Cedolare secca, scadenze in vista

Scadenze fiscali in vista per chi ha scelto la cedolare secca sugli affitti. Il prossimo 1° dicembre scade il termine per il versamento della seconda (o unica) rata dell’acconto 2014 dell’imposta sostitutiva. Se il contribuente prevede di avere una minore imposta da dichiarare nel 730 o in Unico 2015, può scegliere il metodo di calcolo previsionale al posto di quello basato sui dati storici, specialmente se ha locato immobili a cedolare secca con contratti a canone concordato, per i quali il D.L. n. 47/2014 ha ridotto l’aliquota dell’imposta sostitutiva dal 15% al 10% con effetto dal periodo d’imposta 2014.

Il metodo previsionale risulta conveniente anche se la cedolare secca si ha in presenza di contratti risolti consensualmente nel 2013 o nel 2014, o in seguito alla chiusura del procedimento giudiziario di sfratto per morosità. Si tratta di situazioni nelle quali la cedolare secca calcolata sui canoni maturati nel 2014 è inferiore a quella liquidata per l’anno 2013.

In aumento l’accesso al credito per mutui casa

La ripresa, che sembra non arrivare mai, specialmente per il settore immobiliare, uno di quelli maggiormente colpiti dalla crisi, pare sia alle porte e dunque, anche per gli immobili, qualcosa si stia già smuovendo.

A dirlo è Nomisma, che prevede un netto miglioramento per la seconda metà del 2013, grazie all’aumento dei finanziamenti concessi per l’acquisto di immobili.
Questa notizia, buona, dopo una serie infinita di cattive news, è stata data in occasione della rassegna EIRE, svoltasi a Milano, anche se i partecipanti hanno arricciato il naso: se fosse vera, la percentuale di crescita del 7,6% rappresenterebbe una vera e propria boccata d’ossigeno per l’intero comparto.

Scorrendo i numeri del Rapporto sulla Finanza Immobiliare 2013, il quarto creato da Nomisma in collaborazione con l’Università LUM, si evidenzia come nel 2012 le compravendite immobiliari connesse alla concessione di un mutuo siano diminuite del 38,6% rispetto all’anno precedente, situazione non affatto mutata neanche nel primo semestre del 2013.

L’ottimismo di questi ultimi giorni deriva da una serie di variabili che dovrebbero portare ad un aumento sostanziale delle erogazioni dei finanziamenti, con una conseguente crescita delle compravendite immobiliari.

Vera MORETTI

Affitti in aumento grazie alla cedolare secca

La crisi ha rivoluzionato il mercato immobiliare e non solo perché i potenziali acquirenti sono diventati più cauti e attendisti, ma anche a causa delle nuove tasse sugli immobili, come l’Imu, che hanno messo un freno ai guadagni dei proprietari di immobili.

Ad aumentare sono le richieste di affitti, in crescita grazie alla cedolare secca, ma anche per la difficoltà, sempre più oggettiva, di accendere un mutuo.
Confedilizia ha reso noto che i contratti di locazione sono aumentati dell’11% nel 2011 e del 15% nel 2012.

Nel 2010, inoltre, sono stati registrati 1.252.398 contratti di locazione di tipo abitativo; nell’anno successivo, in cui è stata introdotta la cedolare, il numero è salito di quasi centomila unità (1.346.793 contratti).

Nel 2012, poi, questo numero è salito ancora, portandosi a 1.445.296: stando ai primi mesi dell’anno in corso la tendenza sembra ancora in positivo. Quel che si sottolinea, tuttavia, è il progressivo incremento dell’importanza della cedolare secca sul totale dei contratti registrati: nell’anno passato un contratto su tre (il 32% del totale) era una locazione in cedolare.

Un grande merito di questa procedura è aver contribuito a rendere regolari un elevato numero di contratti prima “sommersi”.

Indipendentemente dal reddito, la cedolare secca conviene a quasi tutti i proprietari di immobili che affittano: dall’inizio dell’anno, infatti, l’Irpef va pagata sul 95% del canone che si percepisce, e non più sull’85%, a seguito dei tagli delle deduzioni per i proprietari introdotti con la riforma del lavoro.
Non converrebbe, di contro, solo a chi può approfittare di alti livelli di detrazioni fiscali e a chi dichiara un reddito inferiore a 15 mila euro.

Vera MORETTI

Mutui in calo per le famiglie italiane

Come anche le agenzie immobiliari confermano, gli italiani pensano meno a comprare casa e preferiscono pagare un affitto mensile.
O, forse, vorrebbero acquistare casa ma i prezzi proibitivi e la difficoltà di ottenere finanziamenti dalle banche frena i loro progetti.

Qualunque sia la causa, il dato che riguarda le famiglie italiane rispecchia appieno questo trend: nel terzo trimestre del 2012, infatti, sono stati ricevuti finanziamenti per l’acquisto dell’abitazione per 5.376,86 milioni di euro.
Una cifra che, rispetto allo stesso periodo del 2011 testimonia una contrazione del -48,12% per un controvalore di -4.987,34 mln di euro.

L’andamento delle erogazioni trimestrali, in raffronto ai periodi precedenti, conferma la tendenza alla contrazione già rilevata nel corso dei cinque trimestri precedenti.

L’Ufficio Studi Tecnocasa ha inoltre reso noto che le operazioni di surroga hanno rappresentano nei primi nove mesi dell’anno 2012 poco meno del 1% dei volumi erogati, mentre esattamente un anno prima si attestavano a quasi il 6%.

Vera MORETTI

Affittasi ufficio. Ma nessuno lo vuole

Commercianti, imprenditori, professionisti spesso hanno bisogno come il pane di un ufficio o di uno spazio commerciale nel quale svolgere la propria attività. Peccato, però, che con la crisi economica non sempre questo “pane” lo si riesce a guadagnare. Aumenta, infatti, il numero di uffici e spazi commerciali che nessuno riesce ad affittare a causa della crisi. Un fenomeno che, secondo l’Osservatorio Casa.it, interessa un po’ tutta Italia, con differenze da città a città. L’Osservatorio ha infatti svolto un’indagine nelle principali città italiane sul mercato degli affitti di spazi destinati ad uso commerciale, come uffici e negozi. Il motivo della contrazione degli affitti? La disponibilità economica media della domanda continua a decrescere, con punte fino al 20% rispetto ai prezzi dell’offerta registrati a Milano.

Di fatto si è ridotta notevolmente la capacità di spesa di imprenditori e lavoratori rispetto ai costi dell’offerta. La differenza più sostanziale si rileva a Milano. Nelle zone commercialmente più vive del capoluogo lombardo, l’offerta di affitto sta intorno a un canone medio mensile di 2.300 euro, a fronte di una domanda disposta a spenderne 1.850. In percentuale, una differenza del 20%. Non poco.

Discorso non dissimile a Roma, dove i costi d’affitto medi nelle zone del centro si attestano sui 3.050 euro al mese per uffici e locali commerciali; qui la differenza rispetto alla capacità di spesa della domanda è circa del 15%: 2.600 euro è infatti il canone mensile medio che professionisti e commercianti sono disposti a spendere per questa tipologia d’immobili nelle zone considerate.

Sempre restando tra le principali città italiane, a Firenze il disallineamento tra domanda e offerta di affitto di uffici e locali commerciali è più contenuto (9%), ma registra comunque una disparità di canone medio di 1350 e 1.500 euro al mese.

Caso a parte quello di Torino. Nel capoluogo piemontese, infatti, calano come in tutta Italia le offerte di affitto per i locali commerciali, mentre crescono, e di molto, le richieste di acquisto per le stesse tipologie di immobili. Un dato in controtendenza rispetto al mercato italiano che fa di Torino un caso unico.

In sostanza, quindi, sembra che la crisi metta paura anche nel momento in cui un imprenditore deve fare il passo importante dell’affitto di uno spazio tutto per sè. Perché se di acquistare proprio non se ne parla (anche grazie all’introduzione dell’Imu), pare che l’aria che tira sia quella di considerare buttati i soldi per un affitto, se superano una certa soglia di spesa. Banalmente, con la contrazione dei consumi, nessuno garantisce al professionista e al commerciante che quella cifra sarà ripagata a fine mese. Con l’aria che tira, anche questo non è un bellissimo segnale.

L’ “Effetto Imu” colpisce gli affitti

Lo chiamano “Effetto Imu” e secondo un sondaggio di “Solo Affitti”, franchising immobiliare specializzato nella locazione con oltre 300 agenzie in Italia, solo 1 nuovo contratto di locazione su 10, vale a dire l’11%, ha fatto registrare in Italia un incremento dei canoni (entro 100 euro) a causa dell’Imu.

Gli aumenti maggiori nelle città con gli affitti più cari, come Milano, dove i canoni hanno raggiunto fino a 100 euro al mese nelle zone centrali.

Sì perché se l’89% degli intervistati ha dichiarato che tra i contratti di affitto stipulati nel primo trimestre del 2012 non sono stati registrati aumenti del canone da parte dei proprietari degli immobili, l’11% ha invece constatato il contrario. Se poi il nord-ovest e il centro Italia rispecchiano la media nazionale, nel nord-est si raggiunge il 93% di agenti che non hanno rilevato aumenti nei contratti di locazione firmati da gennaio ad oggi. Al sud invece il 25% delle persone intervistate ha sì verificato un aumento dei canoni come effetto della nuova Imu.

«Dal monitoraggio delle nostre agenzie sul territorio deduciamo che non c’è una corsa agli aumenti degli affitti per compensare le nuove tassazioni immobiliari. Nel 66% dei casi registriamo aumenti entro 50 euro al mese, nel 33% compresi fra 50 e 100 euro. I rincari sono più contenuti nel nord-ovest, maggiori (superiori a 50 euro) nel centro (35%) e nel sud Italia (43%) e soprattutto nelle grandi città (63% dei rispondenti)», ha dichiarato Silvia Spronelli, presidente di Solo Affitti.

Se l’incremento maggiore degli affitti si è registrato nelle zone centrali di Milano (90% dei casi), a Torino e Catania gli aumenti sono arrivati all’80%. Al 70% ecco Savona e Messina; seguono con il 60% Genova, Bergamo, Vercelli e Firenze; ecco poi Macerata (50%), Bari (40%), mentre tra i comuni più piccoli spiccano nel torinese Ciriè con il 30% di nuovi contratti aumentati e Rivarolo (20%), mentre nel milanese con il 70% Cassano d’Adda, nel messinese Milazzo nel messinese (90%), Bastia Umbra, in provincia di Perugia (70%) e Francavilla, nel chietino (40%).

Giulia DONDONI

Casa, gallina dalle uova d’oro. Per il Fisco

La casa diventa sempre più la croce degli italiani e la delizia del Fisco. Prima è toccato agli incrementi dell’Imu, adesso arrivano le maggiorazioni previste nel ddl sul lavoro per i proprietari di immobili che non applicano la cedolare secca.

Il risultato? Una doppia mazzata sulla rendita, che rischia però di riversarsi sugli inquilini in affitto, con un aumento dei cani stimato intorno al 20%. I conti li hanno fatti la Cgil e il Sunia, che hanno passato in rassegna gli effetti delle recenti misure di tassazione sulla casa, soprattutto per quanto riguarda famiglie in affitto con bassi redditi.

Secondo il sindacato, l’Imu per le seconde case, in assenza di una differenziazione per quelle date in affitto, vede aumenti che superano il 100% rispetto alla veccia Ici, “con il rischio serio che questi si riflettano sugli inquilini“. Calcola la Cgil che – secondo una parametro di riferimento medio dato da un’abitazione di circa 80 mq e ubicata in zona semicentrale – a Roma, per esempio, nel canale libero l’incremento è del 142%: da una vecchia Ici pari a 892 euro alla nuova Imu di 2.161, a fronte di un affitto mensile medio di 1.250 euro.

Per quanto riguarda Milano, invece, l’aumento dell’Imu è del 207%, per un totale di 1.958 euro e con un affitto medio mensile di 1.100 euro. A Bologna siamo al 198%, con un Imu pari a 1.915 euro a fronte di un affitto medio di 950 euro, mentre a Palermo si registra un +119% per un Imu pari a 834 euro rispetto a un affitto medio di 550 euro.

Laura LESEVRE

Affitti: Milano la più amata dagli stranieri

Quello di Milano come città del lusso a prezzi inavvicinabili può diventare un luogo comune da sfatare. Almeno, secondo le cifre della Camera di Commercio, che collocano la città meneghina solo al 20° posto tra le città europee più care per quanto riguarda gli affitti di appartamenti di pregio.

Perfino Roma è più cara, con il suo 17° posto.

Quindi, secondo Rent Class, società specializzata negli affitti a breve e medio termine, Milano è spesso la città più amata dagli stranieri che viaggiano per affari, e che la preferiscono a Londra, Parigi e Zurigo, le tre città più salate d’Europa secondo la Camera di Commercio. Ecco dunque una ghiotta occasione per piazzare il proprio appartamento sul mercato immobiliare degli affitti a breve scadenza, a patto che sia in posizione centrale o ben servita dai mezzi pubblici, e che si offrano servizi aggiuntivi chiavi in mano come pulizie, piccole manutenzioni e connessione wi-fi a banda larga.

Fonte: ansa.it

d.S.

I capannoni? Un affare per le piccole imprese

Nei primi sei mesi del 2011 il mercato immobiliare non residenziale ha segnalato, in Italia, valori ancora al ribasso per i capannoni. I prezzi dei capannoni sono infatti ancora in leggero ribasso nella prima parte del 2011 (-0,3% per le tipologie usate e -0,4% per quelle di nuova costruzione). Anche per le locazioni si registrano ancora ribassi con -1,6% per le tipologie usate e -0,7% per quelle di nuova costruzione. Ecco i trend nelle principali città.

Milano
Bassa la richiesta e l’offerta di capannoni industriali di grandi dimensioni 800-1000 mq nella periferia nord di Milano, in zona Niguarda, Bicocca, Bruzzano e viale Monza. Nelle zone miste residenziali – industriali la tendenza è quella di trasformarli in loft da utilizzare come uffici oppure come laboratori, in attesa della possibilità di conversione in residenziale.

Prezzi e canoni di locazione stabili per quanto riguarda i capannoni industriali nell’area di Rubattino, Lambrate, Crescenzago e nella parte più esterna di via Padova. Si tratta prevalentemente di strutture dalle dimensioni ridotte (200-300 mq) utilizzate in genere da piccole e medie imprese per lo svolgimento di attività logistiche, mentre tendono a scomparire le attività produttive.

Prezzi e canoni di locazione stabili nell’area Mecenate – C.A.M.M. nella prima parte del 2011 per quanto riguarda i capannoni industriali. Si tratta infatti di strutture ormai obsolete, realizzate negli anni ’50 che necessiterebbero di importanti interventi di rimodernamento.

In zona Tibaldi si registra una maggiore presenza di stranieri e la richiesta risulta in calo, l’area di Ripamonti presenta invece un mercato più  riflessivo. Nelle zone di Lorenteggio, Barona e Ripamonti ci sono capannoni dalle dimensioni comprese tra 500 e 1000 mq, mentre nelle aree Tibaldi e Cermenate sono presenti soluzioni più piccole dalle dimensioni comprese tra 300 e 500 mq. Si tratta in genere di strutture realizzate dopo la seconda guerra mondiale e non più tardi degli anni ‘70. Sono in prevalenza strutture non prefabbricate, con il tetto a volta oppure shed.

Ad acquistare sono per lo più investitori, in genere società immobiliari alla ricerca di rendimenti lordi compresi tra il 6 ed il 7% annuo lordo. Discreta la richiesta di capannoni in locazione, prevalentemente da parte di società che tendono a ridimensionarsi, oppure che hanno venduto per andare in affitto.

Torino
A Torino i capannoni si possono trovare in quartieri come Mirafiori, Barriera di Milano, Borgo Vittoria, Madonna di Campagna zone dove al massimo si possono reperire tipologie di 500 mq per poter svolgere attività artigianali e meccaniche. Zone industriali vere e proprie , dove sono presenti e richiesti capannoni di metratura maggiore, sorgono nei diversi  comuni della cintura torinese quali Rivoli, Collegno,  Moncalieri, Settimo Torinese, Borgaro Torinese e Grugliasco; in questi comuni, dove è comodo  l’accesso alla tangenziale, i capannoni sono anche utilizzati per la logistica.

La domanda di capannoni si orienta soprattutto sulle tipologie in affitto perché non si immobilizzano capitali e consentono una maggiore flessibilità in termini di spazi. Nell’area di Borgo Vittoria – Madonna di Campagna, in particolare per quanto riguarda le strutture di recente costruzione, si registra una buona richiesta di capannoni in zona via Reiss Romoli, strada con un importante passaggio veicolare dove ci sono tipologie realizzate negli ultimi 15 anni. Capannoni più ampi si possono trovare nell’area industriale di Strada dei Francesi e di via Sansovino.

Verona
Sono stabili i prezzi dei capannoni nell’area industriale Z.A.I. di Verona nella prima parte del 2011, si registra invece una leggera contrazione per quanto riguarda i canoni di locazione. Sempre più spesso infatti i proprietari preferiscono ridimensionare i canoni pur di locare ad aziende sane, diminuendo il rischio di insolvenza. La maggior parte delle richieste di capannoni si concentrano sul mercato delle locazioni, anche se non mancano domande di acquisto da parte di utilizzatori diretti, mentre non si registrano richieste di acquisto da parte di investitori.

Roma
Obsoleta l’area artigianale di Torraccia, a ridosso del G.R.A., dove ci sono piccoli capannoni costruiti 20-30 anni fa. Le attività presenti in questa zona riguardano prevalentemente la lavorazione dei metalli, i tagli richiesti non superano 600-700 mq. Acquistare un capannone usato in questa area comporta una spesa di 750 € al mq, mentre per la locazione l’esborso è di 60 € al mq annuo.

Importanti zone artigianali-industriali si sviluppano alle porte della Capitale ed in particolare a Fiano Romano, nei pressi dell’uscita autostradale di Roma Nord, e a Monterotondo dove da poco è presente un nuovo svincolo autostradale. Si tratta di aree destinate prevalentemente ad attività artigianali e logistiche e le richieste si focalizzano su capannoni in affitto. A Fiano il prezzo di un capannone usato è di 800 € al mq, mentre a Monterotondo il costo sale a 900 € al mq.

Nell’area compresa tra Trigoria e Spinaceto si segnala una buona offerta di capannoni. Si tratta di strutture industriali che non superano in genere i 1000 mq e che sono utilizzate prevalentemente da artigiani oppure, in particolare nell’area Eur – Cecchignola, da importanti catene di vendita al dettaglio come ad esempio Leroy Merlin, Mondo convenienza, Metro, Giotto e Trony.

Palermo
Sono in aumento le quotazioni dei capannoni in zona Brancaccio e nell’area di via Ugo La Malfa, nell’area sud della città, nella prima parte dell’anno. La domanda infatti è in crescita ed i prezzi tendono al rialzo. Quasi sempre chi acquista un capannone ha già avviato l’attività utilizzando strutture in locazione e, una volta consolidata l’impresa, decide di acquistare. Le richieste si concentrano su capannoni con una metratura compresa tra 500 e 1000 mq, dotati di spazi esterni che permettano le manovre di carico e scarico e che abbiano un’altezza non inferiore a 4,5 metri.

Catania
Un lieve ribasso delle quotazioni dei capannoni nuovi si registra nella zona industriale di Passo Martino dove, negli ultimi anni, sono state realizzate decine di nuove strutture e per cui l’offerta risulta quindi superiore alla domanda. Da segnalare inoltre una lieve crescita dei canoni di locazione in zona Misterbianco, importante polo commerciale sorto negli anni ’70-’80 che, negli ultimi semestri, ha attratto, tra gli altri, le officine delle più importanti case automobilistiche. In questa area sono presenti inoltre supermercati e rivenditori di arredamento. In zona Misterbianco la richiesta ricade in genere su capannoni dalla metratura media di 1000 mq, altezza di 10-12 metri e ampio parcheggio per i clienti. Il prezzo di un capannone usato è di 500 € al mq, mentre il canone di locazione è di 78 € al mq annuo.

Niente rimborso Irpef per gli affitti non percepiti

Il proprietario-locatore di un locale commerciale non ha diritto al rimborso Irpef relativo ai canoni di locazione non percepiti, anche se ha ottenuto lo sfratto per morosità del conduttore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 651 del 18 gennaio.

La possibilità di non dichiarare i redditi da locazione non percepiti, in base all‘articolo 8 della legge 431/1998, o il diritto al rimborso Irpef, riguarda infatti i soli contratti di locazione a uso abitativo e non a fini commerciale, così come stabilito dalla sentenza 362/2000 della Corte costituzionale.

La regola generale fissata dal Tuir (articolo 23 del Dpr 917/1986, nel testo vigente ratione temporis) prevede infatti che i canoni di locazione devono essere dichiarati, a prescindere dal fatto se siano stati incassati o meno. Nonostante l’introduzione di un’eccezione al principio generale, con l’articolo 8, comma 5, della legge 431/1998, in base alla quale i canoni non percepiti non concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, a patto però che la morosità del locatario risulti dal provvedimento di convalida dello sfratto per morosità, il Ministero delle Finanze specifica però che tale provvedimento entra in vigore per il locatario soltanto dal periodo d’imposta in cui ottiene il provvedimento giurisdizionale, ovvero a partire dalla dichiarazione dello sfratto.

Sull’argomento si sono da sempre confrontati due opposti orientamenti giurisprudenziali:
• il primo, che fa capo alla sentenza 6911/2003, afferma che, in tema di determinazione del reddito dei fabbricati, l’articolo 35 del Dpr 597/1973, laddove stabilisce che il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti, esso riguarda soltanto i criteri applicabili per la revisione della rendita catastale e non può essere invocato sulla tassazione del reddito effettivo di un immobile

• il secondo, propugnato dalla successiva pronuncia 12095/2007, sostiene invece che il solo fatto dell’intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è idoneo, di per sé, a escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile Irpef

Con la sentenza 651 del 18 gennaio 2012, la Corte di Cassazione ha stabilito invece, propugnando per il secondo orientamento, che i canoni di locazione commerciale dovranno essere dichiarati fino alla data in cui è intervenuta la risoluzione del contratto, anche se non incassati per morosità del conduttore.