Expo 2015 e l’agroalimentare italiano

Se il cibo è una delle eccellenze italiane e se Expo 2015 ha come tematica principale l’alimentazione, va da sé che il budget maggiore dei turisti stranieri che verranno in Italia per l’esposizione sarà dedicato al cibo.

Lo conferma la prima mappa sulle vie del gusto elaborata da Coldiretti, che evidenza come i turisti stranieri in arrivo in Italia per Expo 2015 siano più attratti rispetto alla media dall’agroalimentare made in Italy: secondo Coldiretti, infatti, è destinato al cibo un terzo del budget che spenderanno i turisti stranieri durante il soggiorno in Italia per Expo 2015, con un miliardo di euro per ristoranti, pizzerie, bar, caffè e rosticcerie. A questo giro di affari vanno aggiunti 750 milioni per acquisti di vini e prodotti agroalimentari da consumare o da regalare.

L’analisi di Coldiretti conferma dunque come il vero motore degli arrivi dall’estero rimanga l’agroalimentare made in Italy. “Gli stranieri in Italia per Expo 2015 – sottolinea Coldiretti – hanno infatti spesso pianificato una permanenza itinerante lungo lo Stivale, ma anche poco convenzionale sia nella scelta dell’alloggio sai per il mangiare, con una decisa attenzione alla ricerca della tradizione”.

L’obiettivo per molti turisti, al di là di Expo 2015, è quello di cogliere le molteplici occasioni di valorizzazione dei prodotti locali presenti lungo tutta la Penisola, con percorsi enogastronomici, città del gusto, mercati degli agricoltori, feste e sagre di ogni tipo, per mangiare fuori, ma anche per l’acquisto di souvenir.

Vino, formaggi e olio di oliva made in Italy, già protagonisti a Expo 2015, raccolgono insieme il 44,9% degli interessi potenziali sul segmento del Culinary Travel, secondo la società specializzata in indagini sul turismo Jfc, la quale ha analizzato le aspettative dei turisti stranieri.

Expo 2015 – ha affermato il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvoavrà veramente successo solo se sapremo create le condizioni per prolungare il soggiorno dei visitatori stranieri al di fuori dell’area espositiva di Milano con nuove attrazioni lungo tutta la Penisola nelle città e nelle campagne. l’Italia può contare su un patrimonio alimentare e ambientale unico per lasciare della permanenza in Italia un ricordo indimenticabile”.

Per questo Coldiretti, per l’inaugurazione di Expo 2015, attiverà Farmersforyou, la prima app per indicare ai visitatori italiani e stranieri dove dormire, mangiare o acquistare prodotti direttamente dagli agricoltori con oltre 10mila riferimenti.

Federalimentare a Expo2015

Expo2015 si avvicina a grandi passi e il suo focus su alimentazione e nutrizione non può che sposare in pieno una delle eccellenze italiane, l’agroalimentare. La vetrina dell’Esposizione Universale sarà l’occasione per Federalimentare di farlo conoscere a tutto il mondo grazie al padiglione CibusèItalia, presentato nei giorni scorsi a Milano dal presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia.

Il padiglione realizzato per Expo2015 racconta il cibo italiano attraverso la tradizione, l’innovazione e le strategie di 500 aziende della filiera alimentare tricolore. Il padiglione è disposto secondo le logiche delle filiere merceologiche e attrezzato con una terrazza che conta già un centinaio di eventi e convegni lungo tutto il periodo di apertura dell’esposizione.

Federalimentare è in prima linea, anche grazie al padiglione CibusèItalia di Expo2015, nella tutela e promozione della nostra filiera alimentare e nel contrasto al cosiddetto “Italian sounding”, ovvero prodotti spacciati per italiani solo per assonanza del nome ma in realtà dei biechi tarocchi.

L’industria alimentare italiana – ha infatti ricordato Scordamagliaè la più grande creatrice al mondo di valore aggiunto nella trasformazione dei prodotti alimentari. Le enormi potenzialità per l’export stanno tutte in questo semplice principio, sta a noi saperle cogliere. Non possiamo accontentarci del +3,5% dell’export registrato nel 2014 e neanche del +5/6% previsto per l’anno in corso“. L’obiettivo è infatti quello di portare, entro il 2020, il valore delle esportazioni italiane a quota 50 miliardi, così come previsto dal piano strategico del governo e condiviso da Federalimentare. Expo2015 è la prima, grande occasione per inseguire questo primato.

Voglio il made in Italy. E lo pago

Gli italiani vogliono il made in Italy e, per averlo, non badano a spese. È questo il succo di una consultazione pubblica online che è stata svolta sul proprio sito dal ministero delle Politiche Agricole. Il tema era quello dell’etichettatura dei prodotti agroalimentari e la consultazione, tenutasi da novembre 2014 a marzo 2015, ha coinvolto oltre 26mila utenti. I risultati sono stati resi noti da poco e sono un plebiscito per il made in Italy: l’82% dei partecipanti si è detto infatti disposto a spendere di più di fronte alla certezza della provenienza italiana di quanto acquista.

L’iniziativa del ministero prende spunto dal regolamento comunitario n. 1169/ 2011 che consente ai singoli Stati di introdurre norme nazionali proprie in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti se i cittadini esprimono, in una consultazione, parere favorevole sulla rilevanza delle dicitura di origine ai fini di un acquisto informato e consapevole. Un regolamento dal quale il made in Italy dovrebbe uscire rafforzato.

Esulta Coldiretti, da sempre in prima linea per la tutela dell’agroalimentare italiano a partire dalla sua etichettatura, che ha commentato così il risultato per bocca del suo presidente, Roberto Moncalvo: “Il fatto che l’82% degli italiani è disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto alimentare che acquista e tra questi quasi la metà (40%) è disposto a pagare dal 5 al 20% in più e il 12% oltre il 20%, dimostra che in una situazione di difficoltà economica bisogna portare sul mercato il valore della trasparenza a vantaggio dei consumatori e dei produttori agricoli, con l’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per tutti i prodotti alimentari”.

In più, prosegue Moncalvo a sostegno del made in Italy, “non è un caso che secondo la consultazione pubblica online del Ministero l’89% dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, l’87% per le carni trasformate, l’83% per la frutta e verdura trasformata, l’81% per la pasta e il 78% per il latte a lunga conservazione“.

Del resto, in materia di tutela del made in Italy, sempre Coldiretti segnala “che per l’84% dei consumatori è fondamentale che nell’etichetta ci sia il luogo di trasformazione. Nel momento dell’acquisto, per 8 persone su 10 è decisivo che il prodotto sia fatto con materie prime italiane e sia trasformato in Italia, a seguire il 54% controlla che sia tipico, il 45% verifica la presenza del marchio Dop e Igp, mentre per 3 su 10 conta che il prodotto sia biologico”.

Agroalimentare italiano, un 2014 difficile

Che il 2014 sia stato un anno particolarmente disgraziato per l’ agroalimentare italiano era cosa nota. Adesso che siamo entrati nel 2015, ne vedremo le conseguenze anche facendo la spesa. Secondo Coldiretti, infatti, di alcuni prodotti tipici dell’ agroalimentare italiano ci sarà scarsa disponibilità e, di conseguenza, prezzi più cari.

Coldiretti rende infatti noto che la disponibilità di olio di oliva italiano nella grande distribuzione sarà del 35% in meno, ma anche gli agrumi saranno in calo del 25%, del 15% il vino e fino al 50% in meno per il miele. Tutte eccellenze dell’ agroalimentare italiano alle quali fanno compagnia le castagne, il cui raccolto è stato da minimo storico nel 2014.

Secondo Coldiretti, l’ agroalimentare italiano ha avuto un crollo nei raccolti che ha concorso a determinare un calo del Pil agricolo in termini congiunturali per il terzo trimestre consecutivo, sulla base dei dati Istat.

La causa è da ricercare soprattutto nelle bizzarrie del clima che hanno caratterizzato il 2014. Entrando nel dettaglio dei numeri del tracollo per l’ agroalimentare italiano, la produzione di miele di acacia, castagno, millefiori e agrumi è calata del 50%, la vendemmia è stata la più scarsa dal 1950 (41 milioni di ettolitri di vino prodotto) e la produzione di olio di oliva è scesa intorno alle 300mila tonnellate.

Continuando in questa via crucis dell’ agroalimentare italiano, detto degli agrumi, il pomodoro da conserva per polpe, passate e pelati ha segnato un calo delle rese per ettaro mentre la produzione è rimasta in linea con la media degli ultimi cinque anni solo perché è cresciuta l’estensione delle superfici coltivate. Chiudono le castagne, il cui raccolto è rimato abbondantemente sotto i 18 milioni di chili del 2013 ed è stato pari a un terzo di quello del 2004.

Made in Italy agroalimentare, la top 5 delle eccellenze

Coldiretti si prepara a Expo2015, dedicata a pianeta e nutrizione, snocciolando i primati conquistati nel mondo dal made in Italy agroalimentare, vero cavallo di battaglia dell’associazione dei coltivatori diretti.

Per farlo, ha stilato una vera TOP 5 del made in Italy agroalimentare che è un biglietto da visita di prim’ordine specialmente per quanti, nel mondo, creano cloni e tarocchi che nulla hanno a che vedere con la qualità dei prodotti italiani. Ecco la TOP 5 di Coldiretti.

  1. Il valore aggiunto per ettaro realizzato dal made in Italy agroalimentare è oltre il doppio della media dell’Europa a 28, il doppio di Spagna e Germania, il triplo del Regno Unito, il 70% in più della Francia. L’Italia è anche prima per quanto riguarda l’occupazione, con 7,3 addetti per 100 ettari (media Ue, 6,6).
  2. L’agricoltura nazionale immette nell’atmosfera 814 tonnellate di gas serra per ogni milione di euro prodotto dal settore. Questo significa che il settore del made in Italy agroalimentare emette il 35% di gas serra in meno della media Ue, il 58% in meno rispetto al Regno Unito, il 39% meno rispetto alla Germania, il 35% in meno della Francia e il 12% in meno rispetto alla Spagna.
  3. L’Italia è il Paese che ha il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici, lo 0,2%, un totale inferiore di quasi 10 volte rispetto alla media europea (1,9%) e oltre 30 volte minore rispetto a quella dei prodotti provenienti da Paesi extracomunitari (6,3%).
  4. In Italia ci sono 43.852 imprese biologiche, che costituiscono il drappello più numeroso in Europa (17% del totale). Al secondo posto ci sono la Spagna (30.462 imprese) e la Polonia (25.944 aziende).
  1. Il made in Italy agroalimentare conta ben 268 prodotti Dop e Igp e 4.813 specialità tradizionali regionali che posizionano il nostro Paese al primo posto in Europa in questa classifica. Staccatissimi gli altri: Francia ferma a 207, Spagna a 162.

Nasce la Cabina di Regia sulla Pasta

È una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano, la pasta. Ecco perché il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi hanno istituito la Cabina di Regia sulla Pasta, che ha molteplici obiettivi: promuovere e sostenere la competitività dell’intera filiera della pasta, dalla produzione del frumento fino alla trasformazione industriale incentivando, stimolando e sostenendo accordi di filiera tra coltivatori di grano e produttori di pasta; favorire i processi di aggregazione dell’offerta della materia prima; individuare strategie di attrazione di fondi comunitari destinati al settore e di fondi nazionali e comunitari per iniziative promozionali a supporto della produzione e dell’esportazione; incentivare l’investimento in innovazione e ricerca in tutta la filiera produttiva.

La Cabina di Regia sulla Pasta è composta da rappresentanti del Mipaaf e del Mise e dedica attenzione anche al tema dell’Expo 2015, per promuovere la filiera grano-pasta all’interno della manifestazione e sostenere iniziative di promozione culturale del modello agroalimentare italiano.

In Italia, quando viene istituita una cabina di regia, di solito si rivela un flop o una perdita di tempo, ma nel caso della pasta, vista l’importanza chiave che ricopre nella dieta mediterranea e nell’economia italiana, c’è da augurarsi che a qualcosa serva. Promuovere l’intera filiera della pasta e definire un programma di valorizzazione e rilancio del settore è infatti fondamentale.

Abbiamo voluto fortemente questa azione in sinergia con il Ministero dello sviluppo economico – ha affermato il ministro Martinaper andare incontro alle esigenze di un settore simbolo del Made in Italy come la pasta. Siamo leader mondiali con una produzione annua da 3,4 milioni di tonnellate, un fatturato di più di 4,6 miliardi di euro con oltre 7.500 addetti impiegati. Negli ultimi dieci anni il trend delle esportazioni ha registrato tassi di crescita importanti, arrivando a 2 miliardi di euro. Con la Cabina di regia potremo supportare meglio le aziende sul fronte dell’export, organizzare una promozione integrata in ambito Expo e favorire una migliore distribuzione del valore lungo la filiera”.

Made in Italy alimentare, 2015 anno nero

Quello lanciato da Coldiretti a inizio 2015 è un vero grido di allarme per ciò che riguarda la produzione del made in Italy alimentare. L’associazione dei coltivatori diretti fa sapere in una nota che “la produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, agrumi e millefiori è quasi dimezzata (-50%) per effetto del clima, ma se la vendemmia si è classificata come la più scarsa dal 1950, con una produzione di vino made in Italy che potrebbe scendere fino a 41 milioni di ettolitri, quella di olio di oliva è crollata attorno alle 300mila tonnellate”.

In sostanza, quindi, il made in Italy alimentare per l’anno appena iniziato è a forte rischio razionamento. “Nel 2015 – continua la nota – sugli scaffali dei supermercati ci sarà il 35% in meno di olio di oliva italiano, ma anche un calo del 25% per gli agrumi, del 15% per il vino fino al 50% per il miele, mentre il raccolto di castagne è stato da minimo storico”.

Come se non bastasse, Coldiretti sottolinea come in pericolo sia anche il simbolo del made in Italy alimentare, la pasta: “E’ allarme anche per la produzione italiana di pasta a causa dell’eccessiva dipendenza dell’industria nazionale per l’acquisto di grano duro dall’estero da dove arriva circa il 40% del fabbisogno perché non si è avuta la lungimiranza di investire sull’agricoltura nazionale. Se in Italia i raccolti di frumento duro hanno subito una leggera flessione (-4%), un calo consistente del 10% si è verificato nell’Unione Europea e un vero e proprio crollo del 27% si è registrato in Canada che è il principale fornitore dell’Italia. Complessivamente, secondo le stime dell’International Grains Council, la produzione mondiale dovrebbe attestarsi sui 34 milioni di tonnellate (-15%)”.

Per non parlare di altri due campioni del made in Italy alimentare come agrumi e pomodori: “Anche per il raccolto nazionale di agrumi – prosegue la nota di Coldirettiil conto è pesante con un taglio del 25% mentre per il pomodoro da conserva per preparare polpe, passate e pelati da condimento si registra un calo delle rese per ettaro e la produzione rimane in linea con la media stagionale degli ultimi cinque anni solo grazie a un aumento delle superfici coltivate”.

E qui la beffa finale per il made in Italy alimentare: “Con il crollo dei raccolti nazionali – conclude Coldirettiaumenta il rischio di portare in tavola prodotti spacciati per Made in Italy ma provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità e per questo occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta, almeno su quei prodotti come l’olio, il miele e gli agrumi freschi dove è in vigore l’obbligo di indicare la provenienza”.

Coldiretti: bene l’odg Anzaldi sulla tutela dell’ agroalimentare italiano

Forse qualcosa si muove sul fronte della tutela dell’ agroalimentare italiano da contraffazioni e tarocchi assortiti. Nei giorni scorsi, Michele Anzaldi, componente della Commissione Agricoltura della Camera, ha presentato un ordine del giorno con il quale ha chiesto la revisione della norma sulle etichette con l’attivazione presso il ministero delle Politiche Agricole, entro 30 giorni, di un tavolo istituzionale di confronto con le parti interessate. Un ordine del giorno che va anche a tutela dell’ agroalimentare italiano e che ha ricevuto parere favorevole dal governo.

A questo ordine del giorno plaude Coldiretti, che sottolinea come una verifica della possibilità di modificare il regolamento comunitario sull’etichettatura dei prodotti alimentari, con l’obiettivo di tutelare la trasparenza e la qualità dell’ agroalimentare italiano nell’interesse dei consumatori e del Made in Italy, è non solo opportuna, ma indispensabile.

Con il nuovo regolamento comunitario entrato in vigore lo scorso 13 dicembre – ricorda Coldirettiviene abolito l’obbligo di indicare nei prodotti lo stabilimento di produzione. In questo modo, anche se i prodotti italiani continueranno ad avere la dicitura Made in Italy, perché le nostre aziende lo ritengono giustamente un valore aggiunto, i produttori stranieri non avranno l’obbligo di indicare nulla, con il rischio di trarre in inganno i consumatori”.

Di qui l’esigenza di rivedere le disposizione della contraddittoria normativa comunitaria che mantiene anonima oltre la metà della spesa obbligando ad indicare la provenienza nelle etichette – precisa Coldiretti – per la carne bovina, ma non per i prosciutti, per l’ortofrutta fresca ma non per i succhi di frutta, per le uova ma non per i formaggi, per il miele ma non per il latte”.

Secondo Coldiretti, anche se un passo importante è stato fatto per la tutela dell’ agroalimentare italiano, non si è posto fine agli inganni del finto made in Italy sugli scaffali che riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte straniero o addirittura semilavorati industriali (cagliate) provenienti dall’estero.

Un danno per l’ agroalimentare italiano al quale l’ordine del giorno di Anzaldi prova a mettere una pezza.

Coldiretti in difesa dell’ agroalimentare italiano

Da sempre in prima linea (e non poteva essere altrimenti…) nella battaglia per la difesa dell’ agroalimentare italiano, Coldiretti ha di recente organizzato a Torino un convegno proprio per fare il punto sui costi del falso alimentare e sulle strategie per combatterlo.

Il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, è stato chiaro: per preservare il vero agroalimentare italiano da frodi e contraffazioni sono necessarie “regole chiare e soprattutto sanzioni efficaci“. Il convegno, dal titolo “Legalità, difesa e valore aggiunto per un vero agroalimentare italiano”, ha messo in luce gli innumerevoli prodotti “italian sounding” che sfruttano nomi e immagine dell’Italia ma non hanno nulla dell’ agroalimentare italiano.

Secondo Moncalvo, questi falsi dell’indotto agroalimentare italiano, insieme alla “ingerenza crescente della criminalità organizzata creano costi economici diretti, come i 14 miliardi di volume d’affari delle agromafie nel 2013 in aumento del 12% rispetto all’anno precedente, ma non solo“. Ci sono anche “i costi sociali e ambientali, quelli legati alla salute dei consumatori e alla concorrenza sleale e, non ultimo, il danno sulla fiducia e sulla reputazione del nostro settore e del nostro Paese“.

Che fare dunque? Per Moncalvo la soluzione per tutelare l’ agroalimentare italiano è semplice: leggi efficaci e pene certe. “Dall’inizio della crisi in Italia le frodi sono quadruplicate. Quello che serve è un sistema di regole semplici, ma efficaci, e pene che siano attuate e adeguate, cioè che i processi si facciano e che le sanzioni non siano solo la sospensione ma la chiusura dell’attività fraudolenta“.

Cina, mercato infinito per Progetto 100ITA

Progetto 100ITA è una piattaforma di penetrazione commerciale nel mercato cinese del food&wine made in Italy che raggruppa oltre 80 produttori di qualità. Progetto 100ITA punta a promuovere il meglio della produzione enogastronomica made in Italy in Cina e ha celebrato nei giorni scorsi il Global Event all’Ambasciata d’Italia a Pechino.

Per la ventina di aziende partecipanti, l’evento di Progetto 100ITA ha aperto una settimana fortemente orientata al business, con giornate di incontri B2B con buyer cinesi, organizzate in collaborazione con l’ICE e la Camera di Commercio Italiana in Cina. Lo sconfinato mercato cinese è estremamente appetibile per i produttori del settore agroalimentare made in Italy e Progetto 100ITA ha finora dato supporto a oltre 80 i produttori italiani di vino, olio di oliva e prodotti agroalimentari, di ogni regione e dimensione con la propria organizzazione operativa con base a Pechino, dotata di proprie licenze di importazione e distribuzione, uffici, showroom e punti vendita gestiti da management italiano.

Nel 2014 l’attività di Progetto 100ITA in Cina si è incentrata su un piano di marketing e promozione del made in Italy tramite la partecipazione alle principali fiere di settore – tra cui China Food & Drinks Fair a Chengdu, SIAL di Shanghai e The Silk Road International Exposition a Xian, il Fuorisalone a Chengdu e il Wine&Dine Festival a Dalian – e a diversi eventi promozionali organizzati da Progetto 100ITA in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Pechino, l’ICE e la Camera di Commercio Italiana in Cina. Perché nel Paese il valore del made in Italy ha un percepito molto alto e, se in termini di volumi c’è ancora molto da lavorare, in termini di costo medio della merce acquistata, eccellenze italiane sono al top.