Italiani più consapevoli contro il falso Made in Italy

Coldiretti ha dato il via alla petizione #stopcibofalso contro il falso Made in Italy che, purtroppo, spopola sugli scaffali dei supermercati, soprattutto esteri.

Fortunatamente, però, ultimamente gli italiani dimostrano di avere una nuova consapevolezza nei confronti dell’importanza della qualità dei prodotti che acquistano e consumano, ma anche della tutela del Made in Italy, che va difeso contro ogni contraffazione.

A dimostrazione di questa tendenza, quasi due terzi degli italiani sono disposti a pagare anche il 20% in più per essere sicuri di portare in tavola prodotti davvero provenienti dal Belpaese e senza contaminazioni estere.
Come conseguenza, il mercato dei prodotti patriottici, che riportano sulle confezioni la Bandiera Italiana e la scritta Product of Italy, è aumentato del 2,2%.

In particolare, sono aumentati i consumi di prodotti con certificazione di origine Doc/Docg e Dop/Igp.

Questa la nota di Coldiretti: “Per tutelare questo mercato dai troppi inganni nei suoi ultimi interventi l’Autorità Garante della concorrenza ha contestato tra l’altro la presenza della bandiera italiana e della scritta ‘Product of Italy’ su vasetti di Pomodori secchi a filetti e di Frutti del cappero provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco perché in entrambe le etichette la presenza di bandiere e di scritte sull’italianità dei prodotti poteva indurre i consumatori a pensare che le conserve fossero preparate con verdure coltivate in Italia, ma la bandiera italiana è stata rimossa anche da tutte le conserve di un’altra azienda che produce ‘Spicchi di carciofi in olio di girasole’ perché nonostante la dicitura ‘Prodotto e confezionato in Italia’ la materia prima risultava importata dall’Egitto”.

Per difendere ancora di più il Made in Italy dalle contraffazioni, dalla commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso da Coldiretti, sono arrivate proposte di riforma dei reati alimentari, che si spera vengano approvate dal Consiglio dei Ministri.

Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha dichiarato: “Il primato italiano nella qualità e nella sicurezza alimentare conquistato grazie all’impegno degli agricoltori e ad una attività di controllo senza uguali nel mondo va difeso di quanti cercano di sfruttare impropriamente il valore aggiunto creato con l’inganno e le speculazioni. L’agricoltura italiana è la più green d’Europa con il maggior numero di prodotti a denominazione di origine Dop/Igp (293), la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico (quasi 60mila), ma anche con la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”.

Vera MORETTI

Frutta e verdura Made in Italy da record

Nonostante l’anno scorso sia stato caratterizzato da temperature imprevedibili, e pericolose per l’agricoltura, tanto che anche i prezzi hanno pesantemente influito sulle tasche degli italiani, il 2017 passerà alla storia anche, e soprattutto, per il record storico delle esportazioni di frutta e verdura, con un valore di circa 5,2 miliardi in aumento del 2% rispetto all’anno precedente.

Questi numeri sono stati resi noti da Coldiretti, che si è anche basata sui dati Istat, e sono stati presentati in occasione dell’apertura di Fruitlogistica di Berlino, la fiera internazionale più importante del settore.

La Germania, oltretutto, è il Paese che rappresenta, per l’acquisto di frutta e verdura italiane, il principale cliente, tanto che si aggiudica il terzo posto nelle esportazioni totali, in aumento del 4% nel 2017.

Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, ha dichiarato in proposito: “L’Italia ha le risorse per cogliere le opportunità che vengono dalle nuove tendenze salutistiche nel mondo dove il Made in Italy ha un valore aggiunto in più”.

Per fare in modo che questi risultati si mantengano,però, occorre intervenire per rimuovere gli ostacoli organizzativi, ma anche burocratici e infrastrutturali.
Ad esempio, suggerisce Coldiretti, bisognerebbe accelerare i dossier fitosanitari che potrebbero permettere di aumentare le esportazioni di prodotti ortofrutticoli verso destinazioni oggi problematiche, come Brasile, Cina, Giappone e Sudafrica.

Dall’altra parte, però, occorrerebbe porre un freno alle importazioni, che nel 2017 sono aumentate del 5%, specialmente per quanto riguarda il Marocco, dal quale importiamo pomodoro, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o con l’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, per un totale di quasi 5 miliardi.

Vera MORETTI

Frutta e verdura sempre più presente sulle tavole degli italiani

Coldiretti ha presentato nei giorni scorsi i dati riguardanti il consumo di frutta e verdura, sicuramente tra i prodotti simbolo dell’agroalimentare Made in Italy.
Ebbene, i dati che ne sono emersi sono assolutamente positivi, poiché negli ultimi mesi la presenza di frutta e verdura sulle tavole degli italiani è aumentata considerevolmente, anche grazie alle campagne condotte dall’Associazione, di sensibilizzazione e di distribuzione nelle piazze italiane, grazie alle giornate di Campagna Amica.

Anzi, i risultati ottenuti sono più che rosei, tanto che Sergio Gulinelli, presidente di Coldiretti Ferrara ha commentato con entusiasmo: “Mai cosi tanta frutta e verdura sulle tavole degli italiani da inizio secolo con un aumento dei consumi per un quantitativo pari a circa 8,5 milioni di tonnellate nel 2017, superiore del 3 % all’anno precedente”.

Tra la frutta maggiormente consumata, ecco la mela, che, come dice anche il proverbio, se assunta una volta al giorno toglie il medico di torno, seguita dalle arance, dall’apporto vitaminico validissimo, soprattutto in questo periodo in cui influenza e raffreddore prolificano e colpiscono quasi tutti.
Tra gli ortaggi, invece, i preferiti sono ancora patate, pomodori e insalate.

Il motivo per cui si assiste alla crescita di consumi è dato anche dall’aumento delle imprese che fanno vendita diretta e le proposte di prodotti a chilometro zero, e in questo caso non si tratta solo di frutta e verdura ma anche di formaggi e vino.

Occorre, però, al di là dei risultati ottimi, tutelare ulteriormente l’imprenditore agricolo, con l’introduzione dell’etichettatura, che premia la qualità dei prodotti, frutto di un lavoro lungo e mirato.

Alla base dell’aumento dei consumi c’è anche una maggiore consapevolezza dei giovani, sempre più attenti a ciò che mangiano e a ciò che acquistano, come confermano da Coldiretti: “Il risultato è che la frutta e verdura è la principale voce di spesa degli italiani per un importo di 102,33 euro a famiglia che è pari a circa un quarto del totale (23%). Il 64% dei consumatori ritiene che la freschezza sia l’elemento principale nell’acquisto delle verdure, seguito dalla stagionalità (51,4%) e dal prezzo conveniente (31,7%). In particolare l’aspetto e il profumo sono i fattori che indicano maggiormente al consumatore la freschezza dei prodotti ortofrutticoli ma grande rilievo viene dato anche al luogo di acquisto come il mercato o direttamente dal produttore. Non è un caso che la verdura comperata direttamente dal contadino dura fino ad una settimana in più non dovendo affrontare lunghe distanze”.

Vera MORETTI

Agroalimentare italiano sempre più forte in Cina

L’export agroalimentare italiano verso la Cina sta registrando dati sempre più positivi, che hanno portato, a fine 2017, ad un aumento del 18%, superando i 460 milioni di euro a valore.
Ciò, confermato anche da Coldiretti, è stato possibile anche perché l’Italia, nell’anno appena trascorso, è stata visitata da 1,4 milioni di cinesi, approdati nel Belpaese perché considerato più sicuro rispetto ad altre mete turistiche europee, e che, una volta arrivati qui, hanno potuto conoscere la nostra indiscussa e inestimabile ricchezza agroalimentare che vanta ben 292 prodotti Dop e Igp, 523 vini Docg, Doc e Igt e 5.047 specialità alimentari tradizionali.

Spesso, infatti, accade che i turisti rimangano rapiti dal food Made in Italy e, una volta tornati a casa, siano presi dalla voglia di riassaggiare gli stessi sapori, portando così ad un incremento delle richieste e di conseguenza dell’export.

I prodotti più amati rimangono quelli della nostra tradizione, a partire dal vino che, con 120 milioni di euro registra un balzo del 21% nel Paese asiatico, l’olio d’oliva con oltre 40 milioni di euro segna una crescita del 41%, i formaggi aumentano del 34% e la pasta sale del 20%, arrivando a 23 milioni di euro.
Questi dati hanno contribuiti ad un ribilanciamento, dopo che nel 2017 alla crescita dell’export era seguito anche un calo del 10% delle importazioni italiane dalla Cina.

Si tratta di dati molto importanti, determinati anche da alcune cruciali decisioni prese dal governo cinese, che ha rimosso il bando sulla carne bovina tricolore e ha dimezzato i dazi all’importazione su alcuni prodotti cardine della gastronomia Made in Italy  come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e altri formaggi stagionati oltre che per Gorgonzola (da 15/12% a 8%), formaggio grattugiato e fuso e acquaviti di vino (da 10 al 5%), vermouth (da 65 a 14%), pasta e salsicce/salami (da 15 a 8%).
Ad ottobre, inoltre, la Cina aveva anche deciso di rimuovere il blocco alle importazioni di Gorgonzola, Taleggio e altri formaggi erborinati, a crosta fiorita o muffettati deciso a fine agosto scorso per un improvviso irrigidimento nell’applicazione delle norme sull’import dall’Unione Europea.
A maggio inoltre è stato anche deciso di aprire il mercato a limoni, arance e mandarini di origine italiana.

Vera MORETTI

Nei piccoli Comuni l’eccellenza del food Made in Italy

Coldiretti e Fondazione Symbola hanno presentato lo studio realizzato in collaborazione dal titolo Piccoli comuni e tipicità.
Da questa indagine è emerso che ben il 92% delle produzioni tipiche nazionali ha origine nei Comuni con meno di cinquemila abitanti.

Questo significa, oltre al fatto che le tradizioni gastronomiche rimangono radicate nei piccoli paesi, che si tratta di un patrimonio che nasce ben lontano dai tipici e tradizionali circuiti turistici. I piccoli comuni beneficeranno d’ora in poi della legge 158/17, firmata da Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola e della Commissione Ambiente alla Camera.

La maggior parte di questi Comuni che custodiscono i nostri tesori enogastronomici si trovano in Piemonte, dove sono 1067, seguito dalla Lombardia (1055) e dalla Campania (338), anche se, in percentuale, la maggior densità si trova in Valle d’ Aosta (99%) e Molise (92%).

Prendendo i dati, ben 270 dei 293 prodotti a denominazione di origine, sia Dop sia Igp, derivano dai piccoli Comuni. Nel dettaglio, da lì infatti arrivano tutti i 52 formaggi a denominazione, il 97% dei 46 oli extravergini di oliva, il 90% dei 41 salumi e dei prodotti a base di carne, l’89% dei 111 ortofrutticoli e cereali e l’85% dei 13 prodotti della panetteria e della pasticceria. Senza dimenticare i vini, prodotti in piccoli centri per il 79% dei casi.

Ermete Realacci ha dichiarato in proposito: “Qui si producono la maggior parte delle nostre Dop e Igp e dei nostri vini piu’ pregiati, insieme a tanta parte di quel made in Italy apprezzato a livello internazionale. Il risultato più importante della legge è cambiare il modo in cui si guarda ai Piccoli Comuni. I Piccoli Comuni sono una specie di concentrato dei punti di forza dell’Italia”.

Vera MORETTI

A tutela del Made in Italy è nata Filiera Italia

L’agroalimentare Made in Italy va difeso, tutelato e sostenuto e, a tal fine, si assiste in questo momento ad uno storico accordo tra agricoltura e industria alimentare italiana di eccellenza, sottoforma di realtà associativa chiamata Filiera Italia, di cui è stato appena firmato l’atto costitutivo.

Questa associazione è stata promossa da Coldiretti e Ferrero, Inalca/Cremonini e Consorzio Casalasco (Pomì e De Rica), ma tra i soci fondatori ci sono anche Bonifiche Ferraresi, Ocrim, Farchioni Olii, Cirio agricola, Donna fugata, Maccarese, Ol.Ma, Giorgio Tesi group, Terre Moretti (Bellavista) e Amenduni Spa.

Si tratta di tutelare i valori comuni dell’identità territoriale e nazionale, che partono dalla trasparenza e dalla sostenibilità, per fare in modo che i consumatori siano consapevoli ed informati, ma anche per favorire la diffusione di pratiche alimentari basate sui principi della dieta mediterranea, attraverso la combinazione di tutti gli ingredienti utili ad una alimentazione sana.

Luigi Cremonini, presidente della associazione, ha parlato di un’alleanza di filiera che unisce due produzione agricola e industria italiana, elementi dai quali non si può assolutamente prescindere.
Le parole di Cremonini: “Finisce una contrapposizione immotivata e fuorviante e nasce un’alleanza che tutela la vera distintività e l’eccellenza della produzione agroalimentare italiana. Un nuovo protagonista fiero ed orgoglioso di rappresentare in Italia ma anche sui mercati mondiali sia i prodotti di eccellenza del vero made in Italy sia il modello efficiente e sostenibile dell’agroalimentare italiano che tutto il mondo ammira e richiede”.

Ha poi aggiunto Enzo Gesmundo, vice presidente: “Si tratta di una nuova forma di rappresentanza in cui Coldiretti, sempre più sindacato imprenditoriale di filiera, insieme a campioni industriali nazionali dei rispettivi settori, compresi i mezzi tecnici per l’agricoltura e la tecnologia avanzata per la trasformazione alimentare, sono uniti per la realizzazione di accordi economici e commitment concreti finalizzati ad assicurare la massima valorizzazione della produzione agricola nazionale anche attraverso la realizzazione di contratti di filiera sostitutivi dell’ormai superata stagione della sterile interprofessione“.

Vera MORETTI

Agroalimentare Made in Italy forte negli Stati Uniti

Anche se il settore agroalimentare Made in Italy riscuote sempre più successo all’estero, negli Stati Uniti i prodotti più amati restano il vino, con il 35% delle preferenze, l’olio d’oliva con il 13% e i formaggi, terzi con l’8%.
Stessa graduatoria in Canada, dove però le percentuali sono leggermente diverse, mentre in tutto il Nord America i prodotti meno gettonati sono le conserve di pomodoro (2% in Usa e 3% in Canada) e il caffè (2% e 3%), mentre la pasta pesa per il 7% negli States e per il 5% in Canada.
Solo il vino vale quindi 1,33 miliardi negli Usa e 3076 milioni in Canada.

Facendo la somma dell’export totale, negli Stati Uniti si raggiungono 130 miliardi di euro, cifra che fa gli States il primo mercato al mondo per import di prodotti agroalimentari, mentre in Canada si raggiungono 32 miliardi. Si tratta di cifre importanti che comunque presuppongono margini di crescita altrettanto importanti.

A questo proposito, Andrea Goldstein, capo economista di Nomisma, che ha condotto lo studio insieme a Crif, ha dichiarato: “Il consumo di food & beverage (cibo e bevande, ndr) italiano è ancora fortemente concentrato negli Stati costieri degli Usa, che presentano i maggiori consumi pro-capite, mentre il ‘made in Italy’ risulta poco diffuso nel mid-west e nelle altre zone centrali del Paese”.

I margini di miglioramento, dunque, riguardano zone poco battute, dove le importazioni dall’Italia non arrivano nemmeno a 10 milioni.
Ha aggiunto dunque Goldstein: “Nonostante si tratti di mercati maturi, ci sono enormi potenzialità di ulteriore sviluppo grazie a consumi del food & beverage in aumento, elevata capacità di spesa di ampia parte della popolazione e import pro-capite di prodotti italiani non elevato ma in continua crescita”.

Niccolò Zuffetti, marketing manager di Cribis, ha concluso: “La rischiosità commerciale del settore del cibo e bevande (F&B) negli Stati Uniti è mediamente inferiore a quella dei nostri maggiori partner europei e sempre più bassa di quella italiana, soprattutto nel commercio all’ingrosso e nel dettaglio. Questa bassa rischiosità commerciale unita alla presenza di un altissimo numero di player rappresentano una chance importante per le nostre imprese del F&B pronte a esportare, pur in un contesto caratterizzato da una maggiore concentrazione d’impresa rispetto alla prevalenza di micro-operatori in Italia”.

Vera MORETTI

Estate 2017 all’insegna di benessere e del gusto

Il ponte del 2 giugno, come ogni anno da quando è stati ripristinato, segna l’inizio ufficiale della stagione estiva e, dunque già si possono intuire i trend dell’estate, non solo per quanto riguarda i luoghi più gettonati ma anche i cibi che si prediligeranno.

A quanto pare, ad esempio, le vacanze targate 2017 saranno all’insegna del benessere ma soprattutto del gusto, e ciò verrà analizzato durante un focus l’1 giugno dalle ore 9,30 presso la sede di Coldiretti a Roma, sulle novità dell’anno su quanto offre l’Italia, che ha in cultura, cibo e territorio le principali attrazioni turistiche, anche e soprattutto per gli stranieri.
Durante questo incontro, al quale parteciperanno Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali e del Turismo, e Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, si discuterà dell’accordo per la valorizzazione dei circuiti nazionali di eccellenza, che servirà a valorizzare ancora di più l’offerta turistica al 100% Made in Italy.

Soffermandosi sull’aspetto gastronomico, l’Italia è sicuramente l’unico Paese al mondo che può contare su un patrimonio fatto di antiche produzioni agroalimentari che sono state tramandate da generazioni in un territorio assolutamente unico per storia, arte e paesaggio.
Ciò è ampiamente dimostrato anche dalla prima esposizione, di sicuro successo, dei superfood della nonna, che verrà inaugurata per far conoscere le antiche ricette di una volta, ovvero quelle che più di tutte rappresentano il Made in Italy e, di conseguenza, il benessere della buona tavola.
Tutto questo animerà le tavolate delle vacanze, ma anche i supermercati, per dare la possibilità a tutti di cimentarsi nella creazione dei piatti genuini italiani.

La ricerca del benessere con gusto e l’offerta del Made in Italy, sarà oggetto di approfondimenti da parte di nutrizionisti, ambientalisti, sociologi ed esperti di mercato con la presentazione del Rapporto realizzato da IPR Marketing con Coldiretti, Fondazione Univerde e Fondazione Campagna Amica. Tra gli ospiti che interverranno, anche il prof. Giorgio Calabrese (docente di alimentazione e nutrizione umana), il sociologo prof. Domenico De Masi, Antonio Noto (Direttore di IPR Marketing), Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente di Univerde e del Comitato scientifico di Campagna Amica), Dario Franceschini (ministro dei Beni Culturali e del turismo) Maurizio Martina (Ministro delle Politiche Agricole) e del Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo.

Vera MORETTI

Agroalimentare Made in Italy sempre più forte nel mondo

Uno dei settori in cui il Made in Italy è più forte nell’export è sicuramente quello agroalimentare, che vale 38 miliardi all’anno e cresce del 3,5%, come riportato dai dati raccolti dalla Camera di Commercio di Milano.
Per capire quali sono le destinazioni primarie, è stata redatta la mappa L’agroalimentare nel mondo, realizzata dalla stessa Camera di Commercio e da Coldiretti, con Promos, azienda speciale della Camera di Commercio per le attività internazionali.

Alla luce di queste cifre, Giovanni Benedetti, direttore della Coldiretti Lombardia e membro di giunta della Camera di Commercio di Milano, ha dichiarato: “Con un export agroalimentare che ha raggiunto i 38 miliardi di euro totali, parlare di cibo in Italia non è più solo un tema per addetti del settore, ma significa ragionare su quelli che possono essere, per tutti, gli sviluppi economici e occupazionali di un comparto sempre più importante. Expo ha dato un contributo significativo al confronto sul mondo dell’alimentazione che bisogna mantenere come punto di riferimento per le iniziative della città. Non è un caso che nel mondo il patrimonio enogastronomico italiano sia tra i più copiati, con un valore che ogni anno raggiunge i 60 miliardi di euro, che vengono sottratti all’economia del nostro Paese”.

Come emerge da elaborazioni della Camera di commercio di Milano su dati Istat, anni 2016 e 2015, Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera concentrano la metà dell’export. Tutte le principali destinazioni sono in crescita, in particolare Stati Uniti (+5,7%), Francia e Germania (+3%). In ascesa anche la Spagna al 6° posto (+7,2%) e i Paesi Bassi al 7° (+6,2%). Ma i prodotti made in Italy raggiungono anche Giappone (al 10° posto), Canada (11°), Australia (16°) e Cina (20°). In aumento soprattutto Romania (+16%) e Repubblica Ceca (+13%) ma torna a crescere anche la Russia, +10% (19°).

E se la Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti eccellono per vini, acque minerali e oli, la Spagna per pesce fresco, le Filippine e la Grecia per alimenti per animali. In forte crescita la Corea del Sud per prodotti da forno e lattiero caseari, l’Austria e l’Arabia Saudita per uva e agrumi, la Cina per gelati e oli, la Romania per cioccolato, caffè, piatti pronti e pesce lavorato, la Libia per frutta e ortaggi, Hong Kong per carni, Etiopia e Kenya per granaglie, la Russia per alimenti per animali, il Belgio per cereali e riso, la Polonia per vini e la Spagna per acque minerali.

I prodotti Made in Italy maggiormente esportati sono cioccolato, tè, caffè, spezie e piatti pronti con 6,2 miliardi di euro, seguiti dai vini con 5,6 miliardi di euro, pane, pasta e farinacei con 3,6 miliardi di euro ma anche frutta e ortaggi lavorati e conservati, uva e agrumi con 3,4 miliardi di euro. Gli aumenti più consistenti si registrano per cioccolato, latte e formaggi, pesca e acquacoltura (+6%), oli e gelati (+5%), vini e granaglie (+4%).

I maggiori esportatori italiani sono Verona con 2,9 miliardi di euro, Cuneo con 2,5 miliardi e Parma con 1,6 miliardi, Milano è quinta con 1,4 miliardi, il 4% del totale. Bolzano al 4° posto, Salerno al 6° e Modena al 7°. Tra le prime venti posizioni la maggiore crescita a Venezia (+15%), Padova (+12%), Firenze, Torino e Bergamo (+11%).

La Lombardia con 5,9 miliardi di export rappresenta più di un settimo del totale italiano. Oltre a Milano, 5° posto in Italia, tra le prime 20 ci sono anche Bergamo (12°) e Mantova (18°). A crescere di più sono Lodi che raddoppia il suo export (+103,8%), Sondrio (+16,1%), Cremona e Varese (+11%).

La Lombardia per peso sul totale nazionale si distingue in pesci, crostacei lavorati e conservati, con il 38%: Como leader italiana (31%, +12,1%), Brescia al 10° e Milano al 14°. Ma anche in prodotti lattiero-caseari dove rappresenta il 36,8% del totale con Mantova al 3°, Lodi al 4°, Cremona al 6°, Brescia al 7°, Bergamo al 9°, Pavia al 14° e Milano al 15°. Pavia è invece al primo posto per granaglie, amidi e prodotti amidacei (16% nazionale).

Vera MORETTI

Merletti: “Tutelare le 600.000 imprese del Made in Italy”

Dopo la polemica con Renzi per la miriade di tweet delle ultime settimane – “Non bastano i twitter per governare” aveva dichiarato il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – torna a rispondere colpo su colpo il numero uno della più rappresentativa organizzazione italiana dell’artigianato e della micro e piccola impresa questa volta in relazione al negoziato sulla tutela del Made in Italy sul quale oggi a Bruxelles si è registrato l’ennesimo stallo.

“Nessun passo indietro, nessun cedimento nella difesa del patrimonio manifatturiero italiano. L’Italia – ha dichiarato il presidente Merletti nelle scorse ore – non deve rinunciare a difendere l’origine dei propri prodotti e a valorizzare il patrimonio manifatturiero rappresentato da quasi 600.000 imprese con più di 16 milioni di addetti, di cui il 58% in micro e piccole imprese fino a 20 addetti. Le imprese artigiane manifatturiere sono 326.226 e danno lavoro a 974.987 addetti. Con questi numeri, se non è l’Italia a tutelare l’identità delle produzioni, quale altro Paese europeo è più interessato?”.

“Il Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi – ha concluso il più alto rappresentante di Confartigianato – proprio oggi ha detto che il Governo punta alla valorizzazione del sistema manifatturiero italiano per il futuro della nostra economia. Allora si stringa il negoziato per raggiungere il risultato in sede di Consiglio Europeo. Ne va della difesa del patrimonio manifatturiero dell’artigianato e dell’impresa diffusa, del diritto dei consumatori a una corretta informazione sull’origine dei beni acquistati, della lotta al grave fenomeno della contraffazione che nel mondo fattura 200 miliardi l’anno e che in Italia ‘vale’ 6.924 milioni, pari allo 0,45% del Pil. Confartigianato continuerà battersi affinchè l’Europa riconosca e approvi l’obbligo di indicare il marchio ‘made in’ sui prodotti al fine di garantirne la piena tracciabilità”.