I mestieri di una volta ancora molto presenti in Italia

Nonostante Milano sia sempre un passo avanti rispetto a tante città italiane, anche e soprattutto per quanto riguarda tecnologia ed innovazione, sembra che nel capoluogo lombardo anche i mestieri di una volta resistano, alla faccia della modernità, e alla faccia della crisi.

A testimoniarlo sono i dati della Camera di Commercio di Milano, che nel secondo trimestre 2017 attestano l’esistenza di 826 mila imprese di questo tipo in tutta Italia, e ben 60 mila nella sola Lombardia.
Il settore, dunque, si mantiene stabile, con un -1% in un anno.

Quali sono i settori in questione? I principali sono quelli relativi ad agricoltura (723 mila), produzione di pane e dolci (30 mila), commercio tradizionale con tessuti, panifici, latterie (22 mila) e lavanderie (20 mila), sarti (10 mila).
Si tratta di mestieri che, nella loro semplicità e tradizione, offrono opportunità di lavoro a circa un milione di addetti nel Paese e 114 mila in Lombardia.

Occorre comunque puntualizzare che il settore resiste anche grazie alla massiccia presenza di stranieri, che svolgono queste attività in 24 mila nell’intero Paese e 3 mila, corrispondenti al 3% totale, in Lombardia (5%).
Prime per attività in Lombardia sono Brescia (12 mila imprese e 16 mila addetti), Milano (9 mila e 27 mila addetti), Mantova (8 mila e 10 mila addetti) e Pavia (7 mila imprese e 8 mila addetti). Ed è proprio Milano che cresce dello 0,5% grazie anche agli stranieri (+5,7%), che pesano il 16% dei settori tradizionali.

Vera MORETTI

Lombardia prima nell’export nei primi tre mesi dell’anno

La Camera di Commercio di Milano, a seguito di una ricerca condotta da Promos per l’internazionalizzazione partendo dai dati Istat del primo trimestre 2017, ha fatto sapere che l’export in Lombardia vale 300 milioni, a seguito dei 60 miliardi di scambi nei primi tre mesi del 2017.

Ciò significa che l’export è cresciuto del 9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e, a questo proposito, Carlo Edoardo Valli, presidente Promos, ha dichiarato con soddisfazione: “Gli imprenditori lombardi considerano l’internazionalizzazione una leva sempre più importante per la crescita e lo sviluppo della propria azienda. Nonostante il mutevole contesto internazionale abbia ridisegnato alcune tratte del commercio estero e modificato dinamiche consolidate, permangono tratti distintivi dell’imprenditoria lombarda, come la qualità del prodotto, che permettono alle nostre aziende di continuare ad essere protagoniste sia in quei mercati considerati tradizionali sia in quelli emergenti nei quali stanno rafforzando il proprio posizionamento”.

Con questi risultati, la Lombardia rappresenta il 28,6% del totale italiano, che, tradotto, ammonta a 211 miliardi nei soli primi tre mesi dell’anno, con un aumento dell’11.7%. Dati positivi sono stati registrati sia da import che da export, rispettivamente in tre mesi 31 miliardi (+10%) e 29 miliardi (+8,6%), che pesano il 30,6% e 26,7% del totale italiano.

Milano è la città che si dimostra ancora una volta cole la più attiva, con un interscambio di 26 miliardi in tre mesi, ovvero il 43% del totale lombardo e addirittura in crescita del 5,8%. Dopo Milano arrivano Brescia (+9,6%) e Bergamo (+5,8%), entrambe con 6 miliardi in tre mesi.
Il capoluogo lombardo è primo anche alla voce export, con 10 miliardi in tre mesi (+9%). Seconde Brescia (+8,7%) e Bergamo (+5,8%), con quasi 4 miliardi in tre mesi. Superano i due miliardi in tre mesi Monza e Brianza (+15,5%) e Varese (+1%).

Vera MORETTI

Halal Made in italy vince la terza edizione di Dr. Start-upper

Si chiamano Omar Vincenzo e Giorgio Agrifoglio ed hanno rispettivamente 24 e 23 anni e frequentano il primo anno del master in Economics and Finance dell’Università Cattolica di Milano ed hanno vinto il primo premio con l’idea di creare il portale Halal Made in Italy, che mette in comunicazione i produttori alimentari italiani con una comunità islamica che sta diventando sempre più numerosa.

I due ragazzi sono riusciti a realizzare il loro progetto grazie al premio Dr. Start-upper, indetto dall’Università Cattolica dal 2013, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, per dare opportunità concrete ai giovani più innovativi e creativi.

Omar e Giorgio hanno pensato di far entrare i produttori di carne, formaggi, e qualsiasi altro alimento in un mercato a loro precluso, anche a causa della mancata certificazione religiosa di qualità, che viene rilasciata da un ente internazionale.
Con questa idea, i due ragazzi hanno vinto 6 mesi di incubazione con Corefab.

Secondo posto, ma senza premio, per ICAST, la piattaforma B2B per la moda e il reclutamento di modelle e modelli che possa agevolare la ricerca da parte delle aziende che sono alla ricerca di modelle con determinate caratteristiche.

Terza posizione per Bret maps, la app per telefonini che permette ai cittadini di segnalare situazioni di pericolo idrogeologico attraverso foto che il cittadino può inviare in tempo reale all’amministrazione comunale.

Per partecipare a questa selezione, che ha riguardato 23 progetti molto validi, gli studenti, 30 in tutto, hanno frequentato un corso gratuito. I partecipanti erano in possesso di laurea magistrale, dottorandi e masteristi.

Vera MORETTI

Riparte Speed Mi Up, dedicato alle startup innovative

E’ ripartito il bando Speed Mi Up, promosso anche questa volta dall’Università Bocconi e dalla Camera di Commercio di Milano, in collaborazione con il Comune.
Di cosa si tratta ormai lo sanno tutti: si tratta di una selezione di startup innovative che avranno accesso all’incubatore beneficiando di servizi e sostegno imprenditoriale.

Saranno in tutto 15 le nuove imprese che potranno beneficiarne, e che quindi avranno accesso ai servizi di tutorship continuativa e business review periodiche, formazione e servizi tecnici di alta qualità, Consulting Bureau in tema legale e in merito ai finanziamenti pubblici, al Marketing e ai Digital media.
Saranno offerte anche occasioni di Networking con investitori ed eventi di knowledge sharing.

Per partecipare alla selezione, occorre essere aspiranti imprenditori o aver fondato una nuova impresa da non più di 20 mesi. Si potrà presentare un elevator pitch, un business plan e il Curriculum Vitae dei partecipanti.

Per candidarsi, c’è tempo fino al 14 aprile, collegandosi con il sito che promuove l’iniziativa.

Vera MORETTI

Microcredito a chi vuole aprire una nuova impresa artigianale

La Fondazione Welfare Ambrosiano, insieme al Comune e alla Camera di Commercio di Milano ha presentato il bando Agevola Micro Credito d’Impresa, che vuole promuovere la nascita di nuove imprese, soprattutto se si tratta di micro e piccole imprese che svolgono attività artigianale.

Il progetto è stato presentato nell’ambito del convegno Microcredito meno caro e più efficace, presso la sala del Consiglio della Camera di Commercio di Milano, alla presenza dell’Assessore Politiche del Lavoro, Attività produttive del Comune di Milano, Cristina Tajani con Romano Guerinoni, Direttore Generale Fondazione Welfare Ambrosiano e Vincenzo Mamoli, Membro di Giunta Camera di Commercio di Milano.

La Fondazione Welfare Ambrosiano ha messo a disposizione 150mila euro che dovrebbero servire per attivare circa 70 progetti tra micro imprese e lavoratori autonomi con l’erogazione di 1,5 milioni di microcrediti.
I nuovi progetti potranno contare su finanziamenti bancari più accessibili grazie all’abbattimento dei tassi di 3-4 punti percentuali a seconda che le imprese siano iscritte da non più di due anni alla Camera di Commercio o che i titolari siano giovani under 35 o donne. Prevista una media di finanziamento di 20 mila euro per ogni singolo progetto con richieste variabili da 2 a 25 mila euro per la durata da 12 a 72 mesi massimo.

Inoltre, il Comune di Milano ha stanziato 100mila euro per garantire l’accompagnamento, con un programma della durata di 18 mesi personalizzato e obbligatorio per i beneficiari, per guidare i neoimprenditori nel loro percorso di crescita della nuova attività. Contemporaneamente, la Camera di Commercio parteciperà in modo attivo alla promozione delle neo 70 imprese.

Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il lavoro, Attività Produttive e Commercio, ha dichiarato: “In questi primi quattro anni di attività la Fondazione Welfare, nata dalla cooperazione tra istituzioni diverse e organizzazioni sindacali, ha operato per sostenere lavoratori e cittadini in difficoltà attraverso lo strumento del microcredito, un modello di intervento che si è rivelato particolarmente indicato per rispondere alle esigenze dei cittadini che difficilmente avrebbero accesso al credito. Un’iniziativa concreta per permettere anche ai giovani che versano in condizioni economiche svantaggiate di avere accesso a un percorso formativo di prestigio e di trovare il proprio posto nel mercato del lavoro investendo su se stessi e sulle proprie capacità“.

Per ora, i soggetti che hanno fatto richiesta di microcredito allo sportello della Fondazione sono 1396, per un totale, parziale, di 3,4 milioni erogati, così suddivisi: 2,2 milioni per il credito alle persone e 1,2 milione per credito alle imprese. Il prestito medio è 5 mila euro per le persone e 14 mila euro per quelli rivolti all’impresa. I richiedenti sono per il 56% uomini e 44% donne, per un’età così ripartita: per il 15% compresa tra 18-30 anni, il 23% 31-40, 35% 41-50 e il 24% tra i 51-60 anni.

Romano Guerinoni, direttore generale Fondazione Welfare Ambrosiano, ha poi aggiunto: “Rendiamo accessibile il credito ai soggetti normalmente non bancabili. La Fondazione Welfare Ambrosiano risponde alle esigenze dei soggetti più svantaggiati, creata a questo fine da Comune di Milano, Città Metropolitana, Camera di commercio e le locali CGIL, CISL e UIL. Per questo abbiamo predisposto un meccanismo di assistenza obbligatorio con un tutor, per il successo del progetto su cui l’impresa ha investito e per la completa restituzione del debito”.

Infine, ha concluso Vincenzo Mamoli, membro di giunta della Camera di Commercio di Milano: “Soprattutto in questa fase di lenta ripresa, il credito rappresenta una problematica di difficile soluzione per le imprese, soprattutto le più piccole. Con questo bando consolidiamo una cultura del microcredito sul territorio della città metropolitana, per incrementarne la conoscenza e lo sviluppo”.

Vera MORETTI

Italia-Svizzera, quanto vale la guerra dei frontalieri?

Il referendum che, nel Canton Ticino, ha visto prevalere quanti chiedono che sia data priorità ai residenti in Svizzera nell’assegnazione dei posti di lavoro, a scapito soprattutto dei frontalieri, sta rischiando di diventare un caso diplomatico.

Sono infatti oltre 60mila i frontalieri italiani che, ogni giorno, varcano il confine per andare a lavorare in Svizzera. A quanti volessero seguire le loro orme un domani, il 58% dei ticinesi ha di fatto detto stop.

La regione maggiormente esposta in questo senso e che vanta il maggior numero di frontalieri è la Lombardia. Ecco perché la Camera di commercio di Milano ha provato a calcolare quanto vale, attualmente, il rapporto commerciale tra la regione e lo Stato elvetico.

Secondo la CamCom milanese, gli scambi tra Lombardia e Svizzera valgono quasi 11 miliardi di euro all’anno, circa un terzo del totale nazionale (oltre 30 miliardi di euro). Un dato abbastanza stabile rispetto all’anno precedente (-1%)..

Milano è la protagonista lombarda degli scambi verso la Svizzera, con oltre sei miliardi di euro. Seconda è Monza con 1,2, seguita da Varese con 701 milioni e Como con 649 e un gran numero di frontalieri.

Metallurgia, tessile, elettronica e macchinari, sono i primi settori dell’export. L’import è invece per la maggior parte farmaceutico. I primi settori dell’export lombardo sono infatti i metalli di base e i prodotti in metallo (1,2 miliardi), seguiti da prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (836 milioni), computer, apparecchi elettronici e ottici (817 milioni), macchinari (591 milioni). L’import farmaceutico vale invece 1,1 miliardi. Al secondo posto ci sono computer e apparecchi elettronici (946 milioni).

Bracco (CamCom Milano): bene la città come sede Agenzia Europea del Farmaco

La decisione di candidare Milano a sede dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) è un passo importante per il sistema delle imprese – ha dichiarato in una nota Diana Bracco, consigliere della Camera di commercio di Milano -. È certamente un obiettivo ambizioso, ma può essere a portata di mano. Tra le istituzioni c’è una completa comunanza di obiettivi e la volontà di avviare quel grande gioco di squadra pubblico-privato che portò l’Expo a Milano”.

In seguito alla sottoscrizione del documento ‘Post Brexit, le opportunità per Milano, la Lombardia e l’Italia’ – ha proseguito Braccoabbiamo subito avviato un’azione di sensibilizzazione di tutte le associazioni imprenditoriali milanesi e nazionali e di tutte le categorie rappresentate in Camera di commercio di Milano”.

Le imprese credono nella candidatura di Milano. Abbiamo creato un tavolo tecnico composto dagli esperti del mondo associativo e produttivo e dalle persone che avevano lavorato ai dossier di candidatura per l’EFSA a Parma e per Expo Milano 2015”.

L’EMA – ha detto ancora Braccoentrerebbe in sinergia con Human Technopole, nuova grande struttura di ricerca tra le più avanzate d’Europa e del mondo, facendo diventare Milano il punto di riferimento europeo per le biotecnologie e per le scienze della vita. L’Agenzia europea per i medicinali, localizzandosi a Milano, potrebbe inoltre usufruire dei ricercatori e delle qualificate risorse umane delle Università e degli Ircss (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) milanesi e lombardi, e in prospettiva dell’apporto delle intere facoltà scientifiche dell’Università statale di Milano, che saranno trasferite proprio nell’Area Expo”.

In Italia – ha ricordato Bracco -, a Parma, è già localizzata l’Autorità per la sicurezza alimentare, e la vicinanza con Milano potrebbe facilitare il coordinamento di due settori che ad esempio negli Stati Uniti, in Cina e in India sono coperti da un unico ente regolatorio. In Italia potrebbe nascere finalmente una FDA europea, cioè il polo europeo dedicato alla tutela della sicurezza alimentare, farmaceutica e delle biotecnologie”.

Da sottolineare, infine – ha concluso -, che è la stessa Unione Europea a puntare sul massimo di sinergia tra le sue agenzie. Una circostanza che potrebbe diventare l’asso nella manica dell’Italia per vincere questa sfida strategica”.

Collezionismo, da passione a business

Una delle passioni che, spesso, ci accompagnano dall’infanzia all’età adulta è quella per il collezionismo, di qualunque genere esso sia. E non sono pochi coloro i quali decidono di trasformare la passione in business, aprendo un’impresa focalizzata sul collezionismo.

Secondo un’analisi elaborata dalla Camera di commercio di Milano, il collezionismo in Italia conta 5.598 imprese esperte in materia. Roma (497 attività), Milano (483), Napoli (294) e Venezia (279) sono le prime quattro città “collezionatrici”, ciascuna specializzata: Roma (198) e Napoli (91) prediligono l’antiquariato, Milano l’arte (259) e Venezia la vendita di oggetti d’artigianato e di decorazione (182).

La Camera di commercio meneghina punta poi l’obiettivo sul business milanese del collezionismo, Nel primo trimestre 2016 salgono infatti a 483 le imprese ambrosiane che fanno del collezionismo un business, +3,4% (+16) rispetto all’anno scorso in cui se ne contavano 467.

A Milano e nell’area circostante si raggruppa l’8,6% del totale nazionale. Gli oggetti d’arte sono al centro dell’attività, trattati da 259 imprese; poi sono 115 i punti vendita in cui trovare pezzi d’antiquariato. Occhi puntati anche sugli oggetti d’artigianato e di decorazione venduti da 46 esercizi. Spesso meneghino è il commercio di filatelia e numismatica: Milano con i suoi 42 esercizi è la prima piazza italiana per il collezionismo di francobolli e monete, su 342 in Italia.

Per quanto riguarda invece l’intera regione Lombardia, il settore del collezionismo, ampliatosi dell’1,8% negli ultimi 12 mesi, prende piede con oltre 900 imprese. Se Milano fa da protagonista sulla scena lombarda del mercato da collezione, ci sono anche Brescia (121 imprese), Bergamo (78) e Varese (53), tutte e tre per lo più presenti sul versante commerciale di oggetti d’arte, partecipando rispettivamente con 45, 28 e 17 attività. Il Pavese (44 imprese) è invece terra di antiquari (18). Cresce la febbre da collezione a Sondrio (18 imprese, +20%) e Mantova (31, +6,9%).

Articoli religiosi, business da 30 milioni

La recente visita di Papa Francesco in Polonia, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia ha permesso alla Camera di commercio di Milano di focalizzare l’attenzione sul settore degli articoli religiosi, che in Italia impiega diverse aziende dando lavoro a centinaia di persone.

Dalla classica icona da appendere in casa all’angioletto colorato per la stanza dei bambini, dai prodotti dei monasteri ai rosari, dai candelieri alle statuette in marmo o alabastro: sono solo alcuni degli oggetti o idee regalo che si possono trovare negli oltre 700 negozi italiani, tra sedi e unità locali, specializzati nella vendita di articoli religiosi e arredi sacri.

Quello degli articoli religiosi è un settore molto specifico, con un fatturato nazionale da 30 milioni di euro. La Lombardia conta una cinquantina di attività, circa una su tredici in Italia, e vede tra le prime 20 province Bergamo, all’ottavo posto con 18, e Milano al dodicesimo con 15.

E se a Roma, centro della cristianità, ci sono ben 90 negozi di articoli religiosi (12,6%), la Campania annovera ben 4 province nei primi 10 posti: Napoli seconda, Caserta quarta, Salerno sesta e Benevento nona. Al terzo posto si piazza invece Foggia.

Quella legata agli articoli religiosi è un’attività in cui sono poco presenti gli stranieri (solo il 4% in Italia) ma è al 40% a guida femminile e un’impresa su otto è guidata da giovani. Le stie della Camera di commercio di Milano sono state elaborate su dati del registro imprese 2015 e 2014 relativi a sedi e unità locali.

Quanto vale l’indotto di Expo 2015

Già a conclusione della manifestazione, il 31 ottobre 2015, era risultato chiaro che Expo 2015, in barba a gufi, scettici e ai professionisti del remare contro era stato un successo per Milano e, in parte, anche per l’Italia. Ora arrivano anche i dati a dimostrarlo.

Sono quelli della ricerca sull’impatto economico di Expo 2015, promossa da Camera di Commercio di Milano e da Expo 2015 S.p.A. e affidata ad un gruppo di ricerca della SDA Bocconi con passate esperienze sul tema, ricerca che è stata aggiornata con i dati a consuntivo dell’evento milanese.

Una ricerca che ha preso avvio nel 2012 con la costruzione di un modello di stima dell’indotto economico generato dall’evento, utilizzato in prima istanza per misurare l’impatto economico di Expo 2015 ex-ante, i cui dati sono stati diffusi a fine 2013. Le analisi sono state ripetute, utilizzando il medesimo modello, sui dati a consuntivo dell’evento Expo 2015 con finalità di monitoraggio ex-post dell’impatto economico dell’evento.

I dati prodotti dal modello di analisi dell’indotto economico, costruito ad hoc per lo studio dell’Esposizione Universale di Milano, mostrano un indotto complessivo dell’evento nel periodo 2012-2020 pari a 31,6 miliardi di euro in termini di produzione aggiuntiva (il “volume d’affari” generato), corrispondente a circa l’1% della produzione nazionale, con un valore aggiunto (il “PIL” dell’evento) pari a 13,9 miliardi e un impatto occupazionale, in termini di unità lavorative equivalenti annue attivate pari a 242.400.

L’indotto economico di Expo 2015 stimato per la Lombardia sul medesimo arco temporale è pari 18,7 miliardi in termini di produzione aggiuntiva, con un valore aggiunto di 8,6 miliardi e un impatto occupazionale di 132mila unità equivalenti annue.

Per Milano, l’indotto economico nel periodo 2012-2020 derivato da Expo 2015, è stimato pari a 16,1 miliardi, con un valore aggiunto di 7,4 miliardi e un impatto occupazionale di 115mila unità di lavoro annue equivalenti.

In termini di distribuzione temporale, il modello ha elaborato un impatto complessivo del volume d’affari attivato nel periodo pre Expo 2015 di 4,2 miliardi e di 9,7 miliardi nell’anno 2015, per un totale di 13,9 miliardi nel periodo complessivo 2012-2015. Il modello stima inoltre un volume d’affari prospettico pari 17,7 miliardi nel periodo 2016-2020, generato dal lascito dell’evento e in larga parte ascrivibile al patrimonio di 10mila nuove imprese nate negli anni su stimolo dell’evento in nuovi settori (in particolare costruzioni, turismo-ristorazione, servizi alle imprese) e dall’incrementata attrattività turistica che potrà muovere un flusso di ritorno di visitatori su tutto il territorio italiano.

Stando ai dati delle elaborazioni del modello, nel periodo pre-evento e nel corso dell’evento è stato attivato un indotto che ha prodotto un PIL pari a circa 6 miliardi, di cui 4,1 miliardi nel solo anno 2015 (pari allo 0,25% del totale del PIL italiano del 2015), di cui il 50% attribuibile alla sola area di Milano.

Il flusso di visitatori dell’evento, contabilizzato in base ai dati della società Expo 2015 S.p.A. in un totale di 21.477.000 ingressi, ha generato, stando alle elaborazioni del modello, un volume d’affari complessivo pari 9,4 miliardi.

I settori merceologici per cui è stimato un maggiore indotto economico da Expo 2015 nel periodo 2012-2020 sono l’industria (con un volume d’affari pari a 9,5 miliardi), i servizi alle imprese (8,3 miliardi), il turismo e la ristorazione (3,6 miliardi), il commercio (2,9 miliardi), le costruzioni (2,7 miliardi), i trasporti e la logistica (2,5 miliardi), i servizi alle persone (1,5 miliardi) e l’agricoltura (0,6 miliardi).

In termini di occupazione indotta, il modello ha stimato un impatto di 31.300 mila occupati (unità lavorative annue) nel periodo pre-evento e di 78mila nell’anno dell’evento, per un totale di quasi 110mila occupati nell’intero periodo 2012-2015. Il modello stima un’occupazione prospettica di oltre 133mila occupati nel periodo post-evento dal 2016-2020, se saranno estratti appieno i benefici economici del lascito di Expo 2015.