Mercati esteri sempre più cruciali per il cibo Made in Italy

La Business School del Sole 24 Ore ha organizzato il Master Food&Wine Management, al quale è intervenuto anche Gianpiero Calzolari, presidente del Gruppo Granarolo, il quale, interrogato sulle possibilità dei mercati, pensando soprattutto all’export di cibo italiano, ha senza alcun dubbio posto l’accento sull’importanza dell’internazionalizzazione.

Considerando, in particolar modo, la valenza del Made in Italy nel mondo, visto come simbolo assoluto di qualità ed eccellenza, e tenendo presente le offerte quantomai variegate che l’Italia può offrire, a livello artigianale e tradizionale, rimane di basilare importanza saper vendere il buono che si produce. E non si tratta di qualcosa di così semplice da imparare, perchè spesso ci si scontra con una mentalità che ancora non si è messa al passo con i tempi.

Le parole di Calzolari sono state chiare: tra le competenze che l’Italia deve avere per promuovere al meglio, ad esempio, la sua produzione alimentare, c’è sicuramente la capacità di innovare ma anche la conoscenza delle strategie di Export Management, poichè la scienza della produzione alimentare, se studiata a fondo e messa in atto con le giuste competenze, può contribuire a dar vita a nuovi prodotti.

Questo risulta indispensabile anche considerando all’importanza che si dà al cibo, anche quando riguarda la salute: se il cibo è buono, infatti, diventa fonte di benessere e in grado di prevenire alcune malattie. Questa caratteristica è in grado di conquistare anche i mercati più sofisticati, anche se ad oggi le mete e i mercati fortemente in fermento sono quelli di Cina ed Africa.

Vera MORETTI

Cibo italiano:censite più di cinquemila specialità alimentari

E’ cominciato l’anno dedicato al cibo italiano, che vanta ben 5047 specialità alimentari tradizionali censite su tutto il territorio, un vero record mondiale sia per la varietà sia per l’ampiezza del patrimonio agroalimentare, come ha confermato anche Coldiretti.

Tra le categorie, troviamo ben 1.521 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1.424 verdure fresche e lavorate, 791 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 497 formaggi, 253 piatti composti o prodotti della gastronomia, 147 bevande tra analcoliche, birra, liquori e distillati, 167 prodotti di origine animale e 159 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei.

Le regioni che ne vantano una maggiore quantità sono la Campania, al primo posto, con 515 specie, seguita dalla Toscana, 461, e Lazio, 409.
A seguire si posizionano l’Emilia-Romagna (388) e il Veneto(376), davanti al Piemonte con 338 specialità e alla Liguria che può contare su 294 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Puglia con 276 prodotti tipici censiti, la Calabria (268), la Lombardia (248), la Sicilia (244), la Sardegna (193), il Friuli-Venezia Giulia (169), il Molise (159), le Marche (151), l’Abruzzo (148), la Basilicata con 114, la provincia autonoma di Trento con 105, l’Alto Adige con 90, l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 32.

Un prodotto tipico della Campania è sicuramente la colatura di alici di Cetara, un liquido dal sapore intenso, frutto della sapiente stagionatura e pressatura delle alici salate, mentre in Toscana sono molto conosciuti gli stinchi di morto, biscotti rustici salati tipici del Grossetano e del Senese di colore giallo senape, chiamati anche anacini in quanto profumato dai semi di anice.
Nel Lazio invece c’è il fagiolo del purgatorio di Gradoli che rappresenta il piatto fondamentale del mercoledì delle ceneri, denominato “pranzo del purgatorio”, mentre in Emilia-Romagna si apprezza il savòr, una marmellata di mosto d’uva con aggiunta di frutta.

Vera MORETTI

Federalimentare a Expo2015

Expo2015 si avvicina a grandi passi e il suo focus su alimentazione e nutrizione non può che sposare in pieno una delle eccellenze italiane, l’agroalimentare. La vetrina dell’Esposizione Universale sarà l’occasione per Federalimentare di farlo conoscere a tutto il mondo grazie al padiglione CibusèItalia, presentato nei giorni scorsi a Milano dal presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia.

Il padiglione realizzato per Expo2015 racconta il cibo italiano attraverso la tradizione, l’innovazione e le strategie di 500 aziende della filiera alimentare tricolore. Il padiglione è disposto secondo le logiche delle filiere merceologiche e attrezzato con una terrazza che conta già un centinaio di eventi e convegni lungo tutto il periodo di apertura dell’esposizione.

Federalimentare è in prima linea, anche grazie al padiglione CibusèItalia di Expo2015, nella tutela e promozione della nostra filiera alimentare e nel contrasto al cosiddetto “Italian sounding”, ovvero prodotti spacciati per italiani solo per assonanza del nome ma in realtà dei biechi tarocchi.

L’industria alimentare italiana – ha infatti ricordato Scordamagliaè la più grande creatrice al mondo di valore aggiunto nella trasformazione dei prodotti alimentari. Le enormi potenzialità per l’export stanno tutte in questo semplice principio, sta a noi saperle cogliere. Non possiamo accontentarci del +3,5% dell’export registrato nel 2014 e neanche del +5/6% previsto per l’anno in corso“. L’obiettivo è infatti quello di portare, entro il 2020, il valore delle esportazioni italiane a quota 50 miliardi, così come previsto dal piano strategico del governo e condiviso da Federalimentare. Expo2015 è la prima, grande occasione per inseguire questo primato.

Eataly e Starhotels insieme per il gusto italiano

Partnership all’insegna del made in Italy nel mondo dell’hotellerie. Starhotels, la catena di hotel di lusso tutta italiana guidata da Elisabetta Fabri, ha siglato un accordo con Eataly di Oscar Farinetti per dare vita a una realtà che rafforza il valore e l’eccellenza dell’italianità nel nostro Paese e nel mondo.

L’accordo ha durata triennale e prevede la creazione di menu dedicati, di eventi e collaborazioni con chef stellati sul territorio all’interno degli alberghi Starhotels. Inoltre, grazie al know how di Eataly, Starhotels potrà contare su una consulenza e un supporto enogastronomici dedicati nel momento della selezione e della valutazione dei prodotti e delle materie prime da utilizzare nelle cucine della catena.

Di fatto, si tratta di un accordo che consentirà agli ospiti dei 24 alberghi Starhotels (il primo sarà il Grand Rosa di Milano) di vivere contemporaneamente l’esperienza dell’ospitalità made in Italy, di cui la catena va fiera, e l’esperienza del food tricolore che Eataly porta nei prodotti che seleziona e rivende.

Come lo stesso patron di Eataly, Farinetti, ha affermato in una intervista rilasciata durante la presentazione della partnership, l’accordo ha l’obiettivo di “mettere insieme le nostre due capacità di accoglienza: quella eccelsa di Starhotels nell’arte di accogliere le persone e la capacità di accoglienza di Eataly per nutrirli. Mettere insieme due eccellenze italiane per cercare di far stare le persone ancora meglio“.

Contraffazioni alimentari sotto il tiro del ministero

È lotta senza quartiere contro le contraffazioni alimentari. In prima linea c’è il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il quale ha reso noto che l’Ispettorato repressione ha aperto ben 142 procedure di infrazione in tutta Europa e sul web dall’inizio dell’anno a oggi, nell’ambito della forte attività di contrasto alle contraffazioni alimentari e all’uso illecito delle denominazioni e al falso made in Italy.

Le contraffazioni alimentari contro le quali ha ritenuto di procedere l’Ispettorato repressione riguardano alcuni tra i prodotti agroalimentari italiani più celebri e diffusi nel mondo. A solo titolo di esempio, il ministero ha segnalato contraffazioni alimentari nella vendita di finto olio toscano Igp in Gran Bretagna, di Parmesan grattugiato in Danimarca e di formaggi chiamati La Grana e Asiago ma prodotti nientemeno che in Lettonia. Per non parlare dell’aceto balsamico di Modena non certificato commercializzato in Belgio e Francia.

Particolarmente soddisfatto di questo bilancio della lotta alle contraffazioni alimentari è il ministro Maurizio Martina: “Abbiamo incrementato fortemente il contrasto alle frodi sul web e siamo il Paese che più di tutti in Europa utilizza le norme a tutela dei prodotti a denominazione. Le operazioni dell’Ispettorato repressioni frodi rappresentano un risultato importante nella lotta al falso Made in Italy, con numeri che segnano un record rispetto al passato. In particolare, va sottolineata l’attività di contrasto alle usurpazioni di denominazioni sul web, che sta vivendo una fase nuova grazie soprattutto al Protocollo di intesa che abbiamo sottoscritto lo scorso maggio con eBay. Quasi 90 delle procedure di infrazione sono relative infatti a illeciti online”.

Il Made in Italy non passa di moda, il giro d’affari cresce

 

Cibo, abbigliamento, artigianato: il Made in Italy non conosce confini e gli ultimi dati resi noti da Istat e Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ne delineano la crescita anche a fine 2013. Rispetto all’anno precedente, la quota di mercato del Made in Italy nel mondo è aumentata 2,79% e il trend ormai da diversi anni ne sottolinea una crescita costante e Germania (12%), Francia (11%), Stati Uniti (7%) e Regno Unito (5%) sono i principali Paesi destinatari delle nostre eccellenze, ma sono il Belgio e la Cina, sorprendentemente, a dimostrare un maggiore incremento (+0,3% entrambi).

Nonostante il nostro territorio pulluli di eccellenze e di prodotti potenzialmente esportabili all’estero, che avrebbe riscontro sicuramente positivo visto l’interesse per il marchio Italia nel mondo, sono quasi esclusivamente le aziende del Centro-Nord a guidare la crescita del Made in Italy sul mercato mondiale: sono proprio loro infatti a detenere una quota complessiva sull’export dell’87,9% là dove il Mezzogiorno attiva solo il 10,9% delle vendite sui mercati esteri.

JM

Cibo Made in Italy il più amato

Si è appena concluso il 17° Salone Internazionale dell’Alimentazione che si è tenuto a Parma fino all’8 maggio.

Ciò che è emerso, è che il cibo italiano è sempre il più richiesto ed apprezzato, grazie a tradizione ed alta qualità delle materie prime.
Il successo che i prodotti Made in Italy hanno riscosso potrebbe segnare un passo importante, ovvero l’uscita dalla “nicchia” in cui erano stati relegati, poiché accessibili solo ai più benestanti, e approdare alla grande distribuzione estera.

Questo era l’obiettivo delle 2700 aziende alimentari italiane che hanno partecipato a Cibus, che aveva il valore di prova generale per l’ormai imminente Expo 2015.

Tra i Paesi presenti all’evento, per un totale di circa diecimila operatori, spiccavano, per l’Europa, Germania, Francia, Regno Unito, Svizzera e Benelux. Dal resto del mondo, invece, Stati Uniti d’America, Canada, Brasile, Giappone e Russia del resto del mondo.
Sorvegliati speciali i Paesi del mercato del Sud Est Asiatico, i cosiddetti ASEAN.

A sentire gli italiani, a rendere la nostra cucina così richiesta è un ritorno alle origini e ai sapori di una volta. Un italiano su due, infatti, si ispira alla cucina della nonna, non solo per ricette ma anche per la scelta di prodotti di qualità, senza i quali ogni sforzo viene vanificato.
Non a caso, i piatti più amati sono lasagne, polpette e torte tradizionali, ma anche l’intramontabile parmigiana, le focacce, le frittelle e le cotolette.

A confermarlo è anche uno studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’Osservatorio sulle tendenze alimentari dell’omonima azienda toscana, in occasione del Cibus, condotto su circa 1.200 Italiani tra i 20 e i 55 anni attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community per capire qual è il loro rapporto con il cibo.

E’ intervenuto al Salone Internazionale dell’Alimentazione anche Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole, che ha tenuto una conferenza stampa sui temi più rilevanti del comparto agroalimentare.
Ovviamente, sono passati da Parma anche grandi chef come Carlo Cracco, Davide Oldani e Gianfranco Vissani, che hanno animato show cooking e degustazioni.

Vera MORETTI

Cibus 2014, vetrina dell’agroalimentare italiano

Apre oggi a Parma Cibus 2014, la fiera internazionale dell’alimentare italiano che resterà aperta fino all’8 maggio. Un’edizione che si presenta forte e chiara sotto il segno del made in Italy. La richiesta di cibo italiano, infatti, sta rapidamente crescendo da ogni angolo del pianeta e la produzione tricolore sta cercando di uscire dalla classificazione di prodotto di nicchia per diventare un prodotto di largo consumo, arrivando sugli scaffali della grande distribuzione estera.

Ecco perché l’edizione 2014 di Cibus vedrà 2700 aziende alimentari italiane tra gli espositori, che si faranno conoscere dai circa 10 mila operatori commerciali attesi a Parma (dei 65mila globali) e provenienti da 115 Paesi. Quest’anno I Paesi “Focus” della fiera saranno Germania, Francia, Regno Unito, Svizzera e Benelux in Europa; Stati Uniti, Canada, Brasile, Giappone e Russia nel resto del mondo. Naturalmente, un’attenzione particolare sarà riservata ai Paesi del mercato del Sud Est Asiatico, vera frontiera tutta da esplorare e conquistare.

E proprio per conquistare i mercati esteri, le aziende alimentari hanno messo a punto centinaia di nuovi prodotti che saranno presentati a Cibus 2014 per la prima. L’aumento di questi nuovi prodotti è un altro dato che testimonia dello sviluppo della fiera biennale di Parma, passata dai 2100 espositori del 2010 ai 2300 espositori del 2012, fino ai 2700 dell’edizione 2014.

Anche in questa edizione di Cibus 2014, l’esposizione dei prodotti sarà affiancata da convegni, eventi, degustazioni e workshop. Per quanto riguarda i convegni, si va dalla presentazione in dettaglio del padiglione “Federalimentare4Expo” di Federalimentare e Fiere di Parma a EXPO 2015, alla Assemblea annuale dei soci di Federalimentare; dal convegno della Fondazione Barilla sul “Milan Protocol” al convegno di Assocarni sulle certificazioni Halal; dal convegno sulla grande distribuzione estera “Promuovere il Made in Italy” del Gruppo Food a “Quale futuro per la promozione delle vendite”, di Nielsen e Università di Parma. Insomma, cibo e business sempre al centro, per un settore vitale per l’economia e le Pmi italiane.

Complementare a Cibus 2014, si terrà la 5° edizione di “Pianeta Nutrizione & Integrazione”, il forum interdisciplinare sulla sana nutrizione con seminari di medici e società scientifiche e una sezione espositiva di prodotti alimentari salutistici. Per finire, come prevede la moda di questi ultimi anni, anche Cibus avrà il suo “fuori salone”, “Cibus Land”, con degustazioni, spettacoli ed eventi di ogni tipo nelle strade di Parma, oltre una grande lounge “After Cibus” riservata a visitatori ed espositori all’interno del palazzo del Governatore.

Se l’economia italiana deve ripartire dalle proprie eccellenze, Cibus 2014 è uno degli appuntamenti da non perdere.

Il Prosciutto Toscano Dop trionfa negli USA

Parmacotto, già noto ed apprezzato in Italia, ha ora un celebre ammiratore anche a New York, grazie alla Salumeria Rosi, presente nella grande mela con un locale che si affaccia tra Madison Avenue e la 73esima Strada.

Ralph Gardner, giornalista del Wall Street Journal, nonché spietato recensore quando si tratta di food, arte e cultura, ha profuso parole di entusiasmo e apprezzamento per il pregiato Prosciutto Toscano: “Con una certa curiosità recentemente mi sono recato alla Salumeria Rosi – il nuovo locale che si trova tra Madison Avenue e la 73esima Strada – per provare l’ultimissima novità arrivata sul competitivo mercato del prosciutto italiano: il Prosciutto Toscano”.

Nessuna cattiva sorpresa ha colto l’esperienza di Gardner durante l’assaggio del Prosciutto Toscano Dop, prodotto dal Salumificio Piacenti del Gruppo Parmacotto, perché le parole usate dalla autorevole, ma anche temuta, penna del Wall Street Journal sono state tutte positive.
Una recensione, dunque, che ancora una volta testimonia la qualità dei cibi e dei prodotti al 100% Made in italy.

Dalla dettagliata descrizione del gusto particolare del prosciutto toscano, alle sensazioni e le suggestioni che il salume italiano ha risvegliato in lui, Gardner non ha lesinato complimenti, senza tralasciare lodi al sapiente lavoro dello chef Cesare Casella, partner delle “Salumeria Rosi Parmacotto” di New York (283 in Amsterdam Avenue e 903 in Madison Avenue).

Quello che per noi italiani è ormai un prodotto ben noto e utilizzato quasi quotidianamente, è per il mercato americano una vera e propria novità ma, considerando quanto scritto da Ralph Gardner, pare sia destinato ad essere conosciuto, ed apprezzato, da un’ampia fetta di clientela anche oltreoceano.

Si tratta, dunque, di un debutto in grande stile per il Gruppo Parmacotto, che è stato la prima azienda italiana ad avere ottenuto, grazie anche al prezioso supporto del Consorzio del Prosciutto Toscano, l’autorizzazione per l’esportazione del Prosciutto Toscano Dop negli Stati Uniti.
Ad ottenerla è stato il il Salumificio Piacenti di San Gimignano, controllato al 100% dal Gruppo Parmacotto.

Vera MORETTI

Il cibo italiano piace sempre di più

Il cibo italiano piace sempre di più e a dimostrarlo non sono solo i continui tentativi di imitazione, ma anche il segno positivo che l’industria alimentare continua a registrare.
Nonostante la crisi, infatti, il cibo Made in Italy ha registrato un incremento record del 5,7%, unico comparto italiano con segno positivo. E in questi tempi non è cosa da poco.

A decretare il definitivo successo del cibo italiano è stato l’Oriente, che si conferma il mercato più florido per tutto ciò che riguarda l’export di casa nostra. Ed ora, dunque, non si tratta solo di abiti ed accessori moda, ma anche di buona tavola.

A confermare questa tendenza è Coldiretti, che ha effettuato un’analisi basandosi sui dati Istat relativi al fatturato dell’industria italiana nel gennaio 2013: a fronte di una diminuzione generale del 3,4% e di una diminuzione del 5,5% del mercato interno, l’export cresce dell’1,2% e la spesa per gli alimentari del 5,7%.
Ciò dimostra quanto si siano mostrati lungimiranti personaggi come Carlin Petrini e Oscar Farinetti che con Slow Food ed Eataly hanno voluto promuovere il cibo italiano nel mondo.

Il risultato di questa operazione è la conquista, da parte del settore enogastronomico, di una fetta di mercato sempre più vasta, e fino a poco tempo fa impensabile.
Parlando di numeri, in gennaio l’export alimentare ha fatto registrare un + 8,7%, risultato che conferma il trend 2012, annata chiusa con un fatturato di 31,8 miliardi di euro per il settore agroalimentare.

Tra i prodotti più esportati, il vino la fa da padrone, con un valore di 4,7 miliardi di euro, seguito da ortofrutta, pasta e olio di oliva, vale a dire gli alimenti base della dieta mediterranea.

Vera MORETTI