Parità di genere nei consigli di amministrazione delle società. Impegno del ministro Orlando

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali  Andrea Orlando ha partecipato nei giorni scorsi al Consiglio dell’UE su Occupazione, Politica sociale, Salute e Consumatori (EPSCO) e da questa sede ha preso l’impegno per il recepimento in breve tempo della direttiva dell’Unione Europea per la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società.

Parità di genere in Europa

La parità di genere è un obiettivo che tutti si pongono ma di fatto sono persistenti gli squilibri, in tutta Europa e in particolare In Italia. Purtroppo le donne faticano a raggiungere ruoli di leadership e le statistiche dimostrano che ciò non è dovuto a una formazione non adeguata o a scarse capacità, ma a un fattore culturale che tende a ostacolare la carriera delle donne e a un costante impegno nella cura della famiglia che le porta ad avere minore tempo a disposizione per il lavoro.

Dai dati raccolti emerge che nell’ottobre 2021 le donne rappresentavano soltanto il 30,6% dei membri dei consigli di amministrazione e appena l’8,5% dei presidenti dei consigli di amministrazione, il divario all’interno degli Stati Membri è ancora più ampio. I Paesi che hanno raggiunto risultati migliori sono quelli in cui sono state adottate politiche attive per incentivare la presenza delle donne in ruoli gestionali o di comando. Si sottolinea anche che in realtà nell’Unione Europea il 60% dei laureati è donna, questo vuol dire che inserire donne nei consigli di amministrazione delle società vuol dire avere una maggiore probabilità di inserire personale qualificato.

Le misure adottate in Italia per colmare il gender gap

Le misure che si stanno proponendo nel tempo sono numerose, alcune blande, altre più incisive non da ultimo in Italia l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio. Lo stesso per ora è attivo nei confronti dei dipendenti del settore privato e a breve sarà disponibile anche per i lavoratori del settore pubblico. Per approfondimenti leggi:

Congedi per padri lavoratori e tutela paternità: disciplina

Congedo di paternità: a breve sarà esteso anche ai dipendenti pubblici

Un’altra misura che tende ad agevolare il ritorno delle donne al lavoro dopo la gravidanza è il bonus nido, una delle poche misure di welfare che non è stata toccata dalla normativa sull’Assegno Unico proprio perché si tratta di una misura specifica che agevola le donne nel faticoso impegno per coniugare i tempi di vita e di lavoro.

Ora con questa direttiva l’obiettivo non è semplicemente favorire la presenza delle donne nel mondo del lavoro, ma aiutarle in modo attivo ad avere un ruolo di leadership andando così a colmare il gender gap.

Cosa prevede il testo della direttiva per la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società?

La nuova direttiva prevede che entro il 2027 le società debbano introdurre dei correttivi che consentano di raggiungere il 40% di membri del sesso sotto-rappresentato per gli amministratori senza incarichi esecutivi, o il 33% per tutti i membri del consiglio di amministrazione. Saranno gli Stati Membri a dover scegliere tra questi due obiettivi quale intendono applicare. Ricordiamo che la direttiva richiede uno “sforzo” attivo da parte degli Stati Membri quindi non è immediatamente applicabile, di conseguenza gli Stati hanno un piccolo (a volte ampio) margine di manovra.

La normativa prevede che nel caso in cui siano presenti candidati con pari qualifiche di idoneità, competenze e rendimento professionale, sia assicurata la nomina del sesso sotto-rappresentato. La disciplina, come si può notare, non parla in modo univoco di tutela delle donne, ma di tutela del sesso sotto-rappresentato, quindi anche nel caso in cui dovesse presentarsi una situazione inversa, cioè un consiglio di amministrazione formato in prevalenza da donne, dovrà essere assicurata la piena rappresentanza anche degli uomini.

I Paesi che hanno già ottenuto buoni risultati inerenti la parità di genere in posizione di leadership possono sospendere i requisiti in materia di nomina o elezione previsti dalla direttiva.

Incontro tra il CNN e il Ministro della Giustizia

Lo scorso 2 febbraio si è tenuto, a Roma, l’incontro voluto dal Consiglio Nazionale del Notariato in presenza di Andrea Orlando, Ministero della Giustizia, insieme ai neo notai vincitori del concorso bandito nel 2013 e nel 2014, che stanno già prestando esercizio ma in attesa di nomina. A loro, si aggiungeranno presto coloro che hanno sostenuto le prove scritte lo scorso autunno, per un totale di 950 nuove sedi notarili.

Tra i vincitori degli ultimi concorsi, la media è di 35 anni e ormai per il 50% si tratta di donne, ma è una percentuale destinata ad aumentare. Il 34%, invece, ha meno di 5 anni di anzianità.

L’incontro con i neo notai, i 92 presidenti dei Consigli dei distretti in cui saranno dislocate le loro sedi, i Presidenti dei comitati regionali e delle principali associazioni di categoria è stata l’occasione per un confronto volto a fornire le chiavi di accesso allo svolgimento della pubblica funzione sia dal punto di vista organizzativo e deontologico, sia sotto il profilo della declinazione dei valori di cui la figura del notaio è garanzia.

A questo proposito, Salvatore Lombardo, Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, ha dichiarato: “E’ in atto un importante turnover della categoria: nel giro di poco tempo entreranno in servizio circa 1000 neo notai. Le nuove leve devono assumere piena consapevolezza del proprio ruolo pubblico. Essere notaio – pubblico ufficiale significa essere super partes: garantire la certezza dei diritti, nel rispetto della legalità, e tutelare i contraenti più deboli nei confronti delle controparti più forti, eliminando le asimmetrie informative. Nonostante l’evoluzione della società l’esigenza di certezza del diritto rimane la stessa. Il notariato negli ultimi 10 anni ha lavorato per offrire soluzioni sempre più avanzate sotto il profilo giuridico, anticipando a volte il legislatore, ed efficienti sotto il profilo tecnologico, indirizzando l’attività nella direzione della sua completa digitalizzazione e migliorando contemporaneamente la posizione dell’Italia nelle classifiche della competitività mondiale, come riconosciuto dalla stessa World Bank nel cd. rapporto Doing Business”.

Vera MORETTI

 

Un decreto legge per favorire l’accesso al credito

Diciamo la verità: il problema dell’accesso al credito è ancora molto presente e rappresenta un vero e proprio cruccio per molte aziende italiane, soprattutto se di piccole e medie dimensioni.

Per questo motivo, il Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell’Economia e delle Finanze Pietro Carlo Padoan e della Giustizia Andrea Orlando, ha approvato un decreto legge recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria.

Da una nota del Consiglio dei Ministri: “Tutte le misure muovono da un principio comune: un’azienda con problemi rischia di trascinare con sé altre imprese (fornitori di beni e servizi e intermediari finanziari) continuando a contrarre obbligazioni che non potrà soddisfare”. Affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale consente di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario, o di risanare l’azienda, con benefici sul piano occupazione e più in generale tutelando il tessuto economico contiguo”.

Il decreto legge prevede alcune importanti misure, come:

  • Accesso al credito nel corso di una crisi aziendale: il Tribunale può autorizzare finanziamenti interinali anche nel caso di concordato in bianco e in via d’urgenza anche senza attestazione di un professionista, sentiti i creditori principali. In questo modo si aumentano le possibilità di riuscita di piani di risanamento dell’impresa in crisi.
  • Apertura alla concorrenza nel concordato preventivo – offerte concorrenti: offerte per l’acquisto dei beni possono essere presentate – oltre che dal debitore – anche da terzi, purché migliorative e comparabili. In questo modo si evita la svalutazione abusiva del patrimonio.
  • Apertura alla concorrenza nel concordato preventivo – proposte concorrenti: il concordato preventivo può essere presentato anche dai creditori quando la proposta del debitore non prevede la soddisfazione di almeno il 25% dei crediti chirografari, purché si tratti di proposta migliorativa. In questo modo si favorisce l’immissione di nuovi capitali nell’impresa in crisi e la corretta valorizzazione del patrimonio del debitore.
  • Ristrutturazione dei debiti: l’accordo può essere concluso con il 75% dei creditori finanziari, se questi rappresentano almeno la metà dell’indebitamento, fermo l’integrale pagamento dei creditori non finanziari (per esempio altre imprese fornitrici di beni e servizi). In questo modo si evita che alcuni crediti finanziari possano bloccare l’esito della procedura, e quindi si favorisce un risanamento precoce.
  • Curatore fallimentare: la figura del curatore fallimentare viene distinta da quella del commissario giudiziale – le due vengono rese incompatibili – e deve essere in grado di completare i propri adempimenti entro i termini, pena la revoca. In questo modo si garantisce la terzietà del commissario e si riducono i tempi delle procedure di fallimento.
  • Operazioni di vendita: le operazioni di vendita vendono rese più rapide e tali da migliorare il valore realizzato, grazie alla gestione prioritaria per via extra giudiziale, alle modalità di determinazione del prezzo di vendita, ai criteri di aggiudicazione e ai costi per la pubblicità.
  • Deducibilità delle perdite: il regime di deducibilità ai fini Ires e Irap delle svalutazioni crediti e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione viene modificato introducendo, al posto della deducibilità annuale in misura di un quinto per ciascun anno, la deducibilità integrale di tali componenti negativi di reddito nell’esercizio in cui sono rilevati in bilancio. In questo modo si incentivano le imprese del credito a dismettere crediti incagliati così da alimentare il margine patrimoniale per la concessione di nuovo credito.

Vera MORETTI

Ddl concorrenza, il notariato passa all’azione

C’era da aspettarselo. Dopo che il Consiglio Nazionale del Notariato aveva sollevato nei giorni scorsi più di un’osservazione sul ddl concorrenza (così come hanno fatto anche i commercialisti), ora è passato all’azione chiedendo al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, garante dello Stato di diritto italiano, un incontro urgente per rappresentare i rischi connessi all’approvazione di alcune disposizioni contenute nel ddl concorrenza, approvato venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri.

Il notariato condivide i suggerimenti dell’Ocse in materia di professioni regolamentate, ma è contrario a quella parte del ddl concorrenza che, peraltro non indicata dalle organizzazioni internazionali, porta con sé potenziali effetti distorsivi della concorrenza, che alterano il mercato e creano condizioni di svantaggio competitivo in danno dell’utenza.

Il ddl concorrenza, infatti, prevede l’eliminazione del controllo preventivo di legalità del notaio per le transazioni relative a beni immobili ad uso non abitativo fino a 100mila euro di valore catastale e la costituzione di alcune tipologie di società (Srl semplificata e società semplici).

Come segnalato anche da Confprofessioni, questo ddl concorrenza, dice il notariato, consegna il mercato dei servizi professionali alle lobby delle banche e delle assicurazioni e a pagarne le conseguenze saranno i cittadini e i professionisti. L’imparzialità, la terzietà e il controllo antiriciclaggio garantiti dall’intervento notarile rischiano di essere cancellati unitamente alle altre garanzie che il sistema professionale italiano offre ai cittadini.

A Roma il Congresso Nazionale del Notariato

Il Rome Cavalieri si appresta ad ospitare, il 6 e 7 novembre, il 49° Congresso Nazionale del Notariato dedicato al tema: “Il contributo del Notariato per la competitività del Paese”.

Giovedì 6 novembre avrà luogo la sessione aperta al pubblico, e precisamente dalle 9.30 alle 13.30, quando avranno luogo gli interventi del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando e del Ministro per le riforme costituzionali e rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, oltre al Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, Maurizio D’Errico.

Il Congresso affronterà le tematiche della competitività del Paese e il contributo che il Notariato può dare, in termini di “sicurezza giuridica” delle transazioni economiche, per il rilancio economico e sociale del sistema-Italia.

Al tema competitività sarà dedicata la tavola rotonda dalle ore 11.45 – 13.30 alla quale parteciperanno Alberto Baban, Presidente di Piccola Industria di Confindustria; Edoardo Battisti, Vice capo di Gabinetto Ministero dello Sviluppo Economico; Arturo Bris, Professore di Finanza, IMD Business School di Losanna e Direttore del World Competitiveness Center; Riccardo M. Monti, Presidente dell’ICE- Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane; un rappresentante del Consiglio Nazionale del Notariato.

Vera MORETTI

Divorzio breve, è la volta buona?

Quella del cosiddetto “divorzio breve” è una questione che periodicamente si ripresenta in Italia, per diversi motivi. Intanto perché le cause relative a questo ambito contribuiscono non poco ad aumentare l’arretrato civile, che non è di lieve entità: si parla di 5,4 milioni di cause. Poi, per tutto il retaggio cattolico che permea la cultura del nostro Paese e che, secondo molti, è il vero ostacolo a un’evoluzione più moderna dell’istituto del divorzio.

Fatto sta che anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha annunciato, tra le misure per fronteggiare l’enorme mole di processi civili pendenti, un provvedimento in materia di divorzio breve. Il Guardasigilli ha esposto il proprio programma in commissione Giustizia, al Senato e, tra le quattro emergenze da affrontare subito (arretrato civile, lotta alla criminalità organizzata, mancanza di personale e sovraffollamento carcerario), quella dell’arretrato civile, lo preoccupa maggiormente. Ecco perché Orlando vorrebbe fare in modo che le cause pendenti che ingolfano i tribunali siano risolte con procedure alternative o trasferite in una sede arbitrale. Tra esse vi sono separazioni e divorzi.

All’inizio del mese, dalla Commissione giustizia della Camera era stato licenziato un testo bipartisan sul divorzio breve presentato da Alessandra Moretti (Pd) e Luca D’Alessandro (Fi), da discutere in aula entro maggio. Punti salienti erano che tra la separazione e il divorzio dovesse passare un anno, invece dei tre previsti oggi (9 mesi se la coppia non ha figli minorenni) e che la decorrenza del tempo partisse non dalla prima udienza di fronte al presidente del Tribunale, ma dal deposito della domanda di divorzio.

Un testo buono, sul quale Orlando è intervenuto inserendo la novità dell’accordo senza tribunale, sul modello francese: basterebbe l’accordo tra gli avvocati. Un modello proposto a gennaio dal ministro della Giustizia transalpino Christiane Taubira, che ha commissionato anche un rapporto per verificare la possibilità che sia un cancelliere e non un giudice a sancire i divorzi consensuali. Anche in Francia, come da noi, lo scopo della proposta è quello di decongestionare i tribunali civili. Secondo il ministro, “l’accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell’intervento giurisdizionale, tranne nei casi di figli minori o portatori di grave handicap”. Staremo a vedere quale destino avrà questa proposta…