Cerchi lavoro? Diventare telefonista potrebbe essere la soluzione

Trovare lavoro non è semplice, ma con una buona dose di flessibilità e voglia di mettersi in gioco è possibile trovare delle buone opportunità di lavoro, tra i professionisti sempre più ricercati ci sono i telefonisti da casa, ecco di cosa si occupa un telefonista a domicilio e come iniziare.

Perché il lavoro di telefonista può offrire buone opportunità

Le azienda hanno bisogno sempre più di essere facilmente raggiunte dai clienti, questi però non vogliono semplicemente recarsi in sede e ricevere informazioni, vogliono poter ottenere ciò di cui hanno bisogno senza muoversi da casa o dall’ufficio e, oltre ad utilizzare canali social, richiedono informazioni telefonicamente.

Le aziende a loro volta per poter fronteggiare questa esigenza decidono di avere un telefonista. Quando però non hanno locali a disposizione, non vogliono impegnare risorse eccessive per questo lavoro, preferiscono affidarlo a persone che lavorano da casa propria, naturalmente con telefoni messi a disposizione dall’azienda. In altri casi preferiscono addirittura avvalersi dell’aiuto di contact center a cui delegano tutta la gestione anche con un buon risparmio economico perché non dovranno assumere, pagare oneri contributivi e altro, di tutto infatti si occupa il contact center delegato che, a sua volta, spesso affida a un unico operatore anche più aziende. Questo per le aziende diventa quindi un modo economico per gestire il servizio perché è come se avesse l’operatore in condivisione.

Quali mansioni svolge il telefonista a domicilio

Le mansioni che un telefonista può essere chiamato a svolgere sono davvero numerose e dipende dalla tipologia di azienda per cui si lavora e dalle sue esigenze. Tra le mansioni del telefonista ci può essere alcune il contattare i clienti, già presenti nell’archivio dell’azienda o nuovi, al fine di proporre dei prodotti.

Sono molti i professionisti inoltre che decidono di affidare a una telefonista la gestione degli appuntamenti, ad esempio un avvocato, dentista, commercialista o altro professionista potrebbe trovare conveniente affidare la gestione degli appuntamenti a una persona che lavora da casa, in questo modo non deve predisporre un ufficio per il telefonista, inoltre solitamente non versa uno stipendio “normale” perché una stessa persona può lavorare come free lance e stipulare contratti con più professionisti.

In questo caso avere anche una buona conoscenza degli strumenti informatici, ad esempio un semplice programma word o excel può fare la differenza perché la scheda degli appuntamenti può essere compilata in condivisione e il professionista può sempre avere un quadro specifico del lavoro da effettuare.

Alcune imprese con questa formula organizzano il servizio clienti, in tal caso è assolutamente necessario conoscere bene tutte le specifiche dell’azienda per cui si lavora e presentare al meglio l’azienda.

Il telefonista hard

Un settore dove sono sempre molto ricercati i telefonisti da casa è quello hard, naturalmente occorre essere ben predisposti a tale lavoro, ma le opportunità di guadagno sono buone, inoltre in questo caso diventa anche abbastanza semplice conciliare il lavoro con la gestione della quotidianità e della famiglia, infatti non è detto che debba essere data la disponibilità nei canonici orari di ufficio, cosa che succede con le altre aziende.

Insomma il ruolo del telefonista a domicilio è davvero molto variegato e proprio per questo può essere un modo per avere dei guadagni in un periodo di transizione come questo in cui il classico lavoro in fabbrica è molto precario e coloro che non hanno una formazione specifica con buone conoscenze delle nuove tecnologie possono davvero avere difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro.

Formazione e capacità del telefonista

Il ruolo del telefonista da casa richiede una buona empatia, inoltre è necessario saper parlare un italiano fluente e in base all’azienda anche avere un linguaggio tecnicamente appropriato. Naturalmente questo lavoro non è adatto a chi usa espressioni volgari o parolacce, insomma la maleducazione non è ammessa. E’ preferibile che il telefonista abbia anche una conoscenza sufficiente degli strumenti informatici, in alcuni casi infatti è necessario interagire con una piattaforma aziendale.

Il telefonista a domicilio deve avere anche una buona dose di pazienza, infatti non è detto che l’interlocutore sia sempre ben disposto, ma di certo il telefonista non può rispondere a tono.

Quanto guadagna?

Lo stipendio di un telefonista da casa varia in base a diversi fattori, infatti dipende dalle ore in cui si lavora, ma anche dalle modalità, ad esempio quando si lavora per uno studio professionale il guadagno non è elevatissimo, ma se si riescono ad avere più clienti si riesce a ottenere uno stipendio di circa 1000 euro mensili che non è male soprattutto se si considera che lavorando da casa ci sono spese minime di gestione del lavoro (carburante, vestiti, mangiare fuori casa). Sicuramente vi è il vantaggio di non dover avere particolari requisiti professionali, cioè laurea, corsi di formazione o altro.

Spesso si può lavorare da casa anche con i call center, in questo caso c’è un fisso e poi una parte dello stipendio è legata ai contratti, il fisso solitamente varia dai 400 euro mensili ai 600 euro mensili, ma se non si portano a casa un buon numero di contratti, si rischia di perdere il lavoro.

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C’erano una volta i call center

 

Con il passare degli anni, e il perdurare della crisi economica, il call center è diventato sempre più emblema di precarietà e luogo di speranze e sogni interrotti. In tempi di magra, però, il call center è diventato anche l’ultima spiaggia per migliaia di giovani scoraggiati dal contesto economico circostante.Da qui l’urgenza del Governo di intervenire necessariamente per (cercare di) regolarizzare un settore-giungla avviato verso una corsa al ribasso senza precedenti e che sembrerebbe aver perso la propria immunità nei confronti della crisi economica.

Per questo motivo è stato avviato al MiSE un tavolo di settore  – a cui hanno partecipato il viceministro Claudio De Vincenti, il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, le sigle sindacali di categoria, le associazioni datoriali e gli esponenti di ANCI e AGCOM – per cercare di preservare dalla crisi un settore che ad oggi conta almeno 80mila lavoratori.

«Il confronto in corso è positivo – hanno dichiarato i rappresentanti della Slc Cgil – ma bisogna passare dalle intenzioni ai fatti e dimostrare che, finalmente, il Paese ha superato le vecchie logiche del passato ed è in grado di produrre riforme che vadano incontro alle esigenze complessive. Il Governo deve decidere da che parte stare: se con chi propone la conservazione del sistema attuale che crea disoccupazione e costi sociali rilevantissimi (480 milioni la spesa prevista in ammortizzatori sociali e incentivi nel solo triennio 2012 – 2014) o con chi vuole riformare il sistema per portarlo a competere sulla qualità, sull’efficienza, sull’innovazione e sullo sviluppo».

La risposta del Governo è arrivata tramite una note del MiSE: «L’esecutivo è impegnato fino in fondo a tutela di un settore ad alta intensità di lavoro che attraversa un serio momento di crisi. Stiamo cercando di recuperare anche un solo posto di lavoro e, attraverso un utilizzo sapiente degli ammortizzatori sociali, di non perderne neanche uno».

JM

Ridefinito il contratto per gli addetti ai call center

E’ stato ridefinito da Assocal e Ugl il contratto collettivo per i collaboratori telefonici dei call center, con il benestare dei consulenti del lavoro.

Il settore degli operatori telefonici, da sempre piuttosto controverso in quanto a contratti, necessitava di una regolamentazione ma, data la complessità, le associazioni di categoria hanno chiesto l’intervento dei consulenti, la cui Fondazione Studi ha alla fine dato il via libera.

I consulenti del lavoro non sono nuovi a questo tipo di interventi, poiché era stato chiesto il loro aiuto anche nella definizione dei contratti di lavoro degli “emotional manager – coach – counselor” e per quello dell’area alimentazione-panificazione.

A questo proposito, hanno dichiarato: “Ancora una volta, quindi, viene confermato il ruolo di terzietà interpretato dai consulenti del lavoro a tutela degli interessi delle imprese e dei lavoratori. Una professione chiamata giornalmente a far vivere il diritto del lavoro attraverso una corretta applicazione dello stesso ai casi concreti, che si differenzia e si integra con quello teorico approvato a tavolino, ma che deve essere testato per poter esplicare al meglio i propri effetti“.

Hanno spiegato Assocal e Ugl: “E’ convinzione delle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale che lo stesso debba ottenere una valutazione giuridica del testo contrattuale, da parte della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, atteso che la competenza indiscussa dei consulenti del lavoro fa sì che la posizione centrale che essi occupano tra impresa, lavoratori e istituzioni pubbliche, contribuisce, sicuramente ad emettere un parere tecnico, particolarmente significativo, in ordine agli aspetti giuridici, economici, assicurativi, previdenziali e sociali connessi alla formazione di un contratto collettivo di lavoro“.

Anche Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, ha voluto ricordare l’importanza del ruolo dei consulenti, che sono “a disposizione degli altri attori del mercato del lavoro e del ministero del Lavoro per ogni attività ritenuta utile al miglioramento del sistema. In un momento di grandi fibrillazioni sociali, avere certezza delle regole da applicare è fondamentale quanto il rispetto delle stesse“.

Vera MORETTI

Call center e nuovi contratti a progetto: cosa cambia secondo i Consulenti del lavoro

Uno dei settori lavorativi in cui spesso si usufruisce di contratti a progetto è quello dei call center, soprattutto quando si tratta di out bound, ovvero di contattare per un arco di tempo determinato, da parte del collaboratore, l’utenza di un prodotto o servizio riconducibile ad un solo committente.

Dal 18 luglio, da quando è entrata in vigore la legge n. 92/2012, questo tipo di contratto ha subito profonde modifiche, che ovviamente si sono fatte sentire anche nelle aziende di call center.
La novità sicuramente più saliente riguarda lo svolgimento dei compiti previsti da questo contratto, che non possono essere “meramente esecutivi o ripetitivi“, come invece avviene per gli operatori telefonici.

A questo punto, è lecito chiedersi: qual è la differenza tra out bound e in bound, (che prevede, invece, la gestione di telefonate in entrata)? Il Ministero del Lavoro l’ha individuata nel comportamento attivo del lavoratore, “che da solo è sufficiente a qualificare la prestazione come obbligazione di risultato (appunto il progetto del servizio out bound) e non come obbligazione di mezzi (la disponibilità resa dal lavoratore per un determinato periodo a ricevere le telefonate da parte della clientela – servizio in bound)”.

Per quanto riguarda i campi di applicazione della nuova legge, se prima si pensava che fossero riferiti esclusivamente alle attività di call center con almeno 20 dipendenti, in realtà si estendono a tutte le aziende, indipendentemente dal numero dei lavoratori.

Inoltre, la legge ha ridefinito il significato di contratto a progetto, vediamo come: “Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, nonché delle attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center out bound per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione (di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore”.

Le modifiche sono applicabili anche all’attività di call center perché, in primo luogo, una eventuale esclusione dal lavoro a progetto degli operatori di call center determinerebbe un inspiegabile abbassamento delle tutele per questa tipologia di lavoratori.

Inoltre, la norma espressamente stabilisce che per le attività di out bound “il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito…” sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva.
Se, comunque, le aziende del settore decidono di ricorrere al contratto a progetto per i propri collaboratori, devono sapere che alcuni requisiti previsti per la generalità dei lavoratori autonomi non troverebbero applicazione.

La determinazione del compenso deve tenere conto della qualità e della quantità del lavoro svolto e, in ogni caso, non può “essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”.

Per il contratto di collaborazione svolto in out bound, il lavoro a progetto “è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento“.

Pertanto, non è richiesta una valutazione temporale o professionale della prestazione, come nel caso della generalità dei lavoratori a progetto, ma è necessario che la contrattazione collettiva stabilisca in modo puntuale come deve essere determinato il compenso per questa prestazione che, sostanzialmente, assume sempre le stesse modalità di esecuzione della prestazione indipendentemente dal committente o dalla campagna economica da svolgere.

Considerando l’entrata in vigore della legge dal 12 agosto, resta il dubbio su come comportarsi con i contratti avviati nel periodo tra il 18 luglio e l’11 agosto. A questo proposito, è stato deciso che ai contratti a progetto sottoscritti in questo ambito temporale verranno applicate le presunzioni introdotte dalla legge 92/2012.

Vera MORETTI

Valorizzare i talenti “nascosti” nel call center

Non è facile la vita in un call center, chi l’ha provata lo sa. Per questo il corso che Telecom offre alle sue dipendenti presso l’istituto tecnico Giorgi in viale Liguria a Milano è stato accolto con entusiasmo.

Sono 24, tutte donne, le dipendenti Telecom che ogni giorno, a partire dalle 15, siedono ai banchi della scuola serale e studiano per diventare periti elettronici e potersi quindi riqualificare all’interno dell’azienda.

Dal computer con auricolare e microfono al lavoro sugli impianti e sulla rete. Un salto di qualità, reso possibile solo da diploma di perito, non dalla maturità classica, né dalla laurea in fisica o in filosofia.

Hanno tra i 25 e i 50 anni le donne che hanno scelto questa strada a Milano. E frequentano 20 ore di lezione alla settimana usufruendo di uno sconto sull’orario di lavoro. Studiano matematica, fisica, informatica, elettronica. Le materie letterarie sono state date per acquisite grazie ai precedenti diplomi.

A Roma e a Torino sono state avviate due sperimentazioni gemelle, il tutto grazie a una convenzione tra Telecom – nata da un accordo sindacale – e la direzione delle scuole dove si tengono i corsi.

Speriamo che queste tre sperimentazioni non restino casi isolati, e che altre aziende seguano la strada tracciata da Telecom.

Livia Buseghin