CIGS e ammortizzatori sociali: sanzioni per chi non fa formazione

Con le nuove norme sugli ammortizzatori sociali è stato previsto che nel caso in cui i lavoratori usufruiscano dei periodi di sospensione dal lavoro senza però recedere dal contratto di lavoro, debbano seguire corsi di formazione che consentano una migliore collocazione nel mondo del lavoro. Per coloro che si sottraggono a tale obbligo sono invece previste sanzioni. Le stesse sono ora operative. Ecco quando si applicano e quali sono.

Entra in vigore la riforma degli ammortizzatori sociali e Cigs: sanzioni per chi non fa formazione

Il decreto legislativo 148 del 2015 contiene la riforma degli ammortizzatori sociali, lo stesso nel tempo è stato sottoposto a modifiche e tra queste appare significativa quella introdotta con il decreto legge 4 del 2022. Con questa modifica si va ad intervenire sull’articolo 25 ter del decreto legislativo. Lo stesso ora prevede al comma 1 che i lavoratori “ allo scopo di mantenere o sviluppare le competenze in vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio, partecipano a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, anche mediante fondi interprofessionali”.

Il comma 3 dello stesso articolo dispone “La mancata partecipazione senza giustificato motivo alle iniziative di cui al comma 1 comporta l’irrogazione di sanzioni che vanno dalla decurtazione di una mensilità di trattamento di integrazione salariale fino alla decadenza dallo stesso”. Lo stesso comma stabilisce però che le modalità di accertamento delle violazioni devono essere stabilite con decreto del Ministero del Lavoro.

Dal 29 ottobre 2022 prendono il via le sanzioni per la mancata partecipazione alla formazione

È entrato in vigore il 29 ottobre 2022 il nuovo decreto ministeriale 2 agosto 2022 con l’indicazione dei criteri e delle modalità di accertamento sanzionatorio per la mancata attuazione dell’obbligo formativo del lavoratore che usufruisce dell’integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro. Lo stesso prevede:

  • decurtazione di un terzo delle mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario nel caso di assenza senza giustificato motivo in misura compresa tra il 25% e il 50% delle ore previste per la formazione;

  • decurtazione della metà della mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario (CIGS) in caso di assenza in misura compresa tra il 50% e l’80% del monte ore stabilito;

  • decadenza dal trattamento di integrazione salariale nel caso di assenza senza giustificato motivo dai percorsi di formazione in misura superiore all’80%.

Assenza giustificata dalle attività formative per percettori Cigs

Nel decreto si specifica che possono costituire giustificato motivo di assenza:

  • documentato stato di malattia o infortunio;

  • servizio militare o civile;

  • stato di gravidanza coincidente con il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro;

  • citazione in tribunale;

  • gravi motivi familiari documentati e/o certificati;

  • limitazione legale alla libertà di movimento (ad esempio arresti domicialiari);

  • ogni altro comprovato impedimento oggettivo o forza maggiore.

In seguito alla registrazione delle assenze, deve esserne data comunicazione ai servizi ispettivi territorialmente competenti che dovranno quindi effettuare gli accertamenti e in seguito darne comunicazione all’Inps in modo che siano applicate le sanzioni previste.

Leggi anche: Cassa integrazione 2022: maggiori importi ed estensione dei beneficiari

Ristori fermo pesca: si può presentare la domanda

In arrivo 19 miliardi per i ristori fermo pesca obbligatorio e non obbligatorio. Le domande possono essere presentate fino al 15 marzo 2022.

Cos’è il fermo pesca e perché viene attuato

Il fermo pesca è un provvedimento governativo volto a tutelare le specie ittiche e la biodiversità che possono essere messe a repentaglio dall’attività di pesca. Viene solitamente istituito durante il periodo riproduttivo, ovviamente il fermo pesca porta ai pescherecci delle perdite economiche e le stesse devono essere “risarcite”. Il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) ogni anno rende noto il periodo nel quale i pescherecci devono astenersi dalle attività di pesca reti a strascico, reti a divergenti e reti volanti.

Solitamente questo periodo coincide con i mesi estivi e a volte si prolunga fino ai mesi autunnali. Può comunque capitare che i periodi di fermo pesca non si sovrappongano tra i vari mari del Mediterraneo, questo consente di avere un minimo di pescato fresco nelle pescherie e nei ristoranti. Questi naturalmente si approvvigionano anche dall’estero, mentre alcuni pescherecci non invasivi possono continuare l’attività, infine c’è il pesce da allevamento.

Ritornando all’argomento principale, scopriamo come presentare la domanda per poter accedere ai ristori fermo pesca.

Come presentare la domanda per i ristori fermo pesca?

Gli aventi diritto possono inoltrare le domande dalle ore 8:00 del 25 gennaio fino al 15 marzo 2022. I fondi si dividono in due parti: 12 miliardi per il fermo pesca obbligatorio e 7 miliardi per il fermo pesca non obbligatorio, questo ottiene il ristoro per un massimo di 40 giorni. Si può presentare una singola istanza per ogni unità di pesca presente in azienda. Le domande dovranno essere presentate collegandosi alla pagina https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/ammortizzatori-sociali/focus-on/CIGS/Pagine/Fermo-pesca.aspx e andando alla voce CIGSonline, disponibile a destra dello schermo. La domanda deve essere compilata per ogni imbarcato e deve essere indicato il codice IBAN per l’accredito delle somme.

Come versare l’imposta di bollo

Per poter inoltrare la domanda è necessario versare l’imposta di bollo attraverso lo sportello telematico PagoPA, attivabile   direttamente all’interno della pagina CIGSonline da cui si compila la domanda. Non si può assolvere il pagamento con il titolo cartaceo. Solo dopo aver assolto l’obbligo di pagamento dell’imposta di bollo sarà possibile terminare l’inoltro della domanda. Proprio per questo nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i soggetti interessati sono invitati a non procedere nell’imminenza della scadenza dei termini per evitare invii in ritardo. Facciamo notare anche che nella nota è chiaramente indicata l’ora da cui è possibile procedere all’inoltro, mentre per la scadenza c’è solo la data, quindi invitiamo a non attendere l’ultimo giorno.

A chi spetta il ristoro fermo pesca?

L’indennità per il fermo pesca spetta ai dipendenti delle imprese del settore pesca marittima, inoltre spetta ai soci delle cooperative della piccola pesca. Si riconosce sia nel caso di fermo obbligatorio, cioè deciso dalle autorità, sia per il fermo non obbligatorio, in questo caso per un periodo massimo di 40 giorni. Non è di spettanza  degli armatori. Il pagamento previsto è di 30 euro al giorno.

Istruttoria delle istanze per ristori fermo pesca

L’istruttoria è curata dalla Direzione Generale degli ammortizzatori sociali del Ministero del lavoro. Essa dovrà quantificare gli importi erogati a ciascun richiedente che in seguito alla istruttoria risulti beneficiario del ristoro per il fermo pesca. Nel caso in cui le domande presentate e accolte in quanto presenti tutti i requisiti, siano in numero maggiore rispetto alla capienza del fondo, gli importi vengono proporzionalmente ridotti per ogni singolo lavoratore. L’istruttoria sarà conclusa entro il 20 giugno 2022. Si invitano coloro che hanno presentato istanza nei termini a monitorare attraverso CIGSonline lo stato della propria domanda, infatti eventuali comunicazioni saranno fatte attraverso questa piattaforma.

Il decreto interministeriale 1 del 13 gennaio 2022 inoltre sottolinea all’articolo 4 comma 6 che sono improcedibili le istanze che non abbiano ottenuto il preventivo visto dell’Autorità Marittima.

Ricordiamo che l’Unione Europea ha previsto aiuti per il settore della pesca che più di altri ha subito gli effetti dell’emergenza epidemiologica. Per conoscere gli aiuti, leggi l’articolo: Agricoltura e pesca: Unione Europea estende gli aiuti fino al 30 giugno 2022

Cassa integrazione, al via la nuova piattaforma Uni-Cig

È in arrivo il nuovo servizio per la presentazione della domanda unificata Uni-Cig per i trattamenti della cassa integrazione in deroga, in deroga plurilocalizzata e per l’assegno ordinario con la causale “Covid-19”. Ne dà comunicazione l’Inps con il messaggio numero 3727 del 29 ottobre 2021.

Nuova piattaforma Inps per la Cig

L’istituto previdenziale informa del sostanziale rinnovamento e della semplificazione della procedura per gestire gli ammortizzatori sociali. L’obiettivo è quello di assicurare una piattaforma che possa ridurre i tempi della definizione e della liquidazione della prestazioni. La nuova procedura consentirà dunque di presentare la “Domanda Unificata della Cassa integrazione guadagni Uni-Cig”.

Le linee guida della nuova piattaforma Inps per gli ammortizzatori sociali

La nuova piattaforma Uni-Cig punta a innovare la domanda degli ammortizzatori sociali in due modi. Il primo è quello di uniformare i quadri della compilazione delle domande di cassa integrazione. Il secondo consentirà di effettuare tutta una serie di controlli automatizzati sia mentre si compila la domanda che successivamente al suo invio. A vantaggio delle imprese, in questo modo, il sistema consentirà di ridurre gli eventuali errori nella presentazione delle domande. Si eviterà, altresì, che le imprese, gli uffici e gli intermediari abilitati possano presentare una domanda errata che comporti il mancato accoglimento, anche in parte, dell’istanza.

Quali sono le novità della nuova piattaforma per la cassa integrazione?

La nuova piattaforma Uni-Cig consentirà una modalità più immediata alle imprese di compilare la domanda della cassa integrazione. Le istanze dovranno indicare, come avviene attualmente:

  • le date di inizio e di termine effettivo del periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa;
  • il numero dei lavoratori per i quali si presenta domanda;
  • le ore oggetto di integrazione salariale.

La piattaforma permetterà di allegare alla domanda il file, in un nuovo formato semplificato, all’interno del quale dovranno essere contenuti i codici fiscali dei lavoratori per i quali si richiede il trattamento di cassa integrazione. Nel caso in cui si richieda l’anticipo del 40% del trattamento, dovranno essere indicati anche gli Iban e le ore oggetto della richiesta stessa.

Eventuali errori nella compilazione della domanda di cassa integrazione con Uni-Cig

Ulteriore novità della nuova piattaforma di richiesta della cassa integrazione Uni-Cig consiste proprio nel fatto che il sistema, già nel momento in cui si procede con l’inserimento dei dati, farà segnalazione di eventuali errori e anomalie. Il sistema, in ogni modo, consentirà di completare la domanda: il richiedente può inserire eventuali motivazioni nel campo predisposto appositamente per fornire informazioni utili alla domanda.

Invio della domanda di cassa integrazione con la nuova piattaforma Uni-Cig

Una volta inoltrata la domanda di cassa integrazione con la nuova piattaforma Uni-Cig, il sistema effettuerà in maniera immediata e automatica, una serie di controlli formali. Tali controlli servono a verificare che la domanda sia ricevibile. A esito positivo del sistema circa la domanda stessa, la procedura termina con l’assegnazione di un ticket e di un numero di protocollo dell’istanza.

Ulteriore verifica dopo aver inviato la domanda di ammortizzatori sociali con Uni-Cig

Dopo aver inviato la domanda di cassa integrazione con il sistema Uni-Cig, l’istanza verrà sottoposta a un’ulteriore controllo. In questa fase verranno analizzati i requisiti di accesso al trattamento di cassa integrazione attraverso il controllo dell’elenco dei beneficiari allegato dall’impresa. Eventuali errori o anomalie risulteranno nei report degli esiti. L’impresa, in questo caso, può procedere con la correzione delle anomalie nel termine di 5 giorni. In mancanza di correzioni, la domanda verrà ugualmente inviata alla struttura competente per territorio per la fase successiva di istruttoria.

Pensioni, l’Inpgi passa all’Inps: ecco cosa cambia per i giornalisti

La previdenza dell’Inpgi passera all’Inps dal 2022. È quanto riportato dal disegno di legge di Bilancio del prossimo anno con evidenti cambiamenti per le pensioni dei giornalisti, ma anche per gli ammortizzatori sociali e le assicurazioni per gli infortuni sul lavoro Inail. In particolare, la legge prevede che le regoli pensionistiche dei giornalisti iscritti all’Inpgi verranno uniformate a quelle vigenti al Fondo pensione dei lavoratori dipendenti dell’Inps con decorrenza dal 1° luglio 2022. Il calcolo della pensione a partire da quella data sarà basato sul meccanismo pro rata.

Cosa cambia per i giornalisti con il passaggio dall’Inpgi all’Inps?

Le novità per le pensioni dei giornalisti ricadono sulle quote di pensione dopo il 30 giugno 2022. Fino a quella data, infatti, le quote di pensione saranno calcolate seguendo le medesime regole attualmente in vigore da parte dell’Inpgi. A decorrere dal 1° luglio 2022 subentreranno le regole dell’Inps. La differenza tra i regimi adottati dai due istituti previdenziali risiede innanzitutto nel metodo di calcolo della pensione. Infatti, l’Inpgi ha adottato il meccanismo di calcolo della pensione contributivo solo dal 2017. Lo stesso metodo contributivo è in vigore per chi è iscritto alla gestione delle pensioni Inps per tutti già dal 2012, dopo l’approvazione della legge Fornero. Il che significa che dal 2012 ad oggi non vi sono contributi calcolati con meccanismi diversi (misto o retributivo) da quello contributivo.

Pensioni Inpgi, quando potranno uscire da lavoro i giornalisti?

Con il passaggio della previdenza dall’Inpgi all’Inps le pensioni in essere non subiranno delle modifiche. È quanto stabilisce l’articolo 28 del disegno di legge del Bilancio 2022 che, però, ne detta anche le novità e a chi sono rivolte. Il regime pensionistico che vige al momento all’Inpgi verrà uniformato a quello dell’Inps, ad eccezione dell’applicazione del meccanismo pro rata. Ciò significa che anche i giornalisti andranno in pensione di vecchiaia a 67 anni di età con 20 anni di contributi, come avviene per gli iscritti all’Inps. Inclusi gli aggiornamenti dell’età di uscita dovuti all’applicazione del meccanismo della speranza di vita.

Come cambia la pensione dei giornalisti passando all’Inps?

Il cambiamento delle pensioni dei giornalisti con il passaggio dall’Inpgi all’Inps comporta un innalzamento dei requisiti di uscita. Infatti, attualmente i giornalisti vanno in pensione di anzianità maturando almeno 40 anni e cinque mesi di contributi e 62 anni e cinque mesi di età. Con il passaggio all’Inps, dal 1° luglio 2022 per uscire anticipatamente dal lavoro saranno necessari 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e con 41 anni e 10 mesi per le donne. Ciò significa che chi matura i requisiti per l’uscita entro il 30 giugno 2022 potrà andare in pensione con gli attuali requisiti richiesti dall’Inpgi. Chi matura i requisiti successivamente, dovrà seguire le regole previdenziali dell’Inps, sia per la pensione di vecchiaia che per quella anticipata.

Ammortizzatori sociali Inpgi con il passaggio all’Inps: cosa cambia?

Il passaggio del regime previdenziale Inpgi all’Inps comporta dei cambiamenti anche per gli ammortizzatori sociali e le assicurazioni sugli infortuni. Per entrambi gli istituti è stato decretato un regime transitorio. Ciò significa che dal 1° luglio 2022 e fino a tutto il 2023 agli iscritti Inpgi continuerà a essere applicata la normativa vigente dell’istituto previdenziale di appartenenza, anche se l’erogazione delle prestazioni avverrà sempre da parte dell’Inps e dell’Inail. Dopo il 2023 entrambi gli istituti erediteranno le regole già in vigore per gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dipendenti.

La crisi pesa sugli ammortizzatori sociali

Ogni crisi ha i suoi costi e quella che stiamo attraversando ne ha di altissimi sul fronte degli ammortizzatori sociali. Secondo un’elaborazione effettuata dall’Ufficio Studi della Cgia, tra il 2009 e il 2013 l’Italia ha pagato 59 miliardi di euro in ammortizzatori sociali, al netto dei contributi figurativi.

Secondo la Cgia, il 72,7% di questi costi per ammortizzatori sociali (pari a 42,8 miliardi) è stato coperto grazie ai contributi versati dai dipendenti e dalle imprese, mentre il restante 27,3% (circa 16 miliardi) è stato a carico della fiscalità generale.

Se analizziamo l’andamento registrato in questi ultimi anni – ha commentato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – notiamo che c’è stato un boom della spesa delle misure di sostegno al reddito dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Dai circa 10 miliardi riferiti al 2009 si è saliti a quota 14,5 nel 2013. Importo, quest’ultimo, che dovrebbe essere raggiunto anche nel 2014. Per contro, invece, la copertura garantita dai contributi versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti è rimasta praticamente la stessa. Se nel 2009 era pari a 8,4 miliardi, nel 2013 è stata di poco superiore ai 9 miliardi di euro. Questo si traduce in un saldo sempre più negativo: ovvero il costo degli ammortizzatori sociali è sempre più a carico della collettività. Era pari poco più di 1,5 miliardi nel 2009, l’anno scorso ha sfiorato i 5,5 miliardi di euro”.

Lo studio della Cgia ha preso in esame il flusso di entrate e uscite relativo a diversi ammortizzatori sociali: Cig ordinaria, Cig straordinaria, Cig straordinaria in deroga, trattamenti di disoccupazione, AspI e mini-AspI, indennità di mobilità. Un’analisi che però non comprende le somme a copertura della contribuzione figurativa garantite dallo Stato, quelle, per capirsi ai fini della maturazione dei requisiti previsti per l’ottenimento della pensione.

In questo quadro diventa esemplare, tra gli ammortizzatori sociali la situazione della Cig in deroga, introdotta all’inizio della crisi per favorire gli occupati della piccola impresa e diventata, da misura straordinaria, una misura strutturale che costa all’Italia circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Un costo che ricade su tutti i contribuenti in quanto è finanziata dalla fiscalità generale, diversamente dalla Cig ordinaria, quasi del tutto finanziata attraverso i contribuiti versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti.

Problemi per gli ammortizzatori sociali 2012

L’Inps ha sbloccato, su indicazione del Ministero del Lavoro, i pagamenti degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2013 e anche per parte degli arretrati dell’anno passato, destinati ai lavoratori rimasti scoperti a causa dei ritardi nella procedura.

La buona notizia è che i sussidi 2013 saranno erogati per l’intero anno, mentre le cattive notizie riguardano il 2012, poichè si tratterà di un massimo di due mensilità per prestazioni decretate successivamente al 31 dicembre 2012.
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali in deroga per il 2013, i verbali delle Regioni consentiranno all’Inps di procedere ai pagamenti normalmente, in base alla risorse individuate dai relativi accordi.

Ciò che impensierisce le Regioni è, ovviamente, la copertura 2012, poiché i 200 milioni sbloccati potrebbero non essere sufficienti a coprire l’intera platea dei lavoratori rimasti senza ammortizzatori. Per farlo, servirebbe quasi il doppio, ovvero 380 milioni.

Ciò è accaduto perché alcune amministrazioni hanno richiesto gli ammortizzatori in ritardo, con il conseguente blocco della pratica da Inps. Per questo, molti lavoratori in cassa integrazione o in mobilità non hanno ricevuto i relativi assegni per gli ultimi mesi 2012.
Ad essere rimasti senza assegno sono 15mila dipendenti in Piemonte, 9mila in Veneto, addirittura 40mila in Emilia Romagna.
Non ci sono dati precisi, ma si stima che i lavoratori ad essere rimasti “ a secco” siano ben 100mila.

Per questo motivo, la Conferenza Stato Regioni ha chiesto di trovare le risorse necessarie per pagare i trattamenti a tutti i lavoratori rimasti scoperti.

Vera MORETTI

I nuovi ammortizzatori sociali del 2013

Il 2013 ha portato, tra le tante novità, anche l’entrata in vigore dei nuovi ammortizzatori sociali previsti dalla riforma Fornero.

Due sono i capisaldi della riforma: Aspi, Assicurazione sociale per l’impiego, e fondi di solidarietà bilaterali, per i quali il Governo si è impegnato con la legge di stabilità a garantire risorse.

L’Aspi sostituisce di fatto le prestazioni di disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti normali, disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti ridotti, disoccupazione speciale edile e indennità di mobilità.

A beneficiarne sono i lavoratori che possiedono un rapporto di lavoro in forma subordinata e che involontariamente hanno perduto il proprio posto di lavoro, ma anche gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato.

Secondo il ministro del Lavoro Elsa Fornero, “in un quadro di forte difficoltà dal punto di vista sociale, l’entrata in vigore da gennaio della riforma degli ammortizzatori sociali potrà contribuire a ridurre l’ansia e il disagio di molte famiglie”.

L’indennità spetta ai giovani e a coloro che hanno lavorato almeno 13 settimane degli ultimi 12 mesi, senza ulteriori requisiti.

Un cambiamento importante riguarda i contributi Inps che tutti i datori di lavoro dovranno versare ai lavoratori, anche quelli che prima erano esenti.

Entro il 16 febbraio prossimo, i contributi ordinari Inps sugli stipendi di gennaio subiranno una maggiorazione dell’1.61% per finanziare la nuova indennità di disoccupazione. Per le collaborazioni a progetto, come per quelle coordinate e continuative, l’aliquota Inps dovuta alla gestione separata aumenta del 2%, fino a un massimo di 1.922,98 euro.

Vera MORETTI

Il ritorno del Cavaliere

Il Cavaliere si tuffa in rete, e all’indomani delle dimissioni della “sua” Renata Polverini dalla Presidenza della Regione Lazio, rilascia un’intervista fiume al neonato Huffington Post Italia. Servirà da acqua battesimale? Il Cav si toglie qualche sassolino dalla scarpa a proposito del Governo Monti, ma non scioglie il riserbo sulla sua possibile candidatura.  Intanto prosegue la tenzone fra Marchionne  e Della Valle, fra coblas al vetriolo e dichiarazioni poco cortesi. La sfida vera pare però che si giocherà sull’erba verde: non certo di un duello a colpi di spada, ma del campo da calcio dove staserà si affronteranno Fiorentina-Juventus. Che vinca il migliore.

IERI

Renata rottamata: l’annuncio ufficiale alle stampa ieri sera attorno alle venti: Renata Polverini si è dimessa dalla carica di Presidente della Regione Lazio. “Io vado via a testa alta, il Consiglio invece non è più degno di rappresentare il Lazio: quindi questi signori li mando a casa io” ha affermato la Polverini, che si è detta costretta a lasciare “per una faida interna al Pdl, con personaggi ameni che si aggirano per l’Europa a rappresentare l’Italia: uno che pensava di girare con il Suv (Fiorito ndr) e un altro che voleva regolare le sue partite politiche (Battistoni ndr). Nella decisione di dimettersi sembra aver giocato un ruolo fondamentale l’Udc: Casini infatti, al Tg3 avev già ammonito “Polverini lasci. Gli italiani apprezzeranno. Mi auguro che il Presidente Polverini e chi ha collaborato con lei in modo serio capisca che con questa marea di fango che si è alzata, restituire la parola agli elettori significa essere dignitosi”. Ad apprezzare la scelta di farsi da parte della Presidente del Lazio anche l’ex premier Berlusconi: “Renata Polverini non ha fatto niente di immorale né di illegittimo, apprezzo la sua scelta”.

Clessidra per LA7: si svuota ormai la clessidra di La7. E’ scaduto il tempo per la presentazione delle offerte non vincolanti per acquistare l’emittente di proprietà di Telecom Italia Media. E proprio ieri a farsi avanti è stato un contendente inatteso: il gruppo Clessidra, il fondo di investimento italiano guidato da Claudio Sposito, ex amministratore delegato di Fininvest.  Clessidra avrebbe proposto la sua offerta per l’intero gruppo TI media nel suo complesso, il cui valore è stimato attorno ai 450 milioni di euro. Ma chi sono gli altri contendenti? Secondo quanto trapelato, oltre a Clessidra, sul tavolo ci sono le offerte di Cairo, la concessionaria pubblicitaria di La7, 3 Italia e Rtl, oltre al gruppo americano Discovery.Ma c’è una quinta possibilità: l’investimento del gruppo Clessidra potrebbe coinvolgere nel capitale il giornalista Enrico Mentana, magari con delle stock option. Il mistero si infittisce, e il titolo di TI Media svetta in Borsa: + 8,2%.

OGGI

Berlusconi è online: il battesimo è con un’intervista fiume all’ex Premier Silvio Berlusconi per l’edizione italiana dell’Huffington Post, diretto da Lucia Annunziata. L’ex Presidente della Repubblica risponde a caldo sulle dimissioni di Renata Polverini, prendendo le sue difese “non ha fatto niente di immorale”. Poi interpellato circa l’attuale governo tecnico – in cui tiene a ribadire che lui stesso è stato un tecnico – muove le sue critiche verso la politica di austerity su cui è impregnato il Governo Monti, sui cui, secondo l’ex premier, ha pesato il condizionamento da sinistra: “il professor Monti ha preferito aumentare le tasse invece di rimettere in moto produzione e consumi. Vorremmo più coraggio – afferma Berlusconi e continua – Fermi restando rigore nei conti e pareggio di bilancio, è ora opportuno che il governo Monti cambi il passo della politica economica, puntando allo sviluppo”. Tra le tasse più odiate del Governo Monti c’è senza dubbio l’Imu, e il Cavaliere fa propaganda annunciando che la sua prima misura riguarderebbe la dismissione della tassa: “la nostra proposta è abolire l’Imu sulla prima casa. Una tassa intollerabile per gli italiani, che diversamente dal resto d’Europa abitano per l’80 per cento nella casa di proprietà. L’Imu andrebbe considerata una imposta “una tantum” per l’emergenza, un pronto soccorso che dovrebbe trasformarsi in Imu federale soltanto sulle seconde case. Il mancato introito potrebbe essere recuperato attraverso il nostro piano di attacco al debito pubblico per 400 miliardi di euro”. Ma tra necessità di una nuova legge elettorale, difesa del bipolarismo e odi et amo con l’ex ministro Tremonti, il Cavaliere non sa ancora se sfodererà le sue armi contro il Drago di San Giorgio. Italiani avvisati.

Governo – sindacati Fiat: appuntamento questa sera alle 19.30 al Ministero del Lavoro per il vertice tra i rappresentati dei sindacati Fiat e i ministri Corrado Passera e Elsa Fornero. Sul tavolo la questione dei cassintegrati Fiat, anche se il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti si domanda: come possiamo discutere di ammortizzatori sociali se Fiat non li ha nemmeno chiesti?”. Le sigle sindacali di di Cgil, Cisl, Uil e Ugl incontreranno in mattinata Sergio Marchionne per chiedere all’AD del Lingotto di far partire i nuovi modelli negli stabilimenti Fiat. “Il momento idoneo per fare gli investimenti di cui parla Marchionne è adesso – continuato Angeletti – almeno per alcuni investimenti, come Mirafiori, per alcuni modelli che devono essere in vendita nel 2014».

Fiorentina- Juventus: anticipo della quinta giornata di campionato questa sera allo stadio Artemio Franchi di Firenze. La Fiorentina pensa alla formazione anti-Pirlo, anche se stasera dovrà a centrocampo ad Alberto Aquilani, fermo per infortuni. Non c’è che dire, il match continua fuori e dentro il campo da calcio e le pagine dei giornali: almeno quello tra Sergio Marchionne e Diego della Valle, Patron della Fiorentina.

DOMANI

Sentenza Sallusti: il giorno del verdetto è atteso per domani. Mercoledì la Cassazione si esprimerà circa la regolarità della sentenza che ha condannato in secondo grado il direttore del Giornale a 14 mesi di detenzione. L’accusa è di omesso controllo, per un articolo ritenuto diffamatorio pubblicato su Libero (ma che non portava la sua firma) al tempo in cui Sallusti era il direttore del quotidiano milanese.

Beatles al cinema: sarà domani nei cinema di tutta Italia per un solo giorno “Magical mistery tour” la visionaria pellicola firmata dai Beatles nel 1967. I quattro di Liverpool decisero di girare il film per dare seguito al successo di ‘Sgt. Pepper’: si tratta di un viaggio in autobus da Londra alla Cornovaglia ricco di incontro molto casuali.

 

Alessia CASIRAGHI

Riforma del lavoro? Una guerra tra poveri

La riforma del lavoro è realtà. Approvata lo scorso 27 giugno, entrerà ufficialmente in vigore il prossimo 18 luglio. E dopo 40 anni le regole di assunzione e licenziamento in Italia cambiano. Tutti lo sapevano ma solo ora si alza definitivamente il polverone.

La parola d’ordine del nuovo ordinamento è flessibilità. Flessibilità in ingresso e in uscita nel mercato del lavoro, stando alla nuova disciplina sostanziale che regolerà i licenziamenti.

I margini? Resta ancora da vedere quali siano i margini di suddetta flessibilità e che reale vantaggio avranno piccole e medie imprese, oltre che i lavoratori.

Flessibili nel licenziare, flessibili nel reintegrare o assumere.

Il processo sui licenziamenti sarà più veloce e saranno introdotte nuove forme di tutela della disoccupazione, ovvero, stando all’articolo 3 della Riforma di legge il deus ex machina del licenziamento per giusta causa sarà lo sfruttamento degli ammortizzatori sociali: la novità principale riguarderà l’introduzione dell’ASPI (Assicurazione Sociale per l’impiego), che sarà in vigore nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l’indennità di mobilità e di disoccupazione. A usufruire, oltre i lavoratori dipendenti, potranno essere gli apprendisti e gli artisti. Sarà possibile trasformare l’indennità Aspi in liquidazione per disporre in tal modo di un capitale per avviare un’impresa.

Già, un’impresa, stando all’Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro sarà un’impresa trovare un posto di lavoro e mantenerlo.

Addio quindi al reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici, anche se per alcuni casi specifici sarà prevista un’indennità risarcitoria. Nel caso di licenziamento disciplinare, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, il giudice avrà una minor discrezionalità nella decisione del reintegro, che sarà previsto solo sulla base dei contratti collettivi.

E i piccoli medi imprenditori? Dovranno puntare sul contratto di apprendistato che diventerà la forma contrattuale dominante attraverso un sistema di incentivi e di benefici contributivi e che dovrà avere una durata minima non inferiore ai 6 mesi, unica vera novità sotto questo fronte.

E i titolari di Partita Iva? Nodo ancora irrisolto e che si appresta a diventare focolaio di discussioni e polemiche. Per i liberi professionisti la durata di collaborazione non dovrà superare gli 8 mesi e il corrispettivo pagato non dovrà superare l’80% di quello di dipendenti e co.co.co. In caso di collaborazione continuata che superi gli 8 mesi, il rapporto di lavoro si dovrà tramutare in altra forma contrattuale.

Mettiamo insieme le due cose: la guerra ai partitivisti porterà sempre meno titolari a mettersi in proprio e a fare, come accade oggi, di necessità virtù. Dall’altra parte, i piccoli medi imprenditori, ai quali mancheranno agevolazioni e aiuti nell’ acquisizione di nuove risorse, saranno costretti a trovare un mutuo accordo con chi sarà in cerca di un impiego. Che per uscire da un circolo vizioso come quello proposto dall’attuale Riforma si proceda alla mala parata e si fomenti il lavoro nero?

Mutua solidarietà tra piccolo imprenditore e lavoratore, l’uno alla ricerca di nuove commesse e l’altro alla ricerca di un nuovo lavoro?

Ma non sarebbe meglio incentivare le assunzioni a tempo indeterminato liberando le pmi dalle tassazioni e dalla pressione fiscale cui sono soggette, almeno nei primi tre anni di vita dell’attività?

Una riforma apprezzabile, dunque, o solo fumo negli occhi? A dire il vero molti sono ancora i tasti dolenti e quelli poco chiari. Come essere tutelati e scegliere la più opportuna tipologia di contratto di lavoro da proporre o da accettare? Che fine faranno gli ordini professionali ancora in bilico con relative casse previdenziali al seguito? E le partite IVA finte e i lavoratori parasubordinati che esistono da sempre?

Dopo tante chiacchiere e pagine di Riforma, un punto proprio ci manca: dov’è finita la forza di trascinamento e incoraggiamento verso le piccole e medie imprese?

 

Cassa integrazione: a febbraio +16,8%

Nel mese di febbraio 2012 sono state autorizzate 82 milioni di ore di cassa integrazione guadagni. Rispetto a febbraio 2011, quando furono autorizzate 70,1 milioni di ore, si registra un aumento del 16,8%. Complessivamente nei primi due mesi dell’anno si e’ giunti a quota 136,9 milioni, contro 130,2 milioni del 2011 (+5,1%).E’ l’Inps ad aggiornare i dati sugli ammortizzatori sociali.

I dati sulla cassa integrazione, dice l’Inps, registrano a febbraio una “inversione di tendenza”. Non solo a livello tendenziale,+16,8% rispetto a febbraio 2011, ma anche a livello congiunturale, rispetto allo scorso gennaio e complessivamente rispetto alla scorso quadrimestre: la cassa integrazione e’ infatti aumentata rispetto al mese precedente del 49,1%, 82 milioni di ore a  febbraio contro 55 milioni a gennaio.

E passando al dettaglio per tipologia di prestazione, la Cigo risulta aumentata del 23,9% rispetto a gennaio, essendo passati da 20,3 a 25,1 milioni di ore. Rispetto al febbraio del 2011, quando le ore autorizzate erano state 19,1 milioni, l’aumento e’ del 31,4%. L’incremento e’ attribuibile in larga misura alle autorizzazioni riguardanti il settore industria, aumentate del 56% rispetto ad un anno fa, mentre la cigo relativa al settore edile registra invece una diminuzione, rispetto al febbraio 2011, del -21,5%.

Gli interventi straordinari (Cigs) di febbraio ammontano a 25,8 milioni di ore, con un aumento del 20,4% rispetto a gennaio (21,4 milioni), mentre rispetto al febbraio 2011 (28,9 milioni) si registra una diminuzione del -10,9%. In questo caso, la variazione negativa e’ da attribuire al settore industriale, che registra un calo del -19,6% rispetto alle ore autorizzate a febbraio 2011.

Fonte: adnkronos.com