Dalle Entrate la proposta di semplificare 108 adempimenti fiscali

Ormai è chiaro: la parola d’ordine, per l’Agenzia delle Entrate, è semplificare.

E, dopo la reazione positiva a questa proposta da parte di Riccardo Alemanno, presidente INT, arriva una prima mappatura degli adempimenti fiscali che verranno sottoposti alle associazioni di categoria, professionisti ed organizzazioni di consumatori, i quali potranno far pervenire all’Agenzia le loro opinioni entro il 16 ottobre.

Si tratta di ben 108 adempimenti, compresi, tra gli altri, speso metro, elenchi Intrastat e dichiarazione modello Iva 74 bis, per citarne solo alcuni.
Compito degli operatori ai quali verrà sottoposto l’elenco sarà quello di valutare gli oneri amministrativi di ogni singolo adempimento e considerare se e come esso deve essere semplificato o tagliato.

In vista, dunque, del Pacchetto Semplificazioni del Governo, che prevede, tra le altre cose, nuove norme relative alla previdenza e alla sicurezza sul lavoro, i tagli agli adempimenti più obsoleti sono quasi d’obbligo.

Anche il FMI, Fondo Monetario Internazionale, è intervenuto chiedendo la riduzione del cuneo fiscale, anche a costo di aumentare l’Iva, come conseguenza dell’evasione fiscale che porta ad una notevole dispersione del gettito.

La questione fiscale è stata affrontata anche da Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, il quale, dopo aver denunciato il carico fiscale eccessivo, ha anche proposto una rinuncia agli incentivi da parte delle imprese purché, in cambio, ci sia un alleggerimento delle tasse.

Vera MORETTI

Rallenta il carrello della spesa: -1,5%

 

Il carrello della spesa degli italiani va sempre più veloce, nel senso che è sempre più leggero. Coldiretti rendo noto un calo dei consumi di beni alimentari pari all’1,5%, in base all’indagine condotta su dati Istat del mese di luglio 2012 . E se i consumi calano, l’inflazione, a differenza del carrello, rallenta.

Cambiano anche le abitudini degli italiani, che rinunciano a carne e pesce, ma anche a tutti i vizi della tavola: dal cioccolato, ai liquori, ai dessert. Che la crisi possa portare ad un’alimentazione più sana?

La crisi ha portato a una revisione del carrello degli alimentari, con piu’ pasta (+3 %) e meno bistecche (-6 %)” spiega in una nota Coldiretti. Ad essere ridotti in quantità sono anche gli acquisti di pesce (-3 %) e ortofrutta (-3 %), mentre salgono quelli di pane (+3 %) e leggermente di carne di pollo (+1 %).

Ma la crisi sta cambiando anche le altre abitudini alimentari degli italiani – continua Coldiretti –  a partire dal taglio in quantita’ di alcuni piccoli ”vizi”, dal -6 % delle caramelle al -3 %dei liquori. Calano anche gli aperitivi (-4 %), i prodotti a base di cioccolato (-3 %), le bibite (-7 %) e i dessert (-10 %)”.

Il timore paventato da Coldiretti, a fronte di questo sensibile calo dei consumi, resta l’aumento dell’Iva previsto per settembre: “Dinanzi a tale situazione diventa necessario scongiurare il rischio del previsto aumento dell’Iva dal 21 al 23% che costerebbe agli italiani oltre un miliardo solo per le spese alimentari. I prezzi dei prodotti alimentari al dettaglio aumenterebbero in media di un punto percentuale con picchi dell’1,8 % per carne, prosciutto e pesce, con effetti insostenibili sull’inflazione e sull’andamento della spesa”.

 

Ma la crisi è andata in ferie?

di Davide PASSONI

C’era una volta, nell’antica Grecia, la cosiddetta “tregua olimpica”: durante i Giochi, tutte le guerre erano sospese, esisteva solo una pace temporanea per poter svolgere le gare in un clima, se non di fratellanza, almeno di momentanea serenità.

In questo agosto olimpico, pare che la tregua interessi le nostre aziende e la crisi che le ha colpite. Ci avete fatto caso? In questo periodo non si sente parlare di fatturati in crollo, chiusure, debiti, suicidi per mancanza di lavoro. Al massimo si tiene un occhio al dio spread dei Btp per il quale, ogni volta che scende sotto i 500 punti rispetto ai Bund tedeschi, pare ci sia da stappare una bottiglia di quello buono, dimenticandosi che uno spread sopra i 450 è sempre una bomba a orologeria per la nostra economia e per il sistema Paese nel suo complesso.

Però, per il resto, nulla. Nonostante la gente vada sempre meno in ferie (lo dicono le statistiche), sembra che in questo agosto la crisi sia andata in vacanza pure lei. Ebbene, noi di Infoiva non ci crediamo e vogliamo lanciare un appello; non per essere gufi, rompiscatole o rovinare quel poco di relax che ci portiamo in spiaggia in questi giorni, ma per essere realistici: settembre è dietro l’angolo, imprese italiane non mollate la presa e tenete alta l’attenzione.

L’autunno che ci aspetta non sarà caldo solo per le manifestazioni di piazza ma anche, e soprattutto, per un’altra piazza, Piazza Affari. Se la speculazione tornerà ad attaccarci, la prima a soffrire sarà l’economia reale, i professionisti, le piccole imprese; che ancora fanno gli scongiuri perché non ci sia il tanto paventato aumento dell’Iva. Il premier Monti continua a predicare tranquillità, ma dovrà fare i conti con gli scenari autunnali che ancora non si sa quale consistenza avranno.

Per cui, imprese, godetevi un po’ di riposo, ricaricatevi, ma occhio: la crisi non è andata in vacanza, le tasse sono ancora lì (l’Imu in primis), i mercati sono quello che sono, sia in Italia che in Europa. Nervi saldi, che l’ultimo sprint per chiudere il 2012 sarà decisivo per la sopravvivenza di tutte voi. Vi auguriamo di cuore di essere come e più di Usain Bolt, in questo sprint. Perché la tregua olimpica finirà, e con essa la tregua (falsa) della crisi.

Sangalli: “Governo svelto, o ci schiantiamo”

Il presidente di Confcommercio Giancarlo Sangalli non usa mezzi termini durante la relazione annuale dell’associazione: è necessario “derubricare definitivamente l’ipotesi di ricorrere all’inasprimento dell’Iva come clausola di salvaguardia dei saldi della manovra salva-Italia. Gli aumenti Iva rischiano, tra il 2011 ed il 2014, di tradursi in minori consumi reali per circa 38 miliardi di euro. Insieme al carico da 90 delle maggiori accise e dell’impennata della fiscalità energetica, sarebbe la Caporetto delle famiglie, delle imprese, del lavoro. Bisogna, dunque, procedere ad una spending review senza timidezze“. Insomma: muoversi alla svelta oppure ci schiantiamo.

Una stilettata da parte di Sangalli anche alle banche, le quali “erogano alle imprese con il contagocce. E le gocce sono insufficienti a bagnare il terreno della crescita divenuto arido, troppo arido“. Sarebbe necessario, invece, premere sul “pedale della collaborazione tra banche e imprese secondo quella relazione di prossimità territoriale che è tanta parte della storia italiana del sostegno creditizio all’economia reale“.

Per non parlare dell’Imu, che Sangalli definisce “una vera e propria mazzata per gli immobili legati all’esercizio dell’attività d’impresa“. E chiude con un monito: “Dalla parte delle imprese e del lavoro: è la scelta di campo che chiediamo alla politica tutta, ma, oggi, anzitutto allo strano governo ed alla sua strana maggioranza: il tempo stringe. La risposta è urgente“.

“Aumento dell’Iva? Ci ammazzerà”

Un eventuale aumento dell’Iva? “Un colpo mortale per i consumi e per tutta l’economia reale del Paese“. Deciso e senza mezze misure il giudizio del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, al suo arrivo all’assemblea generale di Assolombarda a Milano.

Se davvero si dovesse fare si rischiano 39 miliardi di consumi bruciati entro il 2015“, ha affermato Sangalli, proseguendo: “Occorre una sollecitazione a provvedimenti che vanno a favore della crescita del paese e in fretta. Il nostro problema è la debolezza strutturale della domanda e va rilanciata in tutti i modi con un pacchetto giusto“.

La voce di Sangalli si unisce dunque a quella del coro di quanti vogliono scongiurare con tutte le loro forze l’aumento di 2 punti dell’Iva che si profila per ottobre. Una prospettiva sempre più realistica, specialmente se nelle entrate fiscali continueranno a mancare soldi, come è accaduto per l’ultimo consuntivo.

Co.co.pro e partite Iva, specchietti per le allodole

di Davide PASSONI

Partiamo con una domanda: in questo momento di crisi, meglio poco per tanti o niente per nessuno?

Proseguiamo con una valutazione: gli emendamenti al ddl lavoro relativi ai co.co.pro. e alle cosiddette “false partite Iva” proposti da Tiziano Treu (Pd) e Maurizio Castro (Udc) sono una porcata. Che cosa prevedono? Relativamente ai co.co.pro., si introduce il concetto di giusta retribuzione, definita sulla base della media tra le tariffe del lavoro autonomo e dei contratti collettivi. Per le “false partite Iva” si parla di un limite massimo di 18mila euro di reddito lordo annuo: se un professionista a partita Iva guadagna di più, per lo stato è automaticamente una falsa partita Iva. Per cui, cara impresa che di lui ti servi, non saranno valide le presunzioni per far scattare l’assunzione. In più, nella formulazione prevista dal ddl si prevede che le partite Iva siano considerate collaborazioni coordinate e continuative se sussistono due di questi tre presupposti: collaborazione con durata superiore ai sei mesi nell’arco dell’anno, corrispettivo derivante dalla collaborazione superiore al 75% del reddito totale annuo, postazione di lavoro presso la sede del committente. Nell’emendamento si passa a otto mesi e 80%. Poco cambia, per le piccole imprese sarà l’ecatombe.

Tiriamo una prima conclusione. In un periodo in cui ci sarebbe bisogno come il pane di un patto forte tra imprese e lavoratori per non affondare tutti, queste misure vanno esattamente nella direzione opposta. E, soprattutto, sono delle cannonate mortali per le piccole imprese. Le uniche, detto per inciso, che nei momenti più neri della crisi hanno continuato, bene o male, a dare lavoro. Quindi la domanda retorica con cui abbiamo aperto troverebbe una risposta a sorpresa: niente per nessuno.

Ebbene, passassero gli emendamenti in questione, la piccola impresa che vive di commesse e cerca collaboratori per i quali essere a sua volta committente, si troverebbe nell’impossibilità di offrire commesse perché non potrebbe fruire dei servizi di un professionista a partita Iva pagandolo il giusto: sforasse i 18mila euro lordi, sarebbero fritti in due, l’impresa e il professionista. La piccola impresa, che vive di un rischio imprenditoriale proprio, non potrebbe permettersi di pagare un salario minimo ai co.co.pro. perché non potrebbe far fronte ai costi aggiuntivi che tale formula prevedrebbe. Per cui, non avrebbe più committenti, di conseguenza nemmeno commesse. In sostanza, fallirebbe. Il professionista, si ritroverebbe a sua volta senza commessa e senza un reddito. E tanti saluti alla spina dorsale dell’economia italiana.

Tiriamo una seconda conclusione. Queste proposte di modifica arrivano sì dai partiti, ma da quei partiti che sostengono il governo. E sembrano quasi il frutto di una manovra diversiva che prepara alla stangata dell’aumento dell’Iva che a ottobre nessuno, statene certi, ci toglierà. Ovvero: cari lavoratori, vedete come siamo bravi, aumentiamo il potere d’acquisto del vostro reddito dandovi la certezza di uno stipendio! Ma intanto… zac! Due punti in più di Iva e deprimiamo i consumi. E i professori assentono. Non sarà mica che questi tecnici, questi professori che non passa giorno senza che sbandierino la loro apoliticità, si stiano invece preparando a candidarsi nel 2013 e lavorino già sul populismo attira-voti?

Perché lasciare la posizione di AD di un grande gruppo bancario per fare il ministro e prendersi pesci in faccia dal mattino alla sera, peraltro, pensiamo, guadagnando di meno? Perché assumere la guida di un governo e di un’economia alla frutta quando negli ambienti accademici si poteva stare tranquilli tranquilli? Per puro senso dello stato e spirito di servizio? Un tecnico alla guida di un governo e poi, qualche anno dopo, al Quirinale, lo abbiamo già visto. E nel 2013 anche Napolitano lascerà. Che sia tutta propaganda sulla pelle delle imprese? Non lo vogliamo credere, ma se due indizi fanno una prova…

Il caro benzina influisce anche sul caro spiaggia

Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare? Dipende. Da cosa? Da chi se lo potrà permettere, ovviamente.

Con la bella stagione in arrivo c’è chi comincia a pensare alle vacanze e se già l’anno scorso il prezzo di una giornata al mare aveva segnato un consistente incremento, questo 2012 non è da meno. Sì perché secondo il Codacons, 24 ore tra sabbia, ombrelloni, paletta e secchiello costerà in media il 15% in più rispetto all’anno scorso.

Ma a cosa è dovuto questo rincaro? Il tutto è da attribuire al caro benzina che comporta costi maggiori in tutti i settori, con un conseguente aumento dell’affitto di ombrelloni, lettini e cabine, senza dimenticare costumi da bagno e creme solari. Costituisce un grosso problema in questo senso anche la pressione fiscale, con l’aumento dell’Iva e le nuove tasse, che determinano un incremento di spese, prezzi e tariffe.

Spiega così il presidente di Codacons Carlo Rienzi: “Una giornata al mare, comprensiva di spostamenti in automobile, affitto di lettino e ombrellone e consumazioni alimentari, costerà quest’anno mediamente il 15% in più rispetto al 2011. Basti pensare che allo stato attuale solo per la benzina occorre spendere oggi il 20% in più rispetto allo scorso anno. Non andrà meglio a chi deciderà di trascorrere le vacanze all’estero: per mete come Maldive o Messico si potrà arrivare a pagare fino a 50 euro in più a passeggero solo per l’incidenza dei carburanti.”

Veniamo agli aumenti stimati dal Codacons: il prezzo medio di un lettino vola da 9-12,50 euro a 9-13 euro, segnando una variazione fino a +4%; l’ombrellone da 10-13 euro aumenta del 7,7% (10-14 euro), mentre per l’abbonamento mensile (1 ombrellone e 2 lettini) si passa da 500-650 euro ai 500-670 euro, con un rincaro del +3%.

Per chi si potrà permettere ancora tutto questo, ecco la “stangata del bikini”: se l’anno scorso un costume da donna di marca costava tra gli 80 ai 110 euro, oggi le signore più alla moda dovranno sborsare fino a 119 euro, ben il 9% in più. Per gli uomini invece la variazione va da 5,7% a 7,6% in più, con 74-85 euro.

Sarà davvero il caso di dire “buone vacanze”?!

Giulia DONDONI

Aumento dell’Iva? Aspettiamocelo

L’aumento dell’Iva? Tutt’altro che scongiurato. Lo conferma il Premier Monti. “La spesa pubblica ‘rivedibile’ nel medio periodo – secondo Montiè pari a circa 295 miliardi di euro. A breve termine, la spesa rivedibile è notevolmente inferiore, stimabile in circa 80 miliardi“. La revisione della spesa sarà “non lineare ma selettiva“. Ma questo non ci salverà dal rincaro dell’Iva. Ahinoi.

E l’Imu? Un boccone amaro, amarissimo ma, sostiene Monti, figlio di una idea dissennata del precedente governo: “Se oggi c’è l’Imu bisogna accettare l’amara verità che si è abolita l’Ici senza calcolare le conseguenze, non poteva e non doveva essere abolita“.

Nella politica italiana c’è sempre la tendenza a dare agli altri la colpa delle conseguenze delle proprie decisioni, ma in questo caso Monti ha ragione: l‘abolizione dell’Ici è stata una mossa che l’Italia non si poteva permettere. Demagogica quanto si vuole, ma nefasta per i conti dello Stato. Se non altro, almeno in questo caso il professore ha ragione a fare il professore.

L’Iva aumenta, gli italiani soffocano

di Davide PASSONI

Evviva i professori! Bravissimi tanto ad alzare il ditino e a bacchettare quanti si permettono di obiettare su alcune loro “sviste” (vedi l’abbaglio sugli esodati), quanto a fare ciò che erano bravissimi a fare i loro predecessori, odiosi politici: prendere soldi da chi ha sempre dato e lasciare la spesa pubblica solo al suo destino di aumento senza senso.

E, a proposito di tasse, dopo il pasticcio dell’Imu e la conseguente legnata che ci aspetta, la gente si deve ricordare che a ottobre, con tutta probabilità arriverà un altro regalino dalla banda Monti: l’aumento dell’Iva dal 21 al 23%. Due punti percentuali che, stando ai conti della solita Cgia di Mestre, nel 2012 ai contribuenti italiani costeranno 19,9 miliardi di tasse in più rispetto al 2011. Nel 2013, invece, il maggiore aggravio fiscale, rispetto a due anni prima, sarà pari a 32,5 miliardi. Tra due anni, infine, il peso delle nuove imposte, rispetto a tre anni prima, sarà di 34,8 miliardi. Un’escalation che, salvo novità dell’ultima ora, tra il 2012 e il 2014 porterà sì, Dio lo voglia, il raggiungimento del pareggio di bilancio ma al prezzi di 87,3 miliardi di tasse in più.

Un’analisi fatta prendendo in esame le maggiori e le minori entrate previste dal decreto “salva Italia” e le disposizioni fiscali annunciate nella riforma del mercato del lavoro che, molto probabilmente, farà sentire i suoi effetti a partire dal 2013. Non si è tenuto conto, invece, degli effetti del decreto sulle semplificazioni fiscali che, secondo l’associazione mestrina, saranno molto modesti.

Durissimo Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre: “Ormai rischiamo di rimanere soffocati dalle tasse. E’ vero che il Governo Monti è stato costretto ad intervenire in maniera molto decisa per salvare il Paese dal fallimento. Ma è altrettanto vero che si è agito solo ed esclusivamente sul fronte delle entrate. Nel salva Italia, ad esempio, l’effetto complessivo della manovra è costituito per l’81,3% da nuove entrate e solo il 18,7% da tagli alla spesa. Un sacrificio immane che rischia di schiacciare il Paese sotto una montagna di imposte, con il rischio, così come ha sottolineato qualche giorno fa il Fmi, di raggiungere il pareggio di bilancio solo nel 2017 e non, come previsto dal Governo Monti, nel 2013“.

Se poi – prosegue Bortolussialle misure introdotte dal Governo Monti aggiungiamo anche quelle introdotte l’estate scorsa dal Governo Berlusconi, nel triennio 2012/2014 il peso fiscale medio in capo a ciascuna famiglia italiana sarà pari a 8.200 euro circa. Ad oggi le famiglie italiane non hanno ancora subito nessun serio contraccolpo economico, in quanto hanno pagato poco più di 500/600 euro. Praticamente solo il 7% della cifra totale che dovranno sborsare in questo triennio. Purtroppo, la mazzata arriverà verso la fine di quest’anno quando a ottobre subiranno il probabilissimo aumento dell’Iva e a dicembre saranno chiamate a versare il saldo dell’Imu“.

L’aumento dell’Iva brucerà 38 miliardi di euro di consumi

Consumatori e commercianti per una volta sullo stesso fronte. Dopo l’allarme lanciato oggi da Confcommercio che ha denunciato come l’aumento dell’Iva brucerà 38 miliardi di euro di consumi, anche il Codacons denuncia gli effetti disastrosi che comporterà il nuovo rincaro dell’Iva previsto per ottobre.

L’aumento delle aliquote dal 21 al 23% e dal 10 al 12% – spiega l’associazione – determinerà una vera e propria stangata per le tasche dei cittadini, con aggravi di spesa su base annua che vanno dai 546 euro annui per la famiglia media (pari a 2,6 persone), agli 866 euro per una famiglia composta da 4 persone, fino ad arrivare ai 1.082 euro nel caso di un nucleo familiare composto da 5 persone. Tutto ciò senza considerare arrotondamenti dei listini e fenomeni speculativi che, come abbiamo avuto prova in passato, sono sempre dietro l’angolo in tali circostanze. La stangata prodotta dalle nuove aliquote Iva – prosegue il Codacons – determinerà una ulteriore contrazione dei consumi in tutti i settori con conseguenze pesantissime per il commercio al dettaglio e la chiusura di migliaia e migliaia di esercizi commerciali.

Per tale motivo il Governo Monti deve assolutamente fare dietrofront sull’incremento dell’Iva previsto per ottobre.

Fonte: agenparl.it