Smart working: in arrivo una nuova proroga. Chi potrebbe beneficiarne

In arrivo con il decreto mille-proroghe una nuova proroga per lo smart working, attualmente in vigore fino al 31 dicembre. La stessa riguarderà i lavoratori fragili e genitori con figli under 14.

Smart working: a lavoro per la proroga nel 2023

Lo smart working è entrato nella dinamica del lavoro in Italia con la crisi pandemica e sono in molti ad essersi abituati al lavoro da casa, proprio per questo sperano in proroghe per non tornare in ufficio. Il termine attualmente in vigore scade infatti il 31 dicembre 2022. Per molti la soluzione potrebbe essere vicina, infatti è allo studio un accordo tra il Governo e il Ministero della Pubblica Amministrazione volto a prorogarlo per lavoratori fragili e genitori con figli under 14. Naturalmente sarà possibile continuare il lavoro in smart working solo per le mansioni che effettivamente possono essere svolte da casa, non così per chi gestisce lavori a contatto con il pubblico.

A rendere noti i lavori in corso è stato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon.

I lavoratori interessati che ad oggi stanno godendo di questa agevolazione sono circa 3,6 milioni. La norma riguarda il pubblico impiego, mentre a livello privato sono molte le aziende che hanno provveduto ad accordi aziendali con possibilità anche di coordinare le due formule, lavoro da remoto e lavoro in sede.

Smart working: un costo o un beneficio?

In realtà in questi mesi le difficoltà economiche hanno portato molti dipendenti a chiedere di ritornare in ufficio per ottenere così risparmio energetico. A ciò deve essere aggiunto che in base ai dati rilevati dall’ Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) il 66% dei datori di lavoro sottolinea che lo smart working aumenta la produttività e consente il risparmio dei costi di gestione degli spazi fisici, questi benefici appaiono particolarmente interessanti soprattutto nelle piccole imprese. Secondo il 72% dei datori di lavoro aumenta il benessere organizzativo dei dipendenti.

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Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Il ritorno delle legge Fornero aveva messo in allarme molti lavoratori, ma finalmente sembra essere arrivato lo scivolo pensionistico per il 2023. La norma è meno vantaggiosa rispetto al precedente scivolo pensionistico.

Quota 103: come funziona il nuovo scivolo pensionistico?

Sia chiaro, la Legge Fornero è sempre in vigore e prevede il pensionamento al raggiungimento dei 67 anni di età, con un eventuale pensionamento anticipato (e assegno ridotto) a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, ma a determinate condizioni e quindi al maturare di un particolare requisito contributivo è possibile andare in pensione prima.

Negli anni passati si sono avvicendate diverse disposizioni normative, tra cui prima Quota 100, poi Quota 102 ( in vigore fino al 31 dicembre 2022) e ora Quota 103. Questo implica che si va man mano verso un’applicazione piena della Legge Fornero. Erano in molti a sperare in una vera riforma della legge pensionistica, ma per ora non c’è tempo e spazio anche dal punto di vista economico. Proprio per questo nella manovra di bilancio ci si limita a introdurre un ennesimo scivolo pensionistico. Quota 103 prevede che i lavoratori che hanno maturato 41 anni di contributi possono andare in pensione se contemporaneamente hanno maturato anche 62 anni di età.

Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, ha definito Quota 103 una “quota ponte” e resterà in vigore per tutto il 2023. La quota 103 potrebbe mandare in pensione nel 2023 48.000 lavoratori per una spesa di 750 milioni di euro.

Ape Sociale, Opzione Donna e aumento pensioni minime

Nel frattempo è bene ricordare che sono state confermate l’Ape Sociale che consente di andare in pensione a 63 anni con almeno 30 anni di contributi, ma solo ad alcune categorie di persone e in particolare care giver, disoccupati, coloro che hanno effettuato lavori gravosi.

Cambia invece Opzione Donna, questa misura infatti consente alle donne di andare in pensione in anticipo con 35 anni di contributi. Con la manovra cambia però il requisito anagrafico che sarà legato al numero dei figli, in particolare sarà possibile andare in pensione a 58 anni se si hanno due o più figli, 59 anni con un figlio e 60 anni senza figli.

La norma sembra discriminatoria, ma in realtà mira a compensare i mesi di lavoro persi per le gravidanze visto che le donne dopo la maternità hanno difficoltà nel rientro al lavoro. Ricordiamo che Opzione Donna prevede che il calcolo dell’assegno pensionistico sia effettuato solo con il metodo contributivo e quindi con una perdita di circa il 30% dell’assegno pensionistico.
Nel frattempo è arrivato anche l’aumento delle pensioni minime che con indicizzazione al 120% passano da 523 euro a circa 600 euro. Ciò vuol dire che l’aumento del 7,3% si calcola sul 120% dell’assegno e non sul 100%.