Le conseguenze, positive, di Expo su Milano

Nei mesi in cui a Milano è attivo Expo sono stati organizzati dalla Camera di Commercio attraverso l’azienda speciale Promos diecimila incontri B2B che metteranno in contatto mille imprenditori stranieri con mille imprenditori milanesi e lombardi, che spesso porteranno alla firma di nuovi contratti.

Tra le delegazioni straniere che approderanno sotto la Madonnina fino ad ottobre ci sono Cina, Giappone, America Latina, Turchia, Polonia, che si sommano a incontri con Birmania, Francia, Austria tra i diversi interlocutori.

E’ ancora possibile prenotare gli incontri, tramite accesso ad una pagina dedicata al business internazionale per Expo: Promos-milano.it/Promos-Per-Expo2015/.

Bruno Ermolli, presidente di Promos, ha dichiarato: “Milano rappresenta quasi un settimo dell’interscambio nazionale col 9% delle esportazioni italiane nel 2014 (37 miliardi su 398) e il 16% dell’import (57 miliardi su 355). Ecco perché la Camera di commercio ha voluto creare una nuova figura di mediatore non solo degli affari, ma anche culturale, specializzata negli scambi con l’estero. Nell’anno di Expo arriviamo a quota 150 di questi esperti, che possono aiutare a far crescere le imprese grazie allo sviluppo del business estero. Operatori pronti ad affrontare le sfide internazionali che quest’anno vedono un picco, grazie anche agli incontri promossi da Camera di commercio e Promos, che saranno circa diecimila tra circa mille operatori esteri e altrettanti imprenditori del nostro territorio”.

Ma le iniziative non sono tutte qui, perché, grazie al master Made in Milan, sono state sviluppate venti nuove idee di export nel mondo:

  • la comparazione tra strategia di internazionalizzazione fra Stati Uniti ed Africa Sub Sahariana;
  • la strategia di ingresso in un nuovo mercato africano;
  • la distribuzione del toiletry “made in italy” nella grande distribuzione messicana per le famiglie messicane;
  • l’offerta di prodotti petroliferi in America Latina;
  • le strategie di internazionalizzazione verso l’America Latina e il caso Ecuador;
  • il consolidamento della presenza in Cina e lo sviluppo di una rete commerciale;
  • un nuovo brand internazionale per il Montefeltro;
  • l’attrattività dei mercati della zootecnia in Africa;
  • la consulenza con necessità finanziarie per lo sviluppo internazionale;
  • una joint venture con un partner locale nell’ASEAN;
  • caffè o Çay per entrare sul mercato turco;
  • un progetto di Export in Malesia;
  • lo scambio di innovazione tra Milano e il Maghreb;
  • il design con pietra naturale in Brasile;
  • l’e-commerce all’estero nel settore alimentare.

E’ inoltre previsto che per il periodo 2012-2020 la produzione aggiuntiva dovuta a Expo come legacy dell’evento sarà di 6,2 miliardi di euro, come è emerso da una ricerca effettuata dalla Camera di Commercio di Milano e dalla Società Expo 2015 e affidata a un team di analisti economici coordinati da Alberto Dell’Acqua professore SDA Bocconi.

Vera MORETTI

Le imprese friulane verso l’America Latina

Il 3 luglio avrà luogo a Udine, nella sede di UniCredit, un convegno organizzato da Profila in collaborazione con l’Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia GiuliaConfapi FVG, nel quale verranno illustrate alle imprese friulane le opportunità di sviluppo commerciale offerte dai Paesi dell’America Latina aderenti all’Alleanza del Pacifico.

I Paesi aderenti all’Alleanza sono Cile, Colombia, Messico e Perù e rappresentano per le aziende regionali una vera e propria opportunità commerciale, poiché offre la possibilità di avere a che fare con un mercato che ricopre oltre 200 milioni di abitanti con un PIL complessivo pari al 35% del PIL dell’intera America latina, con un commercio con l’estero che concentra il 50% di quello dell’America Latina con il resto del mondo e con tassi di crescita economica in costante espansione.

Il convegno è stato organizzato con il patrocinio di Unicredit, dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID), di Assoretipmi e dell’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda (AIDDA), e si propone di illustrare alle imprese del Friuli le caratteristiche del mercato latino-americano, ma anche gli aspetti legali legati all’instaurazione di relazioni commerciali nonché gli strumenti di sostegno utili ad attuarle, non ultime le reti d’impresa per l’internazionalizzazione.

Vera MORETTI

Turismo invernale al via

La stagione delle settimane bianche, che ha stentato ad iniziare finora, complice anche il mancato ponte dell’Immacolata, sta ora per aprire definitivamente i battenti e, come ogni anno, si stila un bilancio delle località più gettonate e prenotate dagli italiani.

Secondo quanto emerso dal Centro Studi di Casa.it, sembra che ci siano i primi, deboli segnali di ripresa, con gli immobili di lusso che, ancora una volta, si rivelano tra i più desiderati, segnale che il lusso non conosce crisi.

Ciò si capisce anche dai prezzi praticati sugli affitti nelle località sciistiche più rinomate, in netta ascesa.
Un esempio? La Svizzera presenta la variazione dei prezzi al mq su base annua più alta d’Europa. I prezzi medi aumentano tra il 10% e il 14% per le località di Davos e Zermatt. Per acquistare una baita sulle piste o uno chalet nel punto più spettacolare della valle, infatti, bisogna essere pronti a investire in media da 10.200 a 23.000 Euro al mq.

In Francia, e precisamente a Chamonix, si trova in una delle zone sciistiche più suggestive del versante alpino francese ed è molto amata dai “nuovi ricchi” dell’Est Europa. L’investimento per un immobile di lusso nel centro del paesino si situa tra 5.800 e 13.500 Euro al mq.
Chamonix insieme a Morzine sono le uniche due mete che registrano un aumento significativo dei prezzi: rispettivamente +8,0% e +8,5%.

Le località dell’Alta Savoia come Méribel, Megève, Courchevel e Val d’Isère hanno mantenuto i prezzi stabili rispetto al 2012, anche se proprio quest’ultima registra la forbice di prezzo più alta di tutte le Alpi francesi, con un prezzo minimo di 8.000 Euro al mq fino a un massimo di 14.500 Euro al mq per un’abitazione di pregio.

In Austria, le mete di Kitzbuhel e Bad Gastein registrano quotazioni medie su base annua del 4,5% e 5,5%, dove l’investimento per uno chalet da cui godere di panorami mozzafiato oscilla tra 6.200 e 11.500 Euro al mq.

E in Italia cosa accade? Quelle che sono considerate le tre perle di tutto l’arco alpino si trovano in realtà in coda a questa speciale classifica, e in coda, quindi, all’Europa.

Cortina d’Ampezzo si conferma Regina delle Dolomiti con le quotazioni più alte, ma più accessibili del passato, con una variazione negativa dei prezzi su base annua vicina al -10% (-8,6%). Per acquistare casa in pieno centro o vicino alle piste da sci, infatti, bisogna essere pronti a pagare in media da 12.000 a 10.000 Euro al mq.
Leggermente al ribasso sono le richieste a Courmayeur, dove le abitazioni con la collocazione più pregiata sono valutate da 8.000 a 11.000 Euro al mq e, infine, Madonna di Campiglio si mantiene appena al di sotto della doppia cifra con prezzi che oscillano tra 8.000 e 10.000 Euro al mq.

Dopo aver esaminato quelle che rappresentano le mete più conosciute e frequentate dai turisti amanti della montagna, ecco quali sono, invece, le località emergenti.

Prima fra tutte è indubbiamente Sochi, la cittadina russa che si affaccia sulle rive del Mar Nero, che ha conosciuto il suo primo momento di celebrità nel 2007, quando è stata selezionata come città dei prossimi XXII Giochi Olimpici Invernali.
Ciò che rende questa località interessante ed unica, è la possibilità di poter alternare, alle piste da sci olimpioniche, anche passeggiate al mare, non lontano da lì.
Che questo paesino russo riesca a sbaragliare le agguerrite avversarie? Lo sapremo alla fine della stagione.

Vera MORETTI

L’energia eolica di Enel Green Power arriva in Cile

L’eolico di Enel Green Power è approdato in America Latina, e precisamente a Talinay, nella regione cilena di Coquimbo, e vanta una capacità installata di 90 MW, in grado di generare, a regime, fino a 200 milioni di KWh all’anno.

L’impianto, composto da 45 turbine eoliche da 2 MW, è stato realizzato da Vestas, azienda danese.
La realizzazione dell’impianto di Talinay ha comportato un investimento totale di circa 165 milioni di dollari statunitensi.
Con l’avvio della produzione di Talinay, Enel Green Power rafforza la sua presenza nel promettente mercato delle rinnovabili in Cile, raggiungendo oggi una capacità installata di 182 MW.

Francesco Storace, amministratore delegato di Enel Green Power, ha dichiarato: “Questo primo impianto eolico è un altro passo nella nostra strategia di crescita in Cile, un Paese con enormi potenzialità nel settore delle rinnovabili. Quando anche l’impianto eolico di Valle de Los Vientos sarà completato, avremo triplicato a nostra capacità installata iniziale, consolidando in maniera significativa la nostra presenza in questo paese”.

La produzione di Enel Green Power è in grado di soddisfare i consumi di circa 10 milioni di famiglie e di evitare l’emissione in atmosfera di più di 18 milioni di tonnellate di CO2 e la sua capacità di generazione di energia da acqua, sole, vento e calore della terra pari, nel 2012, a più di 25 miliardi di kWh.
L’Azienda ha una capacità installata di 8 mila MW, con un mix di fonti che comprende l’eolico, il solare, l’idroelettrico, il geotermico e le biomasse. Attualmente, gli oltre 700 impianti operativi di Egp sono collocati in 16 paesi in Europa e nel continente americano.

Enel Green Power non è una nuova conoscenza in America Latina, poiché gestisce impianti da fonti rinnovabili in Messico, Costa Rica, Guatemala, Panama, Cile e Brasile, per una capacità installata totale di 900 MW.
Nell’eolico la società ha due impianti in Messico per 144 MW, uno da 24 MW in Costa Rica e sta realizzando tre progetti in Brasile da 90 MW totali.
Grazie all’esperienza secolare nel campo dell’energia geotermica, Enel Green Power sta sviluppando nuove opportunità in questo settore.
In Cile, in particolare, si stanno esplorando varie concessioni che hanno potenzialità per oltre 100 MW.

Vera MORETTI

La filiera fa la forza del Made in Italy

di Alessia CASIRAGHI

Ai nastri partenza della Settimana della Moda milanese, che debutta quest’oggi, Infoiva ha chiesto a Michele Tronconi, Presidente di Sistema Moda Italia quale sia il segreto del successo di un settore, come quello della moda italiana e dell’abbigliamento, apprezzato e invidiato in tutto il mondo. Tante piccole aziende, che se da un lato rappresentano un omaggio alla tradizione e all’artigianalità, dall’altro sono la vera forza intrinseca dei capi che vediamo rinnovarsi di anno in anno sulle passerelle di tutto il mondo.

Oggi debutta la Milano Fashion Week: i capi che vedremo in passerella e che faranno il giro del mondo sono però sola la punta dell’iceberg di un’industria, quella della moda, che in Italia è fatta non solo di grandi maison ma da tantissimi piccoli imprenditori, artigiani e artisti. E’ questo il segreto del suo successo?
Il suo segreto è racchiuso nel fatto di essere ancora una filiera: in Italia sono presenti tutte le componenti che concorrono alla realizzazione di un prodotto finito. Un prodotto che ha elevate componenti simboliche e di gusto, caratterizzato da una continua innovazione, in linea con il cambio delle stagioni, che portano al cambiamento del guardaroba. Ma per arrivare al prodotto finito, celebrato attraverso liturgie particolari come le sfilate, il punto di partenza è sempre la materia prima. Il nostro settore, quello della moda e del tessile, ha vinto sulla saturazione della domanda, che caratterizza tutti i settori economici maturi, grazie all’innovazione di prodotto e grazie alla moda stessa, che è una costruzione sociale che richiede continua propositività e che spinge il consumatore a desiderare il prodotto nuovo, anche se il suo armadio è già pieno. Il nostro è un settore che si è specializzato per rispondere alle esigenze che si susseguono di stagione in stagione: non è un caso che nella filiera del tessile e dell’abbigliamento continuino a esistere piccole imprese specializzate, è da loro che deriva la forza complessiva del settore. Una forza che si basa però allo stesso tempo sulla fragilità di ogni singolo elemento, fragilità che deriva dal fatto di non essere mai importante né per i propri clienti né per i propri fornitori. Esiste un ciclo di vita delle aziende incessante, è l’altra faccia della medaglia, le sfilate sono la punta dell’iceberg di questa fragilità strutturale.

Il bilancio del primo semestre del 2012 parla di un calo generalizzato del settore del tessile in Italia. Quali sono le maggiori difficoltà cui si trovano a far fronte gli imprenditori della moda?
La fragilità odierna non è settoriale ma endemica e dovuta a una crisi di carattere macroeconomico: dalla cattiva finanza americana sui debiti sovrani alla debolezza dell’Euro, una crisi che atterra sull’economica reale, generando crisi di domanda e crisi di consumi. Il calo di fatturati del nostro settore si spiega in un orizzonte più ampio. La domanda interna si è fortemente ridotta, la pressione fiscale si è fatta sentire fin dall’ingresso dell’Euro, ma adesso si avverte in misura maggiore anche in tante imposte indirette: il caso più eclatante è quello della benzina. L’aumento del costo di un bene riduce la possibilità di spesa su altri beni. Il forte calo dei consumi colpisce anche il tessile abbigliamento perchè ha come conseguenza diretta una riduzione e una frammentazione dei volumi produttivi, sia sull’artigianato che sull’industria, con la conseguenza che le imprese non riescono sempre a coprire i costi produttivi. Un altro problema riguarda la contrazione del credito, non solo delle banche, ma anche tra gli imprenditori: il rispetto delle scadenze nei pagamenti fra aziende e fornitori diventa sempre più difficile. Quello che fa un po’ specie è vedere come anche le aziende di grandi dimensioni, che dovrebbero avere le spalle più coperte, non sempre comprendano la necessità e l’importanza di sostenere le realtà più piccole e con esse la filiera stessa, allineando le condizioni di pagamento alle condizioni europee. Da ultimo si aggiunge il problema dell’aumento dei costi di produzione, indotto dalla fiscalità crescente e dall’ incremento del costo dell’energia, che penalizza la filiera italiana e dilata ulteriormente il differenziale negativo dell’industria italiana su i competitor più lontani, come Cina e Turchia, ma anche quelli più vicini come Germania e Francia. Se si produce di meno, viene da sè che si contrae anche la nostra capacità esportativa.

Quali sono attualmente i Paesi dove si esporta maggiormente?
Le nostre esportazioni continua a crescere in Cina, anche se rappresentano ancora una piccola fetta rispetto al valore che importiamo: la Cina è il nostro principale fornitore sia di tessile che di abbigliamento, ed è solo il nostro 12mo cliente, anche se sta salendo in graduatoria con un ritmo molto sostenuto dall’inizio del 2012. In Cina esportiamo più tessile che abbigliamento: il tessile ha registrato quest’anno una crescita del 20-22% rispetto allo stesso periodo del 2011, mentre le importazioni dalla Cina sono diminuite della stessa percentuale nel medesimo periodo. Poi c’è la Russia, seguita da Paesi molti interessanti come il Brasile e l’America Latina stessa, dove però è più facile esportare quando si ha un brand molto noto, meno facile invece quando si tratta di middle brand, perché occorre superare lo scoglio di dazi molto elevati: in Brasile parliamo di una media del 35% per capi di abbigliamento.

I mercati BRIC continuano a rappresentare un’ancora di salvezza per l’export e il fatturato del tessile italiano?
Oltre al già citato Brasile, un mercato molto interessante è quello dell’India, anche se la moda italiana fa ancora fatica a penetrare per una questione prettamente culturale: paradossalmente in India si esporta più facilmente la calzatura italiana che non l’abbigliamento. L’export italiano non guarda soltanto ai Bric ma anche i Next Eleven – Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia, Corea del Sud e Vietnam – che stanno crescendo a ritmo sostenuto. Fra i Paesi dell’America Latina, grande attenzione è posta sul Messico, un Paese che nonostante venga spesso ritratto dai media come caratterizzato da un alto taso di criminalità è interessato da un fortissimo sviluppo economico, e ancora il Cile e l’Argentina. Tutti Paesi che crescono ad una velocità raddoppiata rispetto alla vecchia Europa.

I buyers stranieri sono indirizzati per lo più verso produzioni di altissimo livello o ad attirare l’attenzione è anche la produzione di medio livello?
I nostri sono prodotti desiderabili sia per chi ha un alto tenore di vita, quindi rivolti al comparto lusso, sia per la classe media, che in Paesi come quelli prima citati cresce a ritmo sostenuto, e desidera avere un prodotto che evochi il sogno, che sia di buona qualità, continuamente innovato, perché gli aspetti simbolici sono quelli a cui si fa più attenzione nel momento in cui si esce da situazioni di precarietà e povertà.

Come si difende l’industria del tessile made in Italy dalla concorrenza, non solo a livello economico ma anche di filiera produttiva, dei Paesi asiatici?
Occorre cambiare la prospettiva: quando noi 10 anni fa ragionavamo di sostegno della nostra filiera, la questione principale riguardava la protezione della produzione italiana. Oggi le cose sono cambiate, oggi siamo chiamati a sostenere le nostre esportazioni in quei Paesi che 10 anni fa erano i nostri principali acquirenti. La Cina ne è l’esempio più lampante: da Fabbrica del mondo si è trasformata in grande mercato del mondo, e paradossalmente, per sostenere la nostra filiera oggi occorre creare prodotti che siano esportabili e vendibili in quei Paesi. Una cosa è rimasta costante nel tempo: la necessità di strumenti di trasparenza, l’indicazione di origine dei prodotti è importante sempre e ovunque. La Cina compra da noi solo quando il prodotto è autenticamente made in Italy; oggi dobbiamo pretendere che anche gli altri Paesi rispettino la piena reciprocità e trasparenza.

Secondo lei, quali soluzioni alternative potrebbe /dovrebbe adottare il Governo per salvaguardare un settore tradizionale e fondamentale dell’industria italiana, quasi identitario, come quello del tessile?
Per esportare di più occorre risolvere i problemi a casa nostra. All’Italia manca quella capacità a fare squadra, i problemi che stanno venendo a galla sono più grossi, e non riguardano solo il tessile e abbigliamento, ma visto che questo settore rappresenta ancora, per fortuna, un’industria di filiera, una maggior attenzione da parte dei grandi poteri andrebbe prestata. Occorrono interventi che agiscano sul conto economico delle imprese: prima di tutto ridurre il costo dell’energia, che è stratosferico ed è un problema solo italiano. Occorre poi ridurre la fiscalità sulle imprese, primo fra tutti il problema dell’Irap che penalizza tutte quelle aziende che presentano una forte incidenza della manodopera. La principale riforma di cui ha bisogno l’Italia in questo momento è fiscale: nell’attività produttiva a livello industriale non si assiste ad uno spostamento verso il sommerso, ma ad un annullamento dell’attività produttiva. Si tratta però di interventi che riguardano unicamente il Governo, non le parti sociali o gli imprenditori. Quando si ha a che fare con una filiera, come la nostra, composta per lo più da piccole realtà imprenditoriali, non ci si può aspettare che i piccoli risolvano i problemi dei grandi.

Le Pmi verso il mercato estero emergente

La crisi certo non ha aiutato le piccole e medie imprese ma potrebbe contribuire ad aprire nuovi scenari sorprendentemente redditizi.

I mercati emergenti, infatti, rappresentano una buona risorsa per le Pmi, ed un’occasione valida di ripresa, considerando anche la staticità del mercato interno.

A questo proposito, è stato presentato a Bruxelles un piano della Commissione Europea per agevolare le piccole imprese verso Cina, India, Russia, Sud Est asiatico o America Latina con l’obiettivo di far crescere le Pmi dall’attuale percentuale del 13% fino al 25%.

Si tratterebbe di un impegno, da parte della Commissione, di rendere più efficiente il sostegno all’accesso ai mercati globali, potenziando i servizi per le imprese e utilizzando gli strumenti già esistenti in maniera più performante, Rete Impresa Europea compresa. Oltre a ciò, le Pmi verranno sostenute nella ricerca di partner locali attraverso un’informazione più capillare.

Presentando l’iniziativa, il vice presidente della Commissione Europea e commissario per Industria e l’Imprenditoria, Antonio Tajani ha dichiarato: “Per la prima volta dà all’Europa una vera e propria strategia dedicata alle Pmi e al loro accesso ai mercati al di fuori dell’Ue. I principali mercati non Europei – caratterizzati da tassi di crescita elevati – offrono opportunità inesplorate per le Pmi, che sono il primo punto di forza dell’economia europea. Aiutarle a sfruttare al meglio il loro potenziale nell’arena globale costituisce è la via maestra per uscire dalla crisi e rilanciare competitività e occupazione”.

Anche Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria di Confindustria, si è detto soddisfatto di questa iniziativa, sostenendo: “E’ la terza gamba di un’azione europea che apprezziamo molto e che si aggiunge allo Small business act e alla direttiva europea sui ritardi dei pagamenti della Pa”. Boccia ha ricordato anche che “il documento Ue prevede la creazione di un portale e un forum annuale per condividere le esperienze e sottoporre le misure ad una valutazione periodica”.

Vera Moretti

Dall’Ue un piano per l’export delle Pmi

In occasione della quinta Conferenza Italia-America Latina, svoltasi nei giorni scorsi al ministero degli Esteri italiano, il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha annunciato il prossimo avvio, da parte dell’Unione Europea, di una nuova strategia per favorire l’Export delle Pmi europee nei mercati terzi: obiettivo, raddoppiare il traffico delle esportazioni nei prossimi 5 anni. Il relativo piano di incentivi sarà presentato all’assemblea dei commissari entro la fine di ottobre.

La strategia dell’Ue si baserà sulla cooperazione industriale con i Paesi dell’America Latina, grazie a importanti accordi che spazieranno dal turismo all’innovazione, dallo sfruttamento delle materie prime sudamericane all’industria aerospaziale.

Tajani ha sottolineato l’importanza del sostegno all’internazionalizzazione delle Pmi in Europa, forti dei numeri che portano sul mercato: “Ci sono 23 milioni di Pmi, che rappresentano il 99,8% delle aziende europee – ha chiosato il vicepresidente –, di cui soltanto il 13% conduce e sviluppa attività al di là dei confini del mercato europeo“.

Vicenza-Buenos Aires: nuovo progetto di collaborazione fra PMI

Il made in Italy fa tappa in Argentina. Confartigianato Vicenza ha avviato un progetto di collaborazione fra le piccole e medie imprese del territorio veneto e Buenos Aires.

Promover“, questo il nome dell’iniziativa voluta e ideata dall’ong Cisp-Sviluppo dei popoli, insieme all’ong veneta Etic, la Confartigianato Vicenza e il Cosmob, il Centro tecnologico per il settore legno-arredo, avrà una durata complessiva di 36 mesi e godrà di un finanziamento pari a 1,2 milioni di euro da parte del ministero degli Affari Esteri italiano.

Le PMI vicentine, simbolo e fortuna del made in Italy, trasmetteranno ”saperi ed esperienze” ai loro cugini argentini, con l’obiettivo di sviluppare e potenziare l’economia territoriale locale e dare vita a reti sociali e commerciali ‘intercontinentali’. Quattro i settori produttivi coinvolti nell’iniziativa: metalmeccanico, tessile, mobili e arredo, a cui si aggiunge la creazione di centri di servizi per le imprese, sul modello made in Italy.

Il nostro obiettivo – ha sottolineato Luigi Grando, responsabile Cisp per i programmi in America Latina – e’ promuovere lo sviluppo socio-economico della popolazione dell’area di General San Marti’n, nella provincia di Buenos Aires, migliorando la competitività locale, nazionale e internazionale del settore produttivo locale, consolidando le relazioni con le istituzioni, le reti associative, e la ricerca e innovazione tecnologica come strumenti di appoggio alle piccole e medie imprese.”

Il primo incontro fra i rappresentanti delle ong, di Confartigianato e Cosmob e gli imprenditori e i funzionari pubblici argentini è previsto per il prossimo novembre. Gli obiettivi finali del progetto Promover riguardano la creazione di un‘Agenzia di sviluppo locale, i cui principali compiti saranno l’assistenza tecnica per lo sviluppo economico-territoriale, la creazione di un sistema di informazione territoriale per mettere in collegamento domanda e offerta del settore produttivo locale e regionale e la firma di un patto territoriale nazionale per lo sviluppo e la coesione sociale dell’area. In più il progetto prevede almeno due interscambi tra le agenzie di sviluppo locale e gli imprenditori provenienti da Italia, Colombia, Argentina e altri paesi centro-americani.

“Il nostro contributo – ha spiegato Pietro De Lotto, presidente di Confartigianato Vicenzasarà in primo luogo quello di vedere se i centri di servizi e assistenza alle imprese, come di fatto e’ la Confartigianato vicentina con i suoi 500 addetti, possono essere realizzati, con gli opportuni adattamenti, anche nel contesto argentino, e poi anche quello di pensare a sviluppare relazioni economiche con le loro aziende‘.

Alessia Casiraghi