Bonus genitori separati: pubblicato il decreto operativo

Nella Gazzetta Ufficiale del 26 ottobre 2022 è stata pubblicato il decreto operativo per il Bonus genitori separati o divorziati.

A chi spetta il bonus genitori separati

Il contributo è stato istituito con il decreto legge del 2021 mentre i criteri per l’erogazione sono stati definiti con il decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio 2022, si tratta quindi di un lungo iter che finalmente sembra essere arrivato al punto definitivo.

Hanno diritto al bonus i genitori separati o divorziati che devono provvedere al mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni con handicap grave e che non hanno ricevuto dall’altro genitore l’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione.

Il bonus viene riconosciuto nel caso in cui l’inadempimento dell’altro genitore sia dovuto a cause indipendenti dalla volontà di questo:

  • in caso di cessazione, riduzione o sospensione dell’attività lavorativa dell’ex, a decorrere dall’8 marzo 2020 e per almeno 90 giorni;
  • in caso di riduzione del reddito pari almeno al 30 per cento rispetto a quello percepito nel 2019.

Sono previsti requisiti economici anche per il richiedente che deve avere un reddito inferiore o uguale a 8.174 euro. Affinché si possa ottenere il bonus genitori separati è necessario che l’assegno di mantenimento non sia stato versato o sia stato versato solo in parte nel periodo compreso dall’8 marzo 2020 al 31 marzo 2022 cioè nel periodo compreso tra l’emergenza covid.

A quanto ammonta il bonus genitori separati

Il bonus genitori separati può avere un importo massimo di 800 euro mensili e viene erogato per massimo 12 mensilità. L’importo è comunque commisurato all’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione, cioè se l’importo previsto era inferiore a 800 euro mensili viene corrisposto quell’importo e non quello massimo. Inoltre l’importo sarà determinato in base alle domande pervenute nel limite dei fondi disponibili che sono 10 milioni di euro.

La domanda dovrà essere presentata attraverso il portale del Dipartimento per le politiche della famiglia . La nuova piattaforma deve ancora essere lanciata quindi è necessario attendere ancora qualche giorno per poter proporre la domanda.

I dati da inserire nella domanda per il bonus genitori separati

La domanda deve essere presentata dal coniuge che doveva percepire l’assegno di mantenimento in favore dei figli. Questi, oltre a indicare le sue generalità, deve indicare:

  • l’importo dell’assegno di mantenimento di cui è titolare il richiedente, relativo al periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 marzo 2022, e l’ammontare delle somme non versate a titolo di mantenimento;
  • se l’ex coniuge percepisce redditi da lavoro dipendente;
  • l’ammontare del reddito del richiedente;
  • la dichiarazione attestante il nesso di causalità tra l’inadempienza e l’emergenza epidemiologica da COVID-19
  • codice iban e indirizzo di posta ( ordinaria o elettronica).

In prescrizione l’assegno di mantenimento, la guida

L’assegno di mantenimento può andare in prescrizione. Può sembrare una stranezza ma è esattamente così. Infatti non richiedere l’assegno di mantenimento al proprio ex è una cosa da non fare. Si rischia di perdere il diritto.

Ecco o tempi per richiedere all’ex coniuge le spettanze che il giudice ha deciso di concedere al richiedente

Richiedere gli alimenti all’ex coniuge presuppone un adempimento ben specifico se nonostante la sentenza di un giudice i pagamenti non arrivano. E si tratta di un adempimento da effettuarsi in tempi prestabiliti. La pena è sempre la stessa, come per ogni pagamento di questo genere. Si rischia la prescrizione, cioè la perdita del diritto alla prestazione da parte di chi non adempie. Perdere il diritto significa decadere da ogni eventuale beneficio.
Ne parla bene una guida della Legge per Tutti. Alla pari di qualsiasi altra prestazione, ma anche di qualsiasi credito, se non si interviene per tempo si perde tale diritto. Esiste una scadenza oltre alla quale non si può più fare valere il proprio diritto. Ed anche l’assegno di mantenimento non fa eccezione. Gli alimenti da chiedere all’ex coniuge hanno una scadenza oltre la quale non si può più rivendicare il relativo pagamento.
Chi credeva che questo fosse un diritto senza scadenza deve ricredersi. Anche un assegno di mantenimento dovuto all’ex moglie o ai figli va in prescrizione, nonostante sua stato assegnato da una sentenza di separazione e di divorzio da parte di un giudice.

Tempi tecnici di richiesta e prescrizione dell’assegno di mantenimento

Quando il coniuge beneficiario di un assegno di mantenimento, per l’importo stabilito dal giudice nel divorzio o nella separazione, non lo richiede per tempo, perde il diritto. E i termini entro cui presentare richiesta, che sono i medesimi e coincidono con quelli di prescrizione, sono stabiliti per legge. Ed anche la giurisprudenza ci ha messo del suo, con numerose sentenze che hanno creato i precedenti.
Come dicevamo, anche il mantenimento rientra nei pagamenti periodici che, se mancanti, possono dare diritto a chi non li ha ricevuti di richiederli. E come tutto i pagamenti di questo tipo decadono se la richiesta non sopraggiunge in un determinato lasso di tempo. Nel dettaglio, ci sono 5 anni per richiederli. Lo prevede il Codice Civile, nel dettaglio, l’articolo n° 2948.
La prescrizione riguarda qualsiasi obbligo di pagamento periodico stabilito dalla legge, che sia un pagamento impostato per anno o per frazione di anno.

Come fare per evitare la prescrizione dell’assegno di mantenimento

Parlare di prescrizione per l’assegno di mantenimento è come parlare di prescrizione per una cartella esattoriale. Infatti per evitare che il diritto scada, chi non riceve il pagamento nonostante il giudice lo abbia sancito, può adoperarsi. Come? Sollecitando l’ex coniuge a provvedere. Ogni atto, come una lettera di diffida ad adempiere o un semplice sollecito di pagamento, blocca la prescrizione. E fa ripartire il conteggio dei 5 anni da zero. Naturalmente il sollecito o la diffida ad adempiere deve sopraggiungere con strumenti tracciabili e con data certa. PEC o raccomandata con ricevuta di ritorno per esempio. Infatti la semplice diffida a voce, o con qualsiasi altro mezzo che non prevede una ricevuta o una copia di avvenuto invio o trasmissione o di ricevimento, può non farla considerare attendibile.

Assegno di mantenimento al coniuge: si conta nel reddito di cittadinanza?

Per ottenere il reddito di cittadinanza uno degli elementi fondamentali è avere un ISEE non superiore a 9.360 euro. L’ammontare del reddito di cittadinanza che effettivamente si può percepire dipende dal reddito ISEE, quindi più è alto e minori sono gli importi che si possono ricevere. Naturalmente una separazione/divorzio va ad incidere sulla situazione economica degli ex coniugi. Molti si chiedono: l’assegno di mantenimento al coniuge si conta nel reddito di cittadinanza?

Come cambia il reddito ISEE in seguito alla separazione/divorzio?

La prima distinzione di fatto è tra separazione e divorzio. La separazione è una situazione transitoria destinata a sfociare in un divorzio oppure in una riconciliazione (cosa rara). Con il provvedimento del giudice che autorizza a vivere separati, di fatto un coniuge lascia l’abitazione coniugale ed esce dal nucleo familiare. Questo è importante perché si determina un nuovo reddito ISEE. In questo caso l’assegno di mantenimento disposto da un coniuge verso l’altro è considerato reddito imponibile e di conseguenza deve essere dichiarato ai fini della dichiarazione ISEE.

Per determinare il reddito ISEE occorre però anche considerare l’affidamento dei figli. Di solito viene disposto l’affidamento congiunto con collocamento presso uno dei genitori. In questo caso i figli rientrano nel nucleo familiare, ai fini ISEE, del genitore presso il quale sono collocati. Per espressa previsione normativa, il mantenimento in favore dei figli disposto a carico di un genitore non rientra nel reddito imponibile del genitore collocatario.

Deriva da ciò che ai fini della determinazione del reddito ISEE si tiene in considerazione solo l’assegno di mantenimento in favore del coniuge, mentre non concorrono gli assegni disposti in favore dei figli. Il parametro però per misurare l’ISEE è il nucleo familiare composto anche dai figli. Da ciò si intuisce che un ex coniuge con figli collocati presso di lui avrà un reddito ISEE più basso rispetto al caso in cui i figli non siano presso di lui collocati.

Chi percepisce l’assegno di mantenimento può ricevere il reddito di cittadinanza?

Dalla premessa fatta si evince il diritto a percepire il reddito di cittadinanza per il coniuge che riceve l’assegno di mantenimento. L’importo del reddito di cittadinanza (che ricordiamo non può essere totalmente prelevato in forma liquida e non può essere usato in modo indiscriminato per tutti gli acquisti)  dipende molto dall’ammontare dell’assegno stesso, dalla titolarità di altri beni che concorrono a determinare il patrimonio, dalla disponibilità del diritto di abitazione sulla casa coniugale.

Naturalmente le disposizioni possono variare con il divorzio che rende definitiva la fine degli effetti civili del matrimonio e in un certo senso cristallizza la situazione. Ad esempio, il coniuge potrebbe chiedere la liquidazione una tantum e quindi rinunciare all’assegno di mantenimento mensile. In questo caso si potrebbe percepire una somma più elevata di reddito di cittadinanza. Il giudice potrebbe anche disporre il mantenimento solo per un periodo limitato di tempo, ciò in relazione all’età dell’ex coniuge e dalle reali possibilità di trovare una collocazione lavorativa adeguata alla formazione. In ogni caso anche in seguito al divorzio il reddito ISEE sarà calcolato tenendo in considerazione anche l’eventuale assegno di mantenimento percepito.

Chi versa il mantenimento può chiedere una revisione del provvedimento se l’ex coniuge percepisce il reddito di cittadinanza?

Provando però a fare il ragionamento a contrario emergono dei particolari interessanti. L’ex coniuge versava un determinato assegno di mantenimento, a un certo punto scopre che il beneficiario ha chiesto e ottenuto il RdC e quindi le sue condizioni economiche sono effettivamente cambiate. Può chiedere la revoca o la riduzione dell’assegno di mantenimento? La situazione è dubbia perché sembra un cane che si morde la coda. Infatti, nel determinare l’ammontare del Reddito di Cittadinanza, gli importi dell’assegno di mantenimento già sono stati considerati. Nel frattempo è però vero che il reddito è comunque aumentato. Il coniuge che versa potrebbe chiedere una riduzione. Spetta poi al Giudice decidere, sulla base di vari fattori da valutare, tra cui anche la temporaneità del Reddito di Cittadinanza, se ridurre gli importi a carico dell’ex coniuge o addirittura liberarlo da tale onere.

Riduzione assegno di mantenimento all’ex coniuge: come sapere se percepisce pensione?

Per chi versa l’assegno di mantenimento è determinante conoscere la situazione reddituale dell’ex coniuge. Se, ad esempio, la moglie ha sempre lavorato ma prima del divorzio era disoccupata, l’accesso alla pensione della donna potrebbe determinare la fine dell’obbligo di mantenimento da parte dell’ex marito. In caso di cambiamento dei redditi percepiti, infatti, può essere richiesta la revisione delle condizioni di mantenimento (diminuzione o revoca dell’assegno). E allora come fare a sapere se l’ex coniuge percepisce la pensione? Si può consultare l’archivio dell’Inps per capire se la situazione reddituale dell’altro è mutata? O esistono altri modi?

In questo articolo non solo spiegheremo come richiedere l’accesso all’archivio dell’Inps con le pensioni di tutti i cittadini per capire se l’ex coniuge la percepisce, ma forniremo anche indicazioni su come capire la situazione reddituale senza autorizzazione del tribunale.

Archivio delle pensioni: chi può accedere?

L’Inps, come ogni altro ente previdenziale, ha un archivio in cui sono registrati tutti i nomi dei beneficiari delle prestazioni previdenziali e assistenziali che eroga. Ovviamente, un privato cittadino non può consultarlo liberamente. Ma questo archivio è collegato all’Anagrafe Tributaria (il database che l’Agenzia delle Entrate utilizza per risalire ai redditi dei contribuenti) alla quale, nel rispetto di determinate condizioni, può accedere chiunque.

Per farlo, però, è necessario seguire un preciso iter poiché dall’Anagrafe tributaria non emergerà solo la pensione percepita dall’ex coniuge ma anche tutti i redditi che percepisce a qualsiasi titolo (eventuali redditi da locazioni, eventuali redditi da lavoro, collaborazioni, ecc…). E non tutti, indistintamente, possono accedere all’Anagrafe tributaria. Per i privati l’accesso è previsto solo in determinati casi che sono:

  • necessità di recuperare un credito attestato da una sentenza, una cambiale, un assegno o un decreto ingiuntivo;
  • necessità di accertare il reddito dell’ex coniuge per il riconoscimento o la revisione dell’assegno di mantenimento.

Anagrafe tributaria: come fare se si vanta un credito?

Nel caso si vanti un credito attestato, per poter accedere alla consultazione dell’archivio dell’Anagrafe tributaria è necessario prima presentare al debitore un atto di precetto (una sorta di sollecito al pagamento delle somme dovute) e solo dopo presentare istanza al tribunale per ottenere l’autorizzazione alla consultazione dell’archivio Inps dell’Anagrafe tributaria.

Ottenuta l’autorizzazione dal tribunale a eseguire l’indagine all’interno dell’archivio dell’Inps è l’ufficiale giudiziario che ricerca, in modalità telematica tutte le informazioni rilevanti e tutti i crediti che è possibile pignorare, compresa la pensione. Al termine dell’esplorazione, poi, l’ufficiale giudiziario stilerà un verbale in cui indicherà quali sono tutte le banche dati che ha interrogato e quali sono stati i risultati della ricerca. In questo modo, non sicuramente facile, si può sapere se l’ex coniuge percepisce la pensione.

C’è sempre il diritto di consultare le dichiarazioni dei redditi dell’ex coniuge?

Nella maggior parte dei casi l’indagine viene svolta dall’ex coniuge per sapere se ci sono redditi con i quali chiedere, magari, la revisione dell’assegno di mantenimento. Per procedere con la richiesta di revisione, infatti, è necessario rivolgersi al tribunale e agire in causa ed è sempre meglio farlo quando si hanno prove tangibili in mano (l’ex coniuge percepisce una pensione, ad esempio, che prima non percepiva, ha trovato un lavoro oppure ha ottenuto un aumento di stipendio).

E’ possibile conoscere tutti i redditi dell’ex coniuge senza la necessità di richiedere autorizzazioni e in modo legale. È bene sapere che spiare i redditi dell’ex coniuge non richiede autorizzazioni. Per poter consultare l’archivio del Fisco basta avere un giustificativo meritevole di tutela e nel caso di specie la motivazione è proprio la revisione dell’assegno di mantenimento.

Per avere una riduzione o un aumento dell’assegno di mantenimento, infatti, l’interessato può rivolgersi all’Agenzia delle Entrate, che gestisce l’Anagrafe Tributaria, per richiedere una visione dei redditi dell’ex coniuge. E sapere, in questo modo, anche se percepisce la pensione.

In un primo momento per avere l’accesso veniva richiesta all’ex coniuge l’autorizzazione del tribunale che, però, la rilasciava solo una volta avviata la causa per la revisione dell’assegno di mantenimento. Diverse sentenze del Tar del Lazio, del Tar della Campania, del Tar della Puglia e del Tar della Lombardia però, hanno preso un orientamento diverso stabilendo il diritto della persona separata o divorziata (o in procinto di farlo) di richiedere all’Agenzia delle Entrate la visione della dichiarazione dei redditi dell’ex coniuge per poter avviare una causa di revisione dell’assegno di mantenimento.

Come sapere se l’ex coniuge percepisce la pensione

Non è necessario ottenere l’autorizzazione del giudice per verificare i redditi dell’ex coniuge e l’interessato può richiedere direttamente all’Agenzia delle Entrate di avere accesso alle sue dichiarazioni dei redditi. Il nuovo processo amministrativo, infatti, sancisce un vero e proprio diritto di accesso agli atti amministrati per chi ha un interesse quantificato a visionarli.

Presentata la domanda all’Agenzia delle Entrate si dovrà attendere un tempo massimo di 30 giorni entro i quali l’AdE dovrebbe fornire una risposta. In assenza di un responso o in caso di rigetto della domanda ci si dovrà rivolgere al Tar per presentare ricorso contro il silenzio dell’Agenzia delle Entrate o contro il suo diniego.

Assegno di mantenimento: reclusione per chi non paga

Il genitore che non paga l’assegno di mantenimento rischia la reclusione e la Corte di Cassazione in diverse pronunce ha confermato tale orientamento.

Articolo 570 bis del codice penale: reclusione per chi non paga il mantenimento

La disciplina è prevista dall’articolo 570 bis del codice penale, introdotto con il decreto legislativo 21 del 2018, prevede l’estensione delle pene dell’articolo 570 del codice penale anche al genitore separato, divorziato o nei cui confronti sia stata riconosciuta la nullità del matrimonio. L’articolo 570 del codice penale a sua volta prevede la reclusione fino a un anno e la multa da 103 a 1032 euro per il genitore che faccia mancare i mezzi di sussistenza ai figli.

La norma prevede che tale pena si applichi anche nel caso in cui il genitore:

  • dilapida i beni del figlio o del coniuge;
  • fa mancare i mezzi di sussistenza a figli minori, maggiorenni inabili, agli ascendenti e al coniuge da cui non sia legalmente separato.

L’articolo 570 bis si applica a querela di parte se l’obbligo di mancata corresponsione è nei confronti del coniuge oppure dei figli maggiorenni non economicamente indipendenti, ma nel caso di mancata corresponsione in favore di minori o inabili, la domanda è procedibile d’ufficio, cioè un qualunque giudice o autorità, verificato che il soggetto è inadempiente, può segnalare il caso e dare quindi il via alla procedura penale. Ciò perché la norma tutela un interesse pubblico e in particolare soggetti deboli che non hanno capacità di agire. Affinché si possa procedere alla condanna è comunque necessario il verificarsi del dolo, quindi ci deve essere una condotta volontaria diretta a danneggiare le vittime di reato da parte del soggetto obbligato. Se la parte prova di essere impossibilitato a versare gli assegni, non potrà esserci la condanna penale.

Il caso concreto

L’applicazione di questa norma con il tempo è diventata sempre più frequente in quanto vi è l’abitudine di saltare la corresponsione dell’ assegno di mantenimento, magari a fronte di reali cambiamenti della situazione economica, ma senza rivolgersi al giudice per chiedere una adeguamento dell’assegno di mantenimento. Tra le sentenze che hanno avuto particolare risonanza vi è sicuramente la 44694/2019 della Corte di Cassazione.

In questo caso una donna, di fronte alla mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli da parte dell’ex marito, decide di agire in tribunale di primo grado e in seguito in appello. L’ex marito, dopo la condanna in primo e in secondo grado, decide di proporre ricorso in Cassazione lamentando solo in questo momento le difficoltà economiche. Il giudice, ripercorrendo la vicenda, sottolinea che in realtà la ricostruzione dell’ex marito inerente le difficoltà economiche sia poco convincente perché in sede civile l’uomo aveva accettato il raddoppio dell’assegno di mantenimento inizialmente fissato e in secondo luogo perché continua ad avere in locazione un’abitazione per cui paga un canone molto alto.

Di conseguenza si evince che in realtà le condizioni economiche non sono mutate e, se anche lo fossero, avrebbe dovuto prima chiedere al giudice una riduzione dell’assegno di mantenimento adducendo come motivazione, e provando, che le sue capacità economiche erano ridotte rispetto al passato e poi in base alle nuove determinazioni ridurre gli importi corrisposti.

Insomma non si può agire in autotutela e ridurre l’assegno di mantenimento o addirittura non versarlo. In base a ciò viene di fatto accettata la determinazione del giudice di Appello con la pena della reclusione di 4 mesi.

Tra le sentenze che applicano lo stesso principio vi è anche la 34618 del 2021 sempre della Corte di Cassazione.

Come ottenere l’assegno di mantenimento

L’ipotesi del carcere è comunque residuale e riguarda soprattutto coloro che hanno un lavoro autonomo, infatti nel caso di dipendenti le strade seguite sono solitamente altre. In particolare se un ex coniuge non versa l’assegno di mantenimento fissato, è possibile procedere con una lettera di diffida in cui lo si invita ad adempiere. Se non lo fa spontaneamente, si può procedere con l’atto di precetto con cui si invita l’ex coniuge ad adempiere entro un termine di 10 giorni. Se anche l’atto di precetto va a vuoto, si procede all’esecuzione forzata che può essere eseguita anche sullo stipendio, quindi sarà il datore di lavoro a trattenere dalla busta paga le somme e a versarle agli aventi diritto. In questo caso non basterà neanche licenziarsi per evitare di pagare, infatti l’esecuzione forzata si trasferisce sul TFR le cui somme saranno pignorate per “assistere” gli aventi diritto.

Divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento con altri crediti

Quando due coniugi sono in fase di separazione e poi divorziano è necessario regolare anche i rapporti economici tra marito e moglie e tra ciascun coniuge e i figli. Solitamente al coniuge economicamente più debole, fatte tutte le valutazioni, viene riconosciuto il diritto a percepire un assegno di mantenimento. Viene inoltre fissato un assegno di mantenimento anche in favore dei figli,  da corrispondere, se questi sono minori, al coniuge presso il quale gli stessi sono prevalentemente collocati. In giurisprudenza sul merito si sono formati diversi dubbi interpretativi e tra cui quello inerente il divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento con altri crediti. La giurisprudenza costante opta per il divieto di tali operazioni, ma vediamo nel dettaglio le varie ipotesi.

Cosa vuol dire divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento con altri crediti?

La prima cosa da chiarire è cosa si intende per compensazione dei crediti. L’articolo 1241 del Codice Civile stabilisce che: Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti”. Mentre l’articolo 1243 del Codice Civile stabilisce che per applicare la compensazione è necessario che i crediti siano entrambi liquidi ed esigibili. Lo stesso articolo stabilisce che se uno dei due crediti è esigibile, ma non liquido, ma di facile liquidazione si può optare per la compensazione giudiziale.

Quando si parla di divieto di compensazione con altri crediti dell’assegno di mantenimento si è nell’ipotesi in cui il coniuge A (solitamente il marito) è obbligato a versare nei confronti del coniuge B e dei figli l’assegno di mantenimento. A sua volta il coniuge B è debitore nei confronti del coniuge A ( magari perché ha svuotato il conte in comunione e deve restituire la coniuge A la sua quota). A questo punto il coniuge A non versa l’assegno di mantenimento adducendo quale motivazione la compensazione con questi crediti, già riconosciuti dal giudice con sentenza passata in giudicato e quindi esigibili.

In questi casi molti potrebbero propendere con il pensare che tale comportamento sia rispettoso delle normative, in realtà non è così, infatti la giurisprudenza pressoché costante è unanime nell’affermare che sia vigente il divieto di compensazione con altri crediti dell’assegno di mantenimento. Solo per avere un quadro esaustivo ricordiamo che il coniuge a cui è addebitata la separazione/divorzio,  anche se economicamente più debole, non ha diritto all’assegno di mantenimento, ma esclusivamente all’assegno alimentare, inoltre la giurisprudenza recente più volte ha esortato i coniugi ad una maggiore indipendenza economica, invitando quello più debole a cercare un’occupazione rendendo così l’assegno di mantenimento in suo favore temporaneo.

Il divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento nel codice penale

La Corte di Cassazione nella sentenza 9553 del 2020 ha stabilito che il soggetto obbligato a versare gli assegni di mantenimento non può opporre il diritto alla compensazione con i crediti da lui vantati nei confronti del titolare di tale diritto, in quanto il mancato versamento integra il reato previsto dall’articolo 570 bis del codice penale. Questo stabilisce che “Le pene previste dall’articolo 570 applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”, inserito all’interno del codice penale con l’articolo 2 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21.

Genitore, padre o madre, che vanta un credito può smettere di versare l’assegno di mantenimento ai figli?

In realtà la Corte di Cassazione sul punto è unanime soprattutto per quanto riguarda l’assegno stabilito in favore dei figli, infatti la sentenza 49543/2014 della Corte di Cassazione sottolinea che in realtà lo stato di bisogno per i figli si presume sempre. Già la sentenza 28987 del 2008 definisce l’assegno in favore dei figli “sostanzialmente alimentare”e quindi non compensabile, questa stessa sentenza è alla base della sentenza della Corte di Cassazione 23569 del 18/11/2016.

Sulla stessa linea anche l’ordinanza della Corte di Cassazione 11689/18,  che sottolinea che l’assegno di mantenimento in favore dei figli per il contributo al mantenimento non è disponibile, rinunciabile e, soprattutto, compensabile. Non solo, non è ripetibile. La Corte di Cassazione in un caso specifico ha accettato la richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento nei confronti del figlio per le mutate condizioni economiche. Allo stesso tempo, essendo le somme destinate a un uso immediato per le esigenze primarie, ha stabilito che non ci fosse diritto alle restituzione delle somme già versate in eccedenza e contemporaneamente per le somme ancora non versate si applicava il nuovo dispositivo. (ordinanza 13609 del 2016).

L’ex coniuge che vanta un credito può non versare il mantenimento all’altro coniuge?

Per quanto invece riguarda l’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge , ci sono state delle titubanze, infatti in alcuni casi l’assegno di mantenimento in suo favore è stato diviso in due parti: una inerente l’obbligo alimentare e l’altra il mantenimento vero e proprio.

L’assegno alimentare in teoria avrebbe la funzione di far fronte alle esigenze primarie nei confronti di un soggetto che versa in stato di bisogno, cioè mangiare, mentre il mantenimento sarebbe diretto a fare in modo che l’ex coniuge possa mantenere lo stesso tenore di vita che aveva in costanza di matrimonio e proprio per questo lo stesso potrebbe essere portato in compensazione.

In particolare la sentenza 6519 del 1996 della Corte di Cassazione civile Sez.III afferma che “Il credito dell’assegno di mantenimento attribuito dal giudice al coniuge separato senza addebito di responsabilità, ai sensi dell’art. 156 c.c., avendo la sua fonte legale nel diritto all’assistenza materiale inerente al vincolo coniugale e non nella incapacità della persona che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, non rientra tra i crediti alimentari per i quali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1246 comma primo, n. 5 e 447 c.c., non opera la compensazione legale”.

La natura dell’assegno di divorzio

Nella sentenza citata  la ex moglie aveva diritto all’assegno di mantenimento e allo stesso tempo era debitrice dell’ex marito e dichiarava di voler compensare tale suo debito con le somme che l’ex coniuge avrebbe dovuto versarle. In tale caso però non era possibile determinare quale fosse la quota di mantenimento spettante alla ex moglie e quale ai figli e di conseguenza comunque la compensazione non venne applicata, ma questo è stato ritenuto l’unico motivo ostativo.

Dello stesso tenore è la sentenza 9686 del 2020 pronunciata sempre dalla Corte di Cassazione e che afferma: l’assegno di mantenimento al coniuge separato non è qualificabile quale credito alimentare, posta la sua maggior latitudine, in cui è ricompresa la funzione”.

Nel caso in esame l’ex marito non versava l’assegno di divorzio e opponeva in compensazione il pagamento delle rate del mutuo fondiario stipulato insieme all’ex coniuge e la Corte ha sposato tale tesi portando in compensazione di due crediti.  Questa stessa sentenza distingue bene i due assegni, quello in favore del figlio e quello in favore del coniuge e infatti stabilisce che  nei confronti dei figli sipresuppone uno stato di bisogno strutturale proprio perché riferito a soggetti carenti di autonomia economica e come tali titolari di un diritto al sostentamento”.

In sintesi, non è possibile la compensazione tra assegno di mantenimento e crediti vantati se l’assegno è in favore dei figli, mentre se è in favore dell’ex coniuge, è necessario valutare di volta in volta la singola situazione, ma la compensazione non è esclusa perché l’assegno di mantenimento in suo favore non rientra nel credito alimentare.

Come togliere l’assegno di mantenimento all’ex coniuge

Il coniuge economicamente più forte è tenuto a pagare l’assegno di mantenimento o divorzile, rispettivamente durante la separazione o il divorzio. Ma il coniuge o ex coniuge lo riceverà per sempre?

Il mantenimento ha la funzione di assistere e compensare il beneficiario, affinché quest’ultimo possa essere economicamente autosufficiente. Tuttavia, ciò è valido solo per chi non è capacità di mantenersi da solo.

In alcuni casi, possono verificarsi degli eventi che inducono l’ex coniuge obbligato a presentare richiesta di revoca dell’assegno di mantenimento a favore dell’altro ex coniuge. Vediamo quali sono tali eventi.

Cosa rappresenta l’assegno di mantenimento

Come accennato, con l’assegno di mantenimento si corrisponde al coniuge economicamente più debole una somma di denaro congrua, ma che può essere rivista nel tempo. L’importo è stabilito dal giudice, ma può scaturire anche da un accordo tra coniugi sottoscritto da entrambi in sede di separazione. In presenza di figli nati nel matrimonio e con tutti i presupposti del caso, il mantenimento sarà dovuto anche alla prole.

La revoca dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge

L’assegno di mantenimento viene percepito dal coniuge che non è in possesso di propri redditi o versa in condizione economiche precarie, tali da non permettergli di essere indipendente sotto tale punto di vista. A differenza dell’assegno divorzile, quello di mantenimento è volto anche a garantire al coniuge beneficiario lo stesso tenore di vita mantenuto nel matrimonio.

I giudici della Cassazione hanno sottolineato come il diritto all’assegno di mantenimento ruoti intorno all’eventuale colpa da parte del coniuge beneficiario di non procurarsi le risorse economiche. La stessa Corte di Cassazione con un’ordinanza del 21 maggio 2021 ha stabilito che il riconoscimento immediato del mantenimento non costituisce un esonero per il coniuge beneficiario.

Infatti, se la formazione scolastica e la giovane età consentono al coniuge più debole di poter procurarsi dei redditi che lo rendono economicamente autosufficiente, ma viene dimostrata la mancata volontà di farlo, il coniuge erogante può chiedere la revoca dell’assegno.

Revoca del mantenimento per il cambiamento delle condizioni economiche del coniuge beneficiario

Riprendendo il discorso precedente, se il beneficiario trova un lavoro o passa da uno a tempo parziale a uno a tempo pieno, il coniuge obbligato può chiedere la revoca dell’assegno.

In linea teorica, il coniuge più debole potrebbe rifiutare le varie proposto di lavoro che gli sono state offerte, al fine di evitare la perdita del mantenimento.

Nella pratica, le cose vanno diversamente. Come già detto in precedenza, il giudice può decidere su istanza presentata dal coniuge richiedente, di revocare l’assegno a quello beneficiario, in quanto viene riconosciuta a quest’ultimo una condotta colpevole.

Lo stesso principio viene applicato in caso di accettazione da parte del coniuge più debole, di una cospicua eredità che gli consenta di essere autonomo. Ad esempio, quando si può fruire di una buona rendita economica mobiliare o immobiliare scaturita dalla relativa locazione.

Revoca del mantenimento per il cambiamento delle condizioni economiche del coniuge erogante

Può anche accadere, che il coniuge obbligato si trovi improvvisamente nell’impossibilità di mantenere il proprio reddito o di mantenere il lavoro, per motivi di salute. In tal caso, il giudice valuta .a revoca dell’assegno di mantenimento, così, anche nel caso di perdita del lavoro.

La legge prevede che il coniuge non possa decidere autonomamente la revoca del mantenimento, ma dovrà attendere l’autorizzazione del tribunale. Se così non fosse, l’interruzione del pagamento è soggetto all’accusa di reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Revoca dell’assegno di mantenimento: causa nuovo partner

La Cassazione, così come le Corti di Appello e i Tribunali hanno chiaramente affermato che il diritto al mantenimento decade in presenza di un nuovo legame, che sia però, stabile e duraturo. Lo stesso principio viene applicato per le richieste di mantenimento da parte del coniuge o ex tale, che verranno rifiutate dal giudice. La parte più complicata consiste nello stabilire quando un nuovo rapporto instaurato con un altro partner può definirsi stabile e duraturo.

A tal proposito, una sentenza della Cassazione del 20 ottobre 2020 ha riformato la decisione del giudice di I grado, stabilendo che il diritto all’assegno divorzile alla luce di un nuovo rapporto affettivo non decade, in quanto esso stesso non è sufficiente a garantire la continuità e la stabilità necessarie per la costituzione di una famiglia di fatto.

Di recente, la giurisprudenza ha chiarito che il legame affettivo rilevante non è strettamente correlato alla convivenza, infatti, si può essere una coppia di fatto senza coabitazione. La revoca dell’assegno di mantenimento può essere avallata se viene dimostrato che il nuovo partner consenta al coniuge beneficiario di mantenere un tenore di vita simile a quello tenuto durante il matrimonio.

E’ importante sottolineare come la fine della nuova convivenza, non dà diritto al coniuge che ha perso il mantenimento a richiederlo, quindi, la revoca precedente è irreversibile. A quanto pare, una volta cessato il diritto a percepire l’assegno di mantenimento a causa di un nuovo legame affettivo stabile e duraturo, non è più possibile effettuare un dietrofront.

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Quando è possibile modificare l’assegno di mantenimento per i figli

E’ possibile modificare l’importo dell’assegno di mantenimento per i figli? Non capita di rado che un marito separato moglie faccia fatica a giungere alla fine del mese con il suo reddito. Solitamente, un canone di locazione ad uso abitativo e un contributo per i figli, rispettivamente da pagare per viverci e come assegno di mantenimento, possono mettere in gravi difficoltà economiche il genitore obbligato.

Non potendo evitare di pagare l’affitto al proprietario dell’unica abitazione in cui si vive, pena lo sfratto, ci si chiede se sia possibile ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento dovuto ai figli. Ebbene, esistono alcuni casi in cui ci si può rivolgere al giudice per ottenere una decurtazione dell’assegno. Una delle motivazioni più frequenti inerenti tale richiesta consiste proprio nel sopraggiungere di un peggioramento delle condizioni economiche dei genitori dopo la separazione o il divorzio.

A questo punto, spetta al giudice valutare la differente situazione economica e patrimoniale del genitore, rispetto a quella registrata nel momento in cui è stato stabilita l’entità del mantenimento per i figli. Poiché, vogliamo parlare anche di richiesta di revisione dell’assegno verso l’alto, vediamo cosa prevede la legge.

Mantenimento dei figli: come viene stabilito

Dopo un numero X di anni di matrimonio, i coniugi decidono di separarsi e su richiesta del coniuge economicamente più debole, il giudice accetta e stabilisce qual è l’importo da pagare da parte del coniuge erogante, per i figli e magari anche per l’ex consorte.

ESEMPIO: poniamo il caso che i coniugi separati abbiano solo un figlio e per giunta minorenne, a quest’ultimo spetta il mantenimento in relazione ai propri introiti. La prassi vuole che sia il coniuge più forte economicamente a versare un assegno periodico per soddisfare le esigenze primarie di un figlio, come l’educazione e l’istruzione, fino a quando non raggiunge una propria indipendenza economica.

Tale condizione, molto spesso non coincide con il compimento della maggiore età, ciò che il giudice prende in considerazione a prescindere dall’età è l’autosufficienza del figlio. Di seguito, possiamo vedere quali sono i parametri su cui il giudice effettuata la sua valutazione:

  • le esigenze al momento del figlio e il tenore di vita a cui era abituato durante la convivenza con entrambi i genitori;
  • i tempi di permanenza presso ogni genitore e le risorse economiche che riguardano ognuno di essi;
  • il valore economico dei compiti domestici e di cura assunti da entrambi i genitori.

Cosa comprende il mantenimento dei figli

Nella pratica, l’assegno di mantenimento ai figli deve coprire solo le spese ordinarie (abbigliamento, vitto, alloggio, carica del cellulare ecc.).

Per quanto concerne le spese straordinarie, sia il padre che la madre devono provvedere ognuno a metà. Sono considerati tali, le spese sostenute per interventi chirurgici o visite mediche specialistiche, ma anche per affrontare un viaggio all’estero e via discorrendo.

Pertanto, il genitore convivente anticipa la spese straordinarie che, in alcuni casi, devono essere preventivamente concordate, per poi richiederne il rimborso per la quota del 50% all’altro genitore, previa presentazione della documentazione spese.

LEGGI ANCHE: Come si calcola l’assegno di mantenimento al coniuge

Quando è possibile revisionare l’assegno di mantenimento per i figli

Poniamo il caso che uno dei due genitori separati o divorziati che siano, si trovi senza lavoro per colpe non a lui imputabili. Ebbene, questi può chiedere una riduzione dell’assegno di mantenimento periodico versato al figlio, in quanto è mutata notevolmente la situazione economica verso il peggio.

Un taglio sul mantenimento può essere concesso anche nel caso in cui il genitore obbligato al mantenimento mette al mondo un figlio con una nuova partner o se sono migliorate le condizioni economiche dell’ex coniuge beneficiario.

In caso di miglioramento delle condizioni economiche o patrimoniali della persona obbligata a pagare l’assegno, l’altro genitore può chiedere un aumento dell’assegno a favore del figlio.

Ogni revisione dell’assegno di mantenimento per i figli, va richiesta al giudice tramite un ricorso da depositare al tribunale competente che includa tutta la documentazione necessaria allo scopo di verificare il peggioramento o il miglioramento della situazione economica delle parti.

Sarà il giudice a valutare che i fatti sopravvenuti siano idonei a giustificare la modifica dell’importo e cambiare l’assetto patrimoniale realizzato con il provvedimento che ha riconosciuto il mantenimento.

Ma cosa succede a livello fiscale? Se sei interessato all’argomento specifico, puoi leggere anche:

Assegno di mantenimento per figli e coniuge: va dichiarato nel 730?

A seguito di una separazione o di un divorzio, il coniuge economicamente più forte è tenuto al pagamento di un assegno di mantenimento all’altro coniuge e per eventuali figli. L’entità dell’assegno può essere stabilita di comune accordo dai coniugi, ma in mancanza di un patto, dal giudice di un tribunale. Sono in molti a chiedersi se l’assegno di mantenimento va dichiarato nel 730 e se si pagano le relative tasse. In questo articolo proviamo a fare chiarezza.

Come si paga l’assegno di mantenimento

Solitamente, l’assegno di mantenimento viene versato a favore dell’ex coniuge con cadenza mensile (12 volte in un anno). E’ pur vero, che esiste la possibilità di pagare l’assegno in un’unica soluzione, come se fosse un TFR, chiudendo immediatamente la pratica. E’ bene precisare che l’importo dell’assegno divorzile non sempre corrisponde a quello di mantenimento, altrettanto dicasi per la scelta di un’erogazione una tantum. In poche parole, ciò che è stato stabilito in sede di separazione non è detto rimanga inalterato in sede di divorzio.

In presenza di prole, il coniuge obbligato deve versare anche l’assegno di mantenimento per i figli non conviventi. In questo caso, non è previsto il pagamento in un’unica soluzione, ma solamente mensile.

Tassazione sull’assegno di mantenimento all’ex coniuge e ai figli

Il coniuge che percepisce l’assegno di mantenimento o l’assegno divorzile deve dichiarare il relativo importo nel 730, in quanto concorre alla formazione del reddito imponibile e, quindi, va tassato.

Rappresenta reddito imponibile Irpef anche l’importo che il coniuge erogante versa all’altro per rimborsarlo delle imposte dovute sull’assegno. Diversamente, non contribuisce alla determinazione del reddito imponibile il pagamento dell’assegno una tantum, in quanto considerato una transazione tra coniugi. Concorrono al reddito Irpef le erogazioni di assegni periodici pregressi scaduti e rimasti insoluti. L’importo non è deducibile per il coniuge erogante.

In caso l’assegno una tantum venga rateizzato, la situazione fiscale non cambia, così come per eventuali somme pagate volontariamente e non ratificate dal giudice, anche a titolo di rivalutazione monetaria dell’assegno, laddove questo meccanismo non sia previsto dall’autorità giudiziaria.

Le tasse sull’assegno di mantenimento per i figli non sono dovute, quindi, l’importo non va dichiarato nel 730.

Le tasse sul mantenimento

Come detto poc’anzi, solo l’assegno di mantenimento versato all’ex coniuge viene tassato tramite l’imposta generale sul reddito delle persone fisiche. L’aliquota Irpef a cui si è soggetti, viene calcolata in relazione allo scaglione del contribuente secondo le previsioni generali. Di conseguenza, la tassazione sarà più bassa se il reddito del beneficiario è basso, fino ad arrivare all’esenzione fiscale nel caso in cui il reddito complessivo sia al di sotto della soglia delle detrazioni.

Chi paga il mantenimento ha diritto alle deduzioni fiscali?

L’assegno di mantenimento o l’assegno di divorzio rappresenta un onere deducibile per chi lo versa, purché sia erogato periodicamente all’ex coniuge.

Non costituisce un onere deducibile l’importo pagato per il mantenimento dei figli. Per esso, invece, spetta la detrazione fiscale per persone a carico. Qualora dalla sentenza non emerga la quota dell’assegno periodico destinato al mantenimento dei figli, la stessa si intende stabilita nella misura del 50% in capo a ciascun genitore, a prescindere dal numero dei figli.

Il diritto all’assegno di mantenimento

E’ bene ricordare che l’assegno di mantenimento è dovuto al coniuge economicamente più debole. Innanzitutto, deve essere richiesto dal coniuge che ne vuole beneficiare a cui non sia stata addebitata la separazione (coniuge colpevole della rottura del vincolo matrimoniale). Per “più debole” s’intende privo di redditi propri o in assenza oggettiva della possibilità di procurarsene. Inoltre, l’altro coniuge deve essere in grado di pagare l’assegno.

Tuttavia, per approfondire l’argomento sul mantenimento, ti consiglio la lettura dei seguenti articoli:

 

Come si calcola l’assegno di mantenimento al coniuge

Ancora prima della separazione legale, i coniugi si chiedono chi dovrà versare l’assegno di mantenimento e come si calcola l’importo relativo.

Solitamente, è la moglie a godere dell’assegno di mantenimento, ma in realtà, la legge prevede che il coniuge beneficiario sia quello economicamente più debole. Ciò vuol dire, che in alcuni casi può essere anche il marito a beneficiare del mantenimento.

In caso di separazione consensuale, le parti hanno trovato già un accordo di tipo economico e non solo, per cui il giudice sarà chiamato a confermare la volontà dei coniugi. Quindi, a chi spetta l’assegno e per quale importo viene già stabilito da marito e moglie. Ma in caso di mancato accordo, spetterà al giudice stabilirlo tramite l’emanazione della sentenza di separazione, tenendo conto non solo del reddito percepito dai coniugi, ma anche degli eventuali immobili di proprietà, investimenti e conti correnti.

Calcolo assegno di mantenimento al coniuge

Come abbiamo detto, in assenza di un accordo tra coniugi, sarà compito del giudice stabilire quale sia il coniuge economicamente più forte che sarà obbligato a pagare l’assegno di mantenimento a quello più debole. Ma come avviene la valutazione del giudice?

Il giudice inizierà con l’individuazione del tenore di vita mantenuto durante il matrimonio, anche se c’è da dire, che dopo alcuni interventi della Cassazione, tale criterio è diventato meno rilevante. Il giudice dovrà tenere conto se il coniuge che ha richiesto l’assegno di mantenimento non lavora, quindi, sprovvisto di redditi propri, o nel caso lavori, se sia autosufficiente a livello economico. Inoltre, quale sia la sua situazione patrimoniale.

Una volta accettata la richiesta per l’ottenimento dell’assegno di mantenimento, tocca al giudice stabilirne l’importo. Se i coniugi hanno un’unica casa di proprietà, uno dei due non lavora e l’altro percepisce uno stipendio normale, ossia superiore ai 1000 euro e fino a 1.500 euro circa, il giudice potrebbe stabilire il versamento dell’assegno pari a un quarto della retribuzione (senza assegnazione della casa coniugale), oppure un terzo dello stipendio, ma con casa coniugale assegnata al richiedente.

Quando dura l’assegno di mantenimento a favore del coniuge?

In linea teorica, il mantenimento dovuto potrebbe durare tutta la vita. In pratica, se il coniuge più debole lavora e può rendersi autosufficiente, il coniuge obbligato può chiedere la cancellazione o comunque la riduzione dell’assegno.

A seguito di divorzio, se il coniuge più debole si risposa perde il diritto al mantenimento da parte dell’ex coniuge.

Il coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento può perderlo anche, nel caso si tratti di una persona giovane e in salute che non vuole lavorare per scelta. Oppure, può perdere il mantenimento la persona relativamente giovane e in salute che ha anche esperienze lavorative e una formazione scolastica di alto livello, ma che non prova ad inserirsi nel mondo del lavoro, magari perché attende di svolgere solo il lavoro dei propri sogni.

QUI Quando cessa l’assegno di mantenimento al coniuge?

Cosa succede se ci sono figli?

La presenza dei figli in una coppia separata cambia la situazione, soprattutto se la prole è maggiorenne. Nel caso di figli minorenni, il mantenimento è dovuto dal coniuge più forte anche per loro. L’importo dell’assegno dipende dai redditi percepiti dall’altro coniuge.

Se i figli sono maggiorenni, i genitori hanno il dovere di mantenerli fino al raggiungimento dei 26 anni d’età. Tuttavia, la giurisprudenza è orientata nella sospensione del pagamento dell’assegno di mantenimento, solo quando i figli sono diventati autosufficienti a prescindere dall’età.

Ma anche in questo caso, vale il discorso fatto per il coniuge più debole. Ossia, se il figlio ha tutte le possibilità di diventare economicamente autonomo, il genitore non ha più l’obbligo di mantenerlo. Per tutti i soggetti, in caso di separazione, vale il principio di autoresponsabilità economica.

Se il figlio è disabile

Se il figlio maggiorenne è portatore di grave handicap che gli impedisce di lavorare, seppur non convivente, il genitore ha l’obbligo di mantenerlo. Anche nel caso riesca a trovare lavoro, permane l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento, così come se percepisce un assegno d’invalidità.

QUI Quando si può smettere di pagare l’assegno di mantenimento per i figli?

Sanzioni per omesso pagamento del mantenimento al coniuge più debole

Il coniuge ritenuto più forte a livello economico che non paga l’assegno di mantenimento all’altro coniuge, può commettere un reato. Tuttavia, diventa tale solo in presenza di determinati condizioni:

  • I beneficiari sono in stato di bisogno, lo sono sempre i minorenni;
  • il coniuge obbligato omette il versamento nonostante abbia i mezzi;
  • il coniuge obbligato si licenzia volontariamente per non pagare il mantenimento (malafede che deve essere dimostrata dai beneficiari);
  • l’omesso mantenimento non consente ai beneficiari di essere economicamente autosufficienti;

Per scongiurare l’accusa di reato, il coniuge obbligato deve dimostrare di non avere gli strumenti necessari per far fronte al mantenimento o dimostrare che l’altro coniuge non si trova in stato di bisogno.

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