Agroalimentare italiano ed export, i focus di Cibus

Come più volte sottolineato, il Cibus di Parma è anche una strepitosa occasione per l’export dell’ agroalimentare italiano. Non a caso, il salone mondiale dell’alimentazione che si è chiuso ieri ha visto ancora una volta la collaborazione tra ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, e Fiere di Parma.

L’attività di incoming curata dall’Agenzia ICE ha infatti coinvolto oltre 370 tra buyer, retailer e importatori da 52 Paesi stranieri, con una forte presenza di operatori dal Nord America. Non è un caso, poiché si tratta di un’area chiave per l’export dell’ agroalimentare italiano, potenziato dal progetto di promozione “Extraordinary Italian Taste” promosso dal ministero dello Sviluppo Economico e dal ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

Durante le giornate di Cibus, le delegazioni di buyer esteri hanno potuto conoscere la migliore offerta espositiva, per tutte le categorie merceologiche della produzione agro-industriale e dell’ agroalimentare italiano.

Quest’anno, poi, un focus rilevante è stato posto sul Giappone, Paese chiave per l’export dell’ agroalimentare italiano. ICE ha infatti presentato un’indagine sull’e-commerce in Giappone, “Selling to Japan Online”, realizzata per supportare e favorire l’entrata nel mercato locale giapponese, attraverso i canali del commercio elettronico, per i settori agroalimentare e vini “made in Italy”.

Si tratta di un mercato strategico, i cui numeri e le cui tendenze sono state ben illustrate dal Direttore Generale dell’Agenzia ICE, Roberto Luongo:”L’indagine è stata realizzata con l’obiettivo di favorire le vendite italiane di agroalimentari e vini tramite i siti di commercio elettronico. I consumatori giapponesi stanno spostando sempre più le proprie scelte di acquisto su prodotti enogastronomici di qualità. Se da un lato entrarvi passando attraverso partner locali è un’opzione consigliabile, molte delle imprese straniere di maggior successo in Giappone oggi lo fanno direttamente. Abbiamo quindi inteso offrire alle aziende italiane uno strumento per entrare nel mercato giapponese dell’e-commerce che nel 2021 avrà un valore totale di 25.6 miliardi di yen, pari al 20% del mercato retail“.

Ma, oltre a supportare i buyer esteri interessati all’ agroalimentare italiano, l’Agenzia ICE ha aiutato gli operatori italiani attraverso diversi desk di assistenza sui mercati esteri, per fornire informazioni alle aziende espositrici interessate a esportare nei Paesi rappresentati. Si tratta principalmente di Giappone, Taiwan, Stati Uniti, Canada, Cina e Cile.

Infine, in collaborazione con Fiere di Parma, l’Agenzia ICE ha poi organizzato alcune visite guidate in realtà produttive e distributive italiane selezionate, come i Retail Tour durante i quali sono state presentate le diverse metodologie di vendita dei prodotti fiore all’occhiello dell’ agroalimentare italiano. Perché mangiare e bere bene fa bene, ma è meglio che faccia anche business.

Cibus, Gdo e made in Italy

Il Cibus di Parma non è solo una grande vetrina per l’eccellenza enogastronomica italiana, ma anche e soprattutto un luogo nel quale si mette in luce il ruolo fondamentale che l’agroalimentare ha nell’economia italiana.

In questo ambito si è il convegno sulla marca del distributore italiana all’estero, con la presenza di catene distributive estere (l’americana Mittel e l’inglese Waitrose) e italiane (Coop, Conad, Auchan, Finiper), organizzato dal Gruppo Food.

Dal convegno di Cibus è emerso che cresce l’interesse della Gdo straniera per la marca del distributore italiana, spesso con rapporti diretti tra le catene e i produttori italiani. Tanto più che il made in Italy, nel retail estero, si distingue come prodotto di alta qualità che nobilita la gamma dell’offerta. Si cerca infatti un prodotto italiano tradizionale autentico e facile da cucinare, e il margine di crescita della marca privata all’estero è ampio.

Un focus particolare è poi stato fatto a Cibus sui cosiddetti alimenti funzionali, ossia, citando Wikipedia, gli “alimenti, freschi o trasformati, naturalmente ricchi di molecole con proprietà benefiche e protettive per l’organismo, importanti nella pratica nutrizionale perché, se inseriti in un regime alimentare equilibrato, svolgono un’azione preventiva sulla salute”. Il presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, ha osservato che “il comparto degli alimenti funzionali in Italia ha raggiunto nel 2015 un fatturato di 2,4 miliardi di euro, con un aumento dell’8% sul 2014. E’ evidente la netta differenza di passo col fatturato aggregato del food and beverage italiano che, per il terzo anno consecutivo, l’anno scorso è rimasto fermo a quota 132 miliardi”.

Una importante voce di bilancio per le aziende agroalimentari che se ne occupano. “La voce complessiva ‘integratori alimentari, infanzia e dietetici’ – ha infatti spiegato ancora Scordamagliaha raggiunto nel 2015 una quota di fatturato di 3,4 miliardi di euro con un +5% sull’anno precedente. La crescita è stata inferiore a quella degli integratori (che sono di gran lunga la voce più performante) in quanto il segmento infanzia, al contrario, soffre. Nei prossimi anni è prevedibile una conferma del passo espansivo di questi alimenti che si distinguono come uno dei segmenti a più alto valore aggiunto e maggiormente premianti del mercato alimentare e che comincia a suscitare interesse anche all’estero per l’eccellenza e la qualità delle materie prime”.

Un settore del quale, nel mercato dell’alimentare, non tutti conoscono le potenzialità e che Cibus ha avuto il merito di portare all’attenzione non solo degli operatori, ma anche del pubblico degli appassionati di alimentazione e cucina. Due driver importanti non solo per la vita quotidiana di ciascuno di noi, ma anche per l’economia nazionale.

Il bio che fa bene all’economia

Non è solo un fatto di moda passeggera relativa al bio, della conseguenza del diffondersi di intolleranze o un fenomeno da ascrivere al grande circo del salutismo: la ricerca di alimenti sani, siano essi bio o meno, è anche una grande opportunità per le aziende della filiera agroalimentare.

Se ne sta avendo ancora di più la certezza in questi giorni al Cibus di Parma, dove Coldiretti ha presentato alcuni dati dai quali emerge che lo scorso anno in Italia sono aumentati del 50% gli acquisti di alimenti senza glutine e del 20% quelli di alimenti bio, per non parlare dell’impennata per i cibi garantiti Ogm free e dei 15 milioni e più di italiani che regolarmente si orientano verso prodotti a km 0.

Che quella dell’alimentazione bio e sana sia un’opportunità per la filiera agroalimentare è un dato sotto gli occhi di chiunque faccia la spesa ogni settimana. Questi tipi di alimenti sono infatti in media più cari degli altri, ma il prezzo maggiore non scoraggia chi si avvicina al loro scaffale del supermercato: secondo Coldiretti, il 70% degli italiani è disposto a pagare di più un alimento naturale, il 65% per uno Ogm free, il 62% per un prodotto bio e il 60% per un prodotto alimentare senza coloranti.

Dati che si inseriscono in un trend nel quale gli acquisti di prodotti bio confezionati nel 2015 sono cresciuti del 20%: lo scorso anno, oltre il 33% degli italiani ha comprato cibi bio o naturali, il doppio quelli che hanno acquistato sono prodotti tipici del proprio territorio e 15 milioni coloro i quali hanno comprato prodotti locali a km 0.

Una tendenza che, fortunatamente per la nostra economia e per chi vive di producendo alimenti bio e naturali, si sta rapidamente diffondendo anche all’estero nei confronti dei prodotti italiani. Sempre Coldiretti rileva che lo scorso anno circa un prodotto alimentare italiano esportato su cinque che è stato “Doc”. Una massa critica di origine controllata, bio ma non solo, che ha fatto sì che lo scorso anno l’export agroalimentare italiano sia cresciuto del 74% rispetto a 10 anni prima, per un controvalore di 36,8 miliardi. La quota di 50 miliardi auspicata dal premier Renzi non è lontanissima.

Cibus 2016 e l’eredità di Expo 2015

È partito ieri a Parma Cibus 2016, l’appuntamento annuale con le eccellenze dell’agroalimentare italiano celebrate come chiave per il successo e lo sviluppo economico dell’Italia nel mondo.

L’evento di Parma arriva in un altro anno importante per l’agroalimentare italiano. Dopo il 2015, nel quale Cibus partì in concomitanza con l’avvio di Expo 2015 e con il suo focus sull’alimentazione, ora è il momento di inquadrare l’appuntamento a un anno di distanza dall’Esposizione Universale di Milano, per valutare l’eredità lasciata da quest’ultima.

Un’analisi alla quale ha pensato Coldiretti, che rileva come un anno dopo l’inizio di Expo 2015 i suoi effetti si sono fatti sentire sul turismo, con un aumento delle spese e degli arrivi degli stranieri nel 2015 che ha fatto registrare il record delle esportazioni di alimenti e bevande: 36,9 miliardi, con un aumento dell’8% rispetto al 2014.

Secondo l’analisi di Coldiretti, un terzo della spesa degli stranieri in vacanza in Italia è oggi destinato a pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per acquistare prodotti enogastronomici.

Le spese dei viaggiatori esteri in Italia – si legge nel rapporto di Coldirettisono cresciute nel 2015 del +3,8%, superando i 35,5 miliardi di euro con benefici diffusi sull’economia nazionale. Tra i Paesi di provenienza, sono i francesi a registrare l’andamento più dinamico, seguiti dagli abitanti del Regno Unito e dai tedeschi, ma molto positiva è stata anche la crescita della spesa degli statunitensi, secondo i dati del Ciset. Il cibo grazie ad Expo 2015 si consolida come componente determinante della vacanza Made in Italy. Si tratta della principale voce del budget turistico che ha addirittura superato persino quella dell’alloggio. Un risultato reso possibile dal primato nell’enogastronomia conquistato dall’Italia e indubbiamente sostenuto dall’Esposizione Universale che ha fatto conoscere al mondo la realtà enogastronomica nazionale”.

Coldiretti ricorda che “Expo 2015 è stata visitata da 21,5 milioni di persone, un terzo delle quali stranieri che hanno apprezzato l’esposizione ma anche colto l’opportunità di visitare luoghi turistici del Belpaese e di gustare i prodotti del territorio, con il cibo che per quasi 2 turisti stranieri su 3 (62%) è in testa alla classifica degli acquisti in Italia, secondo l’indagine Nielsen”.

I cibi nazionali più apprezzati dagli stranieri – prosegue Coldirettisono il vino, che nel 2015 ha raggiunto un valore record delle esportazioni di 5,4 miliardi che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all’estero. Al secondo posto si posiziona l’ortofrutta fresca, con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015, mentre al terzo posto sul podio sale la pasta, che raggiunge i 2,4 miliardi. Nella top five ci sono anche i formaggi, che hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi, mentre la classica “pummarola” fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi. Infine l’olio di oliva, che raggiunge i 1,4 miliardi a pari merito con i salumi”.

In linea con i risultati dello studio è il commento del presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo: “L’Italia ha saputo cogliere l’opportunità di Expo 2015 per raccontare al mondo il modello agroalimentare e i suoi valori unici. L’agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa con il primato europeo di 282 prodotti a denominazione di origine Dop/Igp riconosciuti dall’Unione, 405 vini Doc/Docg, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, la più vasta rete di aziende agricole e mercati di vendita a chilometri zero, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”.

Cibus e l’eccellenza del food made in Italy

Dopo tanta attesa, parte oggi a Parma Cibus, il Salone internazionale dell’alimentazione. Inaugurato dal ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, e forte di una expertise di oltre 35 anni, sviluppata ulteriormente nel semestre di Expo2015 con l’arrivo di centinaia di top buyer esteri nel padiglione CIBUSèITALIA, Cibus si conferma la piattaforma per eccellenza dell’industria alimentare per incrementare gli scambi con i mercati esteri.

Il programma completo della 18esima edizione di Cibus – Salone internazionale dell’alimentazione, organizzato da Fiere di Parma e Federalimentare, è stato presentato le scorse settimane alla stampa a Milano.

Sulla scia del dopo Expo anche i numeri sono da record: 3mila espositori su un’area di 130mila metri quadri, 70mila visitatori attesi, di cui 15mila dall’estero. Arriveranno 2mila top buyer da ogni continente, grazie alla collaborazione con ICE Agenzia e ad un investimento complessivo di oltre 3 milioni di euro, grazie anche all’importante contributo da parte del Governo, nel quadro di programma promozionale del made in Italy agroalimentare “The Extraordinary Italian Taste”. In concomitanza con l’evento fieristico si terranno anche il “World Food Research and Innovation Forum” e l’assemblea annuale di Federalimentare.

Cibus è una fiera in continua crescita – ha dichiarato Gian Domenico Auricchio, Presidente di Fiere di Parma – per il volume d’affari che genera, per notorietà internazionale ed anche come numeri: gli espositori aumentano dell’11% rispetto alla precedente edizione e i metri quadrati lordi d’esposizione dell’8%. Il quartiere fieristico è sempre più moderno e funzionale: all’ingresso ovest è stato rimontato il padiglione che ha ospitato CIBUSèITALIA ad Expo2015 offrendo un ingresso di oltre 1.300mq; i parcheggi antistanti a questo ingresso sono stati totalmente asfaltati e l’esterno dei padiglioni è stato rimodellato da un ammodernamento grafico”.

Nel 2015 l’export del comparto alimentare ha raggiunto i 37 miliardi di euro, facendo ben sperare per l’obiettivo, delineato dal premier Matteo Renzi, di raggiungere i 50 miliardi entro il 2020.

In termini qualitativi, di valore aggiunto e conseguentemente di prezzi riconosciuti ai nostri prodotti sui mercati internazionali, l’esportazione agroalimentare italiana non ha concorrenti – ha sottolineato Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare -. Il traguardo di 50 miliardi di euro a fine decennio garantirebbe un aumento degli occupati diretti e indiretti di circa 100mila unità e permetterebbe al Made in Italy alimentare di entrare nella leadership europea colmando in parte il gap con gli altri Paesi. Con un 6-7% di aumento dell’export l’anno, l’obiettivo è alla nostra portata. Oggi la sfida è quella di trasformare quei progetti capaci di creare occupazione e ricchezza, in investimenti e in risultati in termini di esportazione del food and beverage italiano per consolidare un trend di crescita positivo. E se Expo ha consacrato nel mondo il modello alimentare italiano come modello di riferimento internazionale, quest’edizione record di Cibus sarà l’occasione per ribadirlo. Stiamo già guardando oltre, per rafforzare in futuro la presenza internazionale di questa manifestazione con modalità che diano sempre più servizi e vantaggi competitivi alle aziende italiane che promuovono i loro prodotti nel mondo“.

Cibus intanto procede con la sua evoluzione da fiera leader di settore a piattaforma permanente di conoscenza e promozione per supportare l’export agroalimentare italiano.

Cibus 2016 è il traguardo di anni di lavoro – ha sottolineato Antonio Cellie, Ceo di Fiere di Parma – durante i quali abbiamo accompagnato le imprese alimentari italiane nelle più importanti fiere internazionali di settore (da Pechino a Bangkok, da Chicago a San Francisco), organizzando road show (Tokio, Dubai, Singapore) e incontri con i buyer esteri nel Cibus Market Check (da Mosca a New York, da San Paolo a Shanghai). La sfida per i prossimi anni è trasformare Cibus in una piattaforma permanente per la promozione all’estero a disposizione del food made in Italy e delle istituzioni. Con le 3mila aziende espositrici, tutte espressioni del made in Italy alimentare, daremo al mondo una rappresentazione straordinaria del nostro patrimonio di competenze lungo tutte le filiere”.

Vedremo domani gli highlights di Cibus 2016.

Agroalimentare italiano, il tuo nemico è il tarocco

Il tarocco alimentare sui prodotti italiani non conosce tregua. Per difendere l’ agroalimentare italiano dalle imitazioni a basso costo sono scesi in campo oggi migliaia di agricoltori arrivati con i trattori al Paladozza di Bologna, chiamati a raccolta da Coldiretti.

Coldiretti che ha denunciato come 2 prodotti alimentari spacciati come italiani su 3 e venduti nei supermercati all’estero, non c’entrano nulla con l’ agroalimentare italiano. Una denuncia che arriva sulla scorta del dossier “Cosa si mangia di italiano in Europa”, presentato da Coldiretti stessa, che ha collaborato alla task force dei Carabinieri dei Nas all’estero per verificare quali sono i prodotti dell’ agroalimentare italiano maggiormente contraffatti e venduti all’estero. E sono uscite cose che, se non fossero un danno per la nostra economia, farebbero anche sorridere.

In Slovenia si vendono Mortadela e Kapeleti, in Romania il Parmezali, in Portogallo la Milaneza pasta fino al ‘Carpaccio formaggio’ olandese. La ricerca di Coldiretti e dei Nas ha battuto diverse capitali, in cerca di prodotti contraffatti dell’agroalimentare italiano: da Londra a Bruxelles, da Berlino a Budapest, da Bucarest a Lubiana.

Oltre ai tarocchi orribili di cui sopra, Coldiretti prende a esempio le derive di due delle eccellenze dell’ agroalimentare italiano come maccheroni e spaghetti. I primi diventano Makaroni nei supermercati inglesi e ungheresi, Macarone e Macaroni in Romania e Bulgaria. I secondi diventano Spageti in Slovenia, Spaghete in Romania Spagheroni in Olanda.

Come detto, ci sarebbe da sorridere se da questi orrori non derivasse un danno incalcolabile per nostra economia: “In una fase di stagnazione dei consumi nazionali – ha dichiarato il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo -, il mercato estero in crescita è diventato fondamentale per l’agroalimentare italiano, tanto da rappresentare circa 1/3 del fatturato complessivo, ma in alcuni settori, come ad esempio il vino, le vendite fuori dai confini sono addirittura arrivate a superare quelle interne. È ormai improrogabile la necessità di estendere e potenziare le azioni di vigilanza, tutela e valorizzazione del vero made in Italy all’estero negli scaffali dei supermercati e sulle tavole dei ristoranti dove possiamo contare su una estesa rete di chef da primato a livello internazionale“.

Nuova linfa per l’ agroalimentare italiano

L’onda lunga del successo e dello stimolo all’ agroalimentare italiano innescata da Expo 2015 continua anche in questo 2016, come testimonia un altro importante accordo a sostegno della nostra agricoltura. È stato infatti firmato nei giorni scorsi a Roma un protocollo d’intesa fra UniCredit e il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) per sostenere gli investimenti e favorire l’accesso al credito delle imprese che operano nel settore agroalimentare italiano.

L’intesa – dalla quale nasce il “Progetto UniCredit Mipaaf. Coltivare il futuro” – è stata sottoscritta nella sede del ministero dell’Economia e delle Finanze alla presenza di Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giuseppe Vita, presidente di UniCredit, e Gabriele Piccini, Country Chairman Italy di UniCredit.

L’agroalimentare è oggi un settore chiave dell’economia italiana con grandi opportunità di crescita – ha sottolineato Piccini -. Nel nostro Paese, infatti, sono oltre 760mila le imprese che operano nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, generando un fatturato complessivo di 55 miliardi di euro. Oltre 70mila invece sono le imprese dell’industria alimentare con 130 miliardi di fatturato. Occorre sottolineare come tutta la filiera agroalimentare composta da un tessuto di piccole e medie imprese, anche attraverso il credito, possa lavorare sul fronte dell’organizzazione e dell’aggregazione”.

Il nuovo progetto si fonda su tre pilastri:

  • erogazione di nuova finanza per sostenere progetti e investimenti delle imprese del settore e agroalimentare italiano. UniCredit ha deciso di destinare a questo settore un apposito plafond di 6 miliardi nel triennio 2016-2018 per rispondere alle specifiche esigenze degli imprenditori. Inoltre, UniCredit lancerà a maggio il nuovo Agribond, una tranched cover dedicata alle imprese della filiera agricola, che, basandosi sulla garanzia pubblica fornita da ISMEA e sfruttandone l’effetto moltiplicatore, consentirà l’attivazione di nuove erogazioni inizialmente per 300 milioni di euro, replicabili nel tempo;
  • formazione e sviluppo delle conoscenze. Nasce infatti una Agri-Business School che poggia su tre macro aree tematiche: competenze di base, ovvero un percorso formativo per acquisire le principali conoscenze finanziarie; Export Management, che comprende sessioni formative dedicate a tematiche di internazionalizzazione; e Innovazione, che propone sessioni formative su tematiche di particolare attualità come la filiera corta, la tracciabilità e l’agricoltura di precisione;
  • “Smart Agriculture”. Per questo nasce “Value for Food”, l’iniziativa congiunta di UniCredit, Cisco Systems Italy (azienda leader nelle tecnologie del digitale) e Penelope Spa (azienda leader in tecnologia e know-how per il digitale nell’Agri-Food) rivolta a finanziare e realizzare programmi di evoluzione tecnologica delle aziende dell’ agroalimentare, che sappiano coniugare le esigenze di comunicazione e marketing territoriale, di efficientamento e automazione dei processi di filiera, di dematerializzazione e di digitalizzazione degli asset informatici. L’iniziativa mira a predisporre un’offerta di servizi alle aziende agricole – dalla formazione alle piattaforme digitali – sostenuta da un programma di finanziamento. Value For Food è lo strumento che consente la valorizzazione del proprio marchio e dell’immagine del Made In Italy (branding), la difesa dalla contraffazione diffusa dei prodotto (anticontraffazione), l’efficientamento dei processi produttivi garantendo la sinergia con i fornitori e i distributori (tracciabilità) e il vantaggio competitivo a livello internazionale.

Enogastronomia made in Italy protagonista a Verona

Verona è sempre più crocevia dell’eccellenza made in Italy per il food e il beverage. In contemporanea con Vinitaly, alla Fiera di Verona si svolgerà infatti dal 10 al 13 aprile Sol&Agrifood, appuntamento di riferimento internazionale degli operatori del food alla ricerca di nicchie produttive di eccellenza, fatte di proposte tradizionali o innovative, ma comunque capaci di rispondere a richieste di fasce di mercato sempre più esigenti.

I prodotti del made in Italy maggiormente rappresentati sono l’olio extravergine di oliva, paste e prodotti da forno, birre artigianali, formaggi, cioccolata, caffè, conserve e condimenti, salumi, ma in Sol&Agrifood rientrano tutte le merceologie agroalimentari e ortofrutticole.

Diversa da una semplice fiera espositiva, la Rassegna Internazionale dell’Agroalimentare di Qualità è un luogo dove il marketing si fa dando ai buyer l’opportunità di sperimentare l’uso dei prodotti, con cooking show, educational e degustazioni guidate, e nel quale i cuochi vanno a lezione. L’obiettivo è quello di fare cultura, teorica e pratica, perché le differenze tra le eccellenze presenti e i prodotti industriali devono essere capite e apprezzate.

Visitata nel 2015 da quasi 15mila operatori esteri provenienti da 80 nazioni su un totale di oltre 64mila visitatori, Veronafiere realizza ogni anno per Sol&Agrifood un’attività di incoming di delegazioni commerciali estere, coadiuvata quest’anno da ICE-Italian Trade Agency con i finanziamenti del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy del ministero dello Sviluppo economico.

Ai buyer esteri vengono proposti incontri b2b con le aziende espositrici nell’Area Polifunzionale e la partecipazione ai cooking show e alle degustazioni di presentazione dei prodotti nell’Agorà.

Alle tradizionali aree tematiche dedicate alle birre artigianali, a Cheese Experience e al caffè con Taste of Coffee, si aggiunge quest’anno il nuovo spazio tutto made in Italy Salumi e Biodiversità, realizzato con l’Accademia delle 5T e in collaborazione con il Comune di Parma, unica città italiana a fregiarsi, dal dicembre 2015, del riconoscimento dell’Unesco di “città creativa per la gastronomia”.

Sol&Agrifood è, per l’olio extravergine di oliva di qualità, la fiera di riferimento a livello internazionale. Presenti, oltre alle tante aziende made in Italy con un’offerta di olii fortemente territoriali, anche le collettive istituzionali di Marocco e Croazia.

All’olio extravergine sono legate molte delle attività di degustazione e formazione, come Find the fake (Scova l’intruso), il minicorso con prova di assaggio comparativa tra i veri olii extravergine di oliva di alta qualità italiana e un olio di scarsa qualità, organizzato da Unaprol.

Infine gli olii extravergini di oliva, in particolare quelli che hanno ottenuto la gran menzione del concorso Sol d’Oro, sono protagonisti, assieme ai giovani cuochi della Federazione Italiana Cuochi, delle finali della Jam Cup, il primo Trofeo Junior Assistant Master della Fic. A fronteggiarsi in cooking show, i 16 concorrenti selezionati nei mesi precedenti. A loro il compito di cucinare piatti adatti alla tipologia di fruttato dell’olio che verrà loro assegnato.

Potevano forse mancare dei cuochi in questo grande appuntamento dedicato al made in Italy?

I numeri del settore agricolo nel 2015

Da più parti e con diverse analisi si sottolinea come il settore agricolo italiano sia tornato a godere di buona salute. Una di queste interessanti analisi è data dal Rapporto AgrOsserva, realizzato da Ismea e Unioncamere, secondo il quale, lo scorso anno, il settore agricolo italiano ha visto crescere la propria redditività.

Alla crescita si accompagnano, la riduzione del calo delle nuove imprese del settore agricolo italiano, la crescita dell’occupazione, dell’export e del valore aggiunto del settore sul Pil nazionale nell’anno appena trascorso.

Entrando nel dettaglio dei numeri, lo scorso anno si è avuto un -6464 imprese rispetto al 2014; un segno meno certo, ma decisamente meno marcato di quello registrato negli anni precedenti: -18mila imprese del settore agricolo nel 2014 sul 2013 e -32mila nel 2013 sul 2012. Anche l’occupazione nel settore agricolo è cresciuta nel 2015: +4,1% di nuovi occupati nel terzo trimestre dello scorso anno.

Numeri robusti, supportati anche dai dati emersi dall’indagine di Unioncamere “Vere nuove imprese”, dai quali emerge la spinta propulsiva del settore agricolo sull’economia. Le imprese agricole sono infatti il 9% del totale delle nuove imprese aperte in Italia nei primi sei mesi dello scorso anno, +6,3% rispetto al 2014.

Come abbiamo sottolineato nei giorni scorsi in occasione della Festa della donna, la componente rosa nelle campagne italiane si fa sempre più pesante, con 4 nuove imprese su 10 aperte da imprenditrici.

Per quanto riguarda i numeri macroeconomici, l’export ha toccato quota 36,8 miliardi di euro nel 2015, +7,3% rispetto a un anno prima e quasi il doppio rispetto all’incremento medio dell’export italiano, +3,7%.

Sul fronte del valore aggiunto del settore agricolo sul Pil nazionale, lo scorso ha chiuso in crescita del 3,8%, con un exploit del +8,4% nel quarto trimestre. Un dato che rivela come il Pil agricolo sia in linea con quello industriale (+0,9%) e leggermente superiore a quello nazionale (+0,8%). Significativa anche la crescita del reddito agricolo per addetto nel 2015: + 8,7% rispetto al 2014.

Un’Italia a tutto bio

Che l’agroalimentare italiano sia sempre più un’eccellenza mondiale molto apprezzata all’estero, è un dato di fatto. Quello che però è interessante, è la crescita importante che, all’interno di questo settore, ha avuto e ha ancora il comparto bio.

Se, secondo i dati Coldiretti, nel 2015 l’export dell’agroalimentare italiano ha toccato la quota record di 36 miliardi di euro (+7%), le produzioni agroalimentari bio italiane hanno toccato, nel 2014, un fatturato di 1,4 miliardi, pari al 4% del totale dell’export dell’intero settore.

Il segmento bio nel 2014, secondo i dati Nomisma, è stato particolarmente brillante per l’ortofrutta (20% del fatturato totalizzato in export), sostituti del latte (16%), pasta e simili (12%), carni fresche e lavorate (7%), vino (7%).

L’Eurispes, nel proprio Rapporto Italia 2016, ha invece rilevato come l’agroalimentare biologico made in Italy sia destinato per l’82% all’export verso il mercato interno europeo: l’82%. Il bio italiano è molto apprezzato in Germania (24%), Francia (20%) e Benelux (9%). Al di fuori dei confini europei, il podio è formato da Usa (4%), Giappone (3%) e Canada (2%).

 

Per quanto riguarda il mercato interno, i prodotti biologici hanno continuato a crescere tra il 2014 e il 2015, nonostante nel primo di questi due anni i consumi interni fossero calati. Merito anche della sempre maggiore diffusione di produttori agroalimentari che puntano sul bio, il cui numero è aumentato del 5,8% tra il 2013 e il 2014.