Banche, quali sono quelle più solide d’Italia? La classifica di Altroconsumo

Le banche sono al centro del mirino a causa delle misure pensate per utilizzare gli extraprofitti. Ma ci si chiede, quale sia lo stato di salute delle banche.

Banche, quali sono le più solide secondo Altroconsumo?

In Italia esistono diversi istituti di credito che rappresentano diversi marchi, anche stranieri, all’interno del nostro Paese. Tuttavia Altroconsumo ha stilato una classifica delle banche più solide e monitorare così lo stato di salute di diversi istituti di credito. E così si è valutato assegnando un punteggio di stelle, maggiore sono le stelle, maggiore è la solidità dell’istituto. Ben 240 istituti sono passati sotto la lente di ingrandimento.

Al primo posto ci sono le banche che hanno ottenuto un punteggio di cinque stelle. Tra queste ci sono: Banca di Arborea Bcc (che ottiene 617,26 di punteggio), Banca della Valsassina Credito Cooperativo e Bcc G. Toniolo di San Cataldo. Tra gli altri ci sono anche Banca Alpi marittime Credito cooperativo di Carrù e Bcc San Marzano di San Giuseppe

Mentre la situazione sembra un pò più critica per gli istituti che hanno ottenuto due o una stella. Questo non vuol dire che sanno per chiudere battenti, ma che comunque ci sono elementi che fanno pensare che occorra prestare attenzione. E così ci sono due stelle per  la Cassa di Risparmio di Orvieto . Ed infine l’unico caso di un istituto di credito a una stella è CA Auto Bank Spa. 

Cosa consiglia Altroconsumo?

Una cosa sono le classifiche ed una cosa sono i consumatori. “Al di là del quadro generale, è importante che ogni singolo consumatore verifichi la solidità della propria banca per capire come comportarsi“, ha dichiarato Alessandro Sessa, direttore responsabile di Altroconsumo Investi. “Altroconsumo è al fianco delle persone per guidarle nella scelta dell’istituto di credito più conveniente e adatto alle loro esigenze“, ha aggiunto. Quindi in ogni caso è sempre meglio testare e valutare la propria banca prima di decidere eventualmente di cambiare istituto, perché magari la rata del mutuo è diventata troppo alta.

Superbonus: Banche e Poste Italiane riaprono alla cessione del credito

Il Superbonus sta mettendo in difficoltà numerose famiglie, non solo per le nuove misure ma anche per i crediti incagliati che stanno mettendo a rischio molti proprietari.

Cessione del credito: al lavoro per sbloccare i crediti incagliati

Il Superbonus ha avuto un percorso molto travagliato, infatti dopo i primi mesi, iniziano a venire i nodi al pettine. Le imprese hanno ormai terminato la capienza fiscale, quindi le uniche possibilità per i proprietari che hanno maturato dei crediti, e a loro volta non hanno capienza, è la cessione del credito a banche e intermediari finanziari.

Questi secondo le stime avrebbero ancora capienza fiscale, ma l’aumento delle responsabilità in caso di truffe con i lavori sul Superbonus hanno di fatto reso la strada in salita e già dalla scorsa estate, oltre ad aver reso le condizioni poco convenienti, hanno iniziato a chiudere all’ipotesi di acquisto dei crediti derivanti dal Superbonus. Ciò ha messo in difficoltà le famiglie che avevano già iniziato i lavori e che si sono ritrovate a dover anticipare i soldi per sbloccare i cantieri contraendo anche debiti, oppure hanno cantieri aperti e in molti casi sono fuori casa.

Le ultime misure del Superbonus

Il Governo ha quindi deciso con il decreto Aiuti Quater di ridurre le percentuali di credito d’imposta che si possono maturare e con il decreto Cessioni del 16 febbraio ha bloccato le nuove cessioni, anche se si sta lavorando ad alcune ipotesi residue. Di conseguenza ora i proprietari potranno fare affidamento solo sulla propria capienza fiscale. Resta però il problema per chi in passato aveva fatto affidamento sulla cessione del credito e ora si ritrova crediti deteriorati. Per queste persone il governo sta lavorando a diverse ipotesi.

Banche e Poste italiane riaprono l’acquisto dei crediti del Superbonus

Il Ministro Giorgetti ha però dichiarato che già nei prossimi giorni saranno riaperte le piattaforme per la cessione del credito di Poste Italiane e di alcune banche. Questo vuol dire che le famiglie più veloci a sfruttare tale opportunità potranno cedere i loro crediti.

A sciogliere questo importante nodo sono state le trattative poste in essere con banche, assicurazioni e Poste Italiane dal Governo. Si ricorda che attualmente sono incagliati circa 20 miliardi di euro di crediti e secondo le dichiarazioni presidente della commissione Finanze della Camera, Marco Osnato (Fdi) a breve si opterà per il riconoscimento della possibilità di utilizzare i crediti con il modello F24.

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Merito creditizio per finanziamenti: cos’è e come funziona?

Chi chiede un finanziamento o un mutuo si ritrova a dover fare i conti con il merito creditizio, ma di cosa si tratta e come funziona?

Cos’è il merito creditizio?

Il merito creditizio, anche conosciuto come credit score, è uno strumento che racchiude/sintetizza la storia finanziaria di un soggetto, in particolare esposizioni bancarie, prestiti erogati, flussi di reddito. Questo strumento è apprezzato dalle banche che lo usano per determinare se un soggetto può essere considerato affidabile dal punto di vista economico. In base al merito creditizio può essere determinato anche il tasso di interesse al quale concedere liquidità, naturalmente persone che hanno un profilo di rischio alto potranno ricevere prestiti, mutui e altri finanziament solo accettando di dover pagare un tasso di interesse più alto.Dal punto di vista del merito creditizio, i soiggetti ritenuti più affidabili sono quelli a cui viene riconosciuta la tripla A, mentre la classe di merito più bassa è la C.

Quali dati sono presi in considerazione per determinare il merito creditizio?

Il merito creditizio viene determinato avendo come riferimento:

  • livello d’indebitamento del cliente;
  • rapporto con crediti già erogati in precedenza;
  • flussi di reddito;
  • possibilità di godere o meno di fonti di patrimonio alternative;
  • disponibilità del proprio patrimonio personale;
  • solvibilità;
  • abitudini comportamentali;
  • abitudini di spesa, risparmio e gestione del denaro.

Banche dati dove sono raccolte le informazioni

Tutti questi dati sono compresi in diverse banche dati, le più importanti sono la Centrale Rischi della Banca d’Italia, Sistemi di informazioni Creditizia (SIC), il Crif ( Centrale rischi finanziari), quella detenuta dalla Camera di Commercio. I vari soggetti interessati, ad esempio gli istituti di intermediazione finanziaria, possono accedere a queste banche dati e quindi valutare l’affidabilità dei vari soggetti e determinare in base al rischio se concedere o meno liquidità.

Interrogare tali banche dati non serve solo a tutelare gli istituti di credito, ma l’intero sistema creditizio italiano proteggendolo dal rischio di insoluti e banca rotta che potrebbero derivare da finanziamenti, mutui, prestiti riconosciuti con particolare superficialità.

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Superbonus 110: cessione del credito in 10 anni per i cessionari

Arrivano nuove modifiche al decreto Aiuti Quater e ora c’è la possibilità per i cessionari del credito di imposta di “riscuotere” la cessione del credito acquisita in 10 rate annuali e non in 4-5 come in precedenza. Ecco cosa cambia.

Cessione del credito in 10 anni per il Superbonus 110%

Il Superbonus 110% continua a mettere in difficoltà il Governo che, dopo aver riportato il credito riconosciuto a fronte della realizzazione di lavori trainanti e trainati al 90% per tutti coloro che non consegnano la Cilas entro il 25 novembre, ora sta pensando a come aiutare coloro che si sono ritrovati con i crediti bloccati in quanto non trovano un cessionario.

In base alle ultime dichiarazioni dovrebbe esserci una modifica alla legge 34 del 2020 istitutiva del Superbonus 110%. In seguito a questa modifica la cessione del credito o lo sconto in fattura disposti in favore dei soggetti di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del medesimo decreto legge n. 34 del 2020, possono essere ripartite in quote annuali, di pari importo, fino a 10 anni, su richiesta del cessionario. Le disposizioni attuali prevedono che la detrazione per gli interventi che danno diritto al superbonus sia ripartita in 5 quote annuali, ma a partire dal 1° gennaio 2022 le quote sono state ridotte a 4.

Questa norma troverebbe applicazione per le operazioni di cessione o sconto in fattura perfezionatesi entro il 10 novembre 2022 e quindi non per il futuro. L’obiettivo è proprio quello di sbloccare le operazioni già ammesse e che non trovano copertura attraverso la cessione del credito. Con questa disposizione le imprese e le banche avranno più tempo per scontare i crediti maturati attraverso le loro imposte e di conseguenza dovrebbero più facilmente concedere tale beneficio. Le modalità attuative del provvedimento dovrebbero poi essere rese note dall’Agenzia delle Entrate con separato provvedimento.

Cessione del credito in 10 anni: le banche potrebbero ridurre le quote riconosciute

C’è però da dire che recuperare le somme in 10 anni per banche e imprese comunque costituisce un fardello da portarsi dietro e può portare problemi di liquidità, ecco perché con molta probabilità i soggetti che eserciteranno tale opzione potrebbero far scontare questa scelta ai proprietari/cedenti. Questo avverrebbe attraverso il riconoscimento di una percentuale di credito inferiore rispetto a quella finora riconosciuta.

Nel frattempo ricordiamo che sia Poste Italiane, sia Banca Intesa hanno per ora bloccato le operazioni di cessione del credito in seguito alle sentenze che hanno bloccato il dissequestro delle cessioni.

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Superbonus 110%: condizioni cessione del credito praticate dalle banche

Il Superbonus sembra non trovare pace, infatti, sebbene la circolare dell’Agenzia delle Entrate n° 33 del 2022 abbia ridefinito la responsabilità solidale (dopo l’inasprimento della circolare 23), il problema vero sembra essere la cessione del credito infatti poche banche la praticano e soprattutto le condizioni non sono particolarmente favorevoli.

Cessione del credito Superbonus 110%: le banche stringono la cinghia

Il primo scoglio importante è la società Deloitte a cui hanno affidato le pratiche per il Superbonus sia banca Mediolanum, sia Intesa San Paolo, infatti richiede molte incombenze al fine di dimostrare lo stato di avanzamento dei lavori e quindi sollevarsi dalle varie responsabilità.

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Video Superbonus: chiesto l’intervento del Garante Privacy e Antitrust

Oltre questo, negli ultimi mesi si è assistito a un peggioramento delle condizioni a cui le banche accettano di acquistare il credito. Sappiamo che il Superbonus 110% permette di avere il 110 % di quanto effettivamente speso per l’esecuzione dei lavori trainanti e dei lavori trainati. Ciò però solo nel caso in cui il beneficiario intenda utilizzare il Superbonus in detrazione sulle proprie imposte.
La soluzione alternativa per chi ha un’incapienza nelle imposte, cioè paga l’IRPEF in misura nettamente inferiore rispetto a quello che sarebbe il credito, vi è la possibilità di cedere il credito a imprese e fornitori oppure alle banche.

Imprese e fornitori attualmente praticano in modo davvero sporadico la cessione, questo per una ragione prettamente economica, infatti non hanno abbastanza liquidità nella maggior parte dei casi per affrontare la cessione. Resta quindi l’opzione banche. Queste con l’inasprimento della responsabilità prevista per il caso di truffe hanno stretto i cordoni, molte non effettuano più la cessione ad esempio Credem, Unicredit, Banca Sella, mentre altre hanno optato per il riconoscimento di quote ristrette.

Qual è la percentuale di cessione del credito riconosciuta dalle banche?

Le percentuali di cessione del credito oscillano intorno all’85% (Poste Italiane e Intesa San Paolo), questo vuol dire che a fronte di un credito maturato per l’esecuzione dei lavori pari ad esempio a 100.000 euro, le banche riconoscono 85.000 euro, ma trattandosi di spese effettuate questo vuol dire che la parte rimanente della spesa resta a carico del beneficiario del Superbonus.

Naturalmente per chi non ha liquidità vi è la possibilità di aprire una linea di credito presso la stessa banca, ma su questa sono applicati gli interessi, quindi per il beneficiario vi è un doppio costo. L’apertura della linea di credito sembra inoltre l’unica possibilità per poter accedere alla cessione del credito con Banca Mediolanum.

Tra le varie opportunità sembra offrire un maggiore riscontro Banca Carige che a differenza delle altre riconosce il 93, 19% del valore del credito maturato.

Controllo del fisco su giacenza media e movimenti contro l’evasione fiscale

Caccia ai redditi nascosti da parte dell’Agenzia delle Entrate, ad essere tenuti d’occhio sono i movimenti del conto corrente, ma anche libretti di risparmio e investimenti. Si potenzia così la lotta all’evasione fiscale.

Evasione fiscale

L’evasione fiscale è uno dei problemi che l’Italia proprio non riesce a risolvere e, sebbene la pandemia abbia fatto capire a tanti che occultare dei redditi può creare difficoltà nel momento del bisogno (molti aiuti elargiti in questi due anni hanno in considerazione come punto di riferimento i redditi prodotti nel 2019 e le perdite maturate nei mesi successivi, ma se nel 2019 c’erano redditi occultati risulta difficile dimostrare la perdita o la riduzione di reddito disponibile), le cose comunque non sono cambiate. L’Agenzia delle Entrate quindi ci riprova con controlli pesanti sui conti degli italiani e, vista l’invasività dei controlli, ha prima chiesto, e ottenuto, l’autorizzazione del Garante della Privacy.

Controlli attraverso incrocio di banche dati

L’Agenzia nella circolare ha sottolineato che i controlli saranno effettuati incrociando i dati delle diverse banche dati e con l’uso di algoritmi con elevata capacità di incrociare numerosi dati. Saranno creati due database, il primo conterrà l’elenco delle persone da tenere sotto controllo, questo database avrà il nome di “analisi”. Il secondo database è frutto di un’ulteriore scrematura dei dati del primo database, sarà chiamato “controlli” e coloro che entreranno in esso saranno molto probabilmente sottoposti ad accertamenti e dovranno quindi giustificare entrate ed uscite.

I parametri che saranno tenuti in considerazione per attenzionare i contribuenti saranno diversi:

  • in primo luogo sarà tenuta in considerazione la giacenza media di conti corrente e libretti di risparmio;
  • saranno attenzionate entrate ed uscite, ad esempio se un contribuente preleva poco, non preleva e non usa il denaro su conti e carte prepagate, molto probabilmente ha entrate in nero con cui sostiene le spese quotidiane;
  • naturalmente si avrà riguardo anche per la fonte da cui arrivano i soldi, cioè chi effettua il bonifico in favore del contribuente sottoposto ad attenzione.

Altri strumenti di lotta all’evasione fiscale

Ricordiamo che il limite ai pagamenti in contante è stato portato a 2.000 euro con il decreto Milleproroghe per il 2022 ciò solo per il 2022, dovrebbe ritornare a 1.000 euro nel 2023. Infine, le banche possono consentire prelievi in contanti anche di somme maggiori rispetto al limite all’uso del contante, ma per prelievi da 5.000 euro dovrà chiedere l’uso che deve essere fatto del denaro, naturalmente per iscritto.

Nella lotta all’evasione fiscale assume particolare rilevanza l’uso di strumenti elettronici di pagamento e la fatturazione elettronica che molto probabilmente nel 2022 sarà estesa anche a soggetti che in passato erano esclusi da tale obbligo. Si tratta dei soggetti in regime forfettario che possono ancora utilizzare la fatturazione cartacea tradizionale, ciò in attesa dei provvedimenti successivi.

Per conoscere l’iter che sta portando all’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica, leggi l’articolo: Fatturazione elettronica: novità in arrivo dal 2022 per i forfettari?

Obbligo fatturazione elettronica per i forfettari: ultime notizie

Ricordiamo che in caso di controlli, il contribuente può comunque dimostrare che non ci sono entrate in nero. Ad esempio un soggetto che preleva poco può dimostrare di vivere con un’altra persona, ad esempio convivente, coniuge o genitori che provvedono alle spese quotidiane.

Si sottolinea che nel momento in cui sono effettuati degli accertamenti, il contribuente può allegare documenti che dimostrano che non c’è evasione fiscale e nell’emettere il provvedimento finale l’amministrazione finanziaria deve utilizzare il metodo analitico per contestare la posizione del contribuente e le prove da questi fornite. Inoltre in una recente ordinanza della Corte di Cassazione è stato ribadito che tale onere spetta anche al giudice che non deve limitarsi a una motivazione sintetica che risulterebbe solo apparente.

Per maggiori informazioni sull’ordinanza della Corte di Cassazione, leggi l’articolo: Redditometro: il giudice non può limitarsi a una motivazione sintetica.

Chi paga l’imposta sostitutiva sui finanziamenti e come si dichiara

Gli istituti di credito, e gli altri operatori che sono abilitati ad effettuare operazioni di finanziamento, sono chiamati a versare una tassa che è in vigore dal mese di gennaio del 2018. Si tratta, nello specifico, dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti che deve essere non solo versata, ma anche dichiarata. Vediamo allora, nel dettaglio, come si paga l’imposta sostitutiva sui finanziamenti, ed anche come questa si dichiara.

Come si versa e come si dichiara l’imposta sostitutiva sui finanziamenti

Nel dettaglio, per la dichiarazione dell’imposta sostitutiva sulle operazioni di finanziamento si deve utilizzare un apposito modello che è stato approvato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate in data 23 novembre del 2017. Il modello di dichiarazione, trasmesso sempre ed esclusivamente per via telematica al Fisco, deve essere presentato entro e non oltre quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio.

Il modello citato, inoltre, serve pure per la liquidazione dell’imposta sostitutiva dovuta. Precisamente, per il versamento a saldo dell’imposta per il periodo di riferimento della dichiarazione unitamente all’acconto dovuto per l’anno di imposta successivo così come si legge proprio sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

Ecco i software di compilazione e di controllo per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti

Per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti, l’Agenzia delle Entrate sul proprio sito Internet mette a disposizione di banche ed altri operatori creditizi due software. Ovverosia, l’applicativo per la compilazione e quello per il controllo della dichiarazione. In particolare, il software di compilazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti è attualmente disponibile nella versione 1.0.1 del 26 aprile del 2018. E lo stesso dicasi pure il software di controllo della dichiarazione.

Trattandosi di applicazioni web, per i due software di compilazione e di controllo, per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti, la connessione al server prevede sempre l’eventuale installazione delle versioni più recenti dei due applicativi. Il che significa che l’utente avrà sempre la garanzia di far uso dei due software sempre con le ultime versioni aggiornate che sono disponibili. Nonché senza dover eseguire delle procedure di aggiornamento complesse. E senza dover mai scaricare sul PC alcun software.

Normativa e prassi sull’imposta sostitutiva per la dichiarazione e per il pagamento

Dal punto di vista legislativo, la dichiarazione ed il pagamento dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti sono disciplinate dal Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 601, sulla ‘Disciplina delle agevolazioni tributarie‘ in corrispondenza dell’articolo numero 20. Ed a seguire dall’Articolo 7-quater, comma 33 e 35, del decreto legge n. 193 del 22 ottobre 2016 recante ‘Disposizioni in materia di semplificazione fiscale‘.

Bonifico: esiste un importo massimo, ecco qual è

Chi ha il denaro liquido sul conto corrente ha la possibilità di far uso dei propri soldi come vuole in qualsiasi momento. Non solo operando in filiale, ma anche utilizzando la liquidità per le operazioni effettuate online con il servizio di home banking. Per esempio, il correntista bancario o postale può in qualsiasi momento disporre bonifici in uscita ed anche istantanei. Ma detto questo, per i bonifici ai sensi di legge esiste un importo massimo da rispettare? Vediamo di fare chiarezza al riguardo.

Qual è l’importo massimo per un bonifico bancario o postale?

Riguardo a qual è l’importo massimo per un bonifico bancario o postale, la prima cosa da dire è che in Italia non c’è un limite che è imposto ai sensi di legge. Quindi, sulla carta, un correntista può effettuare un bonifico per qualsiasi importo e comunque limitatamente al saldo che è presente sul conto.

Pur tuttavia, per i bonifici, sono in genere le banche a fissare dei limiti, e quindi un importo massimo. E questo anche per ragioni di sicurezza. Generalmente le banche italiane, proprio per gli importi dei bonifici, fissano degli importi massimi giornalieri. Con il correntista che, inoltre, può anche abbassare questo limite dalla propria area riservata. Quindi, comodamente online con il servizio di home banking.

Esempio di massimali giornalieri per i bonifici Italia e per quelli verso l’estero

Giusto a titolo di esempio, banche italiane come il Credem – Credito Emiliano, permettono ai clienti, come sopra accennato, di personalizzare i limiti per i bonifici dalla propria area riservata dell’home banking.

Inoltre, i correntisti Credem, per i bonifici Italia, possono effettuare bonifici in uscita fino ad un massimo cumulativo giornaliero di 25.000 euro. Limite che è fissato pure per i bonifici verso l’estero. In tal caso, inoltre, per i bonifici estero c’è pure un limite per una singola disposizione di bonifico che è fissato a 5.000 euro.

Comprare casa, quali tasse e Iva se si acquista da impresa non costruttrice, banca o società di leasing?

Non sempre la compravendita di una casa avviene tra soggetti privati o per la vendita di un’impresa costruttrice o di recupero.  In tal senso, varie sono le possibilità di acquisto di una casa oltre alle modalità tradizionali. La compravendita può essere effettuata anche attraverso una impresa non costruttrice e non di recupero, una banca o una società di leasing. Nel caso del leasing, l’impresa non deve essere né costruttrice e nemmeno tra quelle di recupero. A seconda di chi vende casa, sono da considerare le tasse, le imposte e l’Iva da pagare.

Acquisto casa da impresa non costruttrice, da banca o da società di leasing: l’Iva è da pagare?

In tutti i casi in cui il soggetto venditore sia un’impresa non costruttrice e non di recupero, oppure una banca o una società di leasing, sia per l’acquisto della prima casa che di soggetto acquirente qualsiasi, la compravendita è esente dall’Iva. Lo stabilisce, per tutti i casi, l’articolo 10, numero 8 bis, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Comprare casa da società non costruttrice e non di recupero: quali imposte e tasse sono da pagare?

Soffermandoci su un acquisto di abitazione da impresa non di costruzione e nemmeno di recupero, rispetto agli altri casi più tradizionali, non fa differenza l’epoca di costruzione dell’immobile. Il venditore, inoltre, non può nemmeno esercitare l’opzione Iva. Nel caso in cui si tratti dell’acquisto di prima casa, l’imposta di registro può essere del 2% ai sensi dell’articolo 1, secondo periodo, del TP1, oppure dell’1,5% nel caso in cui la compravendita venga effettuato nei confronti di banche e di intermediari finanziari autorizzati all’esercizio dell’attività di leasing finanziario ed abbia per oggetto immobili di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9. L’imposta di registro sale al 9% se non si tratta di compravendita di prima casa.

Acquisto casa da società non costruttrice: quali imposte e tasse?

Oltre al pagamento dell’imposta di registro, nel caso di compravendita di immobile da società non costruttrice e non di recupero, sono da pagare 50 euro sia per l’imposta ipotecaria che per quella catastale. Sia che si tratti di prima casa che di altri scenari, la compravendita è esente sia dall’imposta di bollo che dalla tassa ipotecaria.

Quando si può comprare casa da una società di leasing?

L’acquisto di una casa da una società di leasing può avvenire nei casi disciplinati dalla legge. In particolare si deve trattare di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing. Oppure di cessioni di immobili già oggetto di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore. I casi di acquisto sono disciplinati dal comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006.

Comprare casa da una banca o società di leasing: Iva e altre imposte

Nel caso in cui la compravendita avvenga con una banca o una società di leasing che non sia costruttrice o recuperatrice, l’operazione è esente ai fini dell’Iva. Tuttavia, la compravendita è soggetta alle altre imposte. In particolare, l’imposta di registro è pari a 200 euro ai sensi del comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006. Lo stesso articolo disciplina l’imposta ipotecaria per altri 200 euro e l’imposta catastale per altrettanti 200 euro.

Quali altre imposte si pagano per una compravendita casa con banca o società di leasing?

Oltre alle imposte viste in precedenza, nel caso di acquisto da una banca o da una società di leasing sono da pagare altre due imposte. In particolare, la compravendita comporta l’imposta di bollo per 230 euro ai sensi del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972. Infine, la compravendita è soggetta alla tassa ipotecaria di 90 euro. La norma di riferimento in questo caso rientra nei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Il bilancio pubblico delle imprese bancarie: come funziona?

Il bilancio pubblico delle imprese bancarie è strettamente legato all’attività bancaria che gli istituti operano. Ecco alcuni criteri per la redazione.

Il bilancio pubblico delle imprese bancarie: i principi di redazione

Anche il bilancio pubblico delle imprese bancarie deve essere redatto secondo il principio della chiarezza. Inoltre, come qualsiasi altro bilancio d’esercizio, deve rappresentare in modo veritiero la situazione patrimoniale e finanziaria della banca stessa. Così occorre redigere sia il Conto Economico che lo Stato Patrimoniale. Ma è nella nota integrativa che maggioramente vengono dati chiarimenti o specifiche. Tuttavia il bilancio contiene delle specifiche da fornire agli azionisti:

  • maggiori dettagli sulle rettifiche di valori;
  • le eventuali difficoltà di pagamento;
  • gli elementi che consentono alla banca di prevedere con ragionevole certezza il realizzo futuro di benefici fiscali, in relazione ai redditi attesi;
  • chiarimenti sulle partecipazioni strumentali;
  • indicazione di coefficienza di solvibilità della banca e il confronto con il coefficiente minimo stabilito dalla Banca d’Italia.

Le istruzioni della Banca d’Italia sul bilancio

Le istruzioni della Banca d’Italia emanate con circolare n.166 del 30 luglio 1992 fanno riferimento all’esigenza, per gli enti creditizi di impostare un sistema informativo capace di collegare la contabilità generale al bilancio d’esercizio e con i singoli conti.  Nel sistema contabile devono esserci elementi che permettano di assicurare un raccordo tra contabilità e bilancio. Inoltre l’Autorità di Vigilanza presso la Banca d’Italia, nel definire tende a privilegiare due elementi:

  • la rappresentazione della sostanza sulla forma;
  • il momento del regolamento delle operazioni su quello della contrattazione.

Gli schemi di Stato patrimoniale e conto economico, previsti per gli enti creditizi e per gli istituti finanziari, sono stati emanati dalla Banca d’Italia con il provvedimento del 31 luglio 1992. Tuttavia a differenza dello schema di bilancio previsto dal nostro codice civile, le voci di bilancio non sono raggruppate in macroclassi. Ed inoltre non devono essere indicate le voci che rappresentano importi dell’anno precedente.

Le singole voci di bilancio

Il bilancio pubblico delle imprese bancarie prevede quindi delle voci che rappresentano le attività e le passività dello stato patrimoniale. Tra le attività vi è la Cassa e disponibilità presso banche centrali ed uffici postali in relazione alle banconote e monete estere. I titoli del tesoro e valori assimilabili al rifinanziamento presso le banche centrali, Crediti verso enti creditizi, crediti verso la clientela, obbligazioni, azioni, partecipazioni, immobilizzazioni sono tutte voci di bilancio. Mentre tra le voci del passivo ci sono i debiti verso gli enti creditizi e la clientela, i fondi per rischi ed oneri, il capitale e le riserve di rivalutazione. Nel conto economico vanno evidenziati gli interessi attivi e passivi, i dividenti e i proventi, i profitti e le perdite da operazioni, le spese amministrative. Ed ancora ci sono gli accantonamenti, le rettifiche di valore sulle immobilizzazioni e le variazioni sui fondi.

La nota integrativa nel bilancio pubblico delle imprese bancarie

Anche nel bilancio pubblico delle imprese bancarie occorre redigere la Nota integrativa. Ebbene questa è divisa in 4 parti:

  • Criteri di valutazione;
  • informazioni sullo stato patrimoniale;
  • informazioni sul conto economico;
  • altre informazioni.

Ogni voce a sua volta è suddivisa in tante sezioni che permettono di descrivere in modo più preciso i singoli aspetti della gestione d’impresa. Per questo motivo vengono allegate le tabelle riassuntive che racchiudono i valori da cui discendono le singole voci del bilancio. In particolare sono definiti i criteri usati per la redazione del bilancio, eventuali modifiche ai criteri di ammortamento, i coefficienti e la loro determinazione, rettifiche o accantonamenti fiscali. Inoltre in nota integrativa deve risultare l’elenco delle partecipazioni nelle imprese controllate. Per ciascuna di esse occorre indicare la denominazione, la sede, la quota detenuta e l’importo del patrimonio netto e quello dell’utile o della perdita dell’ultimo esercizio chiuso.

La relazione degli amministratori

Il bilancio pubblico delle imprese bancarie è corredato di una relazione degli amministratori sulla stato di salute della stessa banca. Oltre al valore dello stato patrimoniale e del conto economico devono risultare:

  • le attività di Ricerca e sviluppo;
  • i fatti rilevanti verificatisi durante l’anno;
  • il numero e il valore nominale sia delle azioni che delle quote proprie detenute in portafoglio;
  • il progetto di destinazione degli utili di esercizio o la ripartizione delle perdite;
  • i rapporti verso le imprese dello stesso gruppo.

Infine le banche sono tenute alla costituzione del Fondo rischi bancari generali. Si tratta di un fondo generico che non ha per finalità la rettifica dei valori esposti tra le attività, ma che tende a far fronte al rischio economico derivante dal complesso delle operazione bancarie. Potremmo pertanto assimilarlo ad una riserva di utili, propri perché non copre alcun rischio specifico.