A Fieragricola le prime etichette per pasta e riso

In occasione della Fieragricola di Verona sono state presentate giovedì 1 febbraio le prime etichette di pasta e riso con l’obbligo dell’indicazione di origine, dopo l’entrata in vigore del decreto che impone appunto l’indicazione dell’origine del grano o del riso utilizzati nelle confezioni acquistate.

Nello stand allestito da Coldiretti, quindi, sono state presentate le prime confezioni con le indicazioni obbligatorie a disposizione dei consumatori, che a questo punto devono essere attenti e leggere attentamente, per non farsi ingannare e per capire la provenienza di ciò che mangiano.

Si tratta dunque della prima occasione per imparare a leggere le etichette con le nuove informazioni, e per fare acquisti sempre più consapevoli, come conseguenza di un provvedimento che è stato fortemente voluto dalla Coldiretti per poter fermare le speculazioni e garantire maggiore trasparenza nel commercio.

All’interno della manifestazione, i visitatori hanno potuto recarsi nel padiglione 9, nello spazio “Coltiviamo soluzioni” creato da Coldiretti per le imprese agricole.
Gli agricoltori hanno potuto beneficiare di una serie di importanti servizi, e tutti nello stesso padiglione, a cominciare dall’assistenza per i bandi del Psr, fino alla consulenza su credito e opportunità di finanziamento, dalle indicazioni sui fondi della Pac alle ultime novità fiscali, fino ai consigli utili su pensioni e welfare, trattati ed illustrati dagli esperti dell’Organizzazione.

Inoltre, i presenti hanno anche potuto ammirare, esposti per la prima volta in pubblico, i giornali murali del primo dopoguerra che raccontano le storiche conquiste sociali del mondo contadino, dalle pensioni alla cassa malattie, fino al video racconto delle ultime battaglie a difesa delle produzioni agricole Made in Italy.

Vera MORETTI

Frutta e verdura sempre più presente sulle tavole degli italiani

Coldiretti ha presentato nei giorni scorsi i dati riguardanti il consumo di frutta e verdura, sicuramente tra i prodotti simbolo dell’agroalimentare Made in Italy.
Ebbene, i dati che ne sono emersi sono assolutamente positivi, poiché negli ultimi mesi la presenza di frutta e verdura sulle tavole degli italiani è aumentata considerevolmente, anche grazie alle campagne condotte dall’Associazione, di sensibilizzazione e di distribuzione nelle piazze italiane, grazie alle giornate di Campagna Amica.

Anzi, i risultati ottenuti sono più che rosei, tanto che Sergio Gulinelli, presidente di Coldiretti Ferrara ha commentato con entusiasmo: “Mai cosi tanta frutta e verdura sulle tavole degli italiani da inizio secolo con un aumento dei consumi per un quantitativo pari a circa 8,5 milioni di tonnellate nel 2017, superiore del 3 % all’anno precedente”.

Tra la frutta maggiormente consumata, ecco la mela, che, come dice anche il proverbio, se assunta una volta al giorno toglie il medico di torno, seguita dalle arance, dall’apporto vitaminico validissimo, soprattutto in questo periodo in cui influenza e raffreddore prolificano e colpiscono quasi tutti.
Tra gli ortaggi, invece, i preferiti sono ancora patate, pomodori e insalate.

Il motivo per cui si assiste alla crescita di consumi è dato anche dall’aumento delle imprese che fanno vendita diretta e le proposte di prodotti a chilometro zero, e in questo caso non si tratta solo di frutta e verdura ma anche di formaggi e vino.

Occorre, però, al di là dei risultati ottimi, tutelare ulteriormente l’imprenditore agricolo, con l’introduzione dell’etichettatura, che premia la qualità dei prodotti, frutto di un lavoro lungo e mirato.

Alla base dell’aumento dei consumi c’è anche una maggiore consapevolezza dei giovani, sempre più attenti a ciò che mangiano e a ciò che acquistano, come confermano da Coldiretti: “Il risultato è che la frutta e verdura è la principale voce di spesa degli italiani per un importo di 102,33 euro a famiglia che è pari a circa un quarto del totale (23%). Il 64% dei consumatori ritiene che la freschezza sia l’elemento principale nell’acquisto delle verdure, seguito dalla stagionalità (51,4%) e dal prezzo conveniente (31,7%). In particolare l’aspetto e il profumo sono i fattori che indicano maggiormente al consumatore la freschezza dei prodotti ortofrutticoli ma grande rilievo viene dato anche al luogo di acquisto come il mercato o direttamente dal produttore. Non è un caso che la verdura comperata direttamente dal contadino dura fino ad una settimana in più non dovendo affrontare lunghe distanze”.

Vera MORETTI

Vino Made in Italy primo prodotto dell’export

Dopo aver brindato, con vino rigorosamente Made in Italy non solo in Italia ma anche all’estero, si comincia a fare il bilancio del settore, che per l’export ha aumentato del 7% le vendite stabilendo così un record storico di circa 6 miliardi di euro.

Coldiretti ha presentato questo risultato con entusiasmo, che conferma il vino come la prima voce dell’export agroalimentare nazionale. E se si pensa che questi dati più che positivi arrivano dopo una vendemmia che è stata tra le più difficili e povere dal dopoguerra, e relativo taglio del 26% della produzione, sicuramente si tratta di un traguardo ancora più importante.

Nel 2018, dunque, si dovrà fare a meno di una bottiglia su quattro, ma nonostante questo l’Italia sta mantenendo il primato mondiale tra i produttori, anche davanti alla Francia, con circa 40 milioni di ettolitri destinati per oltre il 40% ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), il 30% ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% a vini da tavola.

Gli Stati Uniti rimangono il maggiore cliente, tanto che è stato registrato, nel 2017, un incremento in valore del 6%. Percentuale positiva del 3% è stata registrata in Germania, che rimane al secondo posto, e dell’8% nel Regno Unito, ancora molto attivo e ammiratore dei prodotti Made in Italy.

Nonostante il podio sia questo, l’aumento percentuale migliore e decisamente più consistente è quello registrato dalla Russia, con una crescita del 47%, anche grazie al fatto che il vino è uno dei pochi prodotti agroalimentari Made in Italy non colpiti dall’embargo.
Buone performance sono state anche quelle raggiunte dalla Cina, del 25%, dove però la presenza rimane limitata rispetto ai concorrenti francesi che hanno superato quest’anno l’Italia anche sul mercato statunitense.

Vera MORETTI

Capodanno: il brindisi è stato Made in Italy

Ora che anche l’Epifania se n’è andata e, con sé, si è portata via tutte le festività, è possibile fare un bilancio per capire come se l’è cavata il nostro Made in Italy.

Ebbene, Capodanno ha segnato un vero e proprio plebiscito per lo spumante italiano, del quale sono stati stappati ben 360 milioni di litri solo all’estero, determinando un aumento dell’11% rispetto all’anno scorso e raggiungendo una cifra da record.

L’esportazione all’estero, dunque, ha raggiunto 1,3 miliardi di euro, oltre ad ogni più rosea aspettativa, grazie ai mercati che da sempre dimostrano di apprezzare particolarmente le bollicine italiane, ma anche a quelli emergenti, che sono sempre più attratti dai nostri vini.

La Brexit non ha certo scoraggiato i brindisi degli inglesi, che, al contrario, si sono dimostrati fedelissimi e hanno contribuiti ad un aumento dell’export del 13%, superando così gli altrettanto appassionati di spumanti italiani, ovvero gli Stati Uniti, solo secondi in classifica. Terza, anche se ancora un po’ distaccata, la Germania.

Ma quali sono le bollicine più amate nel mondo? Primo senza alcun dubbio rimane il Prosecco, seguito da Asti e Franciacorta, che ormai non temono la concorrenza straniera dello champagne francese.
Ma, se in Italia si beve solo spumante italiano originale, tanto che a Capodanno sono state stappate ben 65 milioni di bottiglie, all’estero già proliferano le imitazioni, in particolare in Germania.
Per ora, questa tendenza, pericolosa e quindi da fermare appena possibile, non ha minato l’export, poiché all’estero si conta che siano state stappate oltre 600 milioni di bottiglie, ma Coldiretti mette in guardia e annuncia, come era già accaduto per altri nostri tradizionali prodotti spudoratamente imitati, una lotta contro la contraffazione in difesa dei vini Made in Italy.

Vera MORETTI

Formaggi italiani amati all’estero

I formaggi italiani piaceciono, e mai come in questo 2017. che sta registrando numeri da record, oltre l’aumento nelle esportazioni del 7%, e un incremento dell’84% degli ultimi dieci anni.

Si tratta di un’analisi condotta da Coldiretti su dati Istat che riguarda solo i primi sette mesi dell’anno e, tra le notizie eclatanti, c’è quella dei francesi che sono diventati i principali consumatori dei nostri formaggi, con esportazioni quasi raddoppiate (+94%).

Coldiretti in un comunicato ha specificato: “Oggi le esportazioni di formaggio Made in Italy in sono pari al doppio a quelle dei cugini d’oltralpe in Italia, che sono rimaste praticamente stabili nel decennio. Il formaggio Made in Italy ha conquistato in realtà molti Paesi noti per la produzione casearia“.

Tra quelli più apprezzati, ci sono il pecorino tanto amato in Olanda, con un aumento degli acquisti del 77% rispetto allo scorso anno ma rispetto al decennio le vendite sono addirittura quadruplicate, e l’Emmental, apprezzato dagli svizzeri, i cui consumi sono aumentati dell’8% nell’ultimo anno e del 22% nell’ultimo decennio.
Ma anche la Grecia si sta avvicinando ai formaggi Made in Italy, e soprattutto alla mozzarella, cresciuta del 41%.
Non si tratta di semplici exploit, poiché dopo la Francia troviamo la Germania che si colloca al secondo posto tra i principali clienti con il 14%, la Gran Bretagna con il 10%, gli Stati Uniti con il 9% e la Spagna (5%). Ancora contenuta, anche se in crescita, è invece la presenza nei Paesi asiatici come il Giappone (2%) del totale esportato e la Cina con appena l’1%.

Tra i formaggi più richiesti resistono Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che in quantità rappresentano il 21% del totale esportato e che guidano la lista dei 51 formaggi italiani che hanno avuto il riconoscimento dell’Unione Europea come denominazione di origine (Dop/Igp), dove ci sono anche il Pecorino Romano, il Gorgonzola e la mozzarella di Bufala Campana.

Vera MORETTI

Made in Italy da record, ma il falso prolifica

Coldiretti, in una sua analisi basata sui dati Istat relativi al commercio estero di agosto 2017, ha confermato che il Made in Italy alimentare, tra prodotti agroalimentari e bevande, ha registrato un aumento del 9,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Considerando che l’anno scorso l’export aveva raggiunto 38,1 miliardi, se il trend positivo si manterrà stabile fino a fine 2017 si supererà quota 40 miliardi, un record assoluto per l’agroalimentare Made in Italy.

Questo exploit è stato ottenuto grazie alle performance positive nei Paesi dell’Unione (+9,5%) e di quelli fuori dell’Europa (+8,6%).

Tra i Paesi più affezionati ai prodotti italiani ci sono Germania, Francia e Stati Uniti, che dimostrano di apprezzare particolarmente il vino e l’ortofrutta fresca.

Ovviamente, occorre tenere gli occhi aperti sull’agropirateria, che all’estero propone prodotti taroccati due volte su tre, a cominciare dai formaggi, con Parmigiano e Grana Padano in testa, ma anche salumi e olio d’oliva sono particolarmente colpiti dal mercato del falso.

A preoccupare, inoltre, anche gli effetti del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) in corso di ratifica in Italia in cui per la prima volta nella storia l’Unione Europea si legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele.

Il danno non è limitato al solo Canada, dove viene venduto un formaggio chiamato Parmesan, falso clone del Parmigiano Reggiano, poiché anche altri Paesi emergenti potrebbero arrivare a chiedere le stesse concessioni, e questo non farebbe altro che diffondere ancora di più prodotti che di italiano non hanno nulla.

Vera MORETTI

Food Made in Italy da record

Il food Made in Italy all’estero fa sempre più furore, tanto da aver determinato un record nelle esportazioni con una crescita del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
A testimoniarlo è Coldiretti, con un certo entusiasmo perché già l’anno scorso l’agroalimentare aveva raggiunto il massimo storico di 38,4 miliardi.

Ciò significa che se questo trend verrà mantenuto fino a fine 2017, per la prima volta saranno superati i 40 miliardi di export agroalimentare, che ha saputo crescere sia nei Paesi dell’Unione sia in quelli fuori dall’Europa, segnando rispettivamente +5,1 e 10,8%.

Quindi, se i due terzi circa delle esportazioni alimentari riguardano i Paesi dell’Unione europea, gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato per il food Made in Italy fuori dai confini dell’Unione e il terzo in termini generali dopo Germania e Francia, e prima della Gran Bretagna.

Tra i prodotti agroalimentari più esportati, il primo è saldamente il vino seguito da frutta e verdure fresche.
Dunque, i numeri sono altamente positivi ed incoraggianti ma, consapevoli di questo, se ci fosse un controllo maggiore e più severo, e una maggior tutela contro l’agropirateria internazionale, le percentuali andrebbero ancora più alle stelle.

A questo proposito, il mercato del falso, considerando solo l’agroalimentare, fattura all’estero oltre 60 miliardi di euro, con un uso improprio di denominazioni, ma anche ricette, immagini e parole evocative che richiamano l’Italia ma non arrivano certo da qui.

Vera MORETTI

Pomodoro leader dell’agroalimentare Made in Italy

Filiera completamente italiana per uno dei simboli del nostro agroalimentare: il pomodoro.
A costituirla, sono i due marchi Pomì e De Rica, che d’ora in poi garantiranno la produzione e l’esportazione di 550.000 tonnellate di pomodoro fresco, raccolto solo ed esclusivamente in Italia, in 60 Paesi in tutto il mondo.

Si inverte la tendenza con il Consorzio Casalasco del Pomodoro che dopo Pomì acquista lo storico marchio De Rica affinché resti in Italia direttamente in mano al mondo agricolo cooperativo, con un forte legame col proprio territorio d’origine.
Trattandosi di uno dei prodotti più amati in terra straniera, è davvero molto importante che ciò che viene esportato derivi al 100% da coltivazioni italiane, poiché in questo modo il Made in Italy può realmente essere definito tale.

Gli italiani consumano in media all’anno 35 chili di pomodoro in conserva tra passate, polpe, concentrato e pelati, e la sua popolarità si mantiene costante anche grazie alle sue caratteristiche riconosciute di potente antiossidante, quindi un vero caposaldo della dieta mediterranea.
Si tratta di una importante caratteristica che ha permesso all’Italia, come ha affermato Coldiretti, di collocarsi ai vertici della classifica “Bloomberg Global Health Index” su 163 Paesi per la popolazione maggiormente in salute e sana a livello mondiale.

Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti, ha dichiarato: “Con questa operazione si realizza una svolta nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che vede direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi. La svendita di marchi italiani all’estero ha spesso significato nell’agroalimentare lo svuotamento finanziario delle società acquisite, la delocalizzazione della produzione per chiusura di stabilimenti e gli acquisti delle materie prime all’estero con perdita di occupazione“.

Vera MORETTI

Etichetta d’origine obbligatoria per riso e grano

Soddisfazione da parte di Andrea Renna, direttore di Coldiretti di Grosseto, in riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei due decreti interministeriali per l’introduzione dell’obbligo di indicazione sull’etichetta dell’origine del riso e del grano per la pasta.

Questo provvedimento, infatti, tutelerà ulteriormente il Made in Italy, troppo spesso messo a rischio da contraffazioni e raggiri, e che arriva ad accontentare i consumatori, sempre più consapevoli ed esigenti quando si tratta di alimentazione e di provenienza delle materie prime.

Considerando che, a partire dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è prevista una fase di 180 giorni che permetta alle aziende di adeguarsi al nuovo sistema, e di smaltire le etichette e le confezioni già prodotte, si stima che dal 16 febbraio per il riso e dal 17 febbraio per la pasta sarà possibile avere le confezioni nuove e non più fuorvianti.

Renna, a questo proposito, ha commentato: “Un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure un pacco di riso su quattro. L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy nel sottolineare che in un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti”.

Dopo questa ulteriore battaglia vinta, Coldiretti non si ferma e mira alla regolarizzazione di altri prodotti, partendo da quelli simbolo del nostro Made in Italy, come i succhi di frutta e il concentrato di pomodoro, le cui importazioni dalla Cina sono aumentate del 43% nel 2016 ed hanno raggiunto circa 100 milioni di chili, pari a circa il 20% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente.

L’Italia, dunque, deve assolutamente avere una marcia in più, per tutelare i propri prodotti e confermare la sua posizione di leader europeo per quanto riguarda la trasparenza e la qualità, nonostante l’Unione Europea abbia finora adottato politiche quantomeno contraddittorie, se si pensa che esiste l’obbligo di indicare l’etichetta per la carne fresca ma non per quella trasformata in salumi, per il miele ma non per il riso, per il pesce ma non per il grano, per farne solo alcuni esempi.
Ma noi dobbiamo fare la differenza.

Vera MORETTI

Coldiretti chiede credito accessibile per le imprese agricole

che, il 15 giugno, si è conclusa la possibilità di presentare la Domanda Unica Pac 2017, che ha riguardato gli imprenditori agricoli della Toscana, e non solo, il sistema servizi di Coldiretti ha subito messo a disposizione la struttura CreditAgri Italia, per offrire alle imprese agricole che hanno presentato la Domanda Unica lo strumento dell’anticipo PAC per soddisfare, almeno in parte, le esigenze di credito a breve.
Ciò significa che le imprese potranno beneficiare dell’anticipazione annuale, biennale, triennale o quadriennale, riservata ai piccoli agricoltori, del premio senza dover attendere l’erogazione da parte di Artea.

Tullio Marcelli, presidente regionale Coldiretti Toscana, ha dichiarato: “CreditAgri Italia, con la sottoscrizione di appositi accordi con alcune banche partner ha definito un modello operativo in grado di favorire l’erogazione delle anticipazioni a beneficio delle imprese agricole. I produttori interessati, relativamente alle componenti “pagamenti di base” e “greening”, potranno richiedere un finanziamento dell’80%, nel caso di anticipo annuale, ovvero del 70% nel caso di anticipo biennale e del 60% per l’anticipo triennale; il tutto a tassi di assoluto vantaggio ed in ogni caso non da sportello diretto. Si tratta di un modello messo in campo dalla nostra struttura dedicata la credito, ormai collaudato da diversi anni, che presenta indubbi vantaggi per le imprese agricole”.

Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Toscana, ha aggiunto: “E’ per questo che Coldiretti attraverso CreditAgri Italia, viene incontro alle esigenze di liquidità e rende più semplice e conveniente l’accesso all’anticipazione. Quest’anno poi ci sono alcune novità con tempi di delibera più rapidi, la possibilità per le imprese che richiederanno un’anticipazione di importo non superiore a €.10.000, di non effettuare il versamento della quota di ammissione a socio ed una scontistica da applicare per altre richieste di garanzia, su operazioni ordinarie. E’ per questo che invitiamo gli imprenditori agricoli a rivolgersi ai nostri uffici presenti sul territorio”.

Vera MORETTI