Estate 2017 all’insegna di benessere e del gusto

Il ponte del 2 giugno, come ogni anno da quando è stati ripristinato, segna l’inizio ufficiale della stagione estiva e, dunque già si possono intuire i trend dell’estate, non solo per quanto riguarda i luoghi più gettonati ma anche i cibi che si prediligeranno.

A quanto pare, ad esempio, le vacanze targate 2017 saranno all’insegna del benessere ma soprattutto del gusto, e ciò verrà analizzato durante un focus l’1 giugno dalle ore 9,30 presso la sede di Coldiretti a Roma, sulle novità dell’anno su quanto offre l’Italia, che ha in cultura, cibo e territorio le principali attrazioni turistiche, anche e soprattutto per gli stranieri.
Durante questo incontro, al quale parteciperanno Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali e del Turismo, e Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, si discuterà dell’accordo per la valorizzazione dei circuiti nazionali di eccellenza, che servirà a valorizzare ancora di più l’offerta turistica al 100% Made in Italy.

Soffermandosi sull’aspetto gastronomico, l’Italia è sicuramente l’unico Paese al mondo che può contare su un patrimonio fatto di antiche produzioni agroalimentari che sono state tramandate da generazioni in un territorio assolutamente unico per storia, arte e paesaggio.
Ciò è ampiamente dimostrato anche dalla prima esposizione, di sicuro successo, dei superfood della nonna, che verrà inaugurata per far conoscere le antiche ricette di una volta, ovvero quelle che più di tutte rappresentano il Made in Italy e, di conseguenza, il benessere della buona tavola.
Tutto questo animerà le tavolate delle vacanze, ma anche i supermercati, per dare la possibilità a tutti di cimentarsi nella creazione dei piatti genuini italiani.

La ricerca del benessere con gusto e l’offerta del Made in Italy, sarà oggetto di approfondimenti da parte di nutrizionisti, ambientalisti, sociologi ed esperti di mercato con la presentazione del Rapporto realizzato da IPR Marketing con Coldiretti, Fondazione Univerde e Fondazione Campagna Amica. Tra gli ospiti che interverranno, anche il prof. Giorgio Calabrese (docente di alimentazione e nutrizione umana), il sociologo prof. Domenico De Masi, Antonio Noto (Direttore di IPR Marketing), Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente di Univerde e del Comitato scientifico di Campagna Amica), Dario Franceschini (ministro dei Beni Culturali e del turismo) Maurizio Martina (Ministro delle Politiche Agricole) e del Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo.

Vera MORETTI

Gli agricoltori in difesa del Made in Italy in via di estinzione

Esiste un Made in Italy in via di estinzione che qualcuno sta cercando di salvaguardare.
Si tratta di semi antichi e piante rare che 40mila agricoltori nelle proprie aziende hanno cercato di proteggere e salvaguardare, come è stato confermato da un’indagine condotta da Coldiretti e Ixè presentata insieme alla Sis, Società italiana sementi.

La sparizione di alcune sementi appartenenti alla nostra tradizione è dovuta all’omologazione delle coltivazioni, senza pensare, invece, che la regionalità e la territorialità vanno rispettate, proprio per evitare che alcuni aspetti della tradizione si estinguano del tutto.

L’allarme era stato lanciato dalla Fao, la quale aveva denunciato la perdita del 75% della biodiversità vegetale, allarme poi raccolto e ripreso da Coldiretti, poiché c’è il rischio tangibile che da qui al 2050 si perda addirittura un terzo delle specie rimaste.
Questo accade anche a causa del fatto che il mercato delle sementi è per il 60% ad oggi nelle mani di tre multinazionali, con la ChemChina che ha acquisito la Syngenta e le fusioni tra Bayer e Monsanto e tra Dupont e Dow Chemical.

La risposta di Sis è stata la prima produzione certificata del grano duro Senatore Cappelli ma anche la riscoperta di semi di riso, come il Lido, che dopo essere quasi scomparso agli inizi degli anni ’90, torna in produzione perché sta conquistando il palato dei giapponesi, e l’erba medica Garisenda, storica varietà ottenuta con un attento lavoro di selezione dei semi delle piante migliori di una varietà romagnola, capace di resistere in terreni siccitosi e in aree marginali e di fornire fieno e farina disidratata per una alimentazione animale priva di Ogm.
L’attività della Sis è tesa a recuperare il legame tra seme e territorio e si svolge dalle Alpi alla Sicilia per una superficie di 14 mila ettari.

Vera MORETTI

Grano duro: in aumento le importazioni dal Canada

Grano proveniente dal Canada, destinato alla produzione di pasta senza che ne venga indicata l’origine sull’etichetta. Questo sta avvenendo in Italia, con un aumento del 15% delle importazioni, senza che i consumatori ne siano al corrente, e il fatto è stato denunciato da Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi due mesi del 2017.

In totale, più della metà del grano duro importato in Italia proviene proprio dal Canada, dove si fa un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché considerato cancerogeno.
La mancanza di etichetta non permette di capire l’origine della materia prima, e impedisce altresì ai consumatori di decidere e difendere le realtà produttive nazionali.

A questo proposito, Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha dichiarato circa la mancanza di etichettatura: “Si tratta di un provvedimento fortemente sostenuto e atteso dalla Coldiretti per garantire maggiore trasparenza negli acquisti e fermare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione. Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia con un crollo del 7,3% per un totale di 100mila ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che sull’ambiente, sull’economia e sul lavoro delle aree interne del Paese. In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”.

L’Italia, inoltre, rimane il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 5,1 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a 1,4 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano il 41% della produzione nazionale, seguite dalle Marche.
Ben 2,3 milioni di tonnellate di grano duro arrivano dall’estero in un anno senza che questo sia noto ai consumatori in etichetta.

Vera MORETTI

Latte italiano d’ora in poi tutelato con etichetta d’origine

Data storica, quella di ieri, per uno dei prodotti più importanti del Made in Italy.
Il latte, infatti, dal 19 aprile è tutelato da un’etichetta che ne segnala l’origine. Chi acquisterà latte e altri prodotti lattiero-caseari, dunque, potrà finalmente capire la provenienza della materia prima, cosa che prima era praticamente impossibile.

Ovviamente, si tratta di una piccola rivoluzione, che aiuterà i consumatori durante la loro spesa. Ciò significa che potranno liberamente decidere se comprare latte italiano o proveniente da altri Paesi Ue, poiché si tratterà di una scelta consapevole.
Anche gli allevatori verranno finalmente tutelati, e soprattutto distinti da coloro che fino a questo momento hanno spacciato per italiano un latte che, in realtà, non lo era.

Probabilmente la maggior parte dei consumatori non sa che, ad oggi, su quattro buste di latte a lunga conservazione, ben tre contengono prodotto stranieri, senza la possibilità di riconoscerle, come ha confermato Coldiretti.

Ma, con il nuovo sistema delle etichette, verrà indicata la provenienza delle materie prime di molti prodotti come latte UHT, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini. E deve essere indicata l’origine della materia prima in etichetta in maniera chiara, visibile e facilmente leggibile.

Se confezionamento e trasformazione avvengono in Paesi diversi dall’Italia, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture:

  • latte di Paesi UE: se la mungitura avviene in uno o più Paesi europei;
  • latte condizionato o trasformato in Paesi UE: se queste fasi avvengono in uno o più Paesi europei.

Se il latte è trattato al di fuori dell’Unione europea, la dicitura sarà Paesi non UE. Esclusi solo i prodotti Dop e Igp che sono già tracciati dall’origine.

Maurizio Martina, ministro delle politiche agricole, ha definito questa “una svolta storica che permetterà di inaugurare un rapporto più trasparente e sicuro tra allevatori, produttori e consumatori”.

In concreto, d’ora in poi le etichette di tutte le confezioni di latte e prodotti lattiero-caseari dovranno indicare il nome del Paese in cui è stato munto il latte e quello in cui è stato condizionato o trasformato. Qualora il latte utilizzato come ingrediente sia stato munto, confezionato e trasformato nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con una sola dicitura ORIGINE DEL LATTE: ITALIA.

Vera MORETTI

Fiori e piante Made in Italy spopolano all’estero

Non solo food e moda, ma anche fiori e piante provenienti dall’Italia stanno diventando sempre più richiesti nel mondo, tanto che, nel 2016, sono stati esportati 540,6 milioni di chilogrammi di prodotto, registrando una crescita del 34%.

A divulgare questi dati è una ricerca condotta da Coldiretti, divulgata in occasione del weekend con i tutor dei fiori’pronti a svelarne i segreti nei mercati di Campagna Amica sia a Milano sia a Roma.

Tra coloro che apprezzano maggiormente i fiori Made in Italy ci sono i francesi, che infatti hanno acquistato dall’Italia ben 112,5 milioni di chili di prodotti, battendo la Germania con 80,3 milioni di chili; al terzo posto i Paesi Bassi con 56 milioni di chili, seguiti da Spagna, Regno Unito, Turchia, Svizzera, Belgio, Austria e Croazia.

A viaggiare verso l’estero sono soprattutto piante, alberi, arbusti e cespugli da esterni, a scopo ornamentale che, complessivamente, rappresentano i tre quarti delle esportazioni, anche se i fiori recisi non sono da meno, a cominciare dai ranuncoli, e continuando con i garofani e i tulipani.

Ma non solo all’estero sta spopolando la passione per il giardinaggio perché anche gli italiani stanno dimostrando un interesse sempre più vivo. Oltre 20 milioni di loro si sono già attivati per ravvivare, dopo il gelido inverno, orti, giardini e terrazzi.

Ma chi è maggiormente appassionato a questo rilassante e coinvolgente passatempo? Sembrerà strano, ma sono soprattutto i giovani, rispetto agli anziani, infatti tra le persone tra i 18 e i 34 anni la percentuale sale al 50,8 % e per quanto riguarda il genere a coltivare l’orto è oltre il 47,5% degli uomini a fronte del 43% delle donne.

Vera MORETTI

Niente semaforo rosso ai prodotti italiani simbolo del Made in Italy

Alcuni prodotti simbolo della gastronomia italiana, come Prosciutto di Parma e Parmigiano Reggiano, ma anche Grana Padano e olio extra vergine di oliva, sono vittime di un sistema di etichettatura detta “a semaforo”, che sta colpendo ingiustamente oltre il 60% delle produzioni italiane.

Coldiretti ha spiegato, infatti, che esiste un’informazione visiva da apporre sui prodotti in vendita che prevede l’applicazione di un bollino rosso, giallo o verde, da qui il termine di etichettatura a semaforo, a seconda di ciò che contengono. Ma, per quanto riguarda i prodotti nostrani, si tratta a volte di indicazioni fuorvianti, poiché non sempre il contenuto di nutrienti critici per la salute è veritiero, e questo può essere assolutamente pericoloso per la nostra tradizione.

Se poi consideriamo che, a discapito di alcuni componenti considerati nocivi, vengono pubblicizzati alimenti a basso contenuto di sali e zuccheri ma ottenuti mediante processi chimici non proprio salutari, si capisce come in alcuni Paesi stranieri abbiano metodi non certo corretti per stabilire la bontà di un prodotto.

L’appuntamento di oggi della Piattaforma europea per la dieta, l’attività fisica e la salute dovrebbe servire proprio per respingere l’ipotesi di una informazione visiva forviante che rischierebbe di escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani come l’olio extravergine d’oliva e promuovere, al contrario, le bevande gassate senza zucchero, ingannando i consumatori rispetto al reale valore nutrizionale.

A causa del traffic lights applicato nei supermercati del Regno Unito, il Parmigiano Reggiano pre-porzionato etichettato a semaforo dal 2013 al 2015, ha avuto una perdita di quota di mercato del 13% in volume mentre il calo per il Prosciutto di Parma è stato del 14%. Questo perché la segnalazione sui contenuti di grassi, sali e zuccheri non si basa sulle quantità effettivamente consumate, ma solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze.

Per questo motivo, questo metodo di etichettatura andrebbe rigettato con decisione e considerato non veritiero, eppure ad oggi è adottato dal 98% dei supermercati inglesi, mettendo a rischio alcuni prodotti cardine del cibo Made in Italy.

Vera MORETTI

L’allarme di Coldiretti: col terremoto a rischio latte e bestiame

Ormai è chiaro come il terremoto del 24 agosto abbia messo in ginocchio soprattutto il tessuto produttivo legato all’allevamento e all’agricoltura. Coldiretti è in prima linea fin dalle ore immediatamente successive al sisma per monitorare la situazione delle imprese agricole e, dopo i primi rilievi, arrivano ora le prime cifre.

Secondo l’associazione dei coltivatori, ad Amatrice il 90% delle stalle è stato danneggiato dal terremoto, che ha colpito una zona nella quale vivono 2800 pecore e oltre 3000 mucche. Si tratta dunque di animali che, sopravvissuti alle macerie delle loro stalle, ora necessitano di un riparo, oltre che di acqua potabile, mangime, generatori di corrente, carrelli per la mungitura e altro.

Nel valutare le conseguenze del terremoto, Coldiretti ricorda che, dove le case degli allevatori sono state lesionate, questi ora hanno bisogno di tende e roulotte, dal momento che gli animali non possono essere lasciati solo. Oltre al cibo, le mucche, per esempio, devono essere munte due volte al giorno.

Mungitura il cui latte è poi difficile da conservare e consegnare per via della distruzione delle infrastrutture a opera del terremoto. Non sono pochi, infatti, i litri di latte già buttati per via della mancata conservazione, senza contare che le vacche, molto sensibili agli eventi sismici, hanno calato la produzione a causa dello stress. A tutto questo, si aggiunge anche il rischio di furti di bestiame a opera degli sciacalli.

Come ricorda il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, “ammontano a milioni di euro i danni provocati dal terremoto nelle campagne dove è necessario far ripartire l’attività in un territorio a prevalente economia agricola. Si tratta di una risorsa imprescindibile per contrastare lo spopolamento e l’abbandono e dare un futuro alla popolazione. A sostegno della solidarietà tra agricoltori sul territorio con l’impiego di trattori e ruspe aziendali, la Coldiretti ha attivato una unità di crisi per aiutare le aziende agricole colpite con la collaborazione dell’Associazione Italiana Allevatori (AIA) ma anche il cibo garantire l’alimentazione degli animali con l’aiuto dei Consorzi Agrari d’Italia (CAI)”.

Coldiretti: aziende agricole messe in ginocchio dal terremoto

La tragedia delle famiglie che nel terremoto di Amatrice hanno perso tutto, case, cari e averi, si somma alla tragedia per le imprese messe in ginocchio dalla furia del sisma. Poiché la zona interessata è prevalentemente agricola, è Coldiretti a stimare un primo bilancio dei danni del terremoto sul tessuto produttivo locale.

Secondo un monitoraggio effettuato dall’associazione dei coltivatori diretti, dopo il terremotoè necessario far ripartire l’attività in un territorio a prevalente economia agricola con una significativa presenza di allevamenti di bovini e pecore“.

Compito che richiederà uno sforzo economico ingente, nell’ordine di diverse centinaia di milioni, poiché si fanno i conti con stalle e aziende distrutte dal terremoto, macchinari fuori uso, campi non più agibili e animali morti sotto le macerie dei loro ricoveri. Tanto che, ricorda Coldiretti, “senza agricoltura l’economia di questi territori muore“.

Coldiretti stima in un migliaio le aziende agricole della zona interessate dal terremoto che hanno bisogno subito di mangimi, foraggio, generatori di corrente, carrelli per la mungitura e altre attrezzature necessarie al lavoro quotidiano. Senza contare il fatto che molti animali sopravvissuti sono ora senza accudimento, poiché le persone sono state costrette ad allontanarsi dalle zone terremotate.

Per provare a portare un po’ di assistenza alle aziende agricole colpite dal terremoto, Coldiretti ha aperto ad Amatrice un ufficio mobile al quale si possono rivolgere gli imprenditori locali in difficoltà. Inoltre, ha aperto il conto corrente COLDIRETTI PRO-TERREMOTATI, sul quale è possibile versare denaro per raccogliere fondi da destinare agli aiuti immediati: IBAN IT 74 N 05704 03200 000000127000.

Embargo Russia, conto sempre più salato per il made in Italy

Sono ormai passati due anni dall’inizio dell’embargo economico verso la Russia, in seguito alla guerra di quest’ultima con l’Ucraina e il conto che si presenta al made in Italy è sempre più salato. Secondo Coldiretti questi due anni di sanzioni sono costati all’export del nostro Paese 7,5 miliardi rispetto ai valori che si registravano negli anni precedenti l’embargo.

Coldiretti sottolinea come l’agroalimentare è l’unico settore del made in Italy ad essere colpito direttamente dalle sanzioni, ma il blocco dell’import nel Paese di Putin ha trascinato con sé i prodotti di altri settori chiave del made in Italy, dalla moda ai mezzi di trasporto.

Coldiretti stima infatti che il solo nel settore del tessile e della pelletteria, i cui prodotti sono tradizionalmente amati dai russi, abbia registrato perdite per circa 2 miliardi negli ultimi due anni, mentre per i mezzi di trasporto il calo sia stato di circa ai 1,2 miliardi e di 600 per l’agroalimentare made in Italy.

Il danno per l’agroalimentare made in Italy è, secondo l’associazione dei coltivatori diretti, ancora più rilevante se si considera che nei cinque anni precedenti l’embargo, l’export del settore era cresciuto a tripla cifra in valore, +112%.

Oltre al danno, però, c’è anche la beffa. La sparizione dei prodotti agroalimentari italiani dal mercato russo ha consentito che si diffondessero sullo stesso mercato dei prodotti alimentari che imitano quello made in Italy ma che non hanno nulla a che vedere con essi, alimentando così il dannoso fenomeno del cosiddetto “Italian sounding” e creando ulteriore danno economico.

Secondo il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, “ancora una volta il settore agroalimentare è divenuto merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale. Si tratta di un costo insostenibile per l’Italia e l’Unione Europea dove sono crollati i prezzi dei prodotti che venivano tradizionalmente esportati in Russia provocando una crisi senza precedenti in settori sensibili come ad esempio quello del latte”.

Il bio che fa bene all’economia

Non è solo un fatto di moda passeggera relativa al bio, della conseguenza del diffondersi di intolleranze o un fenomeno da ascrivere al grande circo del salutismo: la ricerca di alimenti sani, siano essi bio o meno, è anche una grande opportunità per le aziende della filiera agroalimentare.

Se ne sta avendo ancora di più la certezza in questi giorni al Cibus di Parma, dove Coldiretti ha presentato alcuni dati dai quali emerge che lo scorso anno in Italia sono aumentati del 50% gli acquisti di alimenti senza glutine e del 20% quelli di alimenti bio, per non parlare dell’impennata per i cibi garantiti Ogm free e dei 15 milioni e più di italiani che regolarmente si orientano verso prodotti a km 0.

Che quella dell’alimentazione bio e sana sia un’opportunità per la filiera agroalimentare è un dato sotto gli occhi di chiunque faccia la spesa ogni settimana. Questi tipi di alimenti sono infatti in media più cari degli altri, ma il prezzo maggiore non scoraggia chi si avvicina al loro scaffale del supermercato: secondo Coldiretti, il 70% degli italiani è disposto a pagare di più un alimento naturale, il 65% per uno Ogm free, il 62% per un prodotto bio e il 60% per un prodotto alimentare senza coloranti.

Dati che si inseriscono in un trend nel quale gli acquisti di prodotti bio confezionati nel 2015 sono cresciuti del 20%: lo scorso anno, oltre il 33% degli italiani ha comprato cibi bio o naturali, il doppio quelli che hanno acquistato sono prodotti tipici del proprio territorio e 15 milioni coloro i quali hanno comprato prodotti locali a km 0.

Una tendenza che, fortunatamente per la nostra economia e per chi vive di producendo alimenti bio e naturali, si sta rapidamente diffondendo anche all’estero nei confronti dei prodotti italiani. Sempre Coldiretti rileva che lo scorso anno circa un prodotto alimentare italiano esportato su cinque che è stato “Doc”. Una massa critica di origine controllata, bio ma non solo, che ha fatto sì che lo scorso anno l’export agroalimentare italiano sia cresciuto del 74% rispetto a 10 anni prima, per un controvalore di 36,8 miliardi. La quota di 50 miliardi auspicata dal premier Renzi non è lontanissima.