Articolo 18, i costi della riforma per le Pmi

Ne abbiamo parlato qualche giorno fa. I costi della riforma del lavoro, specialmente quelli legati alla modifica dell’articolo 18, rischiano di ricadere pesantemente sulle aziende. Qualcuno, ora, i conti di queste ricadute possibili li ha fatti e i risultati non sono proprio incoraggianti.

Lo studio meritorio è ancora una volta opera della Cgia di Mestre, secondo la quale, se sarà confermata la riforma dell’articolo 18 che prevede un indennizzo tra le 15 e le 27 mensilità per i dipendenti licenziati per ragioni economiche, i costi a carico dell’impresa potranno arrivare, per gli operai qualificati (sia del settore metalmeccanico, sia del settore del commercio), a un esborso massimo che sfiora i 49mila euro.

La Cgia di Mestre ha rilevato che un operaio metalmeccanico generico con 10 anni di anzianità e uno stipendio lordo di 1.418 euro, in caso di licenziamento per ragioni economiche dovrà essere indennizzato, nel caso delle 15 mensilità, con almeno 21.271 euro, nel caso delle 27 con 38.289 euro. Un operaio qualificato con 1.812 euro di stipendio mensile lordo, invece, percepirà un minimo di 27.177 euro (15 mensilità) fino ad un massimo di 48.918 euro (27 mensilità).

Passando dal metalmeccanico al commercio in caso di licenziamento per ragioni economiche, un operaio generico con una retribuzione mensile pari a 1.393 euro sarà risarcito con 20.895 euro (15 mensilità), con 37.612 euro (27 mensilità). Nel caso di un operaio specializzato con una retribuzione mensile lorda pari a 1.737 euro, con una indennità di 15 mesi prenderà 26.053 euro, 46.896 euro con 27 mensilità

Acuto, come sempre, il commento di Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre: “Al di là delle legittime posizioni di chi sostiene che un licenziamento non è mai monetizzabile, l’ammontare degli indennizzi da noi individuati è di tutto rispetto. Pertanto, non crediamo che gli imprenditori utilizzeranno questo strumento con una certa superficialità“.

Particolare non trascurabile, queste simulazioni le indennità sono al lordo delle ritenute Irpef. Nel caso poi fossero riconosciuti anche i contributi Inps (cosa che finora non paredovuta), l’esborso da parte dell’azienda aumenterà di un altro 30%.

Siamo proprio sicuri che una riforma dell‘articolo 18 in questi termini agevolerà la flessibilità in uscita?

Cgia Mestre: fondo di solidarietà per i piccoli imprenditori

“A fronte della drammatica situazione che stanno vivendo moltissimi piccoli imprenditori a corto di liquidità – esordisce Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – la nostra proposta è quella di istituire un fondo di solidarietà per mancanza di credito gestito in stretta collaborazione con i Consorzi Fidi. Uno strumento che possa essere utilizzato da chi, dopo aver subito un rifiuto dalla banca, non sa più a chi rivolgersi. Le modalità potrebbero essere simili al fondo di solidarietà già esistente per chi è vittima dell’usura e del racket”.

“Da anni –  ricorda la Cgia –  le vittime dell’usura e del racket possono farne uso: stiamo parlando del fondo che può risarcire coloro che abbiano subito danni a causa di attività estorsive, per aver deciso di collaborare con le istituzioni per combattere il racket o di smettere di pagare il ‘pizzo’. Con un plafond iniziale di qualche decina di milioni di euro, questo fondo di solidarietà per mancanza di liquidità potrebbe essere utilizzato da quegli artigiani o da quei piccoli imprenditori che in questa situazione di forte contrazione dei flussi creditizi non sanno più dove ‘sbattere’ la testa, magari per aver subìto un rifiuto per qualche migliaia di euro. In buona sostanza – conclude Bortolussi – bisogna in tempi celerissimi dar luogo ad un intervento straordinario per ammortizzare questa situazione che rischia di diventare esplosiva. Lo strumento è solo abbozzato e merita ancora dei forti approfondimenti. Tuttavia, bisogna far presto: questo intervento deve essere messo in campo il prima possibile”.

Fonte: agenparl.it

Microimprese italiane a rischio usura

Il 51,3% delle microimprese italiane che si sono rivolte a una banca negli ultimi tre mesi ha denunciato un aumento delle difficoltà nell’accesso al credito. A questo si aggiunge il 37% che ha accusato un peggioramento dei rapporti con il sistema bancario. Sono questi i due principali e inquietanti risultati emersi da un’indagine commissionata dalla CGIA di Mestre a Panel Data, su un campione di 800 microimprese (meno di 20 addetti) distribuite su tutto il territorio nazionale.

L’indagine telefonica, realizzata tra il 13 e il 17 ottobre, ha avuto l’obiettivo di verificare, a seguito dell’aggravarsi della crisi economica e finanziaria, se i rapporti tra le microimprese con meno di 20 addetti (pari a circa il 98% del totale delle imprese presenti in Italia) e il sistema bancario sono peggiorati. Dalle risposte emerse, viene confermata la tesi che si sospettava: le banche stanno chiudendo sempre di più i rubinetti del credito.

Lapidario il commento del segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “L’aumento dei costi, dei tassi bancari, la richiesta di maggiori garanzie e le difficoltà sempre più crescenti nell’accesso al credito sono le cause che hanno deteriorato il rapporto tra le piccolissime aziende e il sistema creditizio. L’area geografica che ha maggiormente risentito di questa situazione è il Nordovest: quasi un’azienda intervistata su due, il 48,9%, ha denunciato questo peggioramento“.

Anche nel settore del credito cresce il numero degli “sfiduciati” tra gli imprenditori, coloro che hanno deciso, nonostante i grossi problemi di liquidità che si sono aggravati con la crisi, di non ricorrere all’aiuto di una banca. Infatti, l’86,2% degli intervistati ha dichiarato che non si rivolgerà a un istituto  nei prossimi tre mesi. “Un segnale preoccupante – commenta ancora Bortolussidettato, come dimostra anche questa indagine, dalle misure sempre più restrittive imposte dalle banche alle imprese. Pertanto, questa situazione rischia di indurre molte imprese, soprattutto al Sud, a ricorrere a forme di approvvigionamento del credito in maniera irregolare, con il pericolo di un forte aumento dell’usura e delle attività estorsive“.

La CGIA di Mestre: nel 2014 pressione fiscale al 54%

La CGIA di Mestre è abituata a fare i conti in tasca all’Italia e a denunciare, senza peli sulla lingua, le storture del nostro sistema fiscale ed economico. Ora, il segretario Giuseppe Bortolussi torna sulle manovre estive varate dal governo e lancia un allarme assai pesante: “Per i contribuenti onesti è sicuramente una notizia shock: nel 2014, gli effetti complessivi delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto faranno schizzare la pressone fiscale reale oltre il 54%. Un livello che rischia di deprimere l’economia e gettare nello sconforto milioni e milioni di italiani fedeli al fisco“.

La CGIA di Mestre è giunta a questo risultato ricordando che il nostro Pil nazionale (pari, nel 2010, a oltre 1.548 miliardi di euro), include anche la cifra imputabile all’economia sommersa prodotta dalle attività irregolari che, essendo sconosciute al fisco, non pagano tasse né contributi. Una cifra che, secondo l’Istat, si aggirerebbe tra i 255 e i 275 miliardi di euro all’anno. Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive e il Pil prodotto in un anno, nel 2010 la pressione fiscale ufficiale ha toccato il 42,6%.

Tuttavia, se si “storna” dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico che non produce alcun gettito per l’Erario, il Pil diminuisce (quindi si “contrae” il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato che emerge dal rapporto. Quindi, la pressione fiscale “reale” che grava su coloro che pagano correttamente le tasse è molto superiore a quella ufficiale calcolata dall’Istat che rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat.

Ebbene, se nel 2010 la pressione fiscale “reale” che pesa sui contribuenti italiani ha sfiorato una ipotesi massima del 51,7%, con gli effetti delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto il raggiungimento del pareggio di bilancio farà impennare il carico fiscale sui contribuenti onesti sino a una ipotesi massima del 54,2%. Quasi 10 punti percentuali in più rispetto alla previsione di crescita della pressione fiscale ufficiale, che si dovrebbe attestare al 44,7%.

E Bortolussi non si fa sfuggire l’occasione di bacchettare l’Esecutivo: “Peccato che il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 lo otterremo grazie a un fortissimo aumento delle entrate che farà crescere le il peso fiscale, per coloro che le pagano, a un livello record mai raggiunto in passato. Infatti, oltre il 67% della sommatoria delle manovre di luglio e di Ferragosto sarà costituita da nuove entrate, per un importo complessivo poco superiore ai 98 miliardi di euro, di cui 95,9 di entrate tributarie“.

Cgia di Mestre: 15 miliardi di euro di stangata a regioni ed enti locali

La Cgia di Mestre ha sommato i tagli alle Regioni ed agli Enti locali previsti dalla manovra correttiva del 2010 e da quella appena approvata la settimana scorsa. Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre ha sottolineato: “Non ci sono solo gli effetti della manovra correttiva votata nei giorni scorsi a preoccupare i Governatori, i Presidenti delle Province ed i Sindaci. Ai 6,4 mld di euro di tagli previsti dal Dl 98/2011 , vanno aggiunti gli 8,5 mld introdotti dalla manovra correttiva approvata l’anno scorso. Nel 2014, quando gli effetti delle 2 manovre andranno a regime, la stangata in capo a Regioni ed Enti locali sarà di quasi 15 miliardi di euro“.

Mentre le casse dello Stato beneficeranno di una riduzione di spesa pari a quasi un punto di Pil -prosegue Bortolussi- è molto probabile che per far fronte a questi mancati trasferimenti le Regioni, le Province ed i Comuni aumenteranno le tasse locali per far quadrare i loro magri bilanci. Un’operazione già iniziata in questi ultimi mesi, visto che in molte città sono rincarate le tariffe dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti, le spese per le mense scolastiche o le rette delle case di riposo“.

Bortolussi evidenzia che le voci di spesa che maggiormente risentiranno di questi tagli saranno quelle legate al funzionamento della macchina amministrativa di ciascun ente locale, la scuola, i trasporti, la salvaguardia del territorio e i servizi sociali.

 

 

Innalzamento del Tasso ufficiale di sconto voluto dalla BCE: una stangata per le imprese

L’annuncio della Banca Centrale Europea di innalzare il Tasso ufficiale di sconto all’1,25% (aumento previsto +0,25%) comporterà una stangata di ben 2,4 miliardi di euro a carico delle imprese, l’allarme è stato lanciato dal segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi. A livello di singola impresa, questo aumento del costo del denaro comporterà una spesa annua aggiuntiva di 455 euro.

Bortolussi commenta così la scelta della BCE: “La decisione della BCE di aumentare i tassi di interesse determinerà un incremento del costo del denaro a livello locale sicuramente superiore allo 0,25%. Pertanto, possiamo dire con certezza che il costo aggiuntivo di 2,4 mld di euro è sottostimato. Infine non è nemmeno da escludere che questa operazione penalizzerà in maniera più pesante le piccole imprese delle grandi. Infatti, per un piccolo imprenditore il potere contrattuale nei confronti del sistema bancario è spesso molto modesto. Cosa diversa è quando al tavolo della trattativa con un istituto bancario si siede una grande impresa: questa può contare su un peso politico molto diverso da quello esercitabile, ad esempio, da un artigiano o da un piccolo commerciante“.

A pagare il conto più salato saranno gli imprenditori della Lombardia e del Nordest. Nrl primo caso ciascuna impresa subirà un aumento dei costi pari a 809 euro l’anno. Per i secondi, gli incrementi di spesa saranno altrettanto importanti. Per le aziende del Trentino l’incremento medio annuo dei costi per impresa sarà di 715 euro; per l’Emilia Romagna l’aumento di spesa sarà di 620 €; le imprese venete infine, pagheranno 570 euro in più all’anno.

La notizia è stata diffusa dalla CGIA di Mestre.