INPS istituisce una banca dati per genitori under 36

Se avete meno di 36 anni, siete in cerca di un impiego stabile e avete prole al seguito da oggi potrete iscrivervi alla Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori creata dell’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Il ministro della Gioventù Giorgia Meloni ha infatti stanziato, con il decreto del19 novembre 2010, 51 milioni di euro a favore dell’occupazione di giovani genitori. Come? Le imprese private e le società cooperative che sceglieranno di assumere a tempo indeterminato gli iscritti alla Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori potranno usufruire di un incentivo pari a 5 mila euro per ogni lavoratore assunto.

Ma quali sono i requisiti per essere ammessi alla Banca dati dell’INPS?

  • non avere compiuto il 36esimo anno di età
  • avere un figlio minore a carico, sia esso naturale, adottivo o affidatario
  • avere un contratto di lavoro a tempo determinato, a progetto, occasionale o di inserimento o in alternativa essere titolare di un lavoro in somministrazione, intermittente, ripartito, accessorio, o di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Per ogni assunzione a tempo indeterminato l’INPS riconoscerà un importo pari a 5 mila euro per ogni lavoratore assunto, ad esclusione degli Enti Pubblici e dei datori di lavoro non qualificabili come imprenditori ai sensi del codice civile.

Per iscriversi alla Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori basta accedere alla sezione servizi al cittadino‘ del sito web dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale INPS, e compilare la domanda telematica oppure collegandosi direttamente al dipartimento della Gioventù, sempre tramite il Pin rilasciato dall’Inps.

Il giorno successivo all’invio della richiesta, l’Inps, dopo aver controllato l’esattezza dei requisiti necessari per accedere al progetto, attribuirà un Codice alla posizione contributiva interessata al fine di verificare l’esito della sua domanda.

Alessia Casiraghi

L’Iva al 21% preoccupa il mondo dell’auto


Non si spengono le polemiche e le perplessità suscitate dalla nuova manovra finanziaria. Questa volta a levare la propria voce di protesta è il settore dell’auto, preoccupato per i possibili contraccolpi che la decisione delle ultime ore di alzare l’aliquota ordinaria Iva al 21%.

Questa mattina il presidente di Federauto, l’associazione che raggruppa i concessionari ufficiali di tutti i marchi automobilistici commercializzati in Italia, Filippo Pavan Bernacchi auspicava “che non si percorressero le strade più facili come aumentare l’IVA, perché si metterebbe mano nelle tasche dei cittadini e si comprimerebbero i consumi, specialmente su beni costosi come immobili e autoveicoli. L’invito al Governo del presidente era a chiudersi in conclave, insieme alle parti sociali più significative, all’opposizione e ai maggiori attori coinvolti e di uscire con una manovra il più possibile condivisa ma, soprattutto: definita e definitiva. Se ci troviamo in queste condizioni di mancata crescita del PIL, mancata ripresa, debacle occupazionale, mancati introiti fiscali – precisava la nota di Federauto – è anche perché nessuno ha ancora voluto affrontare il rilancio del comparto della mobilità che in Italia fattura il 12% del PIL e interessa, nella sua globalità allargata, 1.600.000 lavoratori. Con impatti trasversali su circolazione, sicurezza e ambiente“.

Pavan ha inoltre avanzato alcune proposte per ripartire lo sforzo che in questo momento si rende necessario per la ripresa economica: l’eliminazione del doppio costo della Motorizzazione e del PRA e la cancellazione dell’aumento dell‘Imposta Provinciale di Trascrizione (IPT), che si ripercuote sempre sui cittadini per alimentare enti a suo parere inutili, ma è anche il parere di molti italiani, quali le Province.

Conclude la nota diramata stamani: “Si invita il Governo ad adottare quanto condiviso con gli attori dell’auto nell’apposito tavolo, perché aumentare questa imposta fino all’80% sarebbe profondamente ingiusto, soprattutto per i ceti più deboli che acquistano utilitarie“.

Alessia Casiraghi

Due cuori e un mutuo, anche se precari

Da settembre 2011 non varrà più l’equazione contratto precario – amore precario. Il Ministro della Gioventù Giorgia Meloni e l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, hanno siglato un accordo sul Fondo di Garanzia per l’accesso ai mutui destinati all’acquisto dell’abitazione principale.

Il patto stipulato prevede l’accesso al mutuo per la prima casa anche per le coppie di lavoratori atipici con contratti di lavoro precari. Da oggi non servirà più quindi avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato per accendere un mutuo con la propria banca. Il Fondo di Garanzia, gestito dalla Consap SpA, dispone di una dotazione patrimoniale a regime di 50 milioni di euro. Secondo l’accordo potrà rilasciare a favore delle banche e degli intermediari finanziari garanzie a prima richiesta a copertura di un ammontare non superiore a 75 mila euro, costituito dal 50% della quota capitale dei mutui ammissibili, degli interessi contrattuali calcolati in misura non superiore al tasso legale e dei costi di recupero non superiori al 5% del capitale residuo.

I mutui richiesti non dovranno superare i 200 mila euro per immobili adibiti ad abitazione principale non di lusso e non estendersi oltre i 90 metri quadri. I richiedenti devono essere giovani coppie coniugate o nuclei famigliari con unico genitore e figli minori.

Ecco i requisiti per accedere alla domanda di finanziamento:

  • età inferiore a 35 anni 
  • un reddito ISEE non superiore a 35 mila euro
  • non più del 50% del reddito complessivo imponibile ai fini IRPEF derivante da un contratto a tempo indeterminato
  •  mancato possesso di altri immobili ad uso abitativo, salvo quelli acquisiti per successione.

L’accordo tra il Ministro della Gioventù e l’ABI prevede inoltre tassi favorevoli da applicarsi ai mutui. Nel caso di mutui a tasso variabile non possono essere superiori all’Euribor + 150 punti base per durate uguali o superiori a 20 anni, o all’Euribor + 120 punti base per durate inferiori. Nel caso di mutui a tasso fisso invece non possono essere superiori all’IRS + 150 punti base per durate uguali o superiori a 20 anni, o all’IRS +120 punti base per durate inferiori.

Alessia Casiraghi

Articolo 8: è scontro in Parlamento

C’è aria di tempesta in Parlamento dopo l’approvazione dell’articolo 8 della manovra finanziaria che prevede la possibilità di derogare con i contratti aziendali e territoriali ai contratti nazionali e alla legge.

In materia di licenziamento, eccezion fatta per quello discriminatorio, per gravidanza o matrimonio, le modifiche apportate dalla maggioranza in commissione Bilancio al Senato all’articolo 8 del decreto, prevedono la possibilità di licenziare anche tramite un accordo a livello aziendale o territoriale, raggiunto a maggioranza dai sindacati più rappresentativi.
In contrapposizione con quanto previsto dall‘articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e in particolare la legge 300 del 1970 che impone, per le aziende sopra i 15 dipendenti, il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Dura la replica di parlamentari e sindacati: per la Cgil si tratta di una manovra che viola la Costituzione, e la sua leader, Susanna Camusso passa all’attacco: ”il governo autoritario annulla il contratto collettivo nazionale di lavoro e cancella lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”.

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, tiene a sottolineare, in risposta alle parole della Camusso, che ‘‘è inequivoco che tali interventi non possono modificare le norme di rango superiore come i fondamentali principi costituzionale o di carattere comunitario e internazionale’ e che quindi ”non ha senso parlare di libertà di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono, neppure lontanamente, alla oggettività della norma”.

Il confronto sull’articolo 8 del decreto in discussione in Parlamento non può trasformarsi in uno scontro continuo tra diverse concezioni sul sistema di relazioni sindacali necessario al nostro Paese“, è la nota di intervento del direttore generale di Confcommercio, Francesco Rivolta.

Cisl e Uil evidenziano infine l’importanza di una precisazione, ossia che solo i sindacati comparativamente più rappresentativi possono siglare intese a livello aziendale, come stabilito nell’accordo interconfederale, unitario, del 28 giugno scorso, evitando la costituzione di sindacati di ”comodo”.

Alessia Casiraghi

Cartella esattoriale legittima se emessa da un controllo automatizzato

La Cassazione ha stabilito, con l’Ordinanza n. 16983 del 4 agosto 2011, la legittimità della cartella esattoriale, qualora anche non fosse motivata, se emessa a seguito di un controllo automatizzato. Se la pretesa impositiva nasce sulla base dei dati forniti dal contribuente stesso nella dichiarazione dei redditi non si rende dunque necessaria nessuna motivazione per la cartella esattoriale.

La motivazione non è necessaria qualora l’atto si fondi sui dati raccolti nella dichiarazione dei redditi, di cui il contribuente conosce già i presupposti della pretesa fiscale, in base all’articolo 36/bis del Dpr 600/1973 per le imposte dirette, e 54/bis del Dpr 633/1972 in materia di Iva.

Questa manovra è volta ad estendere l’efficacia dei controlli fiscali automatizzati sulle cartelle esattoriali.

L’articolo 7 della legge 212/2000 (statuto dei diritti del contribuente) che rende obbligatorie la chiarezza e la motivazione degli atti tributari secondo la disciplina normativa contenuta nella legge 241/1990, perde la sua applicabilità in caso si sia di fronte a una mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente, nella dichiarazione dei redditi. Il contribuente in tal caso non viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale, che quindi non deve essere motivata.

L’Ordinanza n. 16983 emessa dalla Cassazione stabilisce infatti i limiti di validità e applicabilità del principio di non motivazione, ovvero nel caso in cui ‘l’attività di liquidazione delle imposte ‘avvenga sulla base degli elementi fomiti dalla stessa dichiarazione della contribuente, provenienza che poneva evidentemente l’Ufficio nella condizione di formulare la propria richiesta in forza del semplice richiamo alla dichiarazione, senza necessità di indicare i fatti costitutivi dell’obbligazione fiscale‘.

In caso contrario, l’onere di motivazione per la cartella esattoriale sussiste nella sua integrità qualora tale attività ‘non si sovrapponga alla dichiarazione del contribuente, ma si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa, così da comportare una pretesa ulteriore da parte dell’amministrazione finanziaria, si è in presenza di un’attività impositiva vera e propria, con la conseguenza che la relativa cartella esattoriale va motivata come l’avviso di accertamento, ossia deve contenere tutte le indicazioni idonee a consentire al contribuente di apprestare un’efficace difesa‘.

Alessia Casiraghi

Rinnovata l’intesa tra BNL e Eurofidi per le PMI

BNL, la Banca Nazionale del Lavoro ed Eurofidi hanno rinnovato l’accordo in cui si impegnano ad aiutare le piccole e medie imprese nella gestione della loro attività ordinaria e a sostenerle nella realizzazione di progetti più ampi di sviluppo in Italia e all’estero.

La convenzione, che segna la collaborazione tra i due istituti per la creazione di un sistema di credito garantito allo scopo di aiutare e facilitare i piccoli e medi imprenditori, ha lo scopo di promuovere lo sviluppo competitivo delle piccole e medie imprese sia in Italia che nel mondo.

Per il raggiungimento di questo scopo, BNL si avvale dell’appartenenza al Gruppo internazionale Bnp Paribas, attivo in oltre 80 Paesi nel mondo. BNL si è impegnata nella creazione di una piattaforma di offerta dedicata per le imprese, che comprende servizi e soluzioni espressamente pensate per le imprese di dimensioni medie e piccole sia nel campo dei finanziamenti, che del credito, che del leasing immobiliare e strumentale. Tali strumenti e soluzioni sono stati studiati allo scopo di facilitare le attività di import-export del mercato imprenditoriale italiano.

Eurofidi assumerà invece la veste di punto di riferimento per gli imprenditori italiani, offrendo alle piccole e medie imprese l’opportunità di garantire gli importi richiesti fino ad un massimo del 60%, grazie al supporto del Fondo Centrale di Garanzia. Nel caso in cui la garanzia necessaria raggiunga il 70%, sarà allora il Fondo Europeo per gli investimenti ad impegnarsi a garantire gli importi richiesti.

Il rinnovo dell’accordo fra BNL e Eurofidi, già siglato in passato, permetterà a circa 500 imprese italiane di ottenere un sostegno economico per la propria attività.

L’intesa e’ stata sottoscritta per BNL da Marco Tarantola, Responsabile Divisione Retail e Private, e per Eurofidi da Angelo Picozzi, direttore reti distributive.

BNL è inoltre protagonista in questi giorni di una nuova iniziativa sempre dedicata al mercato delle piccole e medie imprese in Italia, con Creo BNL per l’imprenditore, uno strumento studiato per gli imprenditori e le private bankers che desiderano confrontare le proprie conoscenze attraverso la consulenza di specialisti, per individuare percorsi sempre più ad hoc per il proprio business.

Alessia Casiraghi

L’Italia dei consumi: Nord-Est batte Sud recuperando i livelli pre-crisi

Uno studio di Confcommercio rivela come le dinamiche dei consumi nell’Italia della crisi globale muti profondamente da Nord a Sud: se nel periodo che va dal 2007 al 2011 è calato significativamente il contributo in termini di consumo delle regioni del Sud Italia, il Nord, ed in particolare il Nord-Est, ha registrato al contrario una ripresa positiva della spesa sul totale nazionale, in costante aumento.

Lo studio condotto da Confcommercio, nell’ambito dell’ “Aggiornamento delle analisi e delle previsioni dei consumi delle famiglie nelle regioni italiane”, mette in luce come nello zoccolo dello stivale i consumi si siano contratti passando dal 27,2% del 2007 al 26,6% del 2011. A livello di singole regioni, i picchi sono stati registrati in Calabria (-4,2%), Puglia (-3,6%), Sicilia (-3,2%) e Campania (-3%). Segue invece un andamento completamente opposto la curva della spesa a livello nazionale se si guarda alle regioni del Settentrione: le quote sono in costante aumento sia nel Nord-Est (dal 21,8% al 22,2%) che nel Nord-Ovest (dal 30,1% al 30,6%), al punto che il Nord-Est ha recuperato nel 2010 i livelli di consumo pre-crisi.

Difficili le previsioni per il futuro: la debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia intravedere un rallentamento generalizzato dell’uscita dalla crisi. Confcommercio ha stimato infatti che, a fine 2011, saranno ben 17 regioni italiane su 20 a rischiare di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000. Ancora meno rosee appaiono le prospettive a lungo termine: nel 2017 si prevede infatti che il Mezzogiorno avrà acuito il suo ritardo con una continua riduzione della spesa per consumi rispetto al totale nazionale.

Modesta la previsione per il 2011 con una ripresa sull’intero territorio nazionale stimata attorno al + 0,8%, anche se le famiglie italiane stanno cercando di recuperare i livelli di consumo pre-crisi.

Alessia Casiraghi