Riciclaggio, il manuale dei commercialisti

I commercialisti italiani sono in prima linea nella lotta al riciclaggio. Lo dimostra la redazione, da parte del Consiglio nazionale della categoria, del Manuale delle procedure operative antiriciclaggio per gli studi professionali.

Si tratta di uno strumento operativo a tutti gli effetti che ha come obiettivo quello di facilitare il lavoro dei commercialisti italiani qualora si trovino ad avere a che fare con sospetti casi o pratiche di riciclaggio.

In questo modo i commercialisti si mettono al pari di altre categorie professionali nelle pratiche di sorveglianza e di lotta al riciclaggio, ispirandosi ai principi generali della normativa antiriciclaggio, la quale prevede che i professionisti applichino “idonei e appropriati sistemi e procedure in materia di obblighi di adeguata verifica, di segnalazione di operazioni sospette, di conservazione dei documenti, di controllo interno, di valutazione e gestione del rischio”.

Del resto, lo stesso ministero della Giustizia aveva auspicato e suggerito che professionisti e revisori individuassero apposite procedure interne in grado di garantire omogeneità di comportamenti di fronte a presunti casi di riciclaggio, assicurando una “pronta ricostruibilità a posteriori delle decisioni assunte”.

Secondo Attilio Liga, consigliere nazionale dei commercialisti delegato all’antiriciclaggio, “l’elaborazione del manuale ha costituito l’occasione per fornire ulteriori spunti di riflessione per l’individuazione e la valutazione del rischio di riciclaggio. Anche in tal caso i suggerimenti operativi presenti nel manuale costituiscono semplicemente una indicazione per agevolare i colleghi nella definizione di una procedura nell’ambito del proprio studio, tenendo conto della propria dimensione e della propria struttura organizzativa”.

I commercialisti: in Italia corporate tax rate al 44%

Un altro studio meritorio sulle tasse che colpiscono le imprese italiane. Questa volta non c’entra la Cgia, poiché l’analisi è stata effettuata dall’Osservatorio bilanci del Consiglio nazionale dei commercialisti insieme al dipartimento di Economia dell’Università di Genova.

Ebbene, da questo studio emerge che il corporate tax rate mediano (non medio, per evitare che numeri estremi influenzino erroneamente le medie) che ricade sulle imprese italiane (riferito al 2013) è del 44%. Inoltre, i commercialisti rilevano che tra il 2009 e il 2013 questo tax rate mediano ha avuto delle notevoli oscillazioni, tanto che nel 2011 quello sulle grandi imprese è arrivato persino al 53%, mentre il valore più basso è stato registrato nel 2012 dalle piccole imprese, con il 38,7%.

Per capire meglio l’analisi in questione è bene ricordare che in essa non viene preso in esame il total tax rate (che secondo la Banca Mondiale è pari, per le imprese italiane, al 65,4%) ma il corporate tax rate, ossia il costo per imposte correnti e differite relativo a Ires e Irap.

L’analisi sul corporate tax rate mediano è stata condotta sulle Pmi e sulle grandi imprese dei settori commercio, industria e servizi. Per una maggiore omogeneità dei risultati, sono state escluse le imprese del settore finanziario e le micro imprese.

Inoltre, calcolo del tax rate in questione è stato effettuato considerando unicamente le imprese con un utile ante imposte, pari al 75% del campione analizzato. Nonostante questo, sottolineano i commercialisti, c’è un 11-14% di imprese che registrano una perdita ante imposte e un costo per imposte, ovverosia oneri fiscali per imposte comunque presenti.

I commercialisti e la crisi di impresa

Quali sono i limiti della definizione di crisi di impresa in Italia? Sono limiti stringenti o adeguati? E come superarli? Si tratta di domande estremamente attuali alle quali i commercialisti italiani provano a rispondere con un documento messo a punto dal Consiglio nazionale dei commercialisti, proprio per superare i limiti tuttora presenti, secondo la categoria, nella definizione di crisi di impresa.

Una scelta, quella di intervenire nel dibattito sulla definizione di crisi di impresa, sintetizzata così dal presidente nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi: “Abbiamo ritenuto necessario predisporre questo documento in considerazione della crescente attenzione dimostrata negli ultimi anni dal legislatore per la disciplina delle procedure concorsuali, tanto da istituire una Commissione ministeriale di esperti per la riforma organica della materia e tanto da intervenire con continue modifiche sulla legge fallimentare”.

Ma c’è di più, come spiega il consigliere nazionale delegato alla materia, Raffaele Marcello, secondo il quale c’è “opacità nella definizione di crisi di impresa e, ancora più, c’è carenza di conoscenze da parte dei soggetti che non hanno dimestichezza con la gestione dinamica aziendale, sia sotto il profilo della governance di aziende in bonis che possano presentare tensione finanziaria, sia sotto quello dei dati informativi finanziari e di bilancio che permettono una rilevazione dei vari stadi di crisi che possono caratterizzare la vita, anche ordinaria, delle imprese”.

Il documento del Consiglio nazionale sulla crisi di impresa, prosegue Marcello, “indica dunque le linee di indirizzo per i commercialisti che svolgono la propria attività in contatto con l’imprenditore, al fine di tentare una qualificazione della crisi aziendale, che ne consenta anche il monitoraggio e l’emersione, fornendo un eventuale paragone del concetto aziendalistico di crisi alla possibile definizione giuridica di crisi d’impresa e insolvenza attuale e in chiave prospettica”.

Certificazione unica, i commercialisti chiedono uno slittamento

Così come accaduto lo scorso anno, anche per il 2015-2016 la certificazione unica sta creando dei grattacapi ai commercialisti, tanto che il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili Gerardo Longobardi, durante un’audizione alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, ha proposto uno slittamento al 15 marzo per la trasmissione telematica della nuova certificazione unica integrata all’Agenzia delle Entrate.

Oltre a questo spostamento dei termini per la certificazione unica, Longobardi ha chiesto di limitare l’obbligo d’invio alla sola certificazione unica che si riferisce ai soggetti ammessi all’uso della dichiarazione.

Oltre a questi passaggi, il Cndcec ha chiesto alla Commissione di azzerare o ridurre le sanzioni per errori, omissioni o ritardi almeno per il primo anno di invio dei dati della certificazione unica da parte dei professionisti sanitari al sistema Tessera sanitaria nazionale. Tutto questo in previsione dell’inserimento anche dei dati sanitari nel 730 precompilato.

Un’ulteriore prova del fatto che, se sulla carta lo strumento della certificazione unica è sicuramente un passo avanti sulla strada della semplificazione, dall’altra la sua implementazione è tutt’altro che aliena da intoppi.

Dai commercialisti italiani un dossier per l’Italia

Il recente congresso nazionale dei commercialisti italiani che si è svolto a Milano ha avuto un titolo significativo – “Semplificare per crescere. I Commercialisti energia per lo sviluppo” – e ha visto svilupparsi un ampio e interessante dibattito su ciò che questa categoria professionale può offrire per migliorare il futuro del Paese.

Dal confronto è scaturito un dossier con proposte concrete per l’Italia, che i commercialisti italiani hanno presentato durante la chiusura dei lavori del congresso nazionale e che è poi stato consegnato ai rappresentanti politici presenti alla tavola rotonda conclusiva.

Negli auspici dei commercialisti italiani, questo documento sul futuro serve per condividere in maniera fattiva e decisa insieme a tutti gli interlocutori istituzionali le proposte che la categoria ha in mente per semplificare e far crescere l’Italia.

Nel loro dossier, i commercialisti italiani hanno posto particolare attenzione ai settori nei quali il sistema Paese mostra i suoi punti di maggior forza o maggiore debolezza: dall’efficienza della Pubblica amministrazione alla fiscalità, dalla lotta alla corruzione al mercato del lavoro, agli strumenti per l’internazionalizzazione.

Le proposte raccolte in questo dossier – hanno commentato i consiglierisono ispirate ed accomunate dalla consapevolezza dello stretto rapporto che lega semplificazione e crescita. Non si tratta però di una semplificazione intesa come mera eliminazione di vincoli ed adempimenti, non si tratta di rendere banale ciò che è strutturalmente complesso e che richiede competenze specialistiche. Si tratta, invece, di pianificare e razionalizzare il sistema e di rendere l’insieme delle norme idoneo a stimolare una crescita sostenibile, incentivando la competitività delle nostre aziende e riconoscendo il valore di dedicare risorse anche allo sviluppo di enti con finalità socio culturali”.

Clicca qui per scaricare il dossier dei commercialisti italiani.

Commercialisti italiani e Inail, protocollo d’intesa

I commercialisti italiani si dimostrano ancora una volta estremamente sensibili sull’importante tematica della sicurezza e degli infortuni sul lavoro. La conferma viene dall’Inali, che ha reso noto un protocollo di collaborazione con il Cndcec sul tema.

Sul sito dell’Inail è stata infatti pubblicata la Determina del Presidente n. 392 con la quale l’istituto ha approvato un protocollo di collaborazione di cinque anni con il Consiglio Nazionale dell’ordine dei commercialisti ed esperti contabili in materia di sicurezza e salute sul lavoro.

Il protocollo prevede che Inail e commercialisti italiani mettano a punto uno standard di gestione delle procedure per implementare l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che punti a semplificare le procedure e a migliorare l’erogazione delle prestazioni.

Il documento sottoscritto dai commercialisti italiani e dall’Inail prevede anche la promozione di azioni comuni che puntino a diffondere la cultura della salute e della sicurezza sul lavoro; un percorso che può essere avviato dall’analisi dei dati sugli infortuni, per applicare poi meccanismi che premino le aziende impegnate nella messa in opera di buone pratiche.

Il nuovo codice deontologico dei commercialisti

L’operazione trasparenza che da diverso tempo i commercialisti italiani portano avanti nei confronti dei cittadini e dei consumatori si rafforza con l’approvazione e la consultazione pubblica del loro nuovo codice deontologico.

Il nuovo codice deontologico dei commercialisti italiani si basa su alcuni capisaldi come la trasparenza dei compensi, la responsabilità professionale e disciplinare, il tirocinio, la pubblicità, e aggiorna l’ultima versione, del 2008, adattandosi alle novità legislative introdotte negli ultimi anni in materia di professioni intellettuali. È disponibile alla consultazione pubblica sul sito del Consiglio Nazionale, cliccando qui.

Il testo del nuovo codice deontologico sarà consultabile pubblicamente fino al 24 ottobre e chiunque avesse delle osservazioni sulla sostanza di quanto esso contiene, le può inviare via e-mail a consultazionecodicedeont@commercialisti.it.

Tra i punti salienti del nuovo codice deontologico dei commercialisti italiani vi sono l’obbligo di copertura assicurativa per i rischi professionali, il riferimento al consiglio di disciplina come giudice disciplinare, il rimborso spese per i tirocinanti dopo che hanno portato a termine il loro sesto mese di pratica. Relativamente al compenso professionale, il testo del nuovo codice deontologico elimina i riferimenti all’abrogata tariffa, precisando che l’ammontare del compenso deve essere sempre indicato per iscritto.

Altro punto fondamentale del nuovo codice deontologico riguarda la condotta da tenere nei rapporti con i colleghi e con i clienti. Nel caso dei primi, viene specificato nel dettaglio il comportamento da tenere qualora si subentri a un collega nell’incarico professionale; nel caso dei secondi si delineano le modalità di accettazione dell’incarico, con riferimento specifico all’indicazione scritta del compenso, e il comportamento che il professionista deve tenere qualora detenga somme per conto del cliente.

Precisazione fondamentale anche riguardo al caso in cui il professionista detenga un incarico istituzionale, specificamente riguardo ai suoi doveri di correttezza tra i quali, principalmente, il divieto di utilizzare l’incarico professionale a fini pubblicitari o per sollecitare l’affidamento di ulteriori incarichi professionali.

Missione dei commercialisti italiani negli Emirati Arabi

I commercialisti italiani sbarcano negli Emirati Arabi. Nell’ottica di una crescente importanza dei processi di internazionalizzazione da parte delle imprese, che i commercialisti italiani sono chiamati a sostenere con la loro opera e le loro competenze, il Consiglio nazionale di categoria promuove una missione negli Emirati Arabi Uniti dal 2 al 7 novembre 2015, aperta a tutti i commercialisti italiani.

Non è un caso che la meta scelta come destinazione siano gli Emirati Arabi. Gli Stati del Golfo Persico, infatti hanno una elevata propensione a un regime di libero scambio ed è forte e risaputo il loro interesse nei confronti del made in Italy.

I commercialisti italiani che parteciperanno avranno l’opportunità di incontrare esponenti delle istituzioni locali, delle rappresentanze diplomatiche italiane, degli organismi finanziari, del mondo professionale locale e altri soggetti che supportano le attività di internazionalizzazione verso quell’importante mercato.

Il viaggio è anche un’opportunità per acquisire crediti formativi (8 per la precisione), che saranno erogati ai commercialisti italiani che si iscriveranno tramite la partecipazione a un seminario sugli incentivi e sulle strategie a sostegno dell’internazionalizzazione, organizzato dal Consiglio nazionale. Per info e adesioni scrivere a international@commercialisti.it entro il 16 ottobre 2015.

Il Cndcec entra a far parte della Confédération Fiscale Européenne

Passo importante per il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Il Cndcec ha infatti aderito alla Cfe, la Confédération Fiscale Européenne, organismo che rappresenta oltre 180mila consulenti fiscali di 21 organizzazioni da 26 Paesi europei.

Un’adesione, quella del Cndcec che punta a far sì che il Consiglio approfondisca il tema della fiscalità anche in ottica europea. Come ha ricordato il presidente del Cndcec Gerardo Longobardi, “l’internazionalizzazione delle imprese, il dinamismo normativo a livello Ocse e delle Istituzioni europee sui temi dell’equità fiscale, della trasparenza e della lotta all’evasione, assieme alla necessaria valorizzazione del ruolo del professionista consulente fiscale rendono imperativo e doveroso il contributo dei Commercialisti, per lo sviluppo di norme e meccanismi di tassazione che necessariamente impatteranno sui contribuenti italiani e sulla nostra professione”.

Congratulazioni per l’adesione sono arrivate al Cndcec dal presidente della Cfe, l’olandese Henk Koller, che ha ricordato “la rilevanza della partecipazione italiana nel contesto delle iniziative promosse dalla Cfe nella cooperazione con la Commissione Europea, sui progetti Beps (Base Erosion and Profit Sharing) dell’Ocse e sulla redazione di uno Statuto per il contribuente, arricchendo la compagine delle 21 delegazioni già coinvolte”.

Con il proprio ingresso nella Cfe, il Cndcec punta in maniera decisa a ricoprire un ruolo di primo piano a livello europeo, aiutando la confederazione a sviluppare le relazioni con autorità a livello nazionale e internazionale, rappresentando i professionisti e evidenziando il contributo da loro offerto grazie alle competenze tecniche acquisite.

Jobs Act, impresa e lavoro: un convegno a Napoli

Il Jobs Act è sempre al centro del dibattito e delle analisi di molte associazioni professionali. Anche i commercialisti non si sottraggono a questo dibattito e, a pochi giorni di distanza dall’approvazione degli ultimi quattro decreti attuativi in materia di lavoro a completamento del Jobs Act, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ne parlerà in un convegno nazionale su “Impresa e lavoro nel Jobs Act” convocato per venerdì 18 settembre al Grand Hotel Vesuvio di Napoli, dalle 14 alle 19.30.

L’evento è organizzato in collaborazione con l’Ordine dei commercialisti di Napoli e toccherà diversi punti relativi al Jobs Act attraverso un articolato programma con la presenza di rappresentanti delle professioni, della politica e delle istituzioni, tra i quali sono attesi anche il presidente della Regione Campania, Vincenzo de Luca, e il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris.

Toccherà al presidente dell’Ordine dei commercialisti di Napoli Vincenzo Moretta e al suo consigliere delegato al Lavoro Giovanni Granata dare il benvenuto ai partecipanti; i loro interventi saranno seguiti da quelli del segretario nazionale di categoria, Achille Coppola, e del consigliere nazionale con delega all’area “commercialista del lavoro” Vito Jacono, che curerà l’introduzione ai temi oggetto del convegno, impresa e lavoro nel Jobs Act.

Sono previsti gli interventi di Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera dei deputati; Giovanni Prisco, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Nola; Ilaria Feola, dirigente della Direzione generale Attività ispettive del ministero del Lavoro; Vincenzo Tedesco, responsabile Gestione del credito Direzione centrale Entrate Inps; Carla Musella, presidente della I sezione Lavoro del tribunale di Napoli; diversi docenti di diritto del lavoro presso le università Federico II, Parthenope e Suor Orsola Benincasa di Napoli e quella di Catanzaro.

La sessione pomeridiana, del convegno “Impresa e lavoro nel Jobs Act” sarà invece caratterizzata degli interventi tematici da parte dei componenti della commissione “commercialista del lavoro” del Consiglio nazionale di categoria: Antonio Alfè, Maria Luisa de Cia, Mauro de Santis, Lorena Raspanti e Antonio Serpe.

La conclusione dei lavori sarà affidata al presidente dell’Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili di Napoli, Matteo de Lise, e al presidente della commissione “commercialista del lavoro” del Consiglio nazionale, Lorenzo Di Pace, che tireranno le somme su quanto impresa, lavoro e Jobs Act siano voci conciliabili o inconciliabili.