quello del 2019.

Credito di imposta sull’acquisto di gas naturale per le imprese che non non fanno largo utilizzo: quale bonus spetta?

Per le aziende che utilizzano gas in quantità non eccessive come le imprese “gasivore”, è previsto lo stesso bonus del 25% se hanno dovuto subire un incremento del costo del gas naturale. Il calcolo dell’aumento del costo deve essere fatto per i primi tre mesi del 2022 (gennaio, febbraio e marzo) come media rispetto alla media dei primi tre mesi del 2019. Tale rapporto deve essere superiore al 30%.

Come utilizzare il credito di imposta sul maggior prezzo sostenuto per il gas naturale?

Le imprese possono utilizzare il credito di imposta maturato sul maggior costo sostenuto per il gas naturale in compensazione, secondo quanto prevede il decreto legislativo numero 241 del 1997, all’articolo 17. Il credito di imposta è utilizzabile a decorrere dal giorno di maturazione, previa verifica dei requisiti richiesti per ottenere il bonus. Quanto le imprese maturano come bonus può essere anche ceduto ma solo per l’intero ammontare del credito di imposta. La cessione può avvenire anche a soggetti differenti dalle banche e altri istituti finanziari qualificati. Per la cessione del credito di imposta è occorrente il visto di conformità. Inoltre, la fruizione del credito di imposta non concorre alla base imponibile del reddito di impresa. Infine, il bonus non concorre all’imponibile ai fini Irap e si può cumulare con altre agevolazioni spettanti purché non si superi il tetto massimo del prezzo pagato.

Iva al 5% sul gas naturale, fino a quando e per chi?

L’abbattimento dell’aliquota Iva al 5% (dal 22%) è in vigore dal 3 maggio scorso fino al giorno 8 luglio 2022. Tale percentuale è applicata sia sul gas naturale utilizzato per l’autotrazione che per le forniture di gas per utilizzi industriali e civili. L’intervento dell’Agenzia delle entrate del 16 giugno 2022 (circolare numero 20/E) chiarisce che la percentuale agevolata sul gas, se precedente alla consegna del prodotto, deve riferirsi al giorno di emissione della fattura. In alternativa, il contribuente deve considerare la data di pagamento del corrispettivo. Per la cessione con contratto di somministrazione del gas, se precedente, si deve far riferimento alla data di pagamento del prezzo o di emissione della fattura. Lo stabilisce la lettera a) del comma 2, e il comma 4, dell’articolo 6 del decreto legislativo già citato. L’Agenzia delle entrate si rifà dunque al comma 1. dell’articolo 6, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. Per gli utilizzi industriali e civili, l’aliquota Iva ridotta al 5% si applica sia per il regime ridotto al 10% che per quello ordinario del 22%.

 

Abitazione principale o data in locazione: come si dichiara la rendita?

Come si dichiara la rendita per l’abitazione nel caso in cui sia principale oppure se l’immobile è dato in locazione? Ovvero come vanno dichiarati i redditi prodotti e quando va dichiarata la rendita catastale nel modello 730 di dichiarazione dei redditi? Ecco come procedere con l’indicazione del quadro, della colonna e dei codici da utilizzare nel modello 730 e quando l’Imu sostituisce l’Irpef per l’abitazione principale.

Abitazione principale del contribuente: è soggetta a tassazione Irpef?

L’abitazione costituente la casa principale del contribuente non è soggetta alla tassazione Irpef. Tuttavia, la rendita catastale deve essere inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi. È necessario chiarire che sull’abitazione principale vige il principio di alternanza tra Imu e Irpef se non è locata. Diversamente, in caso di contratto di locazione, si procede con il reddito imponibile dell’immobile.

Immobile esente da Imu, si applica l’Irpef?

Nel caso in cui l’abitazione è esente dall’Imu e non è stata locata, si attua il principio di alternanza tra Imu e Irpef. Ovvero, l’abitazione diventa soggetta ai fini dell’Irpef. Pertanto, il reddito dell’abitazione va a concorrere a formare il reddito complessivo per il calcolo dell’Irpef. Tuttavia, tale reddito dell’abitazione non è tassato: infatti, è prevista la deduzione dell’Irpef fino a concorrere all’importo della rendita catastale dell’abitazione stessa e delle relative pertinenze.

Come si dichiara nel modello 730 la rendita catastale dell’abitazione principale?

La rendita catastale, dunque, va inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso di esenzione dall’Irpef. L’importo, non rivalutato, si inserisce nella colonna numero 1 del rigo B 1. Successivamente è necessario popolare la colonna “2” inserendo il codice “1”. La deduzione della rendita catastale ai fini della determinazione del reddito imponibile verrà effettuata da chi presta l’assistenza fiscale.

Abitazione principale, come si dichiara la rendita se l’immobile è soggetto a Imu?

Se, invece, l’abitazione principale è soggetta a Imu e, dunque, non è dovuta l’Irpef, si ricade nell’ipotesi nella quale la rendita non concorre alla formazione del reddito imponibile. Non è necessaria altresì la deduzione della rendita catastale. Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi si deve procedere con la compilazione delle colonne “1” e “2” del rigo B 1. Nei campi si deve inserire la rendita catastale (senza la rivalutazione) e il codice “1”; invece nella colonna 12, indicata come “casi particolari Imu”, deve essere immesso il codice “2”.

Come inserire i redditi da locazione dell’abitazione nel quadro B del modello 730?

Diverso è il caso in cui l’abitazione, non costituente la casa principale, è data in locazione. In primis, chi possiede immobili oppure o è titolare di altri diritti reali deve compilare il quadro B del modello 730 di dichiarazione dei redditi.

Come si calcola l’imponibile del reddito da immobile?

La determinazione dell’imponibile per il calcolo del reddito dell’immobile varia dal fatto che il fabbricato sia locato oppure no. Gli immobili non locati, infatti, concorrono a formare l’imponibile nella misura della rendita catastale. È necessaria la rivalutazione del 5%. Tuttavia, se l’immobile è stato già assoggettato nello stesso anno del periodo di imposta a Imu, non concorre a formare il reddito ai fini dell’Irpef. Come per le abitazioni principali, dunque, vige il principio di alternanza.

Come indicare nel modello 730 i fabbricati non locati?

Per gli immobili che non sono case principali e non sono locati, dunque, l’iscrizione nel modello 730 al quadro B deve comunque avvenire, anche se nulla cambia ai fini della determinazione del reddito complessivo annuale, come avviene per gli immobili locati. C’è un’eccezione per gli immobili a uso abitativo e non locati ma che si trovano nello stesso comune nel quale il soggetto contribuente ha già l’abitazione principale. In questa condizione, il reddito concorre alla formazione della base imponibile ai fini dell’Irpef per il 50%. Gli immobili non locati devono essere iscritti alla colonna 1 e al rigo B 1. I campi devono essere popolati con la rendita catastale. La rivalutazione del 5% non deve essere inserita: infatti, verrà iscritta successivamente da chi effettua l’assistenza fiscale. Se il fabbricato è esente da Imu, e dunque assoggettato all’Irpef, il contribuente deve selezionare la casella 12 riguardante i casi particolari Imu.

Immobili concessi in locazione, compilazione del modello 730

Per gli immobili dati in locazione il calcolo del reddito è pari alla misura del canone ricevuto alla quale si applica la riduzione forfettaria del 5%. Se l’abitazione locato si trova nei comuni di Venezia, Burano, Giudeccca e Murano la riduzione è pari al 25%; inoltre per gli immobili di interesse storico od artistico la riduzione è del 35%.

Se il totale del canone è inferiore alla rendita catastale, il contribuente deve prendere a riferimento quest’ultima ai fini del calcolo del reddito. Gli immobili locati devono essere iscritti alla colonna “5” con i seguenti codici inerenti la tassazione:

  • codice “1” se si è proceduto alla riduzione forfettaria del 5%;
  • i fabbricati storici ed artistici necessitano del codice “4”.

Nella colonna numero 6 il contribuente deve inserire il complessivo del canone di locazione ricevuto. Invece, la colonna numero “11”, si deve utilizzare solamente nel caso in cui si applichi la cedolare secca.

Casi di rinegoziazione del canone di locazione nel 2021: come si procede?

Se nel 2021 è stato rinegoziato il canone di locazione si procede con la compilazione del modello 730 nella seguente maniera:

  • il quadro da compilare è quello “B”;
  • la colonna “7” si utilizza per i casi particolari;
  • è necessario inserire uno dei tre codici previsti ovvero 6, 7 e 8. Il codice “6” va utilizzato se la rinegoziazione ha previsto la riduzione del canone di locazione; diversamente, il codice “7” si utilizza se il contribuente non ha fatto comunicazione all’Agenzia delle entrate della rinegoziazione del canone dell’immobile a uso abitativo. Lo stesso codice si utilizza anche per i casi nei quali, oltre alla mancata comunicazione all’Agenzia delle entrate, non sia stato pagato il canone concordato, anche parzialmente.

Quando gli immobili a utilizzo abitativo si possono non assoggettare a tassazione?

Dal 1° gennaio 2020, il contribuente può non assoggettare a imposta i canoni di locazione riguardanti i fabbricati a uso  abitativo nei casi in cui:

  • non abbia ottenuto i canoni di locazione prima della data ultima prevista per la presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • oppure non sia stata presentata ingiunzione di pagamento o intimazione allo sfratto per la morosità di chi ha preso in locazione l’immobile.

Tuttavia, il contribuente deve inserire nel modello 730 la rendita catastale.

Compilazione del modello 730: quando si usa il codice ‘8’?

Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi, in corrispondenza della colonna 7 del quadro B, il contribuente deve immettere il codice “8” nei seguenti casi:

  • per la rinegoziazione del canone di locazione con riduzione del canone stesso;
  • se il contribuente non ha presentato comunicazione all’Agenzia delle entrate;
  • nelle situazioni di comproprietà con il contribuente comproprietario dell’immobile;
  • se la locazione sia stata fatta da uno o più comproprietari per la propria quota.

Agroalimentare, in arrivo contributi a fondo perduto per 500 milioni

In arrivo 500 milioni di euro dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) per i contributi a fondo perduto a finanziamento della logistica agricola e agroalimentare. Nella giornata di ieri, 15 giugno 2022, il ministro delle Politiche Agricoli Alimentari e Forestali, Stefano Patuanelli, ha firmato il decreto che prevede l’istituzione dei Contratti per la logistica agroalimentari. Il provvedimento ora passerà all’esame della Commissione europea per l’ok definitivo. Successivamente si passerà a emanare i relativi bandi per l’assegnazione delle risorse alle imprese interessate.

Contributi a fondo perduto alle imprese dell’agroalimentare: i riferimenti normativi del Pnrr in attesa dei bandi

I finanziamenti rientrano nella misura del Pnrr “Sviluppo logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo”. Il 40% dei fondi a disposizione andranno a favore delle imprese situate in Sicilia, Sardegna, Puglia, Molise, Campania, Calabria, Basilicata e Abruzzo. L’obiettivo dei progetti è quello di rafforzare i sistemi di logistica e di stoccaggio delle imprese operanti nell’agroalimentare, anche potenziandone la competitività dalla filiera. Di fondo, le imprese dovranno contribuire anche a raggiungere gli obiettivi della riduzione dei costi economici e ambientali e del sostegno all’innovazione dei processi produttivi.

Quali sono gli obiettivi dei contributi alle imprese dell’agroalimentare per la logistica?

Le imprese beneficiarie dei contributi dovranno dunque utilizzare le risorse a disposizione del decreto nel sostegno di investimenti che permettano di conseguire la transizione verso formule di produzione più sostenibili e moderne. In questa direzione dovranno:

  • ridurre l’impatto ambientale e aumentare la sostenibilità del settore;
  • ottimizzare la capacità di stoccaggio;
  • migliorare le fasi di trasformazione delle materie prime;
  • ottimizzare le differenziazioni dei prodotti in base a qualità, tracciabilità, sostenibilità e caratteristica di produzione;
  • potenziare le possibilità di export delle piccole e medie imprese del settore agroalimentare;
  • procedere nella direzione della digitalizzazione nella logistica;
  • abbassare lo spreco alimentare.

Chi può accedere ai contributi a fondo perduto per la logistica delle imprese dell’agroalimentare?

Ammessi alla richiesta di finanziamenti sono le imprese, le cooperative e i consorzi operanti nell’agricoltura o nell’agroalimentare. Inoltre, possono presentare le domande di finanziamento:

  • le organizzazioni di produttori (Op);
  • le imprese distributive e commerciali;
  • le aziende industriali.

Quali sono le spese ammissibili ai fini dei contributi del settore agricolo e agroalimentare?

Ai fini dei finanziamenti alle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare saranno ammissibili i progetti di investimenti che comporteranno spese per:

  • attivi immateriali e materiali che possano incrementare l’efficienza delle strutture. In particolare, quelle di stoccaggio, di magazzino, di trasformazione e di digitalizzazione;
  • opere infrastrutturali relative ad aree produttive, commerciali e logistiche.

Come presentare domanda per i contributi a fondo perduto del settore agricolo e agroalimentare?

Per i bandi dei contributi a fondo perduto delle imprese agricole e agroalimentari, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf) si avvarrà dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa (Invitalia). L’Agenzia, in particolare, gestirà i flussi delle domande di finanziamento al fine di valutarli e approvarli, prima di arrivare alla stipula dei contratti e all’erogazione delle risorse (con compiti anche di controllo e di monitoraggio). Occorrerà dunque attendere l’ok definitivo della Commissione europea prima dell’emanazione dei bandi e della relativa presentazione delle domande.

Le 10 offerte di lavoro più richieste dalle imprese

Sono 560 mila le assunzioni previste dalle imprese per il mese di giugno 2022, con 4 offerte su 5 che non produrranno altrettante assunzioni per via della carenza delle professionalità e delle competenze richieste. Rispetto allo scorso mese, le aspettative sono positive in tutti i settori economici (+ 25,9% di assunzioni previste) tranne per il manifatturiero e il settore delle costruzioni che confermano le difficoltà della prima parte del 2022. Rispetto al 2021 le assunzioni nei due settori sono scese di circa il 20%. Ecco quali sono i settori che tirano di più e le 10 offerte di lavoro più richieste dalle imprese secondo il Bollettino del Sistema informatico Excelsior realizzato da Anpal e Unioncamere.

Offerte di lavoro, quali sono i settori in cui si assumerà di più?

Rispetto al mese di maggio cresce l’industria con 131 mila assunzioni previste (+ 32 mila su maggio ma altrettanti in meno rispetto allo stesso mese del 2021); in tutto il trimestre, da giugno ad agosto, l’industria assorbirà nuove risorse lavorative per 328 mila unità. Nello specifico delle lavorazioni, le industrie meccaniche ed elettroniche segneranno 21 mila entrate; quelle matallurgiche e delle produzioni in metallo 17 mila; le industrie alimentari 13 mila.

Servizi e turismo si confermano i settori con maggiori opportunità di lavoro

Tira il settore dei servizi che, nel mese di giugno, prevede la copertura di 428 mila posti (+ 83 mila rispetto a giugno). In tutto il trimestre, i servizi assorbiranno oltre un milione di nuove forze lavorative in tutta Italia. Interessante è soprattutto la domanda di lavoro nel comparto turistico che, per questo mese, ha previsto assunzioni per 157 mila posti e altri 74 mila per i servizi alle persone. Il commercio segna il + 10,2% rispetto a maggio e il + 34,6% rispetto a giugno di un anno fa: le assunzioni a giugno saranno 70 mila.

Lavoro, cresce la percentuale di imprese che non riesce a trovare i profili ideali

Parallelamente alle assunzioni previste dalle imprese, cresce la percentuale di posti e di offerte di lavoro che andranno deserti per mancanza di candidati ideali. Il mismatch cresce di 9 punti percentuali rispetto a giugno dell’anno scorso con punte maggiori per gli operai specializzati (53,1%, più di un posto su due andrà deserto), le professioni tecniche (circa un posto su due, il 48,3%) e le professioni altamente tecniche, i dirigenti e le competenze intellettuali e scientifiche a elevata specializzazione.

In quali settori le imprese cercano maggiori candidati nelle offerte di lavoro?

Tra i settori che stanno dando maggiori opportunità di lavoro si ritrovano:

  • gli impiegati, le professioni commerciali e nei servizi con 242.060 opportunità di impiego;
  • gli operai specializzati e i conduttori degli impianti e delle macchine con 135.150 offerte di lavoro;
  • i dirigenti, le professioni a elevata specializzazione e tecnici con 94.160 offerte di lavoro previste attualmente;
  • le professioni non qualificate nelle costruzioni, nella logistica (facchini e corrieri), nelle attività commerciali e nei servizi, nei servizi di pulizia e in altri servizi alle persone, nelle attività industriali con 87.990 offerte di lavoro.

Quali sono le 10 offerte di lavoro più presenti e più richieste dalle imprese?

Più nel dettaglio delle competenze e delle specializzazioni, ecco quali sono le 10 offerte di lavoro più richieste dalle imprese:

  • i cuochi, i camerieri e le altre professioni dei servizi turistici con 123.590 assunzioni previste a giugno;
  • il personale non qualificato nei servizi di pulizia e negli altri servizi alle persone con 53.880 opportunità di lavoro;
  • gli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici con 32.210 offerte di lavoro;
  • i commessi e altro personale qualificato nei negozi e negli esercizi all’ingrosso con 31.780 opportunità di lavoro;
  • conduttori di mezzi di trasporto con 29.670 offerte di lavoro;
  • i tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione con 22.830 offerte di lavoro;
  • il personale di amministrazione, di segreteria e dei servizi generali con 21.860 opportunità di impiego;
  • gli operai nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche con 20.870 assunzioni previste dalle imprese;
  • il personale non qualificato nella logistica, i facchini e i corrieri con 18.080 offerte di lavoro;
  • gli addetti all’accoglienza, alle informazioni e all’assistenza dei clienti con 17.850 offerte di lavoro.

Quali altri lavori sono maggiormente richiesti dalle imprese?

Oltre alle prime 10 posizioni per offerte di lavoro presenti sul mercato da parte delle imprese, sono richieste anche altre mansioni, come:

  • i tecnici delle vendite, del marketing e della distribuzione commerciale con 17.500 assunzioni delle imprese.
  • gli operai nelle attività metalmeccaniche richiesti in altri settori con 16.270 opportunità di lavoro;
  • i tecnici della sanità, dei servizi sociali e dell’istruzione con 12.970 offerte di lavoro;
  • commessi e altro personale qualificato nella grande distribuzione con 12.760 opportunità di lavoro;
  • le professioni specifiche nei servizi di sicurezza, di vigilanza e di custodia con 12.050 assunzioni previste;
  • gli operatori dell’assistenza sociale, in istituzioni o domiciliari con 11.910 assunzioni previste dalle imprese;
  • gli operai specializzati e i conduttori di impianti nell’industria alimentare con 9.490 offerte di impiego;
  • i tecnici amministrativi, finanziari e della gestione della produzione con 8.890 offerte di lavoro;
  • il personale non qualificato nelle attività commerciali e nei servizi con 8.790 assunzioni previste dalle imprese;
  • i progettisti, gli ingegneri e le professioni assimilate con 8.020 offerte di lavoro.

Quali sono le 10 professioni per le quali le imprese fanno più fatica a trovare i candidati ideali?

Parallelamente alle nuove assunzioni, cresce la percentuale di difficoltà di reperimento delle figure professionali ideali ricercate dalle imprese. Ecco nel dettaglio quali sono le mansioni e le competenze più difficili da trovare con la percentuale di difficoltà:

  • farmacisti, biologi e altri specialisti delle scienze della vita con il 76,1% di difficoltà;
  • dirigenti e direttori con il 74,2% dei posti di lavoro che non vedranno assunzioni per mancanza di competenze dei candidati;
  • medici e altri specialisti della salute con il 63,2% di difficoltà;
  • operai nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche con il 57,7% di difficoltà;
  • tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione con il 56,6% di difficoltà;
  • gli operai specializzati nelle industrie del legno e della carta con il 56,5% di difficoltà;
  • operai nelle attività metalmeccaniche richiesti in altri settori con il 56% di difficoltà;
  • specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche con il 55,2% di difficoltà;
  • tecnici della salute, dei servizi sociali e dell’istruzione con il 54,6% di difficoltà;
  • conduttori di mezzi di trasporto con il 50,8% di difficoltà.