Liberi professionisti che accettano incarichi PA: non è necessario rinunciare né alla Cassa né all’Albo

Arrivano novità per i liberi professionisti che accettino incarichi dagli enti della Pubblica amministrazione legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dal decreto approvato nella giornata del 27 ottobre. Infatti, i professionisti non dovranno rinunciare né alla Cassa di previdenza di appartenenza e nemmeno all’Albo professionale. Intanto, sempre in merito agli incarichi dei professionisti nella Pubblica amministrazione, nella giornata del 27 ottobre il ministro per la Funzione pubblica Renato Brunetta ha sottoscritto il protocollo di intesa con il Coordinamento Libere Associazioni Professionali (Colap).

Liberi professionisti e decreto Pnrr: cosa avviene se accettano incarichi?

La possibilità di mantenere la Cassa di previdenza e l’Albo per i liberi professionisti che accettino incarichi a tempo determinato nella Pubblica amministrazione è stata confermata dal decreto sul Pnrr del 27 ottobre 2021. All’articolo 27 del provvedimento si legge che ai professionisti assunti per gli incarichi “non è richiesta la cancellazione dall’Albo professionale”. Inoltre, anche una possibile assunzione non determinerebbe, in alcun caso, la necessità di cancellarsi d’ufficio dall’Albo stesso.

Liberi professionisti con incarichi nella Pubblica amministrazione, si può mantenere iscrizione alle Casse previdenziali

La norma, voluta fortemente dal ministro per la Funzione pubblica Renato Brunetta, riguarda anche l’iscrizione alle Casse di previdenza professionali. Anche in questo ambito, non è richiesto ai liberi professionisti che accettino incarichi nella Pubblica amministrazione, di cancellarsi dalle Casse.

I liberi professionisti non devono rinunciare alla Cassa e all’Albo anche per i concorsi pubblici

L’obiettivo del provvedimento relativo agli autonomi è quello di reperire il maggior numero di professionisti in grado di portare avanti i progetti e gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Proprio nell’ambito degli interventi da realizzare nel Pnrr, infatti, sono numerose le opportunità di incarichi riservati ai liberi professionisti. Nel provvedimento rientra anche il caso dei concorsi pubblici con assunzione al termine delle selezioni. Sarà così anche per il concorso già bandito relativo all’Ufficio del processo e per quello relativo alla gestione del Pnrr.

Reclutamento liberi professionisti nella Pubblica amministrazione, sottoscritto accordo con la Colap

Sempre nell’ambito dei rapporti e delle opportunità di incarichi ai liberi professionisti, il ministro per la Funzione pubblica Renato Brunetta ha sottoscritto nella giornata del 27 ottobre il protocollo di intesa con la Colap. L’accordo mira a integrare il Portale del reclutamento della Pubblica amministrazione con le libere associazioni professionali ordinistiche e non che vantano, al loro interno, l’iscrizione di oltre 200 coordinamenti professionale per un totale di oltre 300 mila iscritti.

Portale InPa per il reclutamento nella Pubblica amministrazione

Novità, particolare, arrivano per il portale InPA per il reclutamento nella Pubblica amministrazione. Il sito allargherà il numero degli iscritti al fine di individuare le professionalità e le alte specializzazioni nelle procedure indette dagli enti per realizzare i progetti del Pnrr. L’accordo raggiunto con il presidente del Colap, Emiliana Alessandrucci, permetterà agli iscritti che manifestino la disponibilità a lavorare per la Pubblica amministrazione di avere la possibilità di ricevere un incarico. L’assunzione può avvenire sia come liberi professionisti, sia con contratti a termine, normalmente della durata dai 3 ai 5 anni.

Cosa devono fare i professionisti per essere selezionati per incarichi nella Pubblica amministrazione?

Con l’accordo raggiunto ieri, i curriculum dei professionisti iscritti al Colap verranno inseriti nella banca dati del portale InPa. Attraverso il sistema i professionisti potranno avere la possibilità di sottoscrivere un contratto o come lavoratori dipendenti o come professionisti, per le pubbliche amministrazioni. Il ministro per la Funzione pubblica individua in centinaia di migliaia le possibilità di incarichi da parte della Pubblica amministrazione nei prossimi anni.

Professionalità e pragmatismo: il futuro delle libere associazioni

 

Concludiamo la nostra settimana dedicata alle libere associazioni professionali con un focus dedicato ai manager professionisti e alla managerialità vista in chiave più trasversale: abbiamo intervistato Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, l’associazione nata quasi 20 anni fa come ItalQuadri, allo scopo di raccogliere e valorizzare le figure di quadri e alte professionalità.

Libere associazioni professionali: quale sarà il vostro futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Se questa legge molto imperfetta passerà, le associazioni dovranno assumere un ruolo diverso: prima di tutto aiutare tutte le associazione che ne fanno parte a soddisfare gli standard della legge stessa, ma dall’altra parte le libere associazioni si dovrebbero trasformare in qualche modo. Se fino ad oggi sono state un luogo di pressione nei confronti della politica perché venissero discussi e affrontati certi argomenti, adesso occorre cambiare ‘attrezzatura’. La riforma nasconde però anche un grosso rischio: se la legge vale per tutti e ciascuno la può fare senza bisogno di nulla, il rischio di un impoverimento di coordinamenti e associazioni esiste, ed è reale. Le associazioni non potranno più essere basate unicamente sulla soddisfazione dei bisogni della certificazione, ma occorre fare il passo successivo. Con questo non intendo la nascita di nuovi ordini, ma occorre pensare piuttosto a come aumentare la qualità delle prestazioni all’interno delle varie associazioni, stando attenti a non cadere nella trappola dell’Uni. Sarà necessario poi lavorare sulla qualificazione dei vari livelli, e come terzo punto occorre capire come puntare sulla certificazione delle professione.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
I nostri associati hanno una visione politica, la nostra età media è abbastanza bassa, ci sono pochissimi pensionati, a differenza delle altre associazioni. Per noi tutto ciò che migliora e punta a rompere certi schemi viene visto in maniera positiva, per noi è una soddisfazione per il cambiamento un passo per andare verso una maggiore tutela della professionalità. Tra i nostri associati ci sono anche molti iscritti agli albi professionisti, come architetti, ingegneri, e sono critici nei confronti degli albi professionali, ne vedono i limiti e questo cambiamento indica davvero una strada e una direzione verso la quale andare, ossia diventare davvero europei, come accade ad esempio nei Paesi Anglossasoni, dove gli ordini non esistono ma ci sono associazioni fortissime che costringono a tenersi costantemente aggiornati, a rispettare determinati standard, pena l’esclusione. In Italia non mi risulta che gli ordini siano così severi. Quindi il cambiamento dovrebbe portare a un miglioramento, come la concorrenza migliora il mercato.

Quadri e altre professionalità: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?

Noi siamo un’associazione orizzontale, non verticale come le altre e rappresentiamo una situazione un po’ anomala rispetto alle altre associazioni iscritte al Colap. Praticando trasversalmente tutte le attività, siamo nella condizione di vedere in maniera diversa dagli altri, più trasversale, quali siano i problemi che devono essere affrontati Questo perché non puntiamo alla qualificazione dei nostri iscritti, perché sono troppo variegati, quindi siamo portatori di una visione diversa. I parametri su cui noi lavoriamo come associazione sono la managerialità, intesa nel senso anglosassone di capacità di risoluzione dei problemi, presidio dei processi, gestione di budget e personale, managerialità che si esplica in tutti i campi, sia nel mondo dei dipendenti che dei consulenti. Questo mix permette di confrontare idee, di creare sinergie, di spingere al cambiamento.

Federmiddlemanagement fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Stare nel CoLAP per noi come associazione ‘orizzontale’significa avere contatti con le associazioni più ‘verticali’, che permettono la tutela della professionalità specifica e tecnica del singolo associato. Il rapporto con altre associazioni ci permette di ‘passare’ i nostri iscritti per il miglioramento della professionalità specifica di ciascuno, ma anche di avere contatti con chi è bravo in quel campo, di poter usufruire di una formazione continua. Da qualche tempo abbiamo iniziato una mappatura delle professionalità raccolte entro la nostra associazione, e per le 2 o 3 più significative abbiamo cominciato a prendere contatti con le associazioni specifiche: per gli esperti di marketing ad esempio siamo riusciti a creare una sinergia con lADICO, associazione più specifica che fa sempre parte del CoLAP.

Se un professionista è già iscritto ad un albo professionale, qual è la ragione che lo spinge a iscriversi ad un’associazione come la vostra?
Faccio un esempio: se un ingegnere iscritto all’albo si ritrova a ricoprire la posizione di quadro, nel reparto gestione e controllo all’interno di una grande azienda, avrà bisogno non solo dei crediti formativi che gli fornirà il suo albo, ma anche di contatti di tipo culturale, di servizi. La frase dell’altro giorno del Presidente Monti che ricordava come la sanità pubblica debba essere ripensata, la si traduce con ‘ognuno di noi cominci a pensare a una polizza assicurativa personale o integrativa’. Quindi il senso è proprio questo: l’iscrizione ad un’associazione come la nostra deve essere vista come una possibilità o necessità complementare, a seconda dei bisogni. Occorre cominciare ad offrire un mix di professioni e servizi entro cui il professionista possa scegliere cosa che lo aiuta a lavorare, e a vivere meglio. Un mix virtuoso che permetta anche di superare il dualismo tra albi e associazioni.

Perché in Italia gli albi professionali e il corporativismo sono così forti, a suo avviso?
Propongo due riflessioni: il provvedimento sull’obbligatorietà della media conciliazione e il ruolo svolto dall’ordine degli avvocati, che ne hanno svuotato completamente i punti di forza perché hanno letto nel provvedimento una diminuzione delle loro capacità e possibilità e quindi del loro mercato. La foRza degli albi professionali in Italia è presto detta: quanti avvocati siedono nel Parlamento italiano? A mio avviso per la soluzione non è attaccare gli ordini come ‘cattivi’ ma riuscire a far capire la politica, che però è interpretata molto spesso dagli stessi iscritti agli ordini, che è un errore. Noi continuiamo a parlare di Europa però l’Italia è l’unico Paese che porta avanti ancora il discorso degli ordini, mentre il modello anglosassone è oggi quello che viaggia in tutto il mondo: il famoso ‘tesserino’ all’estero non viene riconosciuto per la maggior parte delle professioni, quello che conta è la laurea, i voti, le esperienze maturate. Un giorno o l’altro capiremo anche noi che è necessario fare un passo avanti, o forse saranno gli altri a costringerci a farlo.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Aumentare la capacità di far capire al sistema quanto sia importante la segmentazione delle professionalità, che potrebbe portare a costruire modelli diversi per ognuno, con una base unificata e unificante e con obiettivi che siano ‘alti’. Questo porterebbe le associazioni ad affrontare temi di etica e dare un significato più ampio alla parola ‘associazione’, sul modello anglosassone che significa pragmatismo, creazione della ‘rete’ che non è data solo dai numeri ma intesa come condivisione di azioni, in modo che altri come loro possano identificarsi nelle soluzioni. E’ una strada lunga, ma è l’unica da percorrere.

 

Alessia CASIRAGHI

Albi professionali: ma servono davvero?

Dopo il faccia a faccia con Giuseppe Lupoi, Presidente di CoLAP, oggi Infoiva cerca di sondare più da vicino quali sono gli umori e le dinamiche interne delle associazioni di professionisti che fanno parte del Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali.

E lo fa con Adico, l’associazione che raggruppa i direttori di marketing, vendite e comunicazione, che non possono fregiarsi di un albo professionale vero e proprio. Ma quanto conta davvero? Lo abbiamo chiesto a Eugenio Casucci, consigliere delegato di Adico.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
In senso generale la riforma delle professioni dovrebbe portare un maggior peso nell’azione di regolamentazione dei servizi resi all’utenza, quindi il vantaggio è chiaramente per chi fa uso dei servizi del professionista. E’ chiaro che questo vantaggio per l’utente finale dipende molto dal tipo di professione che viene rappresentata dalla singola associazione: questo tipo di garanzia e il fatto stesso che il professionista appartenga ad un’associazione riconosciuta, che gli ha dato delle regole, è tanto più importante quanto il rapporto è di tipo professionale. Il caso più classico riguarda i possessori di partite Iva nei confronti di azienda o privati ai quali forniscono servizi.

Qual è, oggi, l’ “umore” dei vostri associati?
Abbastanza tiepido. In buona parte i nostri associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda quindi operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti. Dall’altra parte, in un contesto come quello che stiamo vivendo, interessato da un continuo mutamento delle dinamiche del mercato del lavoro, molti manager sono diventati consulenti, soprattutto nelle piccole e medie aziende. Per questa categoria, ovvero per chi opera come consulente con partita Iva, in linea teorica l’esigenza della creazione di un albo professionale dovrebbe essere maggiormente avvertita, e in effetti è quello che avviene, ma non la avvertono come prioritaria. Storicamente infatti la professione del direttore commerciale, marketing o vendite non si riconoscono nei confronti del loro rapporto di lavoro con la proprietà dell’azienda in termini di ‘tesserino’ o iscrizione ad un albo, ma in termini di professionalità: quello che conta è quello che sanno fare e la capacità di ottenere risultati per l’azienda indipendentemente dal fatto di essere riconosciuti da un albo professionale.

Direttori commerciali, vendite e marketing: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Capacità di affrontare e risolvere rapidamente i problemi di un mercato in rapidissima e continua evoluzione, sia a livello di scenario (aziende, prodotti, etc) nei confronti di una concorrenza sempre più globalizzata, sia a livello degli strumenti con cui operare, dal web ai social. Il mondo di internet oggi riveste un’importanza determinante, anche al di là delle singole categorie di prodotto: dai siti, ai blog, alla web reputation. Quello che oggi viene richiesto in termini di professionalità ai nostri associati è che sappiano capire in tempi rapidi che cosa occorre fare a livello di marketing e il saper vendere bene.

Adico fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Adico fa parte del CoLAP e si attende che questa normazione produca degli strumenti validi per tutti, anche se ci rendiamo conto che non si tratta di un’impresa facile, considerate le peculiarità e le differenze delle singole professioni. Per rendersi conto di questa varietà e disomogeneità basta scorrere la lista delle associazioni iscritte al CoLAP. Questa varietà è evidente che porti con sé delle difficoltà intrinseche nello stilare una norma che sia quanto più stringente e facilmente attuabile: il rischio infatti e di fare una norma troppo generica, che alla fine non soddisfa nessuno. Credo che in questo senso il CoLAP abbia esaurito, in positivo, la sua necessità d’essere: nel momento in cui verrà approvata una norma, molte delle ragioni per cui il CoLAP esiste verrebbero a cadere, perché finalmente si arriverebbe a una norma condivisa.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Gli organi professionali regolamentati (giornalisti, medici, avvocati, architetti…) dovrebbero servire a garantire il livello base di servizio all’utenza, dalla conoscenza accurata della propria professione al rispetto della deontologia. A questo vanno aggiunti altri due aspetti importanti: in Italia gli albi professionali fissano anche le tariffe minime per l’erogazione dei servizi, e gestiscono i fondi pensionistici e sanitari. Inoltre costituiscono una barriera di ingresso, e per i professionisti, essere iscritti ad un albo significa in larga parte ‘vantaggi’. Quindi è fuori di dubbio che farne parte è interesse di ogni professionista. Volendo però mettere in luce quelli che sono i limiti, in Italia, dell’istituzione degli albi professionali è che nessuno garantisce direttamente alcuna forma di aggiornamento professionale obbligatorio nel tempo. Occorrerebbe maggiore controllo, ma il corporativismo resta forte perché chiaramente ogni albo professionale offre dei vantaggi.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
La principale motivazione per appartenere ad un’associazione che ponga paletti o regole nell’iscrizione e nel mantenimento della qualifica dovrebbe stare in una richiesta formale da parte della clientela: nel caso di Adico non si tratta dei privati ma delle aziende, medie, grandi e piccoli, che scelgono i propri manager indipendentemente dall’esistenza di un albo. Se non c’è la richiesta non nasce nemmeno la necessità.

 

Alessia CASIRAGHI

Nuovo mandato dal Consiglio Nazionale Tributaristi

di Giulia DONDONI

È stato approvato in via definitiva dal Consiglio Nazionale Tributaristi INT il nuovo mandato per incarico professionale che il tributarista dovrà fare sottoscrivere al proprio committente e controfirmare.

Il nuovo modello, che sostituisce il precedente, contiene ulteriori indicazioni circa l’attività svolta dal tributarista e le abilitazioni possedute, l’indicazione della polizza  assicurativa di r.c. verso terzi e altri obblighi come i il rispetto del Codice Deontologico e dell’ aggiornamento professionale, il numero di iscrizione all’INT, il preventivo di massima ed altri obblighi e/o diritti delle parti.

Inoltre, nella parte di  dichiarazioni del committente si evidenzia che lo stesso è edotto che il tributarista non è iscritto all’Albo unico dei dottori commercialisti ed esperti contabili di cui alla Legge n.34/2005 e D.Lgs. 139/2005, il tutto in modo da dare massima trasparenza alla tipologia di attività svolta e fornire chiare indicazioni sulle proprie abilitazioni.

Evidenziando così in modo inequivocabile il non possesso di quel titolo professionale e delle abilitazioni ad esso collegate, ciò per la massima trasparenza ed il rispetto di quanto contenuto nella Sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 11545/2012  a  SS UU.

Così ha dichiarato il Presidente dell’INT Riccardo Alemanno: ” Un documento che chiarisce in modo ancora più preciso ed inequivocabile, quanto già da sempre noi evidenziamo ovvero di essere tributaristi e non qualcosa di simile ad altre figure professionali, delle quali rispettiamo con la massima attenzione le  funzioni riservate, rispetto che però pretendiamo per la nostra attività, orgogliosi di essere tributaristi, tributaristi iscritti all’ INT. Credo che questa sia la risposta più efficace alla legittima iniziativa del Presidente del Consiglio nazionale DCEC sull’ esercizio abusivo della professione e sull’abuso di titolo professionale, anche noi siamo assolutamente d’accordo sulla lotta a chi vanta abilitazioni professionali di cui non è in possesso e a chi , non  dichiarando chiaramente l’attività svolta può indurre in errore i terzi e quindi carpirne la buona fede, e siamo anche noi attenti a monitorare gli indizi che evidenziano anomalie nello svolgimento dell’attività professionale  come chi la esercita, questi si sono i veri abusivi,  senza dichiararne i compensi all’erario e quindi sottraendoli alla tassazione, ma ciò non riguarda i tributaristi dell’INT pertanto non ci sentiamo oggetto delle suddette iniziative. Di questo ritengo siano perfettamente consci i membri del CNDCEC, poiché il loro rappresentanti siedono con  i nostri nella Commissione centrale sugli Studi di settore del Ministero delle Finanze, dove vengono determinati e discussi i parametri per la determinazione dei ricavi delle varie categorie professionali ed il cluster dello studio di settore, specifico per i tributaristi pertanto differente da quello dei dottori commercialisti ed esperti contabili, analizza le attività svolte da questi professionisti, attraverso le quali il tributarista produce reddito da lavoro autonomo professionale, analisi che viene svolta in contraddittorio con i rappresentanti dell’Amministrazione finanziaria e delle professioni economico-contabili.  Evidentemente non possiamo essere noi i destinatari delle iniziative di  vigilanza degli Ordini locali sollecitate dal Presidente Siciliotti.”

Avvocati, il coraggio di cambiare (per non soccombere)

La drammaticità dell’attuale situazione ci rende più coraggiosi; si tratta del coraggio della disperazione dettato da chi è consapevole che ormai siamo sull’orlo del precipizio.

Giusto o sbagliato che sia le coscienze assopite si risvegliano solo quando quasi tutto è perduto. Solo quando ci rendiamo conto di non avere più una pagnotta (seppure secca) da portare a casa ai nostri figli, allora siamo pronti a tutto. Ma forse è troppo tardi.


. Oggi in Italia esiste un avvocato ogni 200 abitanti, Con le liberalizzazioni ed il venire meno di ogni “limitazione” all’accesso, il rapporto sarà di 1 a 100. Su 100 cittadini quanti in un anno mediamente si rivolgono ad un avvocato? Direi non più di un 5%. Quindi, dovremo portare avanti o ancor peggio avviare uno studio potendo contare su una media di 5 clienti all’anno (i quali comunque prima di avviare un procedimento dovranno passare sotto le forche caudine dell’istituto della meda conciliazione obbligatoria rinunziando, la maggior parte delle volte, per una questione di costi a far valere i propri legittimi diritti).

Cosa racconteremo ai giovani avvocati che entusiasti delle liberalizzazioni entreranno a far parte dell’albo? Benvenuti nel mondo dei disoccupati!

Posso solo immaginare a quale livello sarà esasperata la lotta fratricida tra colleghi per accaparrarsi un cliente. E poi, trovato il cliente cosa avviene? Complice la crisi economica, complici i costi della media conciliazione obbligatoria, complice l’aumento sconsiderato del contributo unificato (ricordo che l’art. 28, Legge 183/2011 prevede l’ulteriore aumento del contributo unificato, pari al 50%, per il grado di Appello e del 100%, per i procedimenti innanzi alla Corte di Cassazione), il cliente sarà disposto ad “offrire” all’avvocato per il servizio espletato un compenso probabilmente nemmeno sufficiente per coprire le spese minime di gestione di un piccolo studio. Non solo non esistono più i minimi tariffari ma lo stesso tariffario forense è abolito (L’art. 10, co. 12, Legge 183/2011, prevede l’abolizione delle tariffe forensi dal 1° gennaio 2012).

Il rapporto avvocato-cliente sarà contraddistinto da un contrattazione al ribasso non solo del compenso ma anche delle condizioni contrattuali da applicare. Se il cliente è disposto a corrispondere un compenso di 1000 euro perché in quel momento non può oggettivamente versare una maggior somma, a quel cliente giustamente non interessa che di quei 1000 euro 200 serviranno per pagare il contributo unificato, il 23% servirà per il pagamento dell’IVA, il 4 % per la cassa di previdenza, ecc . Lui avrà corrisposto 1000 all’avvocato, perché più di 1000 euro non è in grado di corrispondere!

Evviva! Separazioni e cause condominiali a 500 euro, tutto compreso! (tratto da un sito web dell’era post liberalizzazioni). Dobbiamo forse arrivare ad augurarci che i cittadini litighino di più per poter sopravvivere come categoria? Assolutamente no visto che il legislatore ha pensato anche a questo: media conciliazione per riappacificare a forza gli animi rancorosi o ancora meglio per far desistere i potenziali litigiosi da ogni intento bellicoso.

Che Dio ci benedica e soprattutto ci dia l’intelletto per comprendere tale scempio e la forza per ribellarci.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Società di professionisti: muore la professione forense

È a rischio l’indipendenza della professione forense.

La legge di Stabilità appena approvata ammette la costituzione di società per l’esercizio dell’attività professionale secondo i modelli societari contemplati dal codice civile, incluse le società di capitali.

Potranno essere ammessi a far parte di tali società, in qualità di soci solo i professionisti iscritti ad ordini ed albi ma anche soggetti non professionisti (ad esempio banche, grandi imprese, compagnie assicurative, ecc.) soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento. L’espressione “soltanto” non è macabra ironia ma il termine esatto utilizzato nel testo della legge!

È facile capire come l’entrata di investitori esterni in società di professionisti finirà con l‘assoggettare la professione forense alle logiche del mercato e della concorrenza tipiche delle imprese commerciali. L’indipendenza ed autonomia del singolo professionista cederanno il passo alle spietate logiche del mercato finalizzate al raggiungimento del massimo profitto.

Ne deriverà un inevitabile braccio di ferro tra i professionisti operativi all’interno delle società professionali – impegnati ed intenti nel portare avanti i loro mandati professionali nel rispetto delle regole, anche deontologiche, imposte dall’ordinamento – e gli investitori non “professionisti” – interessati ad ottenere il massimo profitto dall’attività dei professionisti “lavoratori”. Gli avvocati inseriti in “società di professionisti” diventano di fatto dei dipendenti “sotto pagati” dagli investitori esterni, i quali, giustamente, così come fanno gli azionisti, chiederanno conto agli avvocati in merito al fatturato prodotto.

Le grandi imprese non dovranno più neppure costituire un ufficio legale interno; potranno, di fatto, investire, come soci di maggioranza, in società di professionisti, lucrando sul guadagno dei professionisti impegnati all’interno di tali società.

Altro problema di non poco conto è rappresentato dal conflitto di interessi che potrà nascere tra l’avvocato socio e l’investitore esterno. Il singolo cliente si rivolge alla società di professionisti per avviare una causa contro una banca, salvo poi scoprire che quella banca è il socio investitore di maggioranza di quella società di professionisti alla quale il cittadino si è rivolto.

Ci aspettano tempi molto duri.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Avvocati, la casta che non esiste

Il 60% degli avvocati italiani ha meno di 45 anni (fonte: Sole 24 Ore). Eppure tra i nostri rappresentanti di categoria (quanto meno a Roma) non possiamo contare su alcun consigliere under 45. Si dice spesso che il nostro non è un Paese per giovani. Personalmente ritengo che l’innovazione e la competenza possano coesistere. La distanza tra i giovani e le istituzioni deriva soprattutto dalla sfiducia delle nuove generazioni nei confronti di rappresentanti inadeguati a comprendere ed assecondare i cambiamenti. Tra una generazione ed un’altra cambia il linguaggio, cambiano gli strumenti comunicativi, cambia il modo di concepire la politica.

La politica moderna, comunica oggi attraverso i social network, i blog, i portali web e chi non riesce ad adeguarsi a questo genere di tecnologia e di strumento comunicativo o ancor peggio, lo sottovaluta, considerandolo strumento per “adolescenti” è destinato ad un veloce ed inesorabile declino. Puntare su una avvocatura moderna significa anche predisporre gli strumenti che consentano ai giovani di esercitare effettivamente e senza ostacoli la professione (peraltro già bersaglio, di recente, di una serie di provvedimenti deleteri quali l’introduzione del madia conciliazione obbligatoria, l’aumento del contributo unificato e l’abolizione dei minimi tariffari obbligatori). Solo garantendo a tutti le pari opportunità si potrà realizzare il principio di uguaglianza sostanziale sancito dalla Costituzione. Pari opportunità tra uomini e donne (realizzabili predisponendo a favore alle avvocatesse madri una serie di strumenti che consentano loro di non dover abbandonare la professione, come spesso avviene, quasi come se diventare madri fosse una “colpa professionale”); pari opportunità tra avvocati abili ed avvocati diversamente abili (mediante l’eliminazione di ogni barriera architettonica e fornendo a questi ultimi una maggiore offerta formativa gratuita online proprio per evitare difficoltosi spostamenti); pari opportunità tra giovani e meno giovani prevedendo la possibilità per i giovani avvocati o per quelli in difficoltà (perché non dimentichiamoci che anche i non giovani possono purtroppo trovarsi in difficoltà per questioni economiche o di salute) di accedere a prestiti d’onore, finanziamenti agevolati e di godere di sgravi fiscali effettivi. E soprattutto, pari opportunità tra abbienti e meno abbienti.

Subordinare la permanenza nell’albo degli avvocati alla produzione di un reddito minimo annuale (vedi articolo 20 ddl di riforma della legge professionale) rappresenterebbe non solo una evidente violazione Costituzionale ma soprattutto, sarebbe una sconfitta epocale di una categoria che fonda il proprio ruolo ed il proprio prestigio sulla difesa dei diritti fondamentali e della giustizia. Un avvocatura moderna e democratica non può prescindere dalla costituzione e dalla valorizzazione di organismi rappresentativi della base che possano periodicamente riunirsi e pronunciarsi in ordine alle problematiche più attuali concernenti il mondo delle professioni (ad esempio l’assemblea degli iscritti che, di fatto, viene oggi convocata solo una volta all’anno in occasione dell’approvazione del bilancio).

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Giuseppe Lupoi contro il sistema ordinistico attuale

Giuseppe Lupoi, presidente del Colap, Coordinamento delle libere associazioni professionali, ha accolto favorevolmente lo stop al disegno di legge in discussione al Senato che prevedeva l’istituzione di cinque nuovi ordini professionali in ambito sanitario.

Secondo Lupoi, infatti, sarebbe stata una legge pessima, poiché introdurre cinque nuovi ordini professionali, nonché venti nuovi albi, sarebbe stato contrario a quanto deciso proprio qualche giorno fa, quando “l’Aula ha programmato una revisione di tutto il sistema ordinistico, inserendo dei concetti totalmente contrari al sistema ordinistico attuale”.

Lupoi auspica che questo ripensamento coincida con l’intenzione di salvaguardare gli interessi della collettività e tutelare gli utenti con le associazioni professionali, a suo dire molto più efficaci.

Il presidente del Colap, inoltre, accusa il sistema ordinistico attuale di essere superato e statico, quando, invece, dovrebbe essere dinamico e in grado di incontrare i consensi degli utenti.

Vera Moretti

Patti chiari tra cliente e commercialista

Infoiva pubblica in esclusiva un articolo tratto dal numero di febbraio del “Giornale delle partite Iva” – in edicola dal 30 gennaio 2011 -, il mensile diretto da Francesco Bogliari, pubblicato da Cigra, distribuito da Mondadori e rivolto al vasto pubblico dei professionisti autonomi.

di Laura PESCE

Nel 1997, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha pubblicato l’indagine conoscitiva nel settore degli Ordini e dei Collegi professionali. Dalla ricerca è emerso in particolare che l’utente corre tre diversi tipi di rischio: l’incompetenza del sedicente esperto; una prestazione volontariamente prestata con scarsa qualità; l’irrogazione di un servizio eccessivo, non necessario, al fine di risolvere il problema, con conseguente “lievitazione” della parcella richiesta.

La prestazione professionale deve rispondere ad alcune caratteristiche. Innanzitutto, l’esperto contattato deve avere un elevato contenuto di conoscenza tecnica, che non consente al fruitore di identificare anticipatamente il tipo di prestazione di cui ha bisogno, né di valutare successivamente la bontà della prestazione ricevuta. Inoltre, l’intensità dell’impegno profuso nella prestazione è una scelta di pertinenza del solo professionista. La prestazione è caratterizzata anche da incertezza, che coinvolge entrambi i soggetti in funzione delle variabili che il professionista incontrerà nello svolgimento dell’incarico; quella relativa ai servizi professionali, poi, impatta necessariamente su interessi di terzi, primo fra tutti lo Stato.

Fiducia e delega
Per questi motivi il rapporto professionale trova il suo fondamento nella fiducia e nella delega. Il vecchio Codice deontologico dell’Albo dei dottori commercialisti, modificato in occasione del congiungimento degli Albi dei dottori e dei ragionieri, recitava nel preambolo: “La fiducia è alla base dei rapporti professionali del dottore commercialista“. Al termine “fiducia” sono state date le interpretazioni più disparate, tanto che nella formulazione del nuovo Codice deontologico della categoria unificata dei dottori commercialisti e degli esperti contabili il richiamo al rapporto fiduciario è stato soppresso.

Bisogna tuttavia considerare che il contratto con cui si affida al professionista l’assistenza sarà necessariamente incompleto, in quanto è pressoché impossibile individuare a priori tutte le variabili che si incontreranno nello svolgimento dell’incarico. Va da sé che il rapporto fiduciario non può venire meno, anche se nella nuova formulazione del Codice deontologico della categoria, approvato il 5 novembre 2008, al termine sopra evidenziato sono state sostituite precise regole a cui i professionisti devono obbligatoriamente uniformarsi.

Il rapporto tra commercialista e cliente deve, inoltre, tenere conto del carattere di bene pubblico della prestazione professionale, per cui tale rapporto fiduciario non può esaurirsi tra i due soggetti ma deve estendersi alla società: la collusione tra i due, se arreca un vantaggio al cliente, può causare un danno a qualche “terzo”. Nel campo fiscale, ad esempio, la manipolazione di dati al fine di aggirare l’imposizione tributaria fa sì che il professionista venga meno a quella delega che le autorità pubbliche gli hanno conferito affinché vigili sulla legittimità dei comportamenti dei clienti. Questa delega può essere esercitata dal professionista tenendo un corretto comportamento che consideri di tutti gli interessi in gioco: i propri, quelli del cliente, quelli dei terzi coinvolti nella prestazione professionale e, in generale, della collettività.

Inquadramento dell’attività
L’attività svolta dal professionista iscritto in Albi e Collegi è inquadrata nella fattispecie del lavoro autonomo, disciplinata dagli articoli 2229-2238 del Codice civile e dalle disposizioni generali dello stesso titolo V dell’articolo 2061 (Ordinamento delle categorie professionali). Gli elementi che contraddistinguono la prestazione intellettuale sono:
• l’iscrizione in Albi ed elenchi;
• la personalità della prestazione;
• il diritto al compenso e all’anticipazione di spese e acconti;
• la responsabilità.

Il citato articolo 2229 del c.c. dispone che la legge determini le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi o elenchi, demandando alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l’accertamento dei requisiti per l’iscrizione (esame di Stato), la tenuta degli stessi e l’esercizio dell’azione disciplinare sugli stessi. Quindi colui che intende sentirsi tutelato dovrà accertarsi di aver scelto il professionista tra gli iscritti all’apposito Albo: sul sito Internet dell’Ordine (www.cndcec.it) alla voce “Ricerca professionista” l’interessato potrà trovare, o meglio verificare, l’iscrizione all’Ordine nel distretto (città) competente del professionista a cui ritiene di affidare l’assistenza. Per qualsiasi problema dovesse sorgere nel corso del rapporto basterà rivolgersi all’ Ordine per verificare il corretto comportamento del professionista.

Purtroppo da anni continuiamo ad assistere a un proliferare di “pseudo-commercialisti” che si spacciano per tali ma che, non avendo obbligo alcuno, non sono sempre in grado di garantire un servizio corretto e qualificato. Per arrotondare le proprie entrate svolgono quelle attività che non sono tutelate in modo specifico dalle norme legislative e che vengono comunemente annoverate tra i servizi, come la tenuta della contabilità o la redazione della dichiarazione dei redditi. Bancari, contabili, ingegneri… il mercato “offre” di tutto, ma in questi casi l’eventuale disservizio non è tutelato da nessuno. Se invece il consulete è un commercialista regolarmente iscritto, una segnalazione fatta all’Ordine creerebbe al professionista non pochi problemi in quanto, nel caso di comportamento non consono al Codice deontologico, questi si vedrebbe raggiunto da una azione disciplinare.

Il Codice deontologico del commercialista
Come già accennato, gli obblighi del professionista nei confronti dell’assistito sono individuati nel Codice deontologico della professione di commercialista, definendo la deontologia professionale come un insieme formalizzato di regole di autodisciplina predisposte dalle singole professioni che definiscono la “teoria del dovere” per i professionisti iscritti. Le regole deontologiche possono essere assimilate alle consuetudini e, come tali, quando sono richiamate da regolamenti, assumono piena valenza giuridica. Le norme di deontologia professionale tendono a regolamentare:
• la formazione professionale, considerando che l’aggiornamento deve essere continuo. Il professionista deve rinunciare agli incarichi per i quali non possiede specifiche competenze;
• il comportamento nei confronti dei clienti, che riguarda la riservatezza, il segreto professionale, la copertura dei rischi professionali, la libertà e indipendenza nei confronti dei clienti, le tariffe professionali;
• il comportamento nei confronti dei colleghi, che deve essere improntato su principi di correttezza;
• il comportamento nei confronti degli organi di governo della categoria, che prevedono collaborazione e dovere di denuncia di comportamenti scorretti;
• il comportamento nei confronti delle autorità, che deve basarsi sulla collaborazione e sul rispetto dei ruoli.

Le regole non scritte
Queste le regole generali che il Codice deontologico impone di osservare. Ma altre, non scritte, dettate dal buon senso e dal rispetto che ogni professionista deve avere nel rapporto con il cliente, dovrebbero essere rispettate:
• il cliente va ascoltato, guidato nelle scelte, informato sulle norme che deve osservare;
• nel caso di tenuta della contabilità, il professionista deve verificare i documenti consegnati dal cliente e chiederne, nel caso, l’integrazione;
• sempre nell’ipotesi precedente, il professionista deve rilasciare al cliente un attestato in cui sono indicate le scritture contabili tenute presso lo studio per conto del cliente stesso;
• il professionista deve condividere con il cliente e far firmare i documenti (bilancio, dichiarazioni eccetera) prima della spedizione o dell’inoltro in via telematica dei documenti stessi;
• il professionista deve consegnare al cliente una copia dei bilanci depositati o delle dichiarazioni dei redditi presentate per suo conto, complete degli allegati;
• il professionista deve informare il cliente sulle motivazioni che hanno portato all’emissione da parte dell’Agenzia delle entrate di cartelle esattoriali
o di rettifiche di dichiarazioni;
• il professionista deve illustrare al cliente con semplicità e chiarezza gli elementi essenziali e gli eventuali rischi connessi alla pratica affidatagli.

Non si dimentichi, poi, che la recente giurisprudenza (con la sentenza della Cassazione n. 99616 del 26/04/2010) ha introdotto, collegandola al Codice deontologico dell’Albo, il concetto aggravato di “diligenza media”, e ha esteso la responsabilità professionale al di fuori delle violazioni meramente formali.