Pensione, bastano 15 anni di contributi, ma solo in alcuni casi

Andare in pensione con soli 15 anni di contributo è possibile. Ma è possibile solo in alcuni casi specifici e soprattutto a che età è possibile farlo?

Pensione, la Legge Amato

E’ possibile, anche per il 2023, andare in pensione con 67 anni di età e con 15 anni di contributi versati, invece dei soliti 20 richiesti. Questo deriva dall’applicazione della Legge Amato 503/1992 che ha introdotto tre deroghe alla pensione di vecchiaia. La prima deroga lo consente qualora tutti i 15 anni di contributi, ovvero 780 settimane contributive, facciano riferimento a periodi antecedenti al 31 dicembre 1992. Per il calcolo si tiene conto di tutte le tipologie di contributi, quindi anche quelli figurativi, quelli volontari e quelli da riscatto. Altro requisito è che il lavoratore deve essere iscritto al Fondo lavoratori dipendenti o alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi dell’INPS, o anche Ex Enpals e INPDAP.

La seconda deroga consente di andare in pensione con 15 anni di contributi. Qualora con un provvedimento antecedente al 31 dicembre 1992 si sia stati autorizzati al versamento dei contributi volontari, anche nel caso in cui non si sia proceduto a farlo. Come nel caso precedente valgono tutti i contributi, ma solo per i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria dell’INPS, nonché gli iscritti ex Enpals.

La terza deroga della legge Amato

La terza deroga della legge Amato prevede un requisiti contributivo che viene tagliato per coloro che hanno un’anzianità assicurativa di 25 anni. Vuol dire che il primo contributo deve essere stato versato almeno 25 anni dalla data del raggiungimento dei requisiti per la pensione. Tuttavia è necessario avere 15 anni di contributi da lavoro dipendente versati all’Assicurazione generale obbligatoria o ad un fondo sostitutivo.

Infine, di questi 15 anni almeno 10 devono essere stati lavorati per periodi non inferiori alle 52 settimane. E’ importante sottolineare che la terza deroga Amato si applica solamente nei confronti dei lavoratori dipendenti iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria o ad un fondo sostitutivo o esonerativo della medesima.

Quando si può andare in pensione nel 2023 con 15 anni di contributi?

A conti fatti e dopo aver realizzato tutte le deroga, si può dire che è possibile andare in pensione nel 2023, con 15 anni di contributi se si è iniziato a lavorare non più tardi del 1995 e quindi avere un’anzianità assicurativa di almeno 28 anni. Una cosa è comunque certa quando si va in pensione occorre fare i conti con tantissime variabili. Ma forse è il momento che il Governo possa mettere in campo una Riforma sulle pensioni che le riorganizzi in modo definitivo.

 

 

Pensioni: quando 18 anni di contributi aumentano l’assegno

La carriera di un lavoratore è molto importante per maturare una pensione dignitosa, lo era nel sistema retributivo e lo è anche nel sistema contributivo. L’incrocio di questi due sistemi è quello che oggi viene adottato in sede di calcolo della pensione per la stragrande maggioranza dei cittadini.

Infatti solo chi ha iniziato a lavorare nel sistema contributivo (dopo il 1995), ha diritto ad un calcolo basato sul montante dei contributi versati e non sulle retribuzioni.  Certo, ci sono anche i lavoratori cosiddetti optanti, che scelgono misure e opportunità per uscire anticipatamente con misure che obbligano ad accettare un calcolo meno favorevole della pensione. Ma la maggior parte hanno diritto al calcolo misto.

Ma per tutti questi, 18 anni di contributi versati prima o dopo una determinata data possono fare la differenza in termini di pensione.

Le pensioni con il sistema misto, come funziona il calcolo

Andare in pensione nel 2022 per nove lavoratori su dieci significa andarci con una pensione calcolata con il sistema misto. Di fatto l’importo della pensione viene calcolato con il sistema misto, in parte retributivo ed in parte contributivo.

Come è noto il metodo retributivo si basa essenzialmente sulle retribuzioni degli ultimi anni di carriera. Invece il sistema contributivo si basa sui contributi versati durante la carriera, cioè sul montante contributivo.

Questo montante contributivo è il salvadanaio dove un lavoratore accumula tutti i versamenti durante la carriera. Dal montante, opportunamente rivalutato, passato per dei coefficienti di trasformazione che sono tanto più favorevoli al pensionato quanto più in avanti con gli anni ci si pensiona, esce fuori la pensione spettante.

Nel sistema misto, in base alla carriera prima del 1996, si determina la parte di carriera che andrà poi trattata in termini di pensionamento, con uno dei due sistemi e la rimanente parte che andrà trattata con l’altro.

Perché 18 anni di versamenti prima della riforma Dini possono valere di più

Con l’avvento della riforma Fornero, dal 2012, è stato stabilito che i soggetti che hanno una carriera lunga almeno 18 anni al 31 dicembre 1995, possono godere del favorevole calcolo retributivo della pensione fino al 2012. Per contro, chi invece ha una carriera inferiore a questi 18 anni, alla stessa data, gode del calcolo retributivo solo fino al 31 dicembre 1995.

Una differenza notevole, di 17 anni che può andare ad incidere in maniera notevole sul rateo di pensione. A tal punto che per chi si trova con pochi anni di differenza rispetto alla soglia dei 18 anni, non è azzardato suggerire di verificare la presenza di eventuali periodi da riscattare per poter arrivare alla fatidica soglia.

Va ricordato infatti che i 18 anni sono quelli a qualsiasi titolo versati. E per questo che anche quelli da riscatto potrebbero essere utili, anche se prevedono l’esborso di una determinata cifra. Va sottolineato che non si possono  utilizzare i contributi volontari che guardano solo al futuro e non al passato. Non si possono usare versamenti volontari per i periodi passati.

Esempi pratici di calcolo della pensione nel misto

Come già detto, possono essere notevoli le differenze in termini di assegno previdenziale tra sistema retributivo e sistema misto. Ne è la prova ciò che accade alle lavoratrici optanti. Sono quelle che scelgono opzione donna con uscite a 58 o 59 anni rispettivamente per lavoratrici dipendenti e lavoratrici autonome.

Un esempio pratico riguarda queste lavoratrici che per uscire dal lavoro a quelle età (con finestra di 12 mesi), devono maturare 35 anni di contributi e scegliere il ricalcolo contributivo della prestazione. Un sistema che produce per chi ha più di 18 anni di carriera antecedenti il 1° gennaio 1996, un taglio medio di assegno tra il 20% ed il 30%.

Perché il sistema contributivo della pensione penalizza i pensionati

Evidente che il sistema contributivo sia meno vantaggioso, e non di poco. La pensione nel misto si divide come detto,  in due quote, una retributiva ed una contributiva. La quota retributiva è costituita da una media delle retribuzioni percepite, soprattutto negli ultimi anni di carriera.

Detta media vale  circa il 2% per ogni anno di carriera svolto. Diverso il meccanismo del sistema contributivo,  perché si accantona una quota dello stipendio mensile. Nello specifico, il 33% della Retribuzione Annua Lorda (RAL). Questi accantonamento vengono poi rivalutati ogni anno che passa fino alla data in cui questi versamenti si utilizzano per la propria pensione.

Pensione, cosa succede se si versano contributi a gestioni previdenziali diverse?

Cosa avviene se il lavoratore durante la vita lavorativa ha versato i contributi per la pensione in più gestioni previdenziali? In questa situazione, viene incontro il cumulo gratuito dei contributi in caso di versamenti “misti”, compresi quelli fatti alle Casse professionali. Il cumulo gratuito è stato reso operativo dalla circolare dell’Inps numero 140 del 2017 ed esteso anche ai liberi professionisti. Insieme alla totalizzazione e alla ricongiunzione, costituisce una delle soluzioni per sommare i versamenti di diverse gestioni.

Cosa si può fare con il cumulo dei contributi?

Con il cumulo il soggetto può valorizzare la contribuzione fatta a più gestioni previdenziali senza oneri economici. La gratuità è un carattere distintivo del cumulo al pari della totalizzazione. A differenza di quest’ultimo, però, il cumulo non è soggetto al calcolo contributivo della futura pensione e nemmeno al meccanismo delle finestre mobili.

Differenze del cumulo di pensione con ricongiunzione e totalizzazione

Differentemente dalla ricongiunzione, mediante il cumulo non si trasferisce la contribuzione da una gestione a un’altra. Dunque al contribuente viene riconosciuta un’unica pensione, calcolata in base alle regole previste per ciascuna gestione che concorre al cumulo. Con il cumulo previsto dalla legge di Bilancio 2017, dunque, è possibile sommare gratuitamente gli spezzoni contributivi dei versamenti su differenti gestioni.

Cumulo dei contributi per la pensione, chi può farlo?

Il cumulo dei contributi ai fini della pensione può essere esercitato dai dipendenti e dagli autonomi iscritti alla Gestione separata o ad altre forme dell’Assicurazione generale obbligatoria e dai professionisti iscritti alle Casse previdenziali. Chi richiede il cumulo dei contributi non deve avere già in corso un trattamento pensionistico relativo alle gestioni oggetto di cumulo. Da rilevare che il cumulo non può essere mai parziale ma deve riguardare in toto i periodi contributivi. Questi ultimi non devono essere coincidenti.

Come si presenta la domanda di cumulo dei contributi?

La domanda del cumulo dei contributi deve essere presentata presso la gestione dove risulta essere stata accreditata l’ultima contribuzione. Se il contribuente risulta iscritto a più gestioni, può presentare domanda a quella di sua scelta. L’inoltro della domanda permette alla gestione che l’ha ricevuta di iniziare la procedura di cumulo verso le altre gestioni previdenziali all’interno delle quali risultino presenti periodi di contribuzione.

Cosa avviene all’accettazione del cumulo?

Nel momento in cui il cumulo dei contributi viene accettato dopo la presentazione della domanda, la pensione viene liquidata come unica e pagata dall’Inps con un solo trattamento. L’importo pensionistico è determinato dalla somma degli spezzoni contributivi cumulati, seguendo comunque le regole previdenziali di ciascuna gestione coinvolta. Il cumulo permette, inoltre, di poter sommare i periodi contributivi ai fini dell’accesso della pensione di vecchiaia, di anzianità e anticipata.

Cumulo contributi nel caso di gestioni con diverse regole previdenziali

Cosa avviene nel caso in cui le diverse gestioni previdenziali dove il contribuente ha versato i contributi da cumulare applichino regole diverse per il pensionamento? Il caso si può presentare, ad esempio, quando un contribuente ha versato 10 anni di contribuzione presso l’Inps che prevede la pensione di vecchiaia a 67 anni e altri 10 presso un fondo che prevede la stessa prestazione ma a 65 anni. In questa situazione è necessario far riferimento alla gestione previdenziale che prevede i requisiti più elevati tra i singoli fondi coinvolti.

Pensione anticipata con il cumulo dei contributi

Diversamente, per il calcolo dei requisiti necessari per la pensione anticipata, il cumulo delle gestioni contributive deve mirare al raggiungimento fisso dei 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne di versamenti fatti nella vita lavorativa. Ciò indipendentemente dalle regole delle previdenze coinvolte nel cumulo. L’operazione, dunque, può sommare i contributi delle varie gestione per arrivare a questo risultato. Il pagamento della pensione con il cumulo avviene il primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Pensione, come si calcola con il cumulo della pensione?

Il calcolo del mensile di pensione con il cumulo dei contributi avviene tramite il meccanismo “pro-quota”. Ciò significa che ogni gestione previdenziale coinvolta nel cumulo effettuerà il calcolo della propria pensione con le regole vigenti al suo interno. Il calcolo della pensione tiene conto anche del metodo retributivo, misto o contributivo del periodo in cui il contribuente ha effettuato i versamenti. Per questo motivo, anche con il cumulo alcune quote possono essere calcolate con il sistema retributivo per chi rientra in quel sistema previdenziale.

Eccezione delle Casse di previdenza nel calcolo retributivo della pensione

Fa eccezione nella quota di calcolo la gestione relativa alle Casse di previdenza. Infatti, quanto versato alla Cassa previdenziale non può tornare utile per determinare i 18 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 1995 ai fini del calcolo retributivo della pensione per versamenti fatti fino al 31 dicembre 2011.

Come calcolare la pensione netta e accesso al trattamento?

Oggi andremo ad addentrarci nell’annoso mondo pensionistico, spiegandovi come è possibile calcolare la pensione netta e rispettivamente la decorrenza del trattamento.

Pensione netta, di cosa si tratta

Ovviamente quando si parla di pensione netta si fa riferimento all’importo netto della pensione che spetta al contribuente. Ovvero, quella somma a cui sono detratte le tassazioni, che invece comprendono il totale lordo della somma.

La pensione è soggetta ad una tassazione IRPEF. Questo sta a significare che nel cedolino troveremo sia il suo importo lordo sia il suo importo netto pagato dall’INPS che, in qualità di sostituto di imposta, effettua una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, al medesimo modo che fa il datore di lavoro sulla busta paga con lo stipendio del dipendente.

A questa detrazione tassativa, va però aggiunta anche la decorrenza, variabile in base al trattamento adottato per il pensionamento.

Scopriamo nei prossimi paragrafi come calcolare la pensione netta e la decorrenza.

Come calcolare la pensione netta

Dunque, venendo al nocciolo della questione, va precisato che l’IRPEF è dovuto per tutte le prestazioni previdenziali, dirette ed indirette, ad esclusione delle prestazioni assistenziali come le pensioni sociali, gli assegni sociali e le prestazioni agli invalidi civili, ciechi e sordomuti, che sono esentasse. Va inoltre ricordato che attualmente l’IRPEF si calcola applicando diverse aliquote alle differenti fasce di reddito annue, ovvero le seguenti:

  • fino a 15mila euro, l’aliquota è pari al 23%;
  • oltre 15mila e fino a 28mila euro, è pari al 27%;
  • oltre 28mila e fino a 55mila, ammonta al 38%;
  • oltre 55mila e fino a 75mila, è pari al 41%;
  • oltre 75mila è pari al 43%.

Dunque, per poter calcolare la pensione netta, oltre alle imposte, è necessario applicare all’importo lordo delle specifiche detrazioni di imposta.

Queste detrazioni, diversamente all’IRPEF, variano rispetto a quelle previste per i redditi dal lavoro dipendente. Nello specifico, per i pensionati con reddito inferiore ai 55mila euro annui spetta una detrazione per aver percepito redditi di pensione. Infatti, fin dal 2017 le detrazioni sono state incrementate per le pensioni fino alla somma di 8mila euro, con l’obiettivo di allineare la no tax area per tutti i pensionati, indipendentemente dall’età anagrafica.

Quindi, accade quanto segue:

  • in caso di reddito previdenziale non superiore a 8mila euro, la detrazione va ad ammontare a 1.880 euro (supera l’imposta dovuta, quindi ci si trova nella cosiddetta no tax area);
  • in casi di redditi tra 8mila e 15mila euro si applica la seguente formula: 1.297 + [583 × (15.000 – reddito complessivo) / 7.000];
  • mentre nei casi di redditi tra 15mila e 55mila euro si va ad applicare la formula seguente: 1.297 × [(55.000 – reddito complessivo) / 40.000].

Va, in fine, aggiunto che la detrazione che spetta dovrà essere rapportata ai giorni in cui spetta il diritto alla pensione nell’anno e non può essere cumulabile con le altre detrazioni sui redditi.

Pensione e accesso,come cambia

Andiamo a vedere, invece nello specifico i vari casi in cui cambia la decorrenza della pensione

  • per chi possiede il requisito per la pensione di vecchiaia a 67 anni;
  • con la pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi versati per gli uomini, 41 anni e un mese per le donne (non applica gli scatti legati alle aspettative di vita);
  • fino a fine 2021 con l’ applicazione della Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi);
  • con l’Opzione Donna che richiede 35 anni di contributi con 58 anni di età se dipendenti, 59 se autonome, accettando un assegno calcolato con il solo metodo contributivo;
  • senza vincoli di età con la Quota 41, qualora si è lavoratori precoci appartenenti a categorie protette;
  • con l’APE sociale se appartenenti a determinate categorie tutelate, con almeno 62 anni di età e 30 o 36 anni di contributi a seconda della tipologia di lavoro svolto;
  • con Quota 97,6 (35 anni di contributi e 61 anni e sette mesi di età) per gli addetti alle mansioni usuranti.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più necessario ed utile da sapere in merito all’ argomento sul calcolo della pensione netta e sulle possibili decorrenze pensionistiche.