Comuni e stralcio delle cartelle esattoriali a rischio. Cosa succede?

Brutte notizie per le persone che hanno ricevuto cartelle esattoriali per multe e sanzioni di competenza dei  Comuni, questi infatti non sono propensi a far applicare  lo stralcio per le cartelle esattoriali fino a 1000 euro previsto nella legge di bilancio 2022. E deve essere sottolineato che l’ultima parola spetta a loro.

La pace fiscale non piace ai Comuni: potrebbe saltare saldo e stralcio per importi fino a 1000 euro

La legge di bilancio 2023, all’articolo 46 ( prima formulazione 45), prevede lo stralcio delle cartelle esattoriali affidate agli agenti di riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015 e che abbiano importo inferiore a 1.000 euro. Lo stesso sarà automatico dal 1° gennaio 2023 o altra data nel caso in cui non si riuscirà nell’impresa dell’approvazioe della legge di bilancio entro il 31 dicembre 2022. I Comuni hanno però lamentato che applicando questa misura le loro entrate potrebbero drasticamente diminuire, ciò anche considerando che nella maggior parte dei casi gli importi dovuti ai Comuni sono di entità inferiore ai 1.000 euro e potrebbero quindi cadere entrate da Imu e multe per violazioni al codice della strada.

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A lanciare l’allarme è l’Anci ( Associazione nazionale comuni italiani) che ha reso nota la decisione dei Comuni di non adottare la misura, cioè lo stralcio delle cartelle per importi inferiori a 1.000 euro. I Comuni potrebbero cambiare idea solo a fronte della destinazione di ulteriori risorse da parte dello Stato. Attualmente una tale soluzione sembra improbabile visto che le risorse disponibili non sono molte.

Saldo e stralcio cartelle esattoriali: i Comuni potrebbero avere attività bloccate da passivo elevato

Il problema è anche di tipo pratico, a parte il fatto che si tratta di enti di prossimità che devono far fronte a bisogni eterogenei dei cittadini e affrontare molte situazioni di difficoltà, deve essere anche considerato che le entrate da riscuotere sono iscritte tra i residui attivi anche quando non sono riscosse, con lo stralcio automatico delle cartelle esattoriali di importo inferiore a 1.000 euro, dovrebbero invece essere cancellate e di conseguenza potrebbero crearsi veri e propri buchi nelle casse dei Comuni con una crescita del passivo che precluderebbero molte possibilità, tra cui il turn over.

Dall’Anci arriva la proposta di stanziare 80 milioni di euro per ottenere  la pace fiscale da parte dei Comuni, questi andrebbero a coprire solo una parte delle perdite perché le stesse sono state stimate in 300 milioni di euro.

Dall’Anci arriva anche un altro allarme, siccome saranno i Comuni in autonomia a stabilire se approvare o meno lo stralcio, potrebbe capitare che i Comuni più vicini al voto potrebbero provare comunque ad aderire, mentre gli altri no. Si creerebbero quindi situazioni diverse nelle varie zone d’Italia.

Accordo Anci-Invitalia per la gestione delle risorse del PNRR

Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) approvato e finanziato dall’Unione Europea per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia prevede la partecipazione di diversi attori istituzionali a vari livelli, quindi livello centrale e periferico, o meglio locale. Tra i vari attori importanti ci sono sicuramente i Comuni a cui sarà diretta una parte dei fondi. A livello locale può però essere necessario trovare competenze e capacità per una corretta gestione e per evitare che i fondi finiscano in mille rivoli senza raggiungere gli obiettivi previsti. Per evitare tale effetto, è stato concluso un accordo tra Anci-Invitalia per la gestione del PNRR.

Il ruolo di Comuni e Città Metropolitane nella gestione del PNRR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede la partecipazione di vari enti e naturalmente tra questi non potevano mancare i Comuni e le Città Metropolitane che operano a più stretto contatto con i cittadini e quindi le loro attività più di tutte incidono sulla qualità della vita attraverso la corretta gestione dei servizi pubblici. Tali enti quindi sono chiamati a occuparsi di rigenerazione urbana, sviluppo delle reti al fine di rendere l’Italia sempre più digitale, efficiente, pronta a nuove sfide.

Sono chiamati ad occuparsi anche di nuovi impianti e servizi pubblici che possano rendere la vita dei cittadini più semplice. Naturalmente i comuni per poter partecipare hanno bisogno di presentare dei progetti e la redazione di questi non sempre è facile, soprattutto per le entità più piccole che possono avere carenza di personale qualificato, soprattutto se lo stessoha preso servizio qualche decennio fa. Di certo il blocco del turn over non ha favorito il ricambio generazionale.

Accordo ANCI-Invitalia per la gestione del PNRR

Per migliorare la ‘capacity building’ degli enti e redigere piani sostenibili, efficienti, di qualità e veloci c’è quindi stato l’accordo tra L’ANCI, Associazioni Nazionale Comuni Italiani, presieduta dal sindaco di Bari Antonio Decaro e Invitalia, rappresentata da Domenico Arcuri, si tratta dell’Agenzia Italiana per l’attrazione di investimenti che lavora in sintonia con il Ministero dell’Economia e gestisce i vari programmi di aiuto per lo  sviluppo di aziende di piccole, medie e grandi dimensioni.

Il protocollo sottoscritto tra le parti ha una durata di 5 anni e mira ad accelerare la realizzazione degli interventi ricadenti nel PNRR e gestiti a livello comunale. Invitalia metterà a disposizione supporto tecnico e operativo a Città e Comuni e ricoprirà il ruolo di Centrale di Committenza attraverso un percorso standard con procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori necessari a realizzare le varie opere. L’obiettivo è gestire con celerità e soprattutto trasparenza la gestione degli appalti dei lavori evitando le lungaggini che si creerebbero se ogni comune interessato dovesse mettere a punto un proprio piano per l’affidamento dei lavori.

Record per lo sportello unico delle attività produttive

Lo Sportello unico per le attività produttive digitale, gestito dai Comuni in collaborazione con le Camere di Commercio, ha raggiunto un nuovo record, anche per merito dell’alleanza siglata tra Anci e Unioncamere.
Infatti, tra febbraio e giugno 2017, confrontato con lo stesso periodo del 2016, sono aumentati del 38% gli adempimenti online svolti dagli imprenditori per l’avvio e l’esercizio d’impresa attraverso la piattaforma Impresainungiorno.gov.it, tanto da aver raggiunto il numero di 34.737 in media al mese.

Nel dettaglio, in sei mesi di attività, sulla piattaforma sono transitate complessivamente oltre 1 milione e 100mila pratiche amministrative, con oltre 200mila visitatori che ogni mese accedono in media alla piattaforma.

Infocamere, inoltre, ha anche pensato ad un’App per i sindaci, per poter monitorare al meglio la struttura e la dinamica imprenditoriale nel proprio comune. Attraverso questa applicazione, dunque, i sindaci potranno avere a disposizione i dati statistici sulle imprese iscritte, cessate, registrate e attive con sede legale nel proprio comune, ma anche di conoscerne le caratteristiche per natura giuridica e settore di appartenenza, di visualizzarne l’evoluzione confrontandola con quella della regione e dell’intero Paese.

Roberto Pella, vice presidente vicario dell’Anci, ha detto che “l’accordo tra Anci e Unioncamere è una pietra miliare, sulla base della quale costruiremo le azioni future per la diffusione degli Sportelli unici per le attività produttive digitali. Ora vogliamo ulteriormente intensificare l’azione congiunta, sviluppando un programma di incontri con i sindaci. Questo lavoro attua anche le indicazioni della Conferenza Unificata, nella quale Stato, Regioni e Comuni hanno valorizzato uno strumento digitale prezioso per tutto il Paese. Ringrazio infine Unioncamere per aver messo a disposizione dei sindaci il patrimonio informativo del Registro delle imprese attraverso una app. Sarà un valido supporto alle loro scelte strategiche per lo sviluppo del territorio”.

Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ha aggiunto: “Il gioco di squadra tra istituzioni è sempre un fatto positivo per la collettività. Grazie all’accordo con l’Anci, cresce il numero dei Comuni che hanno deciso di avvalersi delle Camere di commercio utilizzando la piattaforma digitale nazionale. Questo è un vantaggio importante per le imprese italiane, che hanno così a disposizione uno strumento agile, interamente digitale e procedure omogenee e standardizzate”.

Vera MORETTI

Fassino sull’Imu: “La riforma dal 2014”

Torna in primo piano la questione dell‘Imu, l’imposta più antipatica agli italiani. A tal proposito, in questi giorni, si è espresso Piero Fassina, presidente dell’ Anci, l’Asoociazione nazionale dei comuni italiani. Ecco le parole del politico:

In tema di Imu in questi giorni circolano troppe notizie imprecise e discordanti sulle quali auspichiamo che il Governo faccia chiarezza. In primo luogo – spiega Fassino – vorremmo che fosse chiaro che i Comuni hanno bisogno di certezze sulle loro entrate. Per questo é necessario che qualunque riforma della fiscalità locale, comunque la si voglia chiamare, entri in vigore dal 2014. È infatti impensabile che per i Comuni sia gestibile, a fine esercizio, una revisione delle imposte 2013″

“Ne discende  – continua il Presidente – che Governo e Parlamento hanno il dovere di garantire ai Comuni, per l’esercizio finanziario 2013, tutte le entrate previste, sia quelle ancora mancanti relative al 2012 (700 milioni di euro) sia le risorse derivanti dalle aliquote imu della seconda rata 2013 gia’ deliberate dai Comuni e unilateralmente sospese dal Governo”.

FR

Conto termico al via in Emilia Romagna

Un plafond di 900 milioni messo a disposizione per la regione Emilia Romagna porterà nuovi incentivi per la produzione di energia termica proveniente da fonti rinnovabili, ma anche per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici.

Il conto alla rovescia è ormai agli sgoccioli, perché per il 20 giugno a Bologna è previsto un incontro pubblico, organizzato da RER e ANCI Emilia-Romagna e con la partecipazione del GSE e della DG Energy della Commissione Europea, finalizzato a informare gli amministratori pubblici, i funzionari degli enti locali, i professionisti, le imprese e le banche sulle modalità di applicazione degli incentivi.

Nella pagina ufficiale dell’evento, dove è possibile compilare il form per iscriversi direttamente, si legge: “Il conto termico rende possibili molti piccoli e medi interventi la cui somma costituirebbe per l’occupazione locale un impulso anticiclico di strategica importanza. L’unità di intenti tra imprese, professionisti, istituti di credito ed enti locali potrà consentire una rapida attuazione degli interventi, tale da sostenere una sorta di “svolta termica” sul territorio regionale, rafforzando il percorso di transizione energetica avviato dagli enti locali con il Patto dei Sindaci”.

Vera MORETTI

ANCI cambia nome e statuto

Cambiamenti in vista per ANCI, l’associazione che rappresenta e tutela i calzaturifici italiani, che, durante l’assemblea straordinaria svoltasi a Bologna, ha deliberato il nuovo statuto in vista della prossima Assemblea nazionale elettiva di giugno.

Tra gli altri provvedimenti, è stato stabilito che l’associazione sia denominata Assocalzaturifici Italiani, anziché ANCI Associazione Nazionale Calzaturieri Italiani.
La decisione è stata dettata sia per dare continuità ad un’operazione di restyling iniziata con il MICAM, sia per risolvere la confusione dell’acronimo con quello dell’associazione nazionale dei comuni italiani.
Durante l’incontro, oltre al nome è stata designata anche la commissione che si occuperà di definire le procedure che porteranno all’elezione del nuovo presidente per il prossimo giugno.

Cleto Sagripanti, attuale presidente di Assocalzaturifici italiani, ha dichiarato: “Il cambio dello statuto e il nuovo nome sono due elementi complementari di una strategia di rinnovamento. Si tratta di un importante momento di passaggio per l’Associazione, che vuole rimanere fedele alla sua storia e alla sua tradizione, ma deve e vuole necessariamente rispondere alle nuove sfide, rendendo efficiente e moderno lo statuto che la regola con l’obiettivo di essere un punto di riferimento sempre più vicino alle imprese“.

Vera MORETTI

Tares, l’Anci insiste: rinviarla al 2014

L’Anci torna alla carica sulla Tares. Fin da subito fortemente contraria alle tempistiche e alle modalità di applicazione della nuova tariffa sui rifiuti solidi urbani, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani fa di nuovo la voce grossa, questa volta in audizione sul decreto legge relativo al saldo dei debiti della PA, davanti alla commissione Speciale della Camera.

Naturalmente lo fa per mezzo del suo presidente Graziano Delrio. Il numero uno dell’Anci ha infatti portato all’attenzione della commissione i problemi che porterà con sé l’accoppiata Tares-Imu per i comuni, chiedendo nuovamente il rinvio della tassa sui rifiuti al 2014. Secondo Delrio, infatti, “la tassa era nata per finanziare i servizi indivisibili dei comuni perché non c’era l’Imu sulla prima casa“. Secondo il presidente, il rinvio a dicembre della Taresva bene, ma continuiamo ad avere dubbi sulla sua natura e quindi insistiamo per un suo rinvio al 2014″. Senza contare che “questo tributo va tutto allo Stato“, ha sottolineato.

In più, Delrio ha rincarato la dose ricordando l’impatto che la Tares avrà sui comuni, in concomitanza con l’Imu: “Sull’Imu abbiamo subito un taglio occulto di quasi un miliardo. I tagli dei fondi sono stati effettuati sulla base del gettito presunto Imu; peccato che si sia calcolato anche il gettito degli immobili di nostra proprietà, su cui ovviamente non paghiamo, pari a 300 milioni. Insistiamo che questi 300 milioni siano tolti dal calcolo“.

Infine, ha precisato Delrio, le riduzioni dei trasferimenti erano commisurate alla differenza fra il gettito Ici e quello dell’Imu. “L’aggiornamento dell’Ici doveva essere sull’ultima rilevazione Istat, ma poi è aumentato e questo ci è costato 400 milioni che nella verifica dovevano essere stornati e restituiti ai Comuni“. Un brusco scossone alle certezze del governo su quello che dovrebbe essere il gettito della tassa.

Scarpe italiane in viaggio per il mondo

 

Si è conclusa da poco la sua edizione milanese, ma MICAM pensa già a volare verso Oriente: dal 9 all’11 aprile infatti si terrà theMICAMshanghai, prima tappa di un progetto più ampio che prevede di portare la fiera della calzatura più importante in Italia a spasso per il mondo. Del resto se il settore calzaturiero del made in Italy ha raggiunto nel 2012 i 3,8 miliardi, il merito è soprattutto dei Paesi extra europei e dei mercati emergenti, dove la domanda continua ad essere trainante.

Infoiva chiude la settimana dedicata alla filiera della calzatura italiana con un’intervista a Cleto Sagripanti, Presidente di ANCI, l’Associazione Nazionale dei Calzaturifici Italiani.

Il 2012 si chiude per il settore calzaturiero tra luci e ombre e il 2013 non si è aperto diversamente. Quali le sensazioni dall’osservatorio privilegiato di ANCI?
Il 2012 è stato un anno difficile per l’economia italiana e il 2013 si è aperto con la riconferma delle criticità sul fronte produttivo e occupazionale, con ovvie conseguenze sul reddito disponibile, sul clima di fiducia delle famiglie e sui consumi. L’auspicata ripresa appare, ancora una volta, rinviata a data da destinarsi. Il calzaturiero, dopo i recuperi del 2010 e 2011, ha dovuto fare i conti nel 2012 con una sensibile contrazione dei consumi nazionali e con il peggioramento della domanda estera, soprattutto sui mercati dell’Unione Europea, che assorbono ben il 70% dei flussi e sui quali viene realizzato il 54% delle vendite estere in valore. Nonostante il quadro negativo, il settore calzaturiero nel suo complesso dà un contributo importante al Paese: il saldo commerciale nei dati preconsuntivi raggiungerebbe i 3,8 miliardi di euro, con un aumento del 12,6% rispetto al 2011. Ciò è dovuto non solo alla tenuta delle esportazioni, soprattutto trainate dalle vendite nei paesi extra-UE, ma anche da una forte frenata delle importazioni. In ogni caso, i numeri che emergono dal preconsuntivo elaborato da ANCI non lasciano dubbi sul momento di difficoltà per il settore: nonostante i buoni risultati degli anni post crisi oggi dobbiamo commentare dati non soddisfacenti in relazione agli sforzi che hanno fatto e stanno facendo le aziende sui prodotti e sugli strumenti commerciali.

Quali sono, oggi, i punti di debolezza e quali quelli di forza della filiera italiana delle calzature?
Oltre alla forte contrazione sul mercato interno, che da anni ormai non è in grado non soltanto di crescere, ma nemmeno di confermare i dati dell’anno precedente, si aggiungono altre difficoltà: vi sono imprese che ormai si rifiutano di lavorare con l’Italia in cui i comportamenti scorretti come i pagamenti ritardati indefinitamente o addirittura gli insoluti sono diventati frequentissimi. Questo non è altro che l’esito di una pressione fiscale eccessiva che risale la filiera e che finisce per danneggiare le imprese due volte, quando pagano le tasse e quando fanno da banca impropria al proprio cliente. Senza contare che la giustizia civile così lenta e inefficiente finisce per allontanare non solo gli investitori stranieri, ma le stesse imprese italiane che trovano all’estero un rischio insoluto inferiore. Tra gli altri mali che affliggono il nostro tessuto produttivo ci sono inoltre la contraffazione e la mancanza di politiche efficaci per l’occupazione e per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
Ma le aziende hanno saputo rimboccarsi le maniche rispondendo alle difficoltà con il cambiamento. Il vero punto di forza della nostra filiera in questi ultimi anni è stato infatti il processo di ripensamento strutturale delle imprese, di cui l’Associazione è promotrice e testimone. Le imprese hanno investito di più in creatività e proposte innovative, ma hanno anche saputo integrare all’antico sapere industriale e creativo quello commerciale e di servizio al cliente. Per questo, il settore ha bisogno di supporti maggiori sia sul fronte della defiscalizzazione delle spese di campionario sia sul fronte della promozione.

Il settore calzaturiero è in grado di fare sistema o ancora si procede in ordine sparso?
Tutti i temi e le battaglie di ANCI hanno senso proprio perché tutti insieme viaggiamo in un’unica direzione. La posta in gioco è troppo alta per permetterci di muoverci da soli, lasciando spazio ai particolarismi. ANCI è un’Associazione forte, che ha saputo confermarsi come strumento reale per fare sistema e permettere di far sentire la propria voce a tutte le aziende calzaturiere, anche a quelle piccole e medie imprese che sono il tessuto e la storia di questo Paese. Penso ad esempio ai tanti sforzi presso le istituzioni europee per ottenere l’etichettatura made in, una battaglia non ancora conclusa ma che si avvia verso una fase cruciale, fondamentale per tutelare la nostra tradizione manifatturiera e la nostra eccellenza produttiva. Una sfida che ANCI ha portato avanti unendo le voci, le istanze e gli sforzi delle aziende calzaturiere italiane.

Nuovi mercati emergenti: più una risorsa per l’export o una minaccia per la concorrenza a basso costo?
Le esportazioni italiane di calzature hanno registrato, secondo i dati Istat dei primi 11 mesi 2012, un incremento del +3,1% in valore, raggiungendo la cifra record di 7,1 miliardi di euro, pur con una flessione del -6,3% in quantità. I prezzi medi – nonostante la severità del contesto economico in molti dei nostri principali Paesi clienti – sono aumentati del 10%, a testimonianza dell’appeal invariato dei prodotti made in Italy.
Per diventare sempre più competitivi ANCI sta promuovendo importanti progetti come theMICAM nel mondo, la cui prima tappa sarà theMICAMshanghai dal 9 all’11 aprile. L’eccellenza italiana è il nostro biglietto da visita e non può essere certo minacciata dalla concorrenza a basso costo, ma non basta. Occorre imparare, conoscere ed esplorare e l’impegno di ANCI è proprio quello di aiutare il posizionamento delle aziende e la loro penetrazione sui nuovi mercati strategici.

Quali sono le prime istanze o richieste che, come ANCI, presenterete al nuovo Governo?
Il mercato non aspetta, eppure questa convinzione sembrano averla solo le imprese e i lavoratori: l’economia reale, quella che da anni attende risposte sul cuneo fiscale e sull’Irap, sembra essere utile solo quando è fonte di reddito fiscale oppure quando serve a coprire i buchi di bilancio. L’ingovernabilità pesa non soltanto sui mercati finanziari ma anche sulle imprese, e in particolare quelle calzaturiere che da anni attendono risposte efficaci. È sempre più urgente, in un momento così complicato del nostro Paese, tornare a parlare di economia reale: da qui nascono le nostre proposte come il recupero di uno strumento finanziario come era la legge 1083, la quale permetteva a soggetti istituzionali nazionali, come le Associazioni di categoria, di finanziare progetti di alto livello, come theMICAMshanghai. Se progetti simili hanno l’ambizione di indicare una via alle aziende e alle Istituzioni che le devono supportare, è altrettanto importante che queste ultime diano segnali di vicinanza reale al mondo delle imprese che sta vivendo un momento molto difficile. Il supporto all’internazionalizzazione, l’abbassamento del cuneo fiscale, le agevolazioni fiscali per le attività di ricerca e sviluppo e le misure per facilitare il credito sono ormai diventati una questione di sopravvivenza per tanti imprenditori.

Che cosa si sente di dire come incoraggiamento per questo 2013 alle migliaia di piccole imprese che operano nel settore calzaturiero?
In un momento così delicato, ma anche carico di possibilità e aperto a nuovi scenari, occorre dare speranza e fiducia alle imprese non con le parole e gli slogan, ma con impegni e fatti concreti. ANCI vuole proprio fare questo, ascoltando e unendo le voci delle aziende per dialogare con i partner istituzionali a vario livello con la forza della propria credibilità e coerenza e anche con durezza, se necessario, gettando così le basi concrete per il futuro per cogliere le opportunità che il mondo e i nuovi mercati ci offrono.

Davide PASSONI

Tares rimandata a dicembre

Dopo polemiche ed infinite richieste, quanto sembrava ormai impossibile da ottenere è arrivato: l’appuntamento con la Tares è infatti stato rimandato a dicembre.
La maggiorazione sulla tassa sui rifiuti, dunque, ci sarà ma non con la prima rata prevista a maggio, che rimarrà invariata.
Nei Comuni in cui la deliberà è già attiva, si procederà a pagare la prima rata della Tares senza aumenti, mentre negli altri si procederà al pagamento della vecchia Tarsu.

Ciò è stato deciso nel corso del vertice tra Anci e Governo, al quale erano presenti i ministri Grilli, Catricalà, Clini e Barca, durante il quale si è discusso anche di debiti PA.

A gioire saranno soprattutto le imprese, poiché la Tares avrebbe implicato un sostanziale rincaro fiscale per le aziende.
Graziano Delrio, presidente Anci, ha dichiarato che questa è la strada giusta da seguire, per evitare “il deficit di liquidità che avrebbe creato grossi problemi alle imprese del trattamento rifiuti”.

Giancarlo Favoccia, segretario nazionale dell’UGL Igiene Ambientale, considera questa delibera una sorta di compromesso, che disattende un auspicato rinvio per “l’applicazione della nuova tariffa al prossimo anno“, garantendo al tempo stesso “le risorse necessarie ai Comuni per far fronte alla grave condizione che si è creata a seguito delle misure varate dal governo Monti”.

Vera MORETTI

Se la PA non paga, l’impresa crolla (e anche il Paese)

 

Il rischio è quello di un cedimento strutturale: dell’impresa prima, del Paese poi.  Sono 19 i miliardi di euro che la PA deve ancora alle imprese impegnate nell’edilizia e nelle opere pubbliche in Italia; pagamenti non ancora onorati che se procrastinati, potrebbero costare alle imprese un conto salatissimo, la chiusura dell’azienda.

Mentre ieri si è svolta a Roma la Manifestazione promossa dall’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, per gridare il loro no al Patto di Stabilità che strangola le imprese, Infoiva ha incontrato Paolo Buzzetti, Presidente di ANCE, l’associazione che riunisce i costruttori edili.

Quante sono le imprese vostre associate colpite dalla piaga del ritardo dei pagamenti da parte delle PA?
Quasi tutte le pubbliche amministrazioni pagano in ritardo. In media le imprese attendono 8 mesi in più per vedersi onorare il corrispettivo dovuto ma spesso si arriva anche a due anni. Per questo tutte le nostre aziende che lavorano con la PA , su tutto il territorio nazionale, subiscono l’odioso fenomeno. Un malcostume che per le imprese di costruzione si traduce in 19 miliardi di crediti non pagati.

Quanto è pericolosa per la piccola e media impresa oggi la combinazione fra crisi economica e ritardo nei pagamenti delle PA?
Stretta del credito da parte delle banche e ritardati pagamenti sono un cocktail micidiale per le imprese che di fronte alla mancanza di liquidità non hanno soluzioni se non quella di chiudere. Un meccanismo che ha toccato anche le imprese sane, quelle con lavori in portafoglio, che si sono trovate nell’impossibilità di proseguire i lavori, di pagare i propri dipendenti e i fornitori. Un intero settore industriale, quello delle costruzioni, che rischia di scomparire. Gli sforzi seppur apprezzabili del ministro Passera e del Viceministro Ciaccia hanno però solo scalfito un macigno fatto di politiche depressive e reiterate nel tempo. E’ necessario, quindi, intervenire subito e con maggiore coraggio.

Come commenta la presa di posizione da parte dell’ANCI di affrontare il problema sforando il patto di stabilità per pagare le imprese?
Insieme ai Comuni siamo stati i primi a denunciare l’effetto perverso che un’applicazione così restrittiva del patto di stabilità stava producendo sul tessuto economico e sulle imprese e per questo abbiamo promosso in collaborazione con l’Anci l’iniziativa pubblica del 21 marzo. Una platea di sindaci e imprenditori compatta nel chiedere al Governo un piano immediato di sblocco dei fondi degli enti locali già disponibili. Già nel 2010 tutta la filiera dell’edilizia raccolta negli Stati generali scese in piazza per manifestare una situazione che ormai era divenuta insopportabile. Oggi, a distanza di tre anni, il debito della Pa nei confronti delle imprese di costruzione è cresciuto a dismisura e quasi nullo è stato l’effetto della certificazione dei crediti che il governo Monti ha introdotto nella speranza di smuovere qualcosa. Come sempre il problema va risolto all’origine e cioè è necessario un allentamento del patto di stabilità altrimenti tutti gli sforzi risultano vani e per pagare le imprese non rimane alle amministrazioni che sforare il patto.

Il ritardo nei pagamenti della PA è un male tutto italiano. Perchè?
Il livello del debito pubblico italiano e la necessità di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 hanno imposto all’Italia sacrifici ingenti. Gli enti locali sono stati costretti a tagliare e questo ha generato un meccanismo a cascata che ha finito per sacrificare l’anello più debole ossia le imprese. La cosa più grave è che per tutto questo tempo si è nascosto il problema sotto il tappeto, utilizzando un artificio contabile che fa emergere il debito nel bilancio della Pa solo quando viene pagato. Paradossalmente in questo modo non pagare le imprese significa non avere debiti e quindi essere virtuosi, cosa che in realtà non è. Così facendo non si è fatto altro che scaricare sulle aziende le inefficienze dello Stato.

Quali sono le prime misure che chiedete di mettere in campo al nuovo Governo per fronteggiare questa emergenza?
Sono necessarie poche azioni concrete. Innanzitutto occorre definire un piano effettivo di smaltimento dei debiti pregressi della PA per lavori eseguiti, da concordare con le istituzioni europee come misura una tantum. Proprio su questo punto negli scorsi giorni i Vicepresidenti della Commissione europea Rehn e Tajani hanno aperto a un’ipotesi di superamento dei vincoli del patto di stabilità per il pagamento delle imprese. Con l’Anci abbiamo proposto un Piano in tal senso che prevede lo sblocco di 9 miliardi di euro di fondi disponibili solo nel 2013, una boccata d’ossigeno per le aziende. Ma per modificare davvero questo malcostume occorre inoltre rivedere il Patto di stabilità interno, introducendo una golden rule che salvaguardi la componente di investimento nei bilanci delle amministrazioni pubbliche e applicare pienamente la direttiva europea sui ritardati pagamenti per i nuovi contratti anche nel settore dei lavori pubblici.

Alessia CASIRAGHI